Anelli planetari: arte cosmica

Quando pensiamo a pianeti come Saturno pensiamo subito ai loro anelli. Ma anche altri pianeti ne hanno, cosa che ha portato gli astronomi a chiedersi: come si sono formati? Come si evolveranno? Come sono gli anelli dei pianeti del Sistema Solare? Seguiteci su Eagle sera per scoprirlo.



Risposte ai lettori

Prima di iniziare con l'argomento di oggi Eagle sera vorrebbe rispondere ai messaggi di alcuni lettori.

Ringraziamo tutti quelli che ci hanno scritto: siamo onorati di avere un pubblico così vasto e affezionato. Dobbiamo quindi fare una premessa: se volete una risposta personale sul vostro indirizzo di posta elettronica dovete scriverci la vostra mail.

Flavio da Monterotondo (che salutiamo con gioia) ci ha chiesto se si può visitare la nostra redazione. Mike da Milano (salutiamo anche lui con grande gioia) ci ha chiesto se si può avere una foto di quest'ultima. Il problema è che non esiste una redazione vera e propria: Eagle sera è esclusivamente un giornale online, strutturato per essere modificato e ampliato (da chi è autorizzato) in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo. La maggior parte dei reporter lavorano da casa, inviando gli articoli al direttore di Eagle sera, che deciderà se pubblicarli. In pochi istanti il lavoro è online. La vera redazione è, quindi, l'insieme dei nostri dipendenti! Esiste un "centro di controllo" dove ci si riunisce per discutere delle decisioni più importanti, che potete trovare anche su Google Maps digitando "Eagle sera", ma non è una redazione vera e propria. Per questo motivo non siamo attrezzati per organizzare visite. Per quanto riguarda le immagini potete utilizzare quelle che abbiamo pubblicato sul nostro profilo Maps. La risposta della domanda della nostra lettrice Serena da Napoli (che salutiamo con piacere) circa la presenza di una sede di Eagle sera a Napoli è, sfortunatamente, no.

Raffaella da Trieste (che salutiamo) ci ha chiesto di farle gli auguri per il suo 32° compleanno: Auguri astronomici Raffaella!

Saluti a Flavio, a Mike, a Serena e a Raffaella.


Prima di vedere come sono fatti gli anelli di alcuni pianeti in particolare dobbiamo prima approfondire cos'è un anello planetario.


Anelli planetari: cosa sono

Un anello planetario è un anello di polveri e altre piccole particelle che orbitano attorno ad un pianeta formando un disco piatto. L'esempio più spettacolare e famoso è dato dagli anelli attorno a Saturno. Sono stati proposti tre diversi meccanismi per spiegare la formazione degli anelli planetari:

  • da materiale del disco protoplanetario che si trovava all'interno del limite di Roche del pianeta e non poté pertanto proseguire il processo di coalescenza per formare un satellite
  • da detriti derivanti da un satellite naturale che è stato frammentato in conseguenza di un grosso impatto
  • da detriti di un satellite naturale frammentato dalle forze di marea quando si era trovato ad oltrepassare il limite di Roche del pianeta.
  • da ciò che resta delle loro superfici.

Si pensava che questi anelli fossero instabili e che sarebbero di conseguenza svaniti nel corso di poche decine o al massimo qualche centinaio di milioni di anni. Le osservazioni più recenti sembrano però indicare che gli anelli di Saturno abbiano un'età che si può far risalire alla formazione del sistema solare. La composizione delle particelle degli anelli è varia: possono essere costituite da silicati oppure da polveri ghiacciate. Possono essere presenti anche rocce e massi più grandi. Nel 2007 sono state rilevate negli anelli di Saturno perturbazioni gravitazionali causate da piccoli corpi del diametro di poche centinaia di metri. A volte gli anelli hanno dei satelliti pastore, piccoli satelliti che orbitano vicino al bordo esterno degli anelli o all'interno di interruzioni degli anelli. L'influenza gravitazionale esercitata dai satelliti pastore contribuisce a mantenere un confine netto tra l'anello e l'esterno: il materiale che si avvicina troppo all'orbita del satellite pastore viene rispedito all'interno, espulso dal sistema, oppure cade sul satellite stesso. Alcuni dei piccoli satelliti interni di Giove, in particolare Metis e Adrastea, si trovano vicino al sistema di anelli di Giove e anche all'interno del suo limite di Roche. È possibile che gli anelli di Giove siano composti da materiale strappato via da questi due satelliti dalle forze di marea del pianeta, forse coadiuvate anche da impatti sulla superficie dei satelliti di materiale proveniente dagli anelli. Anche l'anello Epsilon, uno degli anelli di Urano, ha due satelliti pastore, Cordelia e Ofelia, che fungono rispettivamente da pastore interno ed esterno. Entrambi i satelliti si trovano ben all'interno del raggio dell'orbita sincrona di Urano, e le loro orbite sono destinate quindi a decadere lentamente a causa dell'attrazione esercitata dalle forze di marea del pianeta. Gli anelli di Nettuno apparvero inizialmente come molto inusuali in quanto si presentavano come archi incompleti nelle prime osservazioni dalla Terra, ma le immagini del Voyager 2 li rivelarono come anelli completi con alcuni aggregati più luminosi. Si ritiene che le influenze gravitazionali del satellite pastore Galatea e forse di altri pastori ancora da scoprire, siano responsabili di queste disomogeneità negli anelli. Al momento non è noto un sistema planetario per Plutone, tuttavia alcuni astronomi si attendono una possibile rilevazione da parte della sonda New Horizons durante la sua missione del 2015. Si ipotizza anche che Fobos, uno dei satelliti di Marte, che è posizionato in un'orbita molto bassa, verrà disgregato dalle forze di marea in circa cinquanta milioni di anni e che i suoi frammenti si disporranno a formare un anello planetario. Alcuni articoli apparsi nel marzo 2008 avevano avanzato l'ipotesi che Rea, uno dei satelliti di Saturno, potesse essere circondato da un tenue anello planetario, il che lo avrebbe fatto diventare il primo satellite noto a possedere un anello. Tuttavia, uno studio successivo pubblicato nel 2010 rivelò che le immagini scattate dalla sonda Cassini non erano in accordo con le proprietà previste per un sistema di anelli, indicando che gli effetti magnetici che avevano portato a formulare l'ipotesi degli anelli dovevano essere collegati ad una causa differente. Il 26 marzo 2014 è stata annunciata la scoperta di due anelli, probabilmente costituiti di ghiaccio d'acqua attorno all'asteroide 10199 Chariklo. La scoperta è avvenuta grazie all'occultazione della stella UCAC4 248-108672 avvenuta il 3 giugno 2013.


Adesso che abbiamo visto quello che sappiamo sugli anelli in generale possiamo andare a viaggiare tra gli anelli dei singoli pianeti.


Anelli di Saturno

Gli anelli di Saturno sono anelli planetari attorno al pianeta Saturno. Sono composti da miliardi di piccoli oggetti, della grandezza che varia dal micrometro al metro, orbitanti attorno al pianeta sul suo piano equatoriale, e organizzati in un anello piatto. Poiché, come per la Terra, l'asse di rotazione di Saturno è inclinato rispetto al piano orbitale, anche gli anelli risultano inclinati. Gli anelli iniziano ad un'altezza di circa 6600 km dalla superficie di Saturno e si estendono fino a 120000 km, poco meno di un terzo della distanza Terra-Luna. A seguito dell'esplorazione ravvicinata della sonda spaziale Cassini-Huygens il loro spessore è stato misurato mediamente in circa 10 m e sono quindi estremamente sottili. In compenso gli anelli non sono completamente piatti, in alcune zone le particelle sono addensate in strutture che si estendono da 3 a 5 km sopra e sotto il piano degli anelli, proiettando così lunghe ombre in particolari momenti di inclinazione rispetto al sole. Furono scoperti da Huygens nel 1655. In precedenza Galileo aveva notato che Saturno presentava delle protuberanze ai lati, ma la scarsa potenza del suo telescopio non gli aveva permesso di distinguerne la forma con chiarezza. Gli anelli sono divisi in sette fasce, separate da divisioni che sono quasi vuote. L'organizzazione in fasce e divisioni risulta da una complessa dinamica ancora non ben compresa, ma nella quale giocano sicuramente un ruolo i cosiddetti satelliti pastori, lune di Saturno che orbitano all'interno o subito fuori dall'anello. L'origine degli anelli è sconosciuta. Ci sono due ipotesi principali: che siano il risultato della distruzione di un satellite di Saturno, ad opera di una collisione con una cometa o con un altro satellite, oppure che siano un "avanzo" del materiale da cui si formò Saturno che non è riuscito ad assemblarsi in un corpo unico. Solo dell'anello E si conosce l'origine: su Encelado si verificano fenomeni di criovulcanismo continuo, di conseguenza si presuppone che l'abbondante materiale emesso abbia formato l'anello E. Le teorie attuali suggeriscono che gli anelli siano instabili e abbiano una vita relativamente breve: in pochi milioni di anni dovrebbero disperdersi o precipitare sul pianeta stesso. Questa osservazione sarebbe coerente con l'ipotesi di un'origine recente degli anelli. Una ricerca NASA effettuata nel 2018 in collaborazione con l'osservatorio Keck ha confermato le stime effettuate sulle osservazioni delle due sonde Voyager, in base alle quali il sistema di anelli dovrebbe precipitare completamente entro 300 milioni di anni, a causa della gravità e dell'intenso campo magnetico del pianeta. Osservazioni effettuate con la sonda Cassini sulla precipitazione di materiale presso l'equatore del pianeta stimano l'età degli anelli inferiore ai 100 milioni di anni. La divisione più grande fu scoperta da Cassini nel 1675, ed è chiamata divisione di Cassini. Successivamente Bond scoprì che l'anello interno era anch'esso suddiviso (1850). Anche l'anello esterno risultò suddiviso da quella che è chiamata Divisione di Encke. I diversi anelli vengono chiamati anche con le lettere dell'alfabeto. Originariamente la sequenza partiva dal più esterno (A) verso l'interno (B, C, ecc.), ma con la scoperta di nuovi anelli sia all'interno che all'esterno le lettere sono ora piuttosto mescolate. Nel 1983 una cometa o un asteroide colpì l'anello D di Saturno, causando nella materia degli anelli oscillazioni che durarono più di 30 anni.

La fine degli anelli


Come finiranno gli anelli di Saturno? L'ipotesi che gli anelli fossero composti di tantissime particelle fu dimostrata da vari scienziati in passato come, per esempio, Laplace nel 1787 e Maxwell nel 1859. Molto di quello che sappiamo degli anelli lo dobbiamo alla missione Cassini, che fino a poco tempo fa orbitava Saturno e le sue lune. Forse, gli anelli di Saturno, sono tra le peculiarità più affascinanti da studiare nel Sistema Solare. Visti da lontano, come in questa foto della (fu) sonda Cassini a 725 mila km da Saturno, gli anelli sembrano formare una specie di disco in vinile. In realtà, gli anelli sono fatti per la maggior parte da pezzi di ghiaccio: alcuni di questi ghiaccioli sono grandi come granelli di sabbia, altri invece hanno le dimensioni di una montagna. Gli anelli di Saturno sono fatti per il 95% di ghiaccio (acqua) e, a quanto pare, tra circa 300 milioni di anni scompariranno. Gli anelli hanno vari nomi a seconda dell'anno in cui sono stati scoperti. Questa cosa crea sempre un po' di problemi quando si tratta di identificarli nelle foto o di presentarli. Vediamo una lista:

  • L'anello D è quello più vicino al pianeta. Si trova a una distanza dal pianeta compresa tra 66970 e 74490 km e ha una larghezza di 7500 km.
  • L'anello C si trova a una distanza tra 74490 e 91980 km da Saturno e ha una larghezza di 17500 km.
  • L'anello B si trova a una distanza tra 91980 e 117500 km con larghezza 25500 km.
  • Poi troviamo la Divisione Cassini, a una distanza tra 117500 e 122050 km e con larghezza 4700 km.
  • L'anello A si trova a una distanza tra 122050 - 136770 km e ha una larghezza di 14600 km.
  • Poi abbiamo la Divisione Roche a una distanza di 136770 e 139380 km con una larghezza di 2600 km.
  • L'anello F inizia a una distanza di 140224 km, ma ancora ci sono incertezze sulla larghezza (comunque dovrebbe essere tra 30 e 500 km).
  • L'anello G si trova a una distanza tra 166000 e 174000 km con una larghezza di 8000 km.
  • Infine, chiudiamo con l'anello E. si trova a una distanza tra 180000 e 480000 km e ha una larghezza enorme rispetto agli altri anelli, pari a 300000 km.

Che cosa sono le Divisioni? Si tratta di regioni attorno a Saturno che sembrano vuote, ma in realtà hanno soltanto una densità di materiale molto bassa. Le divisioni corrispondono a regioni che si trovano in risonanza orbitale con qualche luna di Saturno: che vuol dire? Due oggetti sono detti in risonanza orbitale se i periodi di rivoluzione sono multipli tra loro; per esempio se una luna impiega 10 giorni a fare un giro attorno a un pianeta e un'altra luna impiega 20 giorni, allora le due lune sono in risonanza orbita. Quando accade ciò, i due oggetti in risonanza orbitale sentono la reciproca gravità in modo stabile. Questa cosa succede tra alcune regioni degli anelli e alcune lune di Saturno e il risultato finale è che nelle regioni degli anelli in questione non si deposita molto materiale (rispetto alle altre zone degli anelli). Gli anelli di Saturno sono estremamente sottili: alcune osservazioni indicano che in certi punti lo spessore è addirittura di 10 metri, mentre, a volte, si arriva a circa un chilometro.  Per la larghezza invece, come abbiamo visto, siamo a dimensioni di più di 300 mila chilometri, il che vuol dire che la luce impiegherebbe almeno un secondo per percorrere la distanza che corrisponde alla larghezza degli anelli.  In pratica, il rapporto tra spessore e larghezza degli anelli è 1 su 300 mila. Se guardiamo con gli occhi della scienza e ci mettiamo nei panni dei processi lenti ma decisi che avvengono nell'universo, le cose diventano assolutamente credibili: gli anelli di Saturno sono il risultato di interazioni gravitazionali tra Saturno e chissà quale sua luna, che adesso non esiste più; il tutto avvenuto in chissà quanti milioni, se non miliardi di anni. Le particelle che compongono gli anelli di Saturno orbitano attorno al pianeta: sono attratte dalla gravità di Saturno che non le fa scappare nello spazio e allo stesso tempo hanno una velocità che li fa girare anziché cadere. A questa situazione di equilibrio dobbiamo ora aggiungere un ingrediente: la luce del Sole (a frequenze ultraviolette, per la precisione). Quando la luce ultravioletta del Sole colpisce le particelle ghiacciate più piccole degli anelli, queste diventano cariche elettricamente; a questo punto l'equilibrio iniziale si rompe, perché le particelle ghiacciate e cariche iniziano a sentire anche l'influenza del campo magnetico e quindi a muoversi. Quando questa situazione si realizza, l'equilibrio tra gravità e velocità di queste piccole particelle non esiste più: a un certo punto la velocità delle particelle ghiacciate non è più sufficiente, la gravità vince e le particelle cadono su Saturno. Questo fenomeno è chiamato ring rain (pioggia di anelli) ed è stato studiato per la prima volta nel 1986 in un articolo dello scienziato Jack Connerney. La domanda ora è: ma come facciamo a osservare una cosa del genere, piccolissime particelle che piovono su Saturno? Quando si ha questa ring rain, nell'alta atmosfera di Saturno si formano tante particelle chiamate ioni H3+ (formate da tre protoni e due elettroni). Quando gli ioni H3+ sono colpiti dalla luce del Sole, gli elettroni acquistano prima energia e poi la cedono. Questa energia ceduta è sotto forma di luce infrarossa. Un team di astrofisici guidato da James O'Donoghue ha osservato (con il telescopio Keck, situato alle Hawaii) proprio questa luce infrarossa e ne ha ricavato il tasso con cui avviene la ring rain. Da qui, è stato possibile fare una stima: con il ritmo osservato gli anelli di Saturno dureranno altri 300 milioni di anni. Comunque, il punto è che gli anelli di Saturno sembrerebbero essere un fenomeno transitorio: Saturno esiste da 4 miliardi di anni e il periodo durante il quale il pianeta sembrerebbe essere circondato dagli anelli è molto breve in confronto proprio all'età del pianeta. Infatti, i dati della sonda Cassini in passato hanno stimato che gli anelli esisterebbero solo da 100 milioni di anni.


Anelli di Giove

Gli anelli di Giove sono i costituenti di un debole sistema di anelli planetari intorno a Giove, il terzo ad esser stato scoperto nel sistema solare, dopo quello di Saturno e quello di Urano. Fu osservato per la prima volta nel 1979 dalla sonda Voyager 1, ma fu analizzato più approfonditamente negli anni novanta dalla sonda Galileo e, a seguire, dal telescopio spaziale Hubble e dai più grandi telescopi di terra. Il sistema di anelli consiste principalmente di polveri, presumibilmente silicati. È suddiviso in quattro parti principali: un denso toro di particelle noto come anello di alone; una fascia relativamente brillante, ma eccezionalmente sottile nota come anello principale; due deboli fasce più esterne, detti anelli Gossamer (garza), che prendono il nome dai satelliti il cui materiale superficiale ha dato origine a questi anelli: Amaltea (anello Gossamer di Amaltea) e Tebe (anello Gossamer di Tebe). L'anello principale e l'anello di alone sono costituiti da polveri originarie dei satelliti Metis e Adrastea ed espulse nello spazio in seguito a violenti impatti meteorici. Le immagini ottenute nel febbraio e nel marzo 2007 dalla missione New Horizons ha mostrato inoltre che l'anello principale possiede una ricca struttura molto fine. All'osservazione nel visibile e nell'infrarosso vicino gli anelli hanno un colore tendente al rosso, eccezion fatta per l'anello di alone, che appare di un colore neutro o comunque tendente al blu. Le dimensioni delle polveri che compongono il sistema sono variabili, ma è stata riscontrata una netta prevalenza di polveri di raggio pari a circa 15 µm in tutti gli anelli tranne in quello di alone, probabilmente dominato da polveri di dimensioni nanometriche. La massa totale del sistema di anelli è scarsamente conosciuta, ma è probabilmente compresa tra 1011 e 1016 kg. L'età del sistema è sconosciuta, ma si ritiene che esista sin dalla formazione del pianeta madre. Il sistema di anelli di Giove è stato il terzo sistema di anelli planetari ad esser stato scoperto nel sistema solare, dopo quello di Saturno e quello di Urano. Data l'albedo estremamente bassa che li caratterizza, mediamente pari a circa 0,05, gli anelli furono osservati solamente nel 1979, quando la sonda spaziale Voyager 1 effettuò un sorvolo ravvicinato del pianeta. La sonda ottenne una singola immagine sovraesposta del sistema di anelli. La loro esistenza era stata ipotizzata nel 1975 sulla base delle osservazioni condotte dalla sonda Pioneer 11 sulle fasce di radiazione della magnetosfera planetaria. Nel corso del sorvolo del pianeta, la sonda aveva individuato un'inaspettata carenza di particelle fra i 50 000 e i 55 000 km di altitudine rispetto all'atmosfera del pianeta, che aveva portato ad ipotizzare l'esistenza di un satellite o di un anello planetario. Dopo la fortuita osservazione da parte del Voyager 1 la sonda gemella, il Voyager 2, fu riprogrammata mentre era già in viaggio verso il pianeta per predisporre i propri strumenti ad uno studio approfondito degli anelli. La sonda raccolse un cospicuo quantitativo di dati, che permisero di delineare una sommaria struttura del sistema anulare. La sonda Galileo, che studiò il pianeta tra il 1995 ed il 2003, permise di estendere le conoscenze sul sistema, mentre le osservazioni condotte tra il 1997 e il 2002 dai telescopi Keck e nel 1999 dal telescopio spaziale Hubble hanno permesso di rivelare la ricca struttura visibile in luce retrodiffusa. Nel 2000 la missione Cassini, diretta verso Saturno, ha condotto un'intensa osservazione del sistema di anelli. Le immagini trasmesse dalla sonda New Horizons nel febbraio-marzo 2007 hanno permesso di osservare per la prima volta la struttura fine che caratterizza l'anello principale. Le future missioni che raggiungeranno il sistema di Giove forniranno ulteriori informazioni riguardo anche il sistema di anelli. L'architettura del sistema di anelli è il risultato dell'interazione di un certo numero di forze: la forza gravitazionale esercitata da Giove e dai suoi satelliti (e in particolare dai satelliti pastore, che orbitano in prossimità o all'interno degli anelli); la forza elettromagnetica dovuta all'intenso campo magnetico rotante del pianeta; la forza di attrito dovuta alla presenza di polveri interplanetarie (più dense in prossimità di Giove). Gli anelli si compongono di piccole polveri e microscopiche rocce dendritiche che ruotano attorno al pianeta. Gli anelli più interni si trovano all'interno del limite di Roche di Giove, ovvero la distanza dal centro del pianeta a cui un satellite può mantenere la propria struttura fisica senza disgregarsi per effetto delle forze di marea; per corpi aventi la stessa densità del pianeta madre, questo limite equivale a 2,456 volte il raggio del pianeta. L'anello di alone è il più interno e spesso tra gli anelli di Giove. Il suo bordo più esterno coincide col confine interno dell'anello principale, ad una distanza dal centro del pianeta pari a circa 122 500 km (1,72 RJ); procedendo da questa distanza verso il pianeta l'anello si fa rapidamente più spesso. Lo spessore verticale effettivo dell'anello non è noto, ma è stata riscontrata la presenza di suo materiale ad una distanza, in verticale, di 10 000 km al di sopra del piano dell'anello. Il confine interno è piuttosto ben definito ed è situato ad una distanza dal centro del pianeta pari a 100 000 km (1,4 RJ),[4] anche se tracce del materiale dell'anello sono presenti all'interno del confine sino a circa 92 000 km dal centro del pianeta; l'estensione dell'anello è dunque di circa 30 000 km. Ha quindi l'aspetto di uno spesso toro, privo di una chiara struttura interna. L'anello di alone appare più brillante se ripreso in luce diffusa diretta. Sebbene la sua luminosità superficiale sia di gran lunga inferiore a quella dell'anello principale, il suo flusso fotonico verticale integrato è paragonabile per via del suo maggiore spessore. A dispetto dell'estensione verticale ipotizzata (oltre 20 000 km), la luminosità dell'anello di alone è fortemente concentrata lungo il piano. In luce retrodiffusa l'aspetto dell'anello è fondamentalmente simile a quello in luce diretta, sebbene il suo flusso fotonico totale sia diverse volte inferiore a quello dell'anello principale e sia molto più intensamente concentrato nei pressi del piano dell'anello. Le proprietà spettrali dell'anello di alone sono differenti da quelle dell'anello principale: la distribuzione del flusso nella banda 0,5-2,5 µm è più schiacciata; inoltre, a dispetto degli altri anelli, l'anello di alone non appare rosso all'osservazione nel visibile e nell'infrarosso vicino, ma di un colore neutro o comunque tendente al blu. Queste caratteristiche proprietà ottiche possono essere spiegate solo se si ipotizza che l'anello sia composto prevalentemente da polveri di dimensioni inferiori a 15 µm in corrispondenza del piano, mentre le parti dell'anello che si distanziano dal piano potrebbero consistere di particelle di dimensioni inferiori, dell'ordine del nanometro. Lo stretto e relativamente sottile anello principale è la porzione più brillante del sistema di anelli di Giove. Il suo confine esterno è situato ad un raggio pari a circa 129 000 km (1,806 RJ) e coincide con l'orbita del satellite interno più piccolo, Adrastea, che funge da sua "luna pastore", delimitando in modo netto il confine esterno dell'anello. Il suo bordo interno non è delimitato da alcun satellite ed è situato a circa 122 500 km (1,72 RJ) dal centro del pianeta, nel punto in cui gradualmente sfuma nell'anello di alone; per questo motivo l'estensione radiale dell'anello si aggira sui 6 500 km.  L'anello è segnato da diverse lacune, che individuano le orbite dei satelliti che lo delimitano: Adrastea e Metis, all'esterno del quale è presente la cosiddetta divisione di Metis. L'osservazione in luce retrodiffusa permette di osservare come l'anello appaia costituito da due diverse parti, intervallate dalla divisione di Metis: una sottile parte esterna, che si estende da 128 000 a 129 000 km, che include tre piccoli sotto-anelli separati da lacune, ed una porzione interna più debole che si estende da 122 500 a 128 000 km, che manca di qualunque sotto-struttura visibile. La fine struttura dell'anello principale è stata scoperta grazie ai dati raccolti dalla sonda Galileo ed è stata ben visualizzata dalle immagini ottenute dalla sonda New Horizons. Le analisi dettagliate delle immagini fornite dalla sonda Galileo hanno mostrato delle variazioni longitudinali della luminosità dell'anello, assieme ad alcuni addensamenti delle polveri che costituiscono l'anello, confermati poi dalla New Horizons, di dimensioni comprese tra 500 e 1000 km. Gli addensamenti scoperti sono stati suddivisi in due gruppi, rispettivamente di cinque e due membri. La natura di questi accumuli non è chiara, ma le loro orbite sono in risonanza con Metis rispettivamente pari a 115:116 e 114:115. Le immagini riprese dalle sonde Galileo e New Horizons rivelano inoltre la presenza di due gruppi di increspature spiraleggianti nell'anello, che col tempo sono divenute maggiormente serrate al rateo atteso per effetto della recessione nodale differenziale (in inglese: differential nodal regression). Estrapolando all'indietro, il più prominente dei sue sistemi di oscillazioni appare essere stato generato nel 1995, in prossimità del periodo in cui il pianeta è stato interessato dall'impatto dei frammenti della cometa Shoemaker-Levy 9; l'altro invece risalirebbe alla prima metà del 1990. Le misurazione condotte nel novembre del 2006 attraverso la Galileo indicano una lunghezza d'onda di 1920 ± 150 e 630 ± 20 km, ed un'ampiezza di 2,4 ± 0,7 e 0,6 ± 0,2 km, per i due sistemi di oscillazioni, rispettivamente il maggiore ed il minore. La formazione delle oscillazioni maggiori può essere spiegata se l'anello è stato investito da una nube di particelle rilasciate dalla cometa con una massa complessiva di (2-5)×1012 kg, che avrebbe inclinato l'anello fuori dal piano equatoriale per 2 km. Perturbazioni analoghe sono state osservate dalla sonda Cassini negli anelli C e D di Saturno. Le analisi spettroscopiche ottenute tramite i telescopi Hubble, Keck e le sonde Galileo e Cassini hanno mostrato che le particelle che costituiscono l'anello appaiono di un colore rosso, ovvero la loro albedo è più alta a lunghezze d'onda maggiori, comprese tra 0,5 e 2,5 µm. Sino ad ora non sono state scoperte delle peculiarità spettrali attribuibili alla presenza di particolari composti chimici, sebbene le osservazioni della Cassini abbiano rilevato bande di assorbimento a 0,8 e 2,2 µm. Lo spettro dell'anello presenta comunque numerose affinità con quelli dei satelliti Adrastea e Amaltea. Queste proprietà spettroscopiche possono essere comprese se si ipotizza che esso sia composto da significative quantità di polveri le cui particelle abbiano dimensioni comprese tra 0,1 e 10 µm. L'ipotesi spiega la maggiore intensità luminosa in luce diretta che non in retrodiffusa; tuttavia, per esplicare l'intensa retrodiffusione e la struttura molto fine nella porzione esterna dell'anello è necessario ipotizzare la presenza di corpi di dimensioni maggiori rispetto a quella delle polveri, di dimensioni comprese tra il centimetro e il km. La presenza di due popolazioni di particelle nell'anello principale spiega perché il suo aspetto dipende dalla geometria visuale: le polveri, infatti, favoriscono la diffusione diretta, formando un anello omogeneo relativamente spesso delimitato dall'orbita di Adrastea; invece, le particelle più grandi, che favoriscono la retrodiffusione, sono confinate in piccoli anelli nella regione compresa tra le orbite di Metis e Adrastea. La massa complessiva delle polveri è stata stimata sui 107-109 kg, mentre quella degli oggetti maggiori, esclusi Metis e Adrastea, è di circa 1011-1016kg a seconda delle loro dimensioni massime (il valore-limite è stato posto intorno al km). L'anello Gossamer (letteralmente garza, in inglese) è il più esterno del sistema; è convenzionalmente diviso in due parti: un anello interno, compreso nell'orbita di Amaltea, ed uno più esterno, che si estende fino all'orbita di Tebe; a questi va aggiunta una nube di pulviscolo che si estende oltre l'orbita di Tebe, fino a svanire gradualmente nel mezzo interplanetario. Si può quindi genericamente parlare, al plurale, di anelli Gossamer, in riferimento alla molteplicità di sottoanelli presenti nel sistema. L'anello Gossamer interno, o anello di Amaltea, è una struttura molto debole con una sezione rettangolare, estesa dall'orbita di Amaltea, a 182 000 km (2,54 RJ) fino a circa 129 000 km (1,80 RJ); il suo bordo interno non è nettamente definito a causa della presenza del molto più brillante Anello Principale e l'alone. Lo spessore dell'anello è di circa 2300 km nei pressi dell'orbita di Amaltea e decresce leggermente in direzione di Giove; è inoltre più luminoso vicino ai bordi superiore e inferiore ed aumenta di luminosità in direzione di Giove. Il bordo esterno dell'anello non è particolarmente netto, specialmente nel bordo superiore. È presente una forma a goccia nella luminosità poco all'interno dell'orbita di Amaltea con una struttura aggiuntiva a forma di guscio. È costituito da polveri di dimensioni comprese fra 0,2 e 5 µm. L'anello Gossamer esterno, o anello di Tebe, è il più debole degli anelli gioviani: appare come una struttura particolarmente debole con una sezione incrociata rettangolare, estesa dall'orbita del satellite Tebe, a 226 000 km (3,11 RJ), fino a circa 129 000 km (1,80 RJ;); questo bordo interno non è nettamente definito a causa della presenza del molto più brillante anello principale e dell'alone. lo spessore dell'anello è di circa 8400 km all'altezza dell'orbita di Tebe e decresce lentamente in direzione del pianeta; è inoltre più luminoso vicino ai bordi superiore e inferiore ed aumenta di luminosità in direzione di Giove, come l'anello Gossamer interno. Il bordo esterno dell'anello non è particolarmente netto, estendendosi per oltre 15 000 km. È presente una continuazione dell'anello nell'orbita di Tebe a mala pena visibile, che si estende fino a 280 000 km (3,75 RJ) ed è chiamata estensione di Tebe. È costituito da polveri di dimensioni comprese fra 0,2 e 5 µm, simili a quelle dell'anello interno. Le polveri che costituiscono gli anelli sono soggette ad un costante processo di rimozione dovuto alla combinazione dell'effetto Poynting-Robertson e delle forze elettromagnetiche della magnetosfera di Giove. I materiali volatili, ad esempio i ghiacci, sublimano rapidamente; si stima che il tempo di vita delle polveri sia compreso tra 100 e 1000 anni,[9] e quindi la polvere che viene a mancare deve essere continuamente sostituita grazie a quella che si origina dalle collisioni tra i corpi di dimensioni maggiori, comprese tra 1 cm e 0,5 km, e tra questi corpi e le particelle ad alta velocità provenienti dall'esterno del sistema gioviano. Questa popolazione di oggetti è confinata nella sottile (circa 1000 km) ma brillante parte esterna dell'anello principale ed include i satelliti Metis ed Adrastea. Le dimensioni di questi oggetti devono essere inferiori, stando alle rilevazioni della New Horizons, a 0,5 km; in precedenza questo limite, stando alle osservazioni del telescopio Hubble e dalla sonda Cassini, era molto più ampio, circa 4 km.[9] La polvere prodotta nelle collisioni permane nella stessa fascia orbitale degli oggetti da cui si è originata e lentamente spiraleggia in direzione del pianeta madre, formando la parte più interna e tenue dell'anello principale e l'anello di alone. Le polveri degli anelli Gossamer si originano dai satelliti interni Amaltea e Tebe, essenzialmente allo stesso modo di quelle dell'anello principale e dell'alone; tuttavia la loro sottigliezza è dovuta alle escursioni verticali di alcune lune a causa della loro inclinazione orbitale non nulla. Queste ipotesi spiegano completamente quasi tutte le proprietà osservabili sul bordo esterno e interno degli anelli. Alcune formazioni non sono ancora state spiegate: l'estensione di Tebe, che potrebbe essere causata da un corpo ignoto all'esterno dell'orbita di Tebe stessa, ed alcune strutture individuabili nella osservazioni condotte in luce retrodiffusa. Una possibile spiegazione dell'estensione osservata è l'influenza delle forze elettromagnetiche della magnetosfera di Giove: quando le polveri entrano nel cono d'ombra dietro il pianeta, perdono la loro carica elettrica piuttosto velocemente; dato che le particelle più piccole co-ruotano in parte assieme a Giove, durante il transito nell'ombra si muoveranno verso l'esterno, creando così l'estensione osservata dell'Anello Gossamer di Tebe. La stessa forza può spiegare la diminuzione nella distribuzione delle particelle e della luminosità dell'anello che avviene fra le orbite di Amaltea e di Tebe. L'analisi delle immagini degli anelli di Gossamer rivela che un picco nella luminosità poco all'interno dell'orbita di Amaltea potrebbe essere causato dalle particelle di polvere intrappolate dai punti di Lagrange conducente (L4) e trascinante (L5) di Amaltea; anche l'alta luminosità del bordo esterno dell'anello Gossamer di Amaltea può essere causata da queste polveri intrappolate. Le particelle possono essere presenti sia su L4 che su L5; questa scoperta implica che negli anelli di Gossamer ci sono due popolazioni di particelle: una diretta lentamente in direzione di Giove, come descritto sopra, e l'altra che si mantiene vicino alla luna generatrice intrappolata in risonanza 1:1 con essa. L'età dell'anello è sconosciuta, ma potrebbe costituire l'ultimo residuo di una precedente popolazione di piccoli oggetti nelle vicinanze di Giove, distrutti da reciproche collisioni e dalle forze di marea del pianeta madre.

La nostra galleria immagini sugli anelli di Giove


Gli anelli di Urano

Urano è dotato di due sistemi di anelli, uno interno e l'altro esterno. In totale Urano possiede 13 anelli distinti di cui 11 nel sistema interno e 2 in quello esterno.La sonda spaziale Voyager 2 ha fotografato il sistema di anelli interno nel 1986. Il sistema di anelli esterno è invece composto da due anelli scoperti nel 2005 analizzando le immagini riprese dal telescopio spaziale orbitante Hubble. Gli anelli sono nel piano dell'equatore di Urano perpendicolari all'orbita del pianeta rispetto al Sole. Sono formati da materiale fine e molto scuro, probabilmente sono costituiti principalmente da polvere e non da ghiaccio come gli anelli di Saturno spiegando così la loro così scarsa luminosità. 

Il sistema di anelli interno è stato scoperto il 10 marzo 1977 da James L. Elliot, Edward W. Dunham e Douglas J. Mink grazie al Kuiper Airborne Observatory. Gli astronomi avevano progettato di usare l'occultazione di una stella, la SAO 158687, da parte di Urano per poter studiare l'atmosfera del pianeta, ma quando analizzarono le loro osservazioni scoprirono che la stella era scomparsa brevemente dalla vista cinque volte prima e dopo l'occultamento da parte del pianeta. Conclusero che doveva esserci un sistema di anelli intorno ad Urano e dall'analisi dei dati ne scoprirono 6. Studi successivi nello stesso anno, effettuati all'osservatorio di Perth, permisero la scoperta di altri 3 anelli. Tale sistema di anelli venne rilevato direttamente e fotografato dalla sonda spaziale Voyager 2 che passò nei pressi di Urano nel 1986. Grazie alle nuove immagini vennero scoperti due nuovi anelli talmente sottili che erano invisibili dalla Terra con gli strumenti dell'epoca.

Il sistema di anelli esterno è stato scoperto nel 2005 analizzando i dati che il telescopio spaziale Hubble aveva raccolto tra gli anni 2003 e 2005. L'analisi di questi dati ha permesso di trovare anche due nuovi satelliti: Mab e Cupido, ma soprattutto ha permesso di vedere che il sistema di satelliti di Urano è probabilmente instabile (ci sono frequenti collisioni o forze che ne modificano le orbite), infatti le orbite dei satelliti più interne sono notevolmente cambiate dal 1994. Sembra che un processo casuale o caotico causi un continuo scambio di energia e momento angolare tra le varie lune. I due anelli sono molto sottili e richiedono un'esposizione molto prolungata per poter essere catturata una loro immagine. Il movimento a spirale dovrebbe adagio adagio disperdere nello spazio esterno i componenti di questi due anelli e quindi si ipotizza che vi sia qualcosa che li rifornisce continuamente di nuovo materiale. All'interno dell'Anello Mu orbita il satellite Mab e gli scienziati ipotizzano che sia lui a rifornire costantemente di materia tale anello tramite collisioni con meteoroidi. Il satellite Mab inoltre raccoglie la polvere che incontra nella sua orbita per poi rilasciarla al successivo impatto. L'Anello Nu più interno invece non sembra avere un corpo visibile che lo rifornisca di materiali. Si ipotizza che vi siano più satelliti di piccole dimensioni al suo interno o che si sia formato a causa dell'impatto di una grossa luna di Urano, impatto che ha modificato la sua orbita portandola all'esterno dell'anello. Il telescopio spaziale Hubble ha raccolto nel 2003 80 fotografie (tempo di esposizione: 4 minuti), 24 delle quali mostrano anelli visibili. Nuove immagini raccolte l'anno seguente mostrano gli anelli in modo molto più evidente. Rianalizzando i dati raccolti dal Voyager 2 nel 1986, circa 100 immagini, è stato possibile evidenziare la presenza degli anelli anche nelle immagini raccolte all'epoca. Le strutture non erano state notate perché non evidenti (quasi trasparenti) e localizzate ad una distanza dal pianeta dove nessuno si aspettava di trovarne. Lo studio ha inoltre mostrato un aumento della luminosità degli anelli, prevista fino al raggiungimento dell'equinozio nel 2007, quando la luce del sole li raggiungerà incidendo in senso perpendicolare e la posizione della Terra sarà favorevole al loro studio, La scoperta di questo sistema giovane e dinamico, costituito dagli anelli esterni e dalle due nuove lune di Urano, potrebbe aiutare i ricercatori a capire come si formano ed evolvono nel tempo i sistemi planetari.


Gli anelli di Nettuno

Il pianeta Nettuno possiede un debole sistema di cinque anelli planetari principali, predetti già nel 1984 da André Brahic e fotografati dalla sonda Voyager 2 nel 1989. Nei punti più densi sono paragonabili alle regioni meno dense degli anelli principali di Saturno, come l'anello C e la divisione Cassini, ma si tratta in genere di un debole sistema di anelli piuttosto tenue, costituito da polveri paragonabile agli anelli di Giove. Sono stati chiamati con i nomi di astronomi che hanno effettuato importanti studi sul pianeta: Galle, Le Verrier, Lassell, Arago, Adams, elencati in ordine di distanza crescente da Nettuno. Un ulteriore anello coincide con l'orbita di Galatea. Altri tre satelliti hanno orbite all'interno degli anelli: Naiade, Thalassa e Despina. La loro struttura sembra irregolare, forse a causa delle interazioni gravitazionali con i satelliti del pianeta; essi presentano notevoli interruzioni e zone più dense note come archi d'anello. A metà degli anni 1980, in seguito a diverse occultazioni stellari da parte di Nettuno, emerse per la prima volta la possibilità che Nettuno fosse circondato da archi d'anello, in numero almeno pari a tre; questo tuttavia presupponeva la presenza simultanea di almeno sei satelliti pastore, o di un solo satellite dall'orbita altamente ellittica (come poi si rivelò essere Nereide). Quando nel 1989 la sonda spaziale Voyager 2 sorvolò il pianeta la distribuzione irregolare di materia precedentemente ipotizzata fu confermata; l'anello principale, Adams, si rivelò costituito da cinque archi di anello principali. Gli archi occupano una stretta banda longitudinale e sembrano piuttosto stabili, con minime variazioni dall'epoca della loro scoperta. L'esistenza di simili strutture non è stata ancora pienamente giustificata; normalmente ci si aspetterebbe una distribuzione uniforme di polveri e piccoli corpi ghiacciati sull'intera orbita attorno al pianeta. La stabilità potrebbe essere collegata alla risonanza orbitale tra l'anello e il suo satellite pastore Galatea. Il sorvolo della Voyager 2 permise di individuare per la prima volta anche due anelli minori; fu inoltre evidenziata la possibilità che l'intero sistema nettuniano fosse permeato da un disco diffuso di polveri opache, poco visibili a causa della presenza di composti del carbonio di colore scuro derivanti dall'impatto della radiazione solare con il metano solido, analogamente a quanto rilevato negli anelli di Urano. La percentuale di polveri negli anelli, compresa tra il 20 e il 40%, è abbastanza alta, ma la profondità ottica è invece bassa, meno dello 0,1%.[4] Solo l'anello Adams include cinque archi distinti, Fraternité, Égalité 1 e 2, Liberté, e Courage. L'altro anello principale, assieme ad Adams, è l'Anello Le Verrier, il cui nome è stato assegnato in onore di Urbain Le Verrier che per primo ipotizzò l'esistenza di Nettuno e fornì i calcoli che permisero di arrivare alla sua scoperta. Ha un raggio orbitale piuttosto stretto, di circa 53.200 km, e un'ampiezza di circa 113 km. La profondità ottica è di 0,0062 ± 0,0015, cui corrisponde una profondità equivalente di 0.7 ± 0.2 km. La frazione di polveri è compresa tra 40% e 70%. Si ritiene che il piccolo satellite Despina, che orbita al suo interno a 52.526 km, agisca da pastore stabilizzandone la posizione. Osservazioni condotte dalla Terra nel 2005 hanno portato ad ipotizzare che il sistema di anelli di Nettuno sia estremamente instabile; appare che l'anello Liberté potrebbe scomparire entro la fine del XXI secolo. Il sistema di anelli planetari di Nettuno, situato sul piano equatoriale del pianeta, è immerso all'interno della sua magnetosfera; la presenza degli anelli e dei satelliti ne modifica la consistenza, raccogliendone le particelle cariche.


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