I grandi telescopi spaziali

I telescopi hanno fatto la storia dell'astronomia: senza di loro, la nostra visione dell'Universo sarebbe stata limitata alla volta celeste. Oggi, invece, grazie a strumenti straordinariamente grandi e avanzati, possiamo scorgere la luce proveniente da galassie distanti. Ormai, alcuni di questi strumenti orbitano attorno al nostro pianeta: sono i telescopi spaziali, i quali, per evitare la rifrazione dell'atmosfera, esplorano lo spazio dell'orbita terrestre. Ma cos'è, esattamente, un telescopio? Ma soprattutto, quali sono i più grandi telescopi spaziali? Seguiteci su Eagle sera per saperne di più.



I telescopi: giganteschi occhi hi-tech

Cos'è un telescopio

Il telescopio è uno strumento che raccoglie la luce o altre radiazioni elettromagnetiche provenienti da un oggetto lontano, la concentra in un punto (detto fuoco) e ne produce un'immagine ingrandita. Sebbene con il termine "telescopio" si indica solitamente il telescopio ottico, operante nelle frequenze della luce visibile, esistono telescopi sensibili anche alle altre frequenze dello spettro elettromagnetico. Il nome, derivato dal greco τηλε (tēle) che significa «lontano» e σκοπεῖν (skopein) ovvero «guardare, vedere», è una parola d'autore coniata dal matematico greco Giovanni Demisiani (Ἰωάννης Δημησιάνος), il 14 aprile 1611, nel banchetto offerto a Roma, dal principe Federico Cesi, in onore della cooptazione di Galileo Galilei nell'Accademia dei Lincei. Il primo passo verso l'astronomia ottica si è avuto grazie alle ricerche di Ruggero Bacone, il quale studiò le proprietà delle lenti piano convesse ottenute sezionando una sfera di vetro con un piano. Bacone notò che l'ingrandimento ottenibile era determinato dalla rifrazione dell'immagine, esso dipendeva dalla lunghezza focale della lente e dalla distanza alla quale si poneva l'occhio; difatti di lì a poco le lenti si diffusero assieme ai primi modelli di occhiali da vista. Tuttavia per un uso astronomico si dovrà attendere il 1608, quando l'olandese Hans Lippershey costruì il primo modello di telescopio rifrattore, strumento che l'anno successivo fu perfezionato da Galileo. Le scoperte di Galileo sono ben note, così come è ben nota la rivoluzione introdotta: l'astronomia ottica era avviata. Grazie a nuove conoscenze di ottica le tecniche di lavorazione delle lenti migliorarono; il modello galileiano soffriva di difetti insiti nelle proprietà delle lenti. Le lenti infatti non concentrano i fasci luminosi in un unico punto ma lo dividono in fasci che vanno dal rosso al violetto; per questo motivo le immagini soffrono della cosiddetta aberrazione cromatica, a causa della quale l'immagine non viene messa a fuoco perfettamente. Per risolvere questo difetto, conveniva costruire lenti di piccola curvatura e di grande distanza focale. Così Hevelius nel 1647 costruì uno strumento a focale di 3,5 m, ma successivamente, questo valore aumentò giungendo a 7,5 m o ai 50 m dello strumento di Huygens, che applicò la cosiddetta montatura aerea, soluzione che comportava l'applicazione di un filo teso su cui centrare l'oculare con la lente primaria. Nel 1663 James Gregory creò uno strumento che raccoglieva luce in uno specchio paraboloidico il quale rifletteva la luce su uno specchio secondario, che la rimandava al primario tramite un foro centrale. L'idea era buona ma vi erano ancora enormi problemi pratici. Nel 1666 Newton facendo passare un fascio di luce solare attraverso un prisma di vetro ottenne uno spettro di colori che egli concepì come costituenti naturali della luce bianca. Concluse anche che l'aberrazione sferica era causa della rifrazione dei colori. Sicché nel 1668 costruì il modello newtoniano, con un primario sferico modificato e un secondario inclinato a 45°. Successivamente Cassegrain costruì il suo celebre modello, modificando quello proposto da Gregory, applicando come secondario un convesso al posto di un concavo. John Dollond possedeva uno dei più famosi laboratori strumentali d'Europa. Egli tentò di realizzare un sistema ottico sulla base degli studi di Newton, ma con risultati insoddisfacenti. Nel 1754 quando Samuel Klingenstierna pubblicò una memoria nella quale, con un'analisi rigorosa, dimostrava l'inconsistenza degli esperimenti di Newton rispetto alle sue ricerche sul cromatismo e ne proponeva di nuovi; Dollond ne ricevette una forte impressione. Decise di far buon uso dei suggerimenti, e intraprese subito nuovi esperimenti. I risultati di queste prove, eseguite con diverse combinazioni di vetri a bassa e alta dispersione, che contraddicevano le esperienze di Newton, lo portarono a realizzare obiettivi acromatici composti da una lente convergente in vetro crown e da una divergente in vetro Flint. Nel 1758 Dollond mise in vendita i primi telescopi acromatici di 1,5 metri di fuoco e nel 1765 suo figlio Peter, che gli era succeduto alla guida del laboratorio, propose un obiettivo a tre lenti, due concave di vetro crown e una convessa di vetro Flint. Questa soluzione consentì di ridurre anche l'aberrazione sferica e di produrre obiettivi che a parità di focale avevano dimensioni maggiori. Nella prima metà dell'800, Fraunhofer sviluppa ulteriormente le lenti acromatiche, lenti che eliminano l'aberrazione cromatica nelle immagini interponendo altre lenti di correzione; in questo modo i telescopi rifrattori cominciano a diffondersi molto più del passato. Ulteriori passi sono stati compiuti tramite altre configurazioni a riflessione, l'ultima delle quali ad opera di Schmidt che inventò l'omonima combinazione ottica nei primi del '900. Egli ebbe l'idea di correggere l'aberrazione sferica degli specchi con una lente posta al centro di curvatura, riuscendo in tal modo ad ottenere un campo corretto di oltre 5 o 6 gradi; inoltre rispetto ai comuni riflettori, lo Schmidt consentiva un grande campo e una notevole luminosità, tanto da ottenere delle foto con tempi bassi. Successive configurazioni hanno permesso la creazione di modelli misti come lo Schmidt-Cassegrain o il Maksutov-Cassegrain, strumenti adatti alle varie esigenze degli osservatori e degli astrofili. L'atmosfera terrestre assorbe buona parte delle radiazioni elettromagnetiche provenienti dallo spazio, con l'importante eccezione della luce visibile e delle onde radio. Per questa ragione l'osservazione da terra è limitata all'uso dei telescopi ottici e dei radiotelescopi. I primi sono collocati preferibilmente in luoghi alti o isolati (montagne, deserti, ...), in modo da ridurre l'influenza della turbolenza atmosferica e dell'inquinamento luminoso. Per l'osservazione nelle rimanenti bande dello spettro elettromagnetico (microonde, infrarosso, ultravioletto, raggi X, raggi gamma), che vengono assorbite dall'atmosfera, si utilizzano quasi esclusivamente telescopi orbitali o collocati su palloni aerostatici ad alta quota. Inizialmente il sensore usato nei telescopi era l'occhio umano. In seguito la lastra fotografica prese il suo posto, e fu introdotto lo spettrografo, permettendo agli astronomi di avere informazioni sullo spettro di una sorgente. Dopo la lastra fotografica, varie generazioni di sensori elettronici come i CCD (e ultimamente in campo astrofilo anche le webcam) sono state perfezionate, ognuna con una crescente sensibilità e risoluzione. I sensori CCD permettono di realizzare strumenti con elevata profondità di campo o con elevata risoluzione a seconda delle necessità dello strumento. Il telescopio Pan-STARRS per esempio essendo stato sviluppato per individuare i potenziali asteroidi in rotta di collisione con la Terra necessita di una elevata risoluzione e quindi utilizza una serie di 60 CCD che generano 1,9 gigapixel per scatto. I telescopi moderni contengono numerosi strumenti tra cui scegliere quello più adatto: camere per immagini, con diversa risposta spettrale. Spettrografi per varie lunghezze d'onda. Polarimetri, che possono rilevare la direzione della luce polarizzata, eccetera. I telescopi ottici si dividono principalmente in due classi in base al tipo di elementi ottici utilizzati: i rifrattori e i riflettori.

  • Il telescopio rifrattore, grazie a un insieme di lenti (sistema diottrico), sfrutta il fenomeno della rifrazione per focalizzare l'immagine.
  • Il telescopio riflettore, grazie a un insieme di specchi (sistema catottrico), sfrutta il fenomeno della riflessione per focalizzare l'immagine.

Esistono tuttavia molti schemi ottici misti (detti sistemi catadiottrici) che, pur utilizzando come elemento principale uno specchio (specchio primario) e per questo rientrano nei telescopi riflettori, sono dotati di elementi correttivi a lenti. Le aperture superiori al metro sono di dominio incontrastato dei telescopi riflettori. Oltre una certa dimensione infatti le lenti diventano talmente costose e pesanti da rendere tecnicamente ed economicamente impraticabile il loro utilizzo. Il telescopio solare è progettato per lo studio del Sole, di solito a lunghezza d'onda visibile. Viene utilizzato di giorno e per evitare che la grande quantità di luce lo surriscaldi, viene tenuto a vuoto o in elio. A differenza dei telescopi ottici hanno una maggiore distanza focale, uno specchio più piccolo per evitare la diffrazione dell'immagine e spesso sono fissi alla base della struttura, mentre un eliostato dirige la luce verso di essi. I radiotelescopi sono antenne radio che, al pari degli specchi dei telescopi che lavorano in ottico, focalizzano la radiazione amplificandola nel fuoco geometrico dell'antenna (dove è posto il detector) che raccoglie il segnale radio. Le antenne sono a volte costituite da una griglia di fili conduttori, le cui aperture sono più piccole della lunghezza d'onda osservata. I radiotelescopi sono spesso usati a coppie, o in gruppi più numerosi, per ottenere diametri "virtuali" proporzionali alla distanza tra i telescopi (vedi la voce sull'interferometria). I gruppi più grandi hanno collegato telescopi sui lati opposti della Terra. I radiotelescopi lavorano sulle frequenze radio degli oggetti celesti, compiendo osservazioni in questo settore dell'astronomia che presenta il vantaggio di non dipendere (come nel settore ottico) né dalle condizioni meteorologiche, né dall'alternanza giorno-notte. I telescopi per raggi X e raggi gamma hanno altri problemi, principalmente derivanti dal fatto che questi raggi possono attraversare il metallo e il vetro. Usano in genere degli specchi a forma di anello, messi quasi paralleli al fascio di luce incidente, che viene riflessa di pochi gradi: questa caratteristica determina una differenza qualità costruttiva e tecnica del telescopio. Gli specchi sono in genere una sezione di parabola ruotata. Il telescopio Cerenkov rivela la caratteristica radiazione (Radiazione Čerenkov) emessa da particelle gamma che attraversano l'atmosfera. Queste particelle assorbite dall'alta atmosfera terrestre originano un segnale che è da considerare l'equivalente del "bang" supersonico per le onde sonore, le particelle infatti viaggiano a una velocità maggiore rispetto a quella della luce (della luce nell'aria, ma comunque a velocità inferiore di quella della luce nel vuoto). Il lampo Čerenkov viaggia nella stessa direzione dello sciame, e può essere rivelato dai telescopi Čerenkov. Esso consta di uno specchio primario e di un secondario dove è posta la strumentazione di rivelazione. Questi telescopi vengono denominati "IACT" (Imaging Air Čerenkov Telescopes). Tra gli esperimenti attualmente in funzione che sfruttano tale tecnica spiccano le collaborazioni MAGIC, H.E.S.S., CANGAROO e VERITAS. L'esigenza di aumentare sempre più le dimensioni dei rivelatori (ottici e radio) e quindi di migliorare la risoluzione delle immagini dei corpi celesti, ha sviluppato un sistema che supera i limiti fisici degli strumenti a disposizione. Questo metodo è quello dell'interferometria. Esso sfrutta la possibilità di integrare i segnali di due strumenti posti a una certa distanza, di elaborarli e di ottenere un'unica immagine contenente le caratteristiche di entrambi gli strumenti: con il vantaggio di considerare la loro distanza come il diametro dell'obiettivo o del rivelatore. Il metodo interferometrico viene applicato sia in radioastronomia e quindi sulle lunghezze radio, che in campo ottico. Quest'ultimo è un campo di applicazione più recente, più complesso di quello radio, ma che trova già le prime applicazioni pratiche nei nuovi telescopi. Per montatura di un telescopio s'intende la struttura meccanica che si occupa di sostenere la componente strumentale ottica e la relativa strumentazione osservativa: fotometro, spettrografo, CCD, ecc. La montatura ha anche la fondamentale funzione di compensare il moto di rotazione della Terra e dunque il moto apparente degli astri da est verso ovest, eseguendo un moto di rotazione in senso opposto a quello apparente del cielo. In questo modo l'oggetto da osservare rimarrà sempre al centro del campo d'osservazione. Una montatura per essere considerata efficiente deve soddisfare i seguenti requisiti:

  1. requisito meccanico, la montatura deve essere improntata alla massima rigidità; esente da flessioni o vibrazioni, che mantenga una velocità costante nel suo moto di inseguimento in modo da mantenere sempre al centro del campo visivo l'oggetto inquadrato senza fughe. Infine deve essere costituita da una meccanica precisa ed esente da giochi meccanici che possano precludere la sua precisione.
  2. requisito elettronico, un elemento importante per un telescopio è oramai la presenza di un controllo elettronico dei movimenti, in modo da potere gestire tramite una pulsantiera o persino un computer la gestione e il puntamento dei corpi celesti.
  3. requisito informatico, ossia il software che sia in grado di comunicare con l'elettronica e la meccanica dello strumento. Questo requisito consente non solo di puntare un oggetto, ma anche di annullare gli errori strumentali tramite correzioni del moto e persino la possibilità di gestire lo strumento per via remota, per esempio via internet.

Le montature per telescopi si dividono in due categorie principali: montature altazimutali e montature equatoriali. La montatura altazimutale è la montatura più semplice da costruire, costituita dal moto dei due assi principali azimut ed elevazione. Il telescopio, per mantenere l'oggetto osservato al centro del campo, deve eseguire dei moti nei due assi: l'orizzontale e il verticale. Inoltre è presente un altro inconveniente: la rotazione del campo. Tutto questo è risolto da un sistema di motori controllati da un computer, il quale provvede a mantenere sempre perfetto il puntamento. Questo tipo di montatura è utilizzato nei telescopi amatoriali più economici oppure per i telescopi professionali di grandi dimensioni, a causa della maggior semplicità e leggerezza della stessa: requisito indispensabile per sostenere specchi del diametro di alcuni metri, sorretti da strutture pesanti diverse tonnellate. La generazione attuale di telescopi presenta un diametro massimo di specchio singolo di circa 8 metri, ma sono in progetto telescopi da 30, 50 e anche 100 metri, composti dall'unione a mosaico di più specchi di diversa curvatura: tutti questi telescopi usano montature altazimutali o, in alcuni casi, montature di derivazione altazimutale. A livello amatoriale sono preferite da coloro che si dedicano alla sola visione grazie alla loro semplicità d'uso. Esistono diversi tipi di montature equatoriali, accomunati però dalla caratteristica fondamentale di avere uno degli assi di rotazione inclinato in funzione della latitudine del luogo. Questa inclinazione consente (a fronte di un puntamento della montatura rispetto al Polo Nord Celeste) di "inseguire" i corpi celesti mediante un solo movimento, semplificando rispetto a una montatura altazimutale la modalità di inseguimento. La presenza di un solo moto, infatti, consente anche per i telescopi amatoriali di raggiungere il medesimo scopo, senza dovere avere l'ausilio di sofisticata attrezzatura e software di supporto: un semplice motorino con un tempo di rotazione di 24 ore è sufficiente. Il più grande telescopio a montatura equatoriale è il famoso telescopio Hale presso l'Osservatorio di Monte Palomar, del diametro di cinque metri. I tipi di montature equatoriali sono:

  • Montatura alla tedesca o di Fraunhofer;
  • Montatura inglese;
  • Montatura fotografica;
  • Montatura Porter o a ferro di cavallo.

Queste montature si differenziano in base ad alcune differenze costruttive e tecniche, utilizzabili di volta in volta in base alle esigenze. A livello amatoriale, questo tipo di montatura è la preferita da coloro che si dedicano all'astrofotografia in quanto, una volta messa in stazione, garantisce un migliore inseguimento durante l'esposizione dell'oggetto celeste, senza la necessità di una attrezzatura apposita per la compensazione della rotazione di campo. Alcune montature possono essere convertite da una tipologia all'altra, per esempio una montatura altazimutale a forcella può essere convertita in equatoriale con l'inserimento di un cuneo equatoriale, oppure alcune montature alla tedesca possono essere azzerate e utilizzate come fossero altazimutali. Un tipo particolare di montatura è la montatura detta alt-alt mount o più tecnicamente altitude-altitude. Essa si colloca a metà strada fra la montatura equatoriale e la montatura altazimutale. Si tratta di una montatura all'inglese modificata la cui culla principale (la struttura meccanica ove è alloggiato il telescopio) anziché puntare al Nord celeste, è parallela al suolo. La montatura presenta il vantaggio di scaricare le masse al centro ideale gravitazionale dello strumento distribuendole in maniera equivalente su due assi (nella montatura inglese tutto il peso gravita sull'asse che punta al Polo Sud) senza dare luogo alle flessioni tipiche della montatura a forcella. Per contro si ha, come nella montatura altazimutale, la rotazione di campo che è in funzione sia della declinazione strumentale che della latitudine locale ove si trova lo strumento. Tuttavia, quando lo strumento lavora su oggetti che si trovano in prossimità dell'equatore celeste, la rotazione di campo è pressoché eguale a zero. In via teorica la montatura può non essere allineata, ma un allineamento degli assi Nord-Sud o Est-Ovest è essenziale per ridurre il fenomeno della rotazione di campo sopra accennato. Le montature per telescopi solari differiscono per vari particolari da quelle costruite per i telescopi destinati all'osservazione della volta celeste. I telescopi solari posseggono focali lunghissime ed è impossibile movimentare un tubo ottico di tali dimensioni; lo specchio inoltre non è parabolizzato, ma sferico. La montatura di un telescopio solare è la parte ottica meccanica che serve a indirizzare la luce del Sole in un tubo che è o coricato sul terreno, o perpendicolare a esso, o leggermente inclinato e che presenta dimensioni che variano da 30 metri a qualche centinaio di metri. Tramite un sistema di specchi si opera il rinvio della sorgente luminosa solare all'interno del tubo ottico ove l'immagine subisce il consueto trattamento: ingrandimento, focalizzazione, osservazione e studio. Lo strumento destinato a raccogliere l'immagine del Sole e a indirizzarla nel tubo ottico prende il nome di eliostato. L'eliostato è composto da uno specchio piano inclinato equatorialmente che ruota per inseguire il Sole e che dirige l'immagine catturata su un secondo specchio piano che rinvia l'immagine allo specchio principale sferico, che a sua volta provvede ad amplificarla e focalizzarla nel fuoco geometrico dello specchio principale dove si trova la strumentazione. A motivo della doppia riflessione lo specchio primario (equatorialmente inclinato) non compie un'intera rotazione su se stesso in 24 ore (circa), bensì in 48 ore (circa). Lo specchio principale va spostato durante i diversi periodi dell'anno a motivo della diversa altezza del Sole sull'orizzonte in inverno, primavera, ed estate. 

Cos'è un telescopio spaziale

Un telescopio spaziale è un satellite oppure una sonda spaziale lanciata con l'espresso scopo di osservare pianeti, stelle, galassie e altri oggetti celesti, esattamente come un telescopio basato a terra. Sono stati lanciati numerosi telescopi spaziali, che hanno contribuito enormemente alla nostra conoscenza del cosmo. Il motivo che spinge all'osservazione dallo spazio è che essa non soffre di numerosi problemi che ha invece l'osservazione dalla superficie della Terra, in ordine crescente di importanza:

  • un telescopio nello spazio non soffre dell'inquinamento luminoso causato da paesi e città vicine,
  • l'atmosfera terrestre introduce una considerevole distorsione nelle immagini (propriamente chiamata aberrazione ottica). La capacità risolutiva dei grandi telescopi terrestri è perciò notevolmente ridotta. Un osservatorio nello spazio non deve guardare attraverso chilometri di atmosfera, ed ha sempre prestazioni vicine al suo massimo teorico. Questo problema è parzialmente risolto anche a terra da tecniche di ottica adattiva, che però sono complesse e non risolvono del tutto il problema.
  • l'atmosfera inoltre assorbe una grande porzione dello spettro elettromagnetico, impedendo alla radiazione di molti oggetti celesti di raggiungerci. Molte osservazioni sono quindi semplicemente impossibili da terra, e occorre spostarsi fuori dall'atmosfera per poterle condurre.

L'ultimo problema è quello che ha causato il lancio di quasi tutti i telescopi spaziali, e in parte anche del telescopio spaziale Hubble (Hubble Space Telescope o HST), che cercava principalmente di aggirare il problema della distorsione atmosferica. I telescopi terrestri possono osservare solo le lunghezze d'onda ottiche (la cosiddetta finestra ottica) e radio, più alcune porzioni molto limitate della banda infrarossa. Tutto il resto (raggi ultravioletti, raggi X, raggi gamma e la maggior parte dell'infrarosso) deve essere osservato dallo spazio. I telescopi spaziali soffrono però di alcuni svantaggi rispetto ai loro cugini terrestri:

  • altissimo costo, soprattutto per il lancio: l'affitto di un razzo medio può costare 200 milioni di euro, e lo Shuttle costava più del doppio.
  • impossibilità di manutenzione (tranne che per l'HST): se il telescopio si guasta non può essere sostituito.
  • breve vita operativa: molti telescopi devono essere raffreddati, e quando il liquido di raffreddamento finisce, il serbatoio non può essere riempito di nuovo. Inoltre, anche i telescopi che non necessitano di manutenzione periodica finiscono per soccombere alle dure condizioni dell'ambiente spaziale (caldo e freddo intensissimi, radiazioni dure che rovinano l'elettronica, etc). Un'altra causa molto comune è l'esaurirsi dei fondi disponibili per la missione, che servono a pagare il personale di terra e le costosissime antenne del Deep Space Network che mantengono l'effettivo contatto col satellite.

Le missioni spaziali osservative possono essere divise in due grandi classi: quelle che cercano di mappare l'intero cielo (survey) e quelle osservano solo piccole porzioni selezionate, ma a risoluzione molto maggiore. Molti osservatori hanno già completato la loro missione, la maggior parte con successo, e sono stati spenti oppure fatti ricadere nell'atmosfera. Molti altri sono attivi, e di altri ancora è previsto il lancio in futuro. Le quattro agenzie spaziali attive in questo campo sono la NASA, l'ESA e quelle del Giappone e del Canada. 

I più grandi telescopi spaziali

Andiamo ora a scoprire i segreti dei più grandi telescopi spaziali.

Il telescopio spaziale Hubble

Lo Hubble Space Telescope (HST) è un telescopio spaziale che venne lanciato in orbita terrestre bassa nel 1990 ed è attualmente operativo. Nonostante esso non sia stato il primo telescopio spaziale, lo Hubble è uno dei più grandi e versatili, ed è ben conosciuto come strumento di ricerca di estrema importanza oltre che vessillo delle scienze astronomiche nell'immaginazione collettiva. L'HST è stato chiamato in onore dell'astronomo Edwin Hubble, ed è uno dei Grandi Osservatori della NASA, assieme al Compton Gamma Ray Observatory, il Chandra X-ray Observatory e il Telescopio spaziale Spitzer. Con uno specchio di 2,4 metri di diametro, i 5 strumenti principali dell'Hubble osservano nel vicino ultravioletto, nel visibile e nel vicino infrarosso. L'orbita esterna del telescopio, al di fuori dalla distorsione dell'atmosfera terrestre, gli permette di ottenere immagini a risoluzione estremamente elevata, con un disturbo contestuale sostanzialmente inferiore rispetto a quello che affligge i telescopi a Terra. L'Hubble ha registrato alcune delle più dettagliate immagini nella luce visibile, permettendo una visuale profonda nello spazio e nel tempo. Molte osservazioni dell'HST ebbero dei riscontri in astrofisica, per esempio determinando accuratamente il tasso di espansione dell'Universo. Lo Hubble venne costruito dalla NASA, con contributi da parte dell'ESA. Lo Space Telescope Science Institute (STScI) seleziona gli obiettivi del telescopio e processa i dati ottenuti, mentre il Goddard Space Flight Center controlla il veicolo. Già nel 1923 vennero proposti diversi telescopi spaziali. Lo Hubble venne finanziato negli anni settanta, con un lancio proposto nel 1983, ma che venne rimandato a causa di ritardi tecnici, i problemi di budget e il disastro del Challenger, nel 1986. Una volta lanciato nel 1990, venne scoperto un problema allo specchio primario, il quale era stato scavato erratamente, compromettendo le capacità del telescopio. Le ottiche vennero portate alla loro qualità prevista da una missione di servizio nel 1993. Hubble è l'unico telescopio ad esser stato progettato per essere modificato in orbita da astronauti. Dopo il lancio con lo Space Shuttle Discovery nel 1990, 5 missioni dello Space Shuttle ripararono, aggiornarono e rimpiazzarono sistemi sul telescopio, inclusi tutti e 5 i suoi strumenti principali. La quinta missione venne cancellata a seguito del disastro del Columbia nel 2003, ma dopo un'animata discussione pubblica, l'amministratore della NASA Mike Griffin approvò la quinta missione di servizio, completata nel 2009. Il telescopio è al 2020 operativo e secondo le stime potrà funzionare fino al 2030-2040. Il suo successore, il James Webb Space Telescope (JWST), dovrebbe essere lanciato- salvo ulteriori slittamenti- entro ottobre 2021. Nel 1923 Hermann Oberth, considerato un padre dell'ingegneria aerospaziale moderna, assieme a Robert H. Goddard e Konstantin Ciolkovski, pubblicò il Die Rakete zu den Planetenräumen (Il razzo nello spazio interplanetario), nel quale menzionava il trasporto di un telescopio dalla Terra in orbita attraverso un razzo. La storia del telescopio spaziale Hubble può essere fatta risalire a un'opera del 1946 dell'astronomo Lyman Spitzer, I vantaggi astronomici di un osservatorio extraterrestre[6]. In essa, egli discusse i 2 principali vantaggi che un osservatorio spaziale avrebbe rispetto ai telescopi a Terra. Innanzi tutto, la risoluzione angolare (la più piccola separazione alla quale gli oggetti possono essere chiaramente distinti) sarebbe limitata solo dalla diffrazione, mentre nell'atmosfera sarebbe influenzata dalla turbolenza che causa il pulsare delle stelle. A quell'epoca i telescopi a Terra erano limitati a risoluzioni di 0,5 - 1,0 arcosecondi, comparati alla risoluzione teorica di un sistema limitato dalla diffrazione di circa 0,05 arcosecondi, per un telescopio con uno specchio di 2,5 metri di diametro. Inoltre, un telescopio spaziale potrebbe osservare sia nella luce infrarossa che in quella ultravioletta, lunghezze d'onda fortemente assorbite dall'atmosfera. Spitzer passò la maggior parte della sua carriera premendo sullo sviluppo di un telescopio spaziale. Nel 1962, un rapporto della National Academy of Sciences raccomandò lo sviluppo di un telescopio spaziale e nel 1965 Spitzer venne messo a capo di una commissione per determinarne gli obiettivi scientifici.[7] L'astronomia basata nello spazio iniziò su scala veramente bassa durante la Seconda guerra mondiale, quando gli scienziati vi applicarono i propri sviluppi nell'ambito della tecnologia vettoriale. Il primo spettro agli ultravioletti del Sole venne ottenuto nel 1946, e la NASA lanciò nel 1962 l'Orbiting Solar Observatory (OSO), per ottenere spettri a raggi ultravioletti, ai raggi X, e ai raggi gamma. Un telescopio solare orbitante venne lanciato nel 1962 dal Regno Unito come parte del Programma Ariel, e nel 1966 la NASA promosse la missione Orbiting Astronomical Observatory (OAO). Le batterie dell'OAO-1 si scaricarono 3 giorni dopo il lancio, terminando la missione. Venne seguita dall'OAO-2, che condusse osservazioni nell'ultravioletto di stelle e galassie dal suo lancio nel 1968 fino al 1972, andando ben oltre la sua vita prevista di un anno. Le missioni OSO e OAO dimostrarono il ruolo importante che le osservazioni basate nello spazio potevano avere sull'astronomia, e nel 1968 la NASA sviluppò i primi piani aziendali per un telescopio spaziale riflettore con uno specchio di 3 metri di diametro, conosciuto provvisoriamente col nome di Large Orbiting Telescope o Large Space Telescope (LST), con un lancio previsto nel 1979. Questi piani enfatizzarono il bisogno di missioni di manutenzione per il telescopio per assicurarsi che un così costoso programma avesse una vita operativa lunga, e il concomitante sviluppo di piani per il riutilizzabile Space Shuttle indicò che la tecnologia per realizzare ciò sarebbe stata disponibile entro poco tempo. Il continuativo successo del programma OAO incoraggiò la NASA incrementando i forti consensi da parte della comunità astronomica, alimentata dal fatto che il LST sarebbe stato un grande obiettivo. Nel 1970 la NASA stabilì 2 commissioni, una per pianificare il lato ingegneristico del progetto del telescopio spaziale, e un'altra per determinare gli obiettivi scientifici della missione. Una volta stabiliti, il prossimo passo per la NASA sarebbe stato quello di ottenere fondi per gli strumenti, che sarebbero stati ben più costosi rispetto a quelli di un qualsiasi telescopio a Terra. Il Congresso degli Stati Uniti forzò tagli al budget per gli stadi di pianificazione, che a quel tempo consistevano in studi molto dettagliati per i potenziali strumenti e l'hardware per il telescopio. Nel 1974 le spese pubbliche spinsero il Congresso a tagliare tutti i fondi diretti verso il progetto dello stesso. In risposta a ciò, venne costituita un'associazione a livello nazionale di astronomi. Molti di essi incontrarono di persona senatori e deputati, e vennero organizzate campagne di invio di lettere su larga scala. La National Academy of Sciences pubblicò un report enfatizzando il bisogno di un telescopio spaziale, e finalmente il Senato accettò di fornire metà del budget inizialmente approvato dal Congresso. I problemi di finanziamenti portarono a una riduzione in scala del progetto, e il diametro dello specchio primario passò da 3 a 2,4 m, sia a causa dei tagli al budget, che per permettere una configurazione più compatta e funzionale dell'hardware del telescopio. Un precursore da 1,5 m inizialmente proposto per testare i sistemi da usare nel telescopio finale venne annullato, e per gli stessi motivi venne richiesta anche la partecipazione dell'Agenzia Spaziale Europea. L'ESA accettò di fornire finanziamenti, assieme a uno dei suoi strumenti di prima generazione, le celle solari che lo avrebbero alimentato, e uno staff per lavorare direttamente negli Stati Uniti, con in ritorno per gli astronomi europei di almeno il 15% delle osservazioni sul telescopio. Il Congresso infine approvò il finanziamento di 36 milioni di dollari nel 1978[13] e il disegno del LST iniziò seriamente, mirando a una data di lancio nel 1983. Nel 1983 il telescopio venne chiamato in onore di Edwin Hubble, il quale fece una delle più importanti scoperte del ventesimo secolo, quando scoprì che l'Universo è in espansione. Una volta ottenuto il via libera al progetto del telescopio spaziale, il lavoro sul programma venne diviso tra molte istituzioni. Il Marshall Space Flight Center (MSFC) aveva la responsabilità per il design, lo sviluppo e la costruzione del telescopio, mentre il Goddard Space Flight Center era incaricato del controllo degli strumenti scientifici e della missione. Il MSFC commissionò le ottiche costituienti l'Optical Telescope Assembly (OTA) e i Fine Guidance Sensors alla Perkin-Elmer. Lockheed venne incaricata di costruire e integrare il veicolo nel quale sarebbe stato ospitato il telescopio. Otticamente, l'HST è un riflettore Cassegrain con un disegno Ritchey-Chrétien, come per i più grandi telescopi professionali. Questo disegno, con due specchi iperbolici, è conosciuto per le sue buone performance fotografiche in una visuale a campo ampio, con lo svantaggio che gli specchi avrebbero avuto forme difficili da costruire. Lo specchio e i sistemi ottici del telescopio avrebbero determinato le sue performance finali, e per questo vennero disegnati con specifiche estremamente accurate. I telescopi ottici tipicamente hanno degli specchi levigati con un'accuratezza di circa un decimo della lunghezza d'onda della luce visibile, ma l'Hubble doveva essere usato per osservazioni dal visibile fino all'ultravioletto (con lunghezze d'onda inferiori) e doveva limitare la diffrazione, sfruttando tutti i vantaggi dell'ambiente spaziale. Per questo, il suo specchio avrebbe avuto bisogno di una levigazione a 10 nm, o circa 1/65 della lunghezza d'onda della luce rossa. L'OTA non era dunque disegnato per le migliori osservazioni nell'infrarosso, in quanto gli specchi sarebbero stati mantenuti a circa 15° C, limitando di fatto le performance dell'Hubble nell'infrarosso. La Perkin-Elmer pensò di usare macchinari di levigazione estremamente sofisticati costruiti apposta per portare lo specchio alla forma richiesta. Tuttavia, nel caso in cui la loro tecnologia di taglio fosse risultata problematica, la NASA assegnò un subcontratto alla Kodak per costruire uno specchio di riserva usando tecniche di levigazione tradizionali. (Anche il team di Kodak e Itek offrì di eseguire il lavoro di levigazione originale. L'offerta includeva inoltre controlli incrociati tra le due aziende sugli specchi realizzati cosa che avrebbe sicuramente evitato l'errore di levigazione causa dei problemi successivi.) Lo specchio della Kodak è attualmente in mostra permanente al National Air and Space Museum. Lo specchio Itek è ora usato nel telescopio di 2,4 m del Magdalena Ridge Observatory. La costruzione dello specchio Perkin-Elmer iniziò nel 1979 a partire da un banco di vetro ad ultrabassa espansione costruito dalla Corning. Per ridurre al minimo il peso dello specchio (818 kg) esso ha una struttura a panino: due piatti dello spessore di circa 25 mm che contengono una struttura di supporto a nido d'ape spessa circa 25,4 cm. La Perkin-Elmer simulò la microgravità supportando lo specchio da dietro usando 130 vie che esercitarono quantità variabili di forze. Ciò assicurò la forma finale, presumibilmente corretta e secondo specifiche, dello specchio. La levigazione dello stesso continuò fino al maggio 1981, quando la NASA chiese alla Perkin-Elmer le strutture di direzione, facendo slittare la lavorazione oltre la data prevista per il lancio e il budget. Per risparmiare denaro, la NASA arrestò i lavori sullo specchio di riserva e impostò la data di lancio del telescopio per ottobre 1984. Lo specchio venne ultimato a fine 1981; era stato lavato con 9100 litri di acqua calda e deionizzata, e successivamente venne rivestito di una placcatura da 65 nm di alluminio e da un'ulteriore, spessa 25 nm, in fluoruro di magnesio. Continuarono ad essere espressi dubbi riguardo alla competenza della Perkin-Elmer in un progetto di tale importanza, con l'aumentare dei costi e dell'allungarsi della timeline per produrre il resto dell'OTA. In risposta, la NASA descrisse la data di lancio come incerta e in continua evoluzione, spostandola ad aprile 1985. I piani della Perkin-Elmer continuarono a slittare ad un ritmo di circa un mese per trimestre e i ritardi si accumulavano giorno per giorno. La NASA quindi venne forzata a spostare la data di lancio da marzo a settembre 1986. A quel punto, il budget totale del progetto era salito a 1,175 miliardi di dollari. Il veicolo nel quale sono ospitati lo specchio e gli strumenti fu un'altra grande sfida ingegneristica. Sarebbe stato resistente ai passaggi dalla luce diretta del Sole all'oscurità dell'ombra terrestre, che avrebbero causato significativi sbalzi termici, mentre avrebbe mantenuto la sua forma stabile per consentire un puntamento del telescopio estremamente accurato. Un telo multi-strato di isolamento mantiene stabile la temperatura del telescopio e circonda un guscio in alluminio leggero nel quale si trovano lo specchio e gli strumenti. All'interno dello scudo, un telaio in fibra di carbonio mantiene la strumentazione rigidamente al suo posto. Siccome i composti della grafite sono igroscopici, c'era il rischio che il vapore acqueo assorbito dal telaio nella "camera bianca" della Lockheed evaporasse successivamente nel vuoto dello spazio: di conseguenza gli strumenti del telescopio si sarebbero ricoperti di ghiaccio. Per ridurre il rischio, venne eseguita una pulizia con azoto prima del lancio. Durante la costruzione del veicolo nel quale sarebbero stati ospitati il telescopio e gli strumenti, le cose andarono un po' più liscie rispetto all'OTA, nonostante la Lockheed fosse anch'essa affetta da slittamenti nel budget e nella pianificazione (nell'estate del 1985 la costruzione del veicolo era del 30% fuori budget con 3 mesi di ritardo nella tabella di marcia). Un report del MSFC affermò che Lockheed tendeva a fare affidamento sulle indicazioni della NASA piuttosto che agire di propria iniziativa. I primi 2 computer primari dell'HST furono un DF-224 a 1,25 MHz, costruito da Rockwell Autonetics, che conteneva 3 CPU ridondanti, e 2 NSSC-1 (NASA Standard Spacecraft Computer, Model 1), sviluppati da Westinghouse e dal GSFC utilizzando transistor a diodi logici (DTL). Un co-processore per il DF-224 venne aggiunto durante la missione di servizio 1 nel 1993; questo consisteva in 2 processori ridondanti basati sull'Intel 80386, con un co-processore matematico 80387.[32] Il DF-224 e il suo coprocessore 386 vennero sostituiti da un Intel 80486 da 25 MHz durante la missione di servizio 3A nel 1999. Inoltre, alcuni degli strumenti scientifici avevano propri sistemi di controllo basati su microprocessori. I componenti MATs (Multiple Access Transponder), MAT-1 e MAT-2, utilizzano microprocessori Hughes Aircraft CDP1802CD. La Wide Field and Planetary Camera (WFPC) ha anche utilizzato un RCA 1802. La WFPC-1 venne sostituita dalla WFPC-2 durante la missione di servizio 1 nel 1993,[35] la quale fu a sua volta sostituita dalla Wide Field Camera 3 durante la missione di servizio 4 nel 2009. Quando lanciato, l'HST trasportò 5 strumenti scientifici: la Wide Field and Planetary Camera (WF/PC), il Goddard High Resolution Spectrograph (GHRS), l'High Speed Photometer (HSP), la Faint Object Camera (FOC) e il Faint Object Spectrograph (FOS). La WF/PC era un dispositivo fotografico ad alta risoluzione che venne inteso per osservazioni ottiche. Venne costruita dal Jet Propulsion Laboratory e incorporava un set di 48 filtri isolando le linee spettrali di particolare interesse astrofisico. Lo strumento conteneva 8 sensori CCD divisi in 2 fotocamere, ciascuna con 4 CCD. Ogni CCD aveva una risoluzione di 0,64 megapixel. La "wide field camera" (WFC) copriva un grande campo angolare alle spese della risoluzione, mentre la "planetary camera" (PC) riprendeva immagini a una lunghezza focale più grande ed effettiva rispetto a quella dei chip della WF, conferendole maggiore potenza.[37] Il GHRS era uno spettrometro disegnato per operare nell'ultravioletto. Venne costruito dal Goddard Space Flight Center e poteva ottenere una risoluzione spettrale di 90000. La FOC e il FOS erano anch'essi ottimizzati per osservazioni nell'ultravioletto, e offrivano la maggiore risoluzione spaziale disponibile sull'Hubble. Questi 3 strumenti adottavano DigiCon a contatori di fotoni, migliori rispetto ai sensori CCD. La FOC venne costruita dall'ESA, mentre l'University of California, a San Diego, e Martin Marietta Corporation costruirono il FOS. Lo strumento finale era l'HSP, disegnato e costruito all'Università del Wisconsin-Madison. Venne ottimizzato per osservazioni nel visibile e nell'ultravioletto di stelle variabili e altri oggetti astronomici che variavano la loro luminosità. Era capace di condurre fino a 100000 misurazioni al secondo con un'accuratezza del 2% o maggiore.[39] Il sistema di guida dell'HST può anch'esso essere usato come uno strumento scientifico. I suoi 3 Fine Guidance Sensor (FGS) sono primariamente usati per mantenere il telescopio accuratamente puntato durante un'osservazione, ma possono anche eseguire astrometria estremamente accurata; vennero ottenute misurazioni con un'accuratezza di 0,0003 arcosecondi. Lo Space Telescope Science Institute (STScI) è responsabile per le operazioni scientifiche del telescopio e dell'invio dei dati prodotti agli astronomi. Il STScI è operato dall'Association of Universities for Research in Astronomy (AURA) ed è fisicamente localizzato a Baltimora, nel Maryland, dentro all'Homewood campus della Johns Hopkins University, una delle 39 università statunitensi e dei 7 affiliati internazionali facenti parte del consorzio AURA. Il STScl è stato stabilito nel 1981 a seguito di una battaglia tra la NASA e la comunità scientifica; la NASA infatti voleva mantenere per sé la funzione di controllo, ma gli scienziati vollero basare il telescopio su un'armatura accademica. La Space Telescope European Coordinating Facility (ST-ECF), stabilita a Garching bei München, vicino a Monaco, nel 1984, offrì un supporto simile per gli astronomi europei fino al 2011, quando le sue attività vennero trasferite all'European Space Astronomy Centre. Un'operazione piuttosto complessa curata dal STScI è la pianificazione delle osservazioni del telescopio. L'Hubble è in orbita terrestre bassa per permettere le missioni di servizio, ma ciò significa che la maggior parte dei target astronomici vengono occultati dalla Terra per leggermente meno della metà di ogni orbita. Le osservazioni non possono avere luogo mentre il telescopio passa attraverso l'anomalia del sud atlantico a causa degli elevati livelli di radiazione, e ci sono anche considerevoli zone di esclusione attorno al Sole (precludendo osservazioni di Mercurio), la Luna e la Terra. L'angolo di evitazione del Sole è di circa 50° per evitare di illuminare qualsiasi parte dell'OTA. Evitare la Terra e la Luna mantiene la luminosità fuori dai FGS, e mantiene la luce sparpagliata lontano dall'ingresso negli strumenti. Se i FGS fossero spenti, tuttavia, la Luna e la Terra potrebbero essere osservate. Osservazioni del nostro pianeta vennero usate all'inizio del programma per generare campi piatti per lo strumento WF/PC. C'è anche una zona di visualizzazione continua (CVZ), approssimativamente a 90° rispetto al piano orbitale dell'Hubble, nel quale i target non vengono occultati per lunghi periodi. A causa della precessione dell'orbita, la locazione del CVZ si muove lentamente in periodi di 8 settimane. A causa della presenza costante della Terra in 30° del CVZ, la luminosità diffusa potrebbe essere elevata per lunghi periodi. L'Hubble orbita nell'atmosfera superiore ad un'altitudine di approssimativamente 547 km e un'inclinazione di 28,5°. La posizione della sua orbita cambia nel tempo in modo non prevedibile. La densità dell'atmosfera superiore varia a seconda di molti fattori, e ciò significa che una posizione prevista dell'Hubble in 6 settimane può avere un errore di massimo 4000 km. Le pianificazioni delle osservazioni sono tipicamente finalizzate solo alcuni giorni prima, dato che un periodo di tempo maggiore potrebbe portare all'inosservabilità dei target previsti. Il supporto ingegneristico per l'HST è fornito dalla NASA, il cui personale è al Goddard Space Flight Center di Greenbelt, in Maryland, 48 km a sud del STScI. Le operazioni dell'Hubble sono monitorate 24 ore al giorno dai 4 team di volo che formano il Flight Operations Team. A inizio 1986, la data di lancio pianificata per quell'ottobre venne giudicata fattibile, ma il disastro dello Space Shuttle Challenger portò a una battuta d'arresto del programma spaziale americano, bloccando a terra gli Space Shuttle e forzando lo spostamento del lancio dell'Hubble per diversi anni. Si dovette tenere il telescopio in una camera bianca, acceso e pulito con azoto, fino a quando non si poté stabilire una nuova pianificazione. Questa costosa situazione (circa 6 milioni di dollari al mese) spinse l'aumento dei costi complessivi del progetto. Tuttavia, questo ritardo diede tempo agli ingegneri per eseguire ulteriori test, cambiare una batteria eventualmente soggetta a errori, e apportare altri miglioramenti.[48] Inoltre, il software a terra per controllare l'Hubble non era pronto nel 1986, e infatti fu a malapena pronto per il lancio nel 1990.[49] Finalmente, grazie alla risurrezione dei voli dello Shuttle nel 1988, il lancio del telescopio venne programmato per il 1990. Il 24 aprile 1990, la missione STS-31 vide il lancio del Discovery con a bordo l'HST, che raggiunse l'orbita prevista con successo. Dal suo costo previsto di circa 400 milioni di dollari, il telescopio costò 4,7 miliardi di dollari al momento del suo lancio. I suoi costi cumulativi sono stimati a 10 miliardi di dollari al 2010, 20 anni dopo il lancio.[51] Dopo settimane dal lancio del telescopio, le immagini ottenute indicarono un serio problema nel sistema ottico. Nonostante le prime fotografie fossero apparse più chiare di quelle ottenute da telescopi a terra, l'Hubble non riuscì a ottenere la precisa focalizzazione desiderata e la migliore qualità fotografica, con risultati drasticamente inferiori al previsto. Le fotografie delle sorgenti puntate soffrivano di una diffusione su un raggio maggiore di un arcosecondo, anziché avere una funzione di diffusione del punto (PSF) concentrata entro un cerchio di 0,1 arcosecondi di diametro, come specificato dai criteri del design. Le analisi delle immagini diffuse mostrarono che la causa del problema risiedeva nello specchio primario che era stato levigato in maniera errata. Infatti, nonostante la qualità delle fotografie scattate, lo specchio era liscio per circa 10 nanometri, ma al perimetro era eccessivamente piatto per circa 2,2 micrometri. La differenza fu catastrofica, introducendo diverse aberrazioni sferiche, difetti nei quali la luce viene riflessa all'esterno del margine dello specchio, focalizzandola in un punto differente. L'effetto dell'imprecisione cadde sulle osservazioni scientifiche particolari; effettivamente il nucleo dell'aberrato PSF era sufficientemente liscio da permettere osservazioni in alta risoluzione di oggetti brillanti, e la spettroscopia dei target era affetta solamente da una perdita di sensibilità. Ma la perdita di luce nel grande alone fuori fuoco ridusse gravemente l'utilità del telescopio per oggetti deboli o a elevato contrasto. Ciò significava che quasi tutti i programmi cosmologici erano essenzialmente impossibili, poiché essi richiedevano l'osservazione di oggetti eccezionalmente deboli.[55] La NASA e il telescopio divennero oggetto di numerose burle, e il progetto venne popolarmente preso come un elefante bianco. Per esempio, nella commedia del 1991 The Naked Gun 2½: The Smell of Fear, l'Hubble era raffigurato col Titanic, l'Hindenburg, e l'Edsel. Ciò nonostante, durante i primi 3 anni della missione dell'Hubble, prima delle correzioni ottiche, il telescopio ottenne un gran numero di osservazioni produttive di target meno richiesti.[57] L'errore venne ben localizzato e stabilito, permettendo agli astronomi di compensarli parzialmente dello specchio attraverso sofisticate tecniche di elaborazione fotografica, come per esempio la deconvoluzione.[58] Per far fronte a tale problema fu istituita una commissione ad hoc presieduta da Lew Allen, direttore del Jet Propulsion Laboratory. La commissione Allen scoprì che il principale correttore nullo, un dispositivo di test utilizzato per ottenere uno specchio ben levigato non sferico, era stato assemblato male - in effetti una lente era fuori posizione di 1,3 mm. Durante le prime rettificazioni e levigazioni sullo specchio, Perkin-Elmer analizzò la sua superficie con due correttori nulli convenzionali. Tuttavia, per gli stadi finali della costruzione, passò ad un correttore nullo costruito appositamente, e disegnato esplicitamente per incontrare tolleranze estremamente piccole. L'assemblaggio scorretto del dispositivo comportò una lavorazione veramente precisa dello specchio, ma con la forma errata. Ci fu anche un errore di valutazione: infatti, per ragioni tecniche alcuni dei test finali necessitavano l'uso di 2 correttori nulli convenzionali che riportarono correttamente un'aberrazione sferica, ma vennero dismessi in quanto considerati imprecisi. La commissione ha incolpato soprattutto la Perkin-Elmer. Le relazioni tra la NASA e la compagnia ottica erano state gravemente tese durante la costruzione del telescopio, a causa dei frequenti ritardi e aumenti dei costi. La Perkin-Elmer non revisionò o supervisionò adeguatamente la costruzione dello specchio, non assegnò i migliori scienziati ottici nel progetto (come aveva fatto per il prototipo), e in particolare non coinvolse i designer ottici nella costruzione e verifica dello specchio. Mentre la commissione criticò pesantemente la Perkin-Elmer per questi fallimenti gestionali, la NASA l'ha anche criticata per carenze sul controllo della qualità, affidandosi totalmente ad un unico strumento. La realizzazione del telescopio aveva sempre previsto missioni di servizio, e gli astronomi avevano immediatamente iniziato ad analizzare potenziali soluzioni al problema che potevano essere applicate alla prima missione di servizio, prevista nel 1993. Mentre Kodak aveva costruito uno specchio di backup per l'Hubble, esso sarebbe stato impossibile da sostituire in orbita e riportare il telescopio a Terra per una sostituzione sarebbe stato antieconomico. Invece, il fatto che lo specchio fosse stato levigato così precisamente nella forma errata portò al disegno di nuovi componenti ottici con esattamente lo stesso errore ma nel senso opposto, da aggiungere al telescopio nella SM1, correggendo l'aberrazione sferica. Il primo passo era la caratterizzazione precisa dell'errore nello specchio primario. Lavorando sulle immagini delle sorgenti puntate, gli astronomi determinarono che la costante conica dello specchio era di −1,01390±0,0002, anziché -1,00230.[64][65] Lo stesso numero venne ottenuto analizzando il correttore nullo usato da Perkin-Elmer per ispezionare lo specchio, analizzando anche interferogrammi ottenuti durante il testing a terra. A causa del modo con cui gli strumenti dell'HST vennero disegnati, 2 differenti set di correttori erano richiesti. Il disegno della Wide Field and Planetary Camera 2, pianificato per rimpiazzare l'esistente WF/PC, includeva specchi di deviazione per inviare la luce direttamente nei 4 CCD costituendo le sue 2 fotocamere. Un errore inverso avrebbe cancellato completamente l'aberrazione dell'OTA. Tuttavia, gli altri strumenti mancarono di superfici intermedie che potessero risolvere in tal modo il problema, dunque era richiesto un dispositivo di correzione esterno.[67] Il Corrective Optics Space Telescope Axial Replacement (COSTAR) era disegnato per correggere l'aberrazione sferica da FOC, FOS e GHRS. Consisteva in 2 specchi nel cammino della luce con un blocco per correggere l'aberrazione. Per inserire il sistema COSTAR nel telescopio, uno degli altri strumenti doveva essere rimosso, e gli astronomi scelsero di sacrificare l'High Speed Photometer. Nel 2002 tutti gli strumenti che originariamente necessitavano del COSTAR vennero sostituiti da altri con ottiche correttive proprie, portando alla rimozione e trasporto a terra del COSTAR nel 2009, per essere esibito al National Air and Space Museum. L'area precedentemente occupata dal COSTAR è ora occupata dal Cosmic Origins Spectrograph. L'Hubble venne disegnato per essere sottoposto ad aggiornamenti regolari. La NASA fece volare 5 missioni di servizio, numerate SM 1, 2, 3A, 3B e 4, attraverso gli Space Shuttle, la cui prima avvenne del dicembre del 1993 e l'ultima nel maggio 2009. Le missioni di servizio furono operazioni delicate che iniziavano con manovre di intercettazione del telescopio in orbita per poi fermarlo con l'aiuto del braccio meccanico dello Shuttle. I lavori venivano eseguiti attraverso diverse EVA lunghe 4 o 5 giorni. Dopo un'ispezione visiva del telescopio, gli astronauti conducevano riparazioni e sostituzioni di componenti rotti o degradati, aggiornavano l'equipaggiamento e installavano nuovi strumenti. Una volta completato il lavoro, il telescopio veniva ridispiegato, tipicamente dopo averlo spostato in un'orbita più alta per reindirizzare il decadimento orbitale causato dall'attrito atmosferico. Dopo la scoperta del problema allo specchio primario, la prima missione di servizio dell'Hubble assunse una grande importanza, facendo lavorare duramente gli astronauti per installare le ottiche correttive. I 7 della missione vennero addestrati con un centinaio di strumenti specializzati. La Missione di servizio 1 volò a bordo dell'Endeavour nel dicembre del 1993, e coinvolse diversi strumenti ed equipaggiamenti da installare in oltre 10 giorni. Fondamentalmente, l'High Speed Photometer venne sostituito dalle ottiche correttive COSTAR, e la WFPC venne rimpiazzata dalla Wide Field and Planetary Camera 2 (WFPC2) con un sistema correttivo preintegrato. Vennero sostituiti anche i pannelli solari con relative elettroniche di guida, assieme ai 4 giroscopi del sistema di puntamento, le 2 unità di controllo elettriche e 2 magnetometri. I computer di bordo vennero aggiornati con coprocessori supplementari, e l'orbita dell'HST venne rialzata. Il 13 gennaio 1994 la NASA dichiarò che la missione era stata un pieno successo divulgando le prime immagini, più chiare rispetto al passato. La missione è stata una delle più complesse mai fatte fino ad allora, coinvolgendo 5 lunghe EVA. Il suo successo fu un vantaggio per la NASA, ma anche per gli astronomi che avrebbero finalmente avuto a disposizione un telescopio spaziale più capace. La Missione di servizio 2, volata dal Discovery nel febbraio 1997, sostituì il GHRS e il FOS con lo Space Telescope Imaging Spectrograph (STIS) e il Near Infrared Camera and Multi-Object Spectrometer (NICMOS), oltre ad aver rimpiazzato il registratore tecnico-scientifico a nastro con uno nuovo a stato solido, e ad aver riparato l'isolamento termico. Il NICMOS conteneva un radiatore ad azoto solido per ridurre il rumore termico proveniente dallo strumento, ma dopo poco un'espansione termica imprevista portò al suo contatto con un deflettore ottico, che portò a una riduzione della sua vita prevista da 4,5 a 2 anni. La Missione di servizio 3A, portata in orbita dal Discovery, ebbe luogo nel dicembre 1999, ed era stata separata dalla Missione di servizio 3 dopo che 3 dei 6 giroscopi a bordo si ruppero. Un quarto giroscopio cessò di funzionare alcune settimane dopo la missione, rendendo il telescopio incapace di eseguire osservazioni scientifiche. La missione sostituì tutti i giroscopi, assieme a un Fine Guidance Sensor e al computer, installando anche un kit di miglioramento della tensione e della temperatura (VIK) per evitare un sovraccarico delle batterie, e sostituendo i banchi di isolamento termico. Il nuovo computer era 20 volte più rapido, con una memoria 6 volte più grande. Aumentò il throughput trasferendo alcune operazioni computazionali dalla terra al veicolo risparmiando denaro e con l'utilizzo di linguaggi di programmazione moderni. La Missione di servizio 3B, eseguita dal Columbia nel marzo del 2002, vide l'installazione di un nuovo strumento, la Advanced Camera for Surveys (ACS), sostituendo la FOC; di tutti gli strumenti originariamente lanciati con l'Hubble rimasero solamente i Fine Guidance Sensors, usati solo per astrometria. Ciò significava che il COSTAR non era più necessario, dato che tutti gli strumenti ora integravano ottiche correttive proprie per correggere l'aberrazione sferica. La missione fece inoltre tornare operativo il NICMOS installando un raffreddatore a ciclo chiuso e rimpiazzando per la seconda volta i pannelli solari con dei nuovi, fornendo il 30% in più di energia. I piani prevedevano una missione di servizio per l'Hubble nel febbraio 2005, tuttavia a seguito del disastro del Columbia nel 2003, nel quale l'orbiter venne disintegrato al rientro atmosferico, ci furono gravi ripercussioni sul programma del telescopio spaziale Hubble. L'amministratore della NASA Sean O'Keefe decise che tutte le successive missioni dello Space Shuttle avrebbero raggiunto la ISS in caso di problemi in volo. Siccome nessuno Shuttle era capace di raggiungere sia l'HST che la ISS durante la stessa missione, tutte le missioni di servizio con equipaggio vennero cancellate. Questa decisione venne assaltata da numerosi astronomi, i quali credevano nell'Hubble come un telescopio per cui valesse la pena rischiare delle vite umane.[80] Il successore scientifico dell'HST, il James Webb Space Telescope (JWST), sarebbe stato pronto non prima del 2018. Di conseguenza, la maggiore preoccupazione di molti astronomi era la possibilità di un vuoto nelle osservazioni nella transizione generazionale del JWST, a seguito del grande impatto scientifico che l'Hubble aveva provocato. Il fatto che il James Webb non sarebbe stato allocato in orbita terrestre bassa non lo avrebbe reso nemmeno facilmente aggiornabile o riparabile in caso di un fallimento iniziale, e ciò avrebbe reso questo problema ancor più serio. D'altra parte, molti astronomi credettero che se per riparare l'Hubble fossero stati necessari fondi provenienti dal budget del JWST, allora la SM4 non avrebbe dovuto prendere luogo. Nel gennaio del 2004, O'Keefe disse che avrebbe rivalutato la sua decisione di cancellare l'ultima missione di servizio all'HST a causa delle proteste e delle richieste anche da parte del Congresso. La National Academy of Sciences convocò un pannello ufficiale nel quale raccomandò a luglio 2004 di preservare l'HST da rischi apparenti. Il suo report sollecitò la NASA a non prendere azioni che precluderebbero una missione di servizio dello Space Shuttle verso il telescopio spaziale Hubble.[82] Nell'agosto 2004 O'Keefe domandò al Goddard Space Flight Center di preparare una proposta di missione di servizio robotica dettagliata. Questi piani vennero successivamente cancellati, e la missione robotica venne giudicata non fattibile. A fine 2004, diversi membri del Congresso, guidati dal senatore Barbara Mikulski, presero le lamentele pubbliche e portarono a una guerra con un gran supporto (incluse migliaia di lettere di bambini provenienti da tutte le scuole della nazione) per far riconsiderare all'Amministrazione Bush e alla NASA la decisione di cancellare piani per una missione di recupero dell'Hubble. La nomina nell'aprile 2005 di un nuovo amministratore della NASA con un grado ingegneristico maggiore rispetto al precedente, Michael D. Griffin, cambiò la situazione, dato che Griffin dichiarò che avrebbe considerato una missione di servizio con equipaggio. Dopo poco il suo appunto, Griffin autorizzò il Goddard a procedere con i preparativi di un volo di manutenzione dell'Hubble, affermando che avrebbe preso la decisione finale dopo i successivi 2 voli dello Shuttle. Nell'ottobre del 2006 Griffin diede il via libera finale, e la missione da 11 giorni dell'Atlantis venne stabilita nell'ottobre 2008. L'unità principale di gestione dei dati sull'Hubble si danneggiò nel settembre di quell'anno, fermando la trasmissione dei dati scientifici fino a che non venne attivata l'unità di backup, il 25 ottobre 2008. Siccome il fallimento di questa avrebbe reso l'HST inutile, la missione di servizio venne spostata a quando sarebbe stato disponibile un ricambio per l'unità primaria. La Missione di servizio 4, tenuta dall'Atlantis nel maggio 2009, fu l'ultima missione dello Shuttle ad essere impegnata nell'HST. La SM4 installò un rimpiazzo per l'unità di gestione dei dati, riparò i sistemi dell'ACS e dello STIS, installò nuove batterie al nichel-idrogeno e sostituì altri componenti. La SM4 installò anche 2 nuovi strumenti di osservazione - la Wide Field Camera 3 (WFC3) e il Cosmic Origins Spectrograph (COS); venne montato anche un Soft Capture and Rendezvous System, che permetterà future operazioni di rendezvous, cattura e smaltimento sicuro dell'Hubble in caso di missione robotica o con equipaggio. Eccetto il canale ad alta risoluzione dell'ACS, il quale non era riparabile, i lavori eseguiti durante la SM4 permisero al telescopio di tornare ad essere pienamente funzionale, continuando tutt'oggi ad essere pienamente operativo.[94] Dall'avvio del programma, l'Hubble lavorò in cooperazione con altri osservatori, come il Chandra X-ray Observatory e il Very Large Telescope, conduncendo grandi osservazioni. Anche se l'HST è alla fine della sua missione estesa, sono stati programmati ancora molti progetti. Un esempio è il nascente programma Frontier Fields, ispirato dai risultati delle osservazioni profonde di Abell 1689. In una conferenza stampa risalente ad agosto 2013, il CANDELS venne definito il più grande progetto nella storia dell'Hubble, dato che l'investigazione mirava ad esplorare l'evoluzione galattica del primo Universo attraverso lo studio dei primi semi della struttura cosmica attuale, a meno di un miliardo di anni dopo il Big Bang. Il sito del CANDELS descrive gli obiettivi del progetto come segue: «Il Cosmic Assembly Near-IR Deep Extragalactic Legacy Survey è stato pensato per documentare il primo terzo dell'evoluzione delle galassie a z = 8 o 1,5 fotografando più di 250000 galassie lontane attraverso la WFC3 agli infrarossi e l'ACS. Troverà anche la prima galassia di tipo Ia SNe a z > 1,5. Sono state selezionate 5 regioni celesti principali; ciascuna ha già dei dati ottenuti in più spettri utilizzando lo Spitzer e altre attrezzature. Lo studio di 5 campi estremamente lontani mitigherà la variazione cosmica e migliorerà la resta statistica, completando il campionamento di galassie da 109 masse solari e z ~ 8.». Il programma, ufficialmente denominato "Hubble Deep Fields Initiative 2012" punta ad avanzare le conoscenze sulla formazione delle prime e più deboli galassie, studiando quelle fortemente spostate verso il rosso, in campi vuoti, con l'aiuto della diffusione gravitazionale.[97] Gli obiettivi del Frontier Fields sono:

  • rilevare galassie a z = 5-10 da 10 a 50 volte più deboli rispetto a qualsiasi altro oggetto conosciuto;
  • provare le attuali conoscenze sulle masse stellari e sulla formazione delle stelle appartenenti alle galassie di classe L;
  • fornire la prima caratterizzazione morfologica statisticamente significativa delle stelle appartenenti a galassie a z > 5;
  • trovare galassie a z > 8 sufficientemente lontane da ammassi per capire la loro struttura interna, e/o risaltate dalla diffusione di ammassi per un seguito spettroscopico.

Chiunque può impiegare tempo sul telescopio; non ci sono restrizioni di nazionalità o accademia, ma i fondi per le analisi sono disponibili solo grazie alle istituzioni statunitensi. La competizione per il telescopio è intensa, dato che solo un quinto delle proposte viene poi accettato. Le proposte sono a cadenza annuale, allocando tempo ad ogni ciclo, ciascuno di circa un anno. Le proposte sono divise in diverse categorie; le osservazioni generali sono le più comuni, dato che coprono le osservazioni di routine. Nelle osservazioni "snapshot", invece, i target occupano 45 minuti del tempo del telescopio, incluse le procedure di preparazione. Queste osservazioni vengono fatte per coprire i vuoti nella pianificazione del telescopio che non potrebbero essere coperti da programmi generali. Gli astronomi possono anche fare proposte di target opportunistici, per le quali le osservazioni vengono pianificate durante eventi transitori in cui altri target sono oscurati. Inoltre, fino al 10% del tempo sul telescopio è a discrezione del direttore (DD). Gli astronomi possono usare il DD in ogni momento dell'anno, dopo la sua assegnazione per lo studio di fenomeni transitori inaspettati come la supernovae. Altri usi del DD includono osservazioni nell'Hubble Deep Field e Ultra Deep Field nel primo dei 4 cicli del tempo del telescopio; queste ultime sono eseguite da astronomi amatori. Il primo direttore dell'STScI, Riccardo Giacconi, annunciò nel 1986 l'intenzione di impiegare una parte del DD in osservazioni amatoriali. Pur essendo in realtà solo poche ore a orbita, l'annuncio sollevò grande interesse, portando alla formulazione di molte proposte, assegnando il tempo a quelle con merito scientifico, senza copiare le proposte fatte dai professionisti, e che richiedevano le capacità offerte al momento dal telescopio. Tra il 1990 e il 1997 vennero selezionate 13 proposte. La prima della serie, chiamata "A Hubble Space Telescope Study of Posteclipse Brightening and Albedo Changes on Io", venne pubblicata sull'Icarus, un giornale dedicato a studi nel Sistema solare. Assieme a esso venne pubblicato anche un altro studio. Successivamente, le restrizioni al budget del STScI resero impossibile il supporto del lavoro degli astronomi amatoriali, così il programma venne sospeso, nel 1997. Nei primi anni ottanta, la NASA e l'STScI istituirono 4 pannelli per discutere i progetti chiave, scientificamente importanti e molto dispendiosi, dell'Hubble; il telescopio infatti avrebbe speso molto tempo su ciascuno di essi, e la loro pianificazione avvenne durante la prima fase della missione dell'HST, onde evitare il mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati a causa di malfunzionamenti che avrebbero portato a una conclusione anticipata della missione. I pannelli identificarono 3 obiettivi da raggiungere:

  • lo studio del mezzo intergalattico medio, per determinarne le proprietà, e del contenuto gassoso delle galassie e degli ammassi costituiti da esse, esaminando le linee di assorbimento dei quasar;[109]
  • lo studio approfondito del mezzo intergalattico impiegando solamente la Wide Field Camera;[110]
  • il calcolo della costante di Hubble riducendo al 10% l'errore relativo, sia esterno che interno, nella calibrazione della scala delle distanze.

L'Hubble aiutò a risolvere diversi problemi astronomici, ma per spiegare alcune osservazioni fu necessaria la formulazione di nuove teorie. Tra i target della sua missione primaria era previsto il calcolo della distanza tra le variabili cefeidi, più accuratamente rispetto al passato; da ciò derivò uno scontro con il valore della costante di Hubble, ovvero il rapporto con cui l'universo si sta espandendo, legato alla sua età. Prima del lancio del telescopio, questo valore era affetto da un errore tipico del 50%, ma grazie alle misurazioni compiute dall'Hubble sulle variabili cefeidi nell'ammasso della Vergine e di altri distanti ammassi galattici si arrivò al calcolo di un valore con errore relativo del ±10%, un valore ben più preciso rispetto al passato. Da ciò derivò che l'età dell'Universo, precedentemente stimata tra 10 e 20 miliardi di anni, si poté correggere a circa 13,7 miliardi di anni. Pur avendo raffinato l'età dell'universo, l'Hubble mise in dubbio le teorie sul suo futuro. Gli astronomi dell'High-z Supernova Search Team e del Supernova Cosmology Project, osservando supernovae lontane attraverso telescopi a terra congiunti all'HST, scoprirono l'evidenza che, anziché decelerare sotto l'influenza della gravità, l'espansione dell'Universo stava accelerando. Tre dei membri di questi gruppi ricevettero in seguito il premio Nobel per la loro scoperta. La causa di ciò rimane tuttora sconosciuta; la spiegazione più accreditata prevede l'esistenza dell'energia oscura. Gli spettri e le immagini ad alta risoluzione forniti dall'Hubble produssero anche misurazioni più precise riguardo al numero di buchi neri presenti nei centri galattici vicini. Dopo diverse teorie e osservazioni tra gli anni sessanta e anni ottanta del Novecento, i lavori seguiti dal telescopio mostrarono una certa diffusione dei buchi neri nei centri di tutte le galassie. Inoltre l'HST stabilì l'esistenza di un rapporto tra le masse nucleari dei buchi neri e le proprietà delle galassie, nelle quali sono ospitati. La collisione della cometa Shoemaker-Levy 9 con Giove nel 1994 avvenne fortunatamente poche settimane dopo la Missione di servizio 1, grazie alla quale vennero ripristinate le performance ottiche dell'Hubble. Le sue immagini del pianeta furono ben più chiare di quelle ottenute dal passaggio del Voyager 2 nel 1979, e furono cruciali per lo studio della dinamica collisionale di una cometa con Giove, un evento che si ripete come minimo una volta al secolo. Altre scoperte fatte grazie ai dati dell'Hubble includono i dischi protoplanetari nella nebulosa di Orione, la presenza dei pianeti extrasolari, e il comportamento dei misteriosi lampi gamma (GRB). Inoltre l'HST venne usato per studiare gli oggetti ai limiti del Sistema solare, inclusi Plutone ed Eris, pianeti nani della fascia di Kuiper. L'Hubble Deep Field, Hubble Ultra-Deep Field e l'Hubble Extreme Deep Field costituirono due finestre sull'Universo, uniche nel loro genere; sfruttando la sensibilità nel visibile dell'HST si ottennero immagini di piccoli campioni di cielo, i più profondi mai ottenuti in questa lunghezza d'onda. I campi includevano galassie a miliardi di anni luce, e generarono una gran quantità di dati scientifici sull'inizio dell'Universo. La Wide Field Camera 3 migliorò la veduta di questi campi nell'infrarosso e nell'ultravioletto, permettendo la scoperta di alcuni degli oggetti più distanti mai osservati, come MACS0647-JD. Nel febbraio del 2006 l'Hubble scoprì SCP 06F6, un oggetto astronomico non classificato, con magnitudine massima 21; tra giugno e luglio 2012 venne scoperta una quinta luna di Plutone. Nel marzo 2015, venne annunciato che misurazioni sulle aurore di Ganimede avevano rivelato l presenza di un oceano sotto la superficie del satellite mediceo. Grazie all'Hubble si capì che una gran quantità di acqua salata era capace di sopprimere l'interazione tra il campo magnetico gioviano e quello di Ganimede. L'oceano ha una profondità stimata di 100 km, intrappolato sotto una crosta ghiacciata di 150 km. L'11 dicembre 2015 l'Hubble catturò l'immagine della prima riapparizione programmata di una supernova, soprannominata Refsdal; questa venne calcolata attraverso la deformazione della sua luce, causata dalla gravità esercitata da un vicino ammasso galattico. Refsdal era stata precedentemente osservata nel novembre del 2014 dietro l'ammasso galattico MACS J1149.5+2223 come parte del programma Frontier Fields. La supernova venne immortalata in 4 immagini separate all'interno di un arrangiamento, noto come la croce di Einstein. La luce proveniente dall'ammasso aveva impiegato circa 5 miliardi di anni per raggiungere la Terra, mentre la supernova esplose 10 miliardi di anni fa. Il rilevamento di Refsdal fu utile a testare i nuovi modelli di distribuzione della massa, specialmente oscura, dentro agli ammassi galattici. Il 3 marzo 2016 venne annunciata la scoperta della galassia più lontana dalla Terra mai rilevata: GN-z11. Le osservazioni dell'Hubble ebbero luogo l'11 febbraio e il 3 aprile 2015, come parte dei programmi CANDELS e GOODS. L'Hubble, come dimostrato dai numerosi target misurati, ebbe un grande impatto sull'astronomia. Negli anni vennero pubblicati oltre 9000 report basati sui dati del telescopio spaziale, e ci furono molte altre apparizioni in varie conferenze. A differenza di un terzo di tutti i report astronomici, solo il 2% di quelli dell'HST non hanno citazioni. In media, un report precedente all'Hubble ha la metà delle fonti di quelle successive al lancio del telescopio, e al giorno d'oggi (2017) il 10% dei 200 report pubblicati ogni anno sono basati sui dati dell'HST. Nonostante l'aiuto dato dall'Hubble nella ricerca astronomica, i suoi costi finanziari furono molto ampi. Si stima che l'HST abbia generato 15 volte i dati ottenuti da un telescopio a Terra da 4 m, come, per esempio, il William Herschel Telescope, ma con un costo di costruzione e mantenimento maggiore di circa 100 volte. Scegliere tra l'impiego di un telescopio a Terra o uno spaziale è difficile. Prima dell'Hubble, diversi telescopi a Terra, attraverso tecniche specifiche, come l'interferometria, ottennero immagini ottiche e nell'infrarosso a risoluzione più elevata di quelle che l'Hubble avrebbe potuto scattare, ma avrebbe potuto osservare solo target 108 volte più luminosi di quelli più deboli osservabili dal telescopio spaziale. Per migliorare le capacità dei telescopi a Terra nella fotografia IR di oggetti deboli vennero sviluppate ottiche adattabili, ma la loro scelta era spesso messa da parte per un telescopio spaziale dati i particolari dettagli richiesti per rispondere a certe domande astronomiche. Nelle bande del visibile queste ottiche possono correggere solamente un campo ristretto, mentre l'HST è capace di scattare immagini ottiche ad alta risoluzione in un campo ampio. Infine, solo una piccola frazione degli oggetti astronomici è accessibile ai telescopi a terra, mentre l'Hubble può eseguire osservazioni ad alta risoluzione di qualsiasi porzione del cielo notturno, inclusi oggetti estremamente deboli. Assieme ai suoi risultati scientifici, l'Hubble ha anche apportato significativi contributi all'ingegneria aerospaziale e sulle performance di sistemi in orbita terrestre bassa: attraverso la sua lunga vita, la strumentazione e il ritorno di componenti a Terra fu possibile l'analisi delle prestazioni del telescopio. In particolare, l'Hubble contribuì allo studio del comportamento nel vuoto delle strutture in grafite composita, la contaminazione ottica proveniente dai gas residui e dalla manutenzione umana, i problemi elettrici e sensoriali dovuti alle radiazioni, e il comportamento a lungo termine dell'insolazione multi-strato. Inoltre venne scoperto che l'impiego di ossigeno pressurizzato per distribuire i fluidi sospesi nei giroscopi causava rotture per corrosione nelle condutture elettriche; per questo attualmente viene usato azoto pressurizzato nell'assemblaggio di giroscopi. I dati dell'Hubble venivano inizialmente archiviati sul veicolo, il quale era equipaggiato con dei vecchi registratori a nastro, che vennero sostituiti con attrezzature a stato solido durante le SM 2 e 3A. Circa 2 volte al giorno l'Hubble Space Telescope trasmette i dati raccolti a un satellite del Tracking and Data Relay Satellite System (TDRSS), che li trasmetterà a Terra con una delle 2 antenne ad alto guadagno da 18 m della White Sands Test Facility. Da qui vengono mandati al Telescope Operations Control Center del Goddard Space Flight Center, per poi finalmente raggiungere lo Space Telescope Science Institute per l'archiviazione. Ogni settimana, l'HST raccoglie circa 140 Gbit di dati. Tutte le immagini dell'Hubble sono in scala di grigi e/o monocromatiche, ma le fotocamere integrate possiedono diversi filtri, ciascuno sensibile a specifiche lunghezze d'onda. Per questo possono essere create immagini a colori, sovrapponendo immagini monocromatiche separate, ottenute con filtri diversi. Questo processo può però dare origine a immagini a falsi colori nei canali dell'infrarosso e ultravioletto, frequenze tipicamente renderizzate soprattutto nel rosso e nel blu, rispettivamente. Tutti i dati dell'Hubble vengono resi pubblici attraverso il Mikulski Archive for Space Telescopes (MAST) dell'STScI, del CADC e dell'ESA/ESAC. Inoltre sono generalmente sottoposti a licenze proprietarie per un anno dalla loro cattura; in questo periodo sono disponibili solo al principal investigator e agli astronomi prestabiliti, anche se in alcune circostanze questo periodo può essere esteso o ridotto dal direttore dell'STScl. Le osservazioni condotte attraverso il tempo a discrezione del direttore sono esonerate dal periodo proprietario, e sono rese pubbliche immediatamente, assieme ai dati di calibrazione, i campi piatti e gli scatti neri. Tutti i dati archiviati sono in formato FITS, adatto ad analisi astronomiche ma non all'uso pubblico. L'Hubble Heritage Project processa e rilascia al pubblico le foto più importanti in formato JPEG e TIFF. I dati astronomici ottenuti con i CCD devono sottostare a diverse procedure di calibrazione prima delle analisi astronomiche. L'STScI ha sviluppato diversi software sofisticati che calibrano automaticamente i dati, usando i migliori metodi disponibili. Questo processo di calibrazione di grandi quantità di dati "al volo" può impiegare un giorno o più, ed è noto come "riduzione in pipeline", comune a tutti i maggiori osservatori. Gli astronomi, se vogliono, possono ricevere i file da calibrare per condurre da sé le riduzioni in pipeline.[149] I dati dell'Hubble possono essere analizzati in numerosi modi differenti. L'STScl usa lo Space Telescope Science Data Analysis System (STSDAS), contenente tutti i programmi necessari ad eseguire riduzioni in pipeline dei dati raw, e molti altri strumenti di analisi di immagini astronomiche, modellati sui bisogni dell'Hubble. Il software è basato sull'IRAF, un popolare programma di riduzione dei dati astronomici. La cattura dell'immaginazione pubblica è da sempre un punto fondamentale della vita dell'Hubble, dato il grande contributo finanziario sostenuto dalle tasse. I primi anni furono molto difficili per via dello specchio difettoso, ma la prima missione di servizio permise il suo ritorno a piena operatività, producendo alcune delle immagini più importanti mai scattate nell'arco della sua lunga carriera. Diverse iniziative hanno aiutato a mantenere il pubblico informato riguardo alle attività del telescopio. Negli Stati Uniti, l'informazione è gestita da un ufficio apposito dell'STScI, stabilito nel 2000 per mostrare i benefici portati dal programma del telescopio spaziale, attraverso il sito HubbleSite.org. L'Hubble Heritage Project, esterno all'STScI, fornisce al pubblico immagini d'alta qualità degli oggetti più interessanti. Il team è composto da astronomi amatoriali e professionisti e persone esterne all'astronomia; esso enfatizza la natura estetica delle immagini dell'Hubble, e ha una piccola quantità di tempo dedicata all'osservazione di oggetti che non possono essere sviluppate a pieni colori per via della loro debolezza in alcune lunghezze d'onda. Dal 1999, la sensibilizzazione in Europa è gestita dall'Hubble European Space Agency Information Centre (HEIC),[151] un ufficio della Space Telescope European Coordinating Facility a Monaco, in Germania, che si basa sulle richieste dell'Agenzia Spaziale Europea. Il lavoro è incentrato sulla produzione di notizie e foto riguardanti i più interessanti risultati europei ottenuti dall'Hubble. L'ESA produce materiale educativo, tra cui serie di videocast chiamati Hubblecast disegnati per condividere le novità scientifiche di classe mondiale con il pubblico. L'Hubble Space Telescope ha vinto 2 Space Achievement Awards della Space Foundation, per le sue attività di sensibilizzazione, nel 2001 e nel 2010. C'è una replica dell'Hubble Space Telescope nei giardini del tribunale di Marshfield, nel Missouri, la città natale dell'omonimo Edwin P. Hubble. L'Hubble Space Telescope celebrò il suo 20º anniversario il 24 aprile 2010. Per l'occasione, la NASA, l'ESA, e lo Space Telescope Science Institute (STScI) rilasciarono un'immagine della Nebulosa della Carena. Per commemorare il 25º anniversario dell'Hubble, il 25 aprile 2015 l'STScI rilasciò immagini dell'ammasso Westerlund 2, a circa 20000 anni luce dalla costellazione della Carena, attraverso il suo sito web. L'agenzia spaziale europea creò una pagina di anniversario nel suo sito web. Nell'aprile 2016, in occasione del 26º compleanno, venne pubblicata anche un'immagine speciale della Nebulosa Bolla. Il telescopio ha una massa di circa 11 t, è lungo 13,2 m, ha un diametro massimo di 2,4 m ed è costato 2 miliardi di dollari. Si tratta di un riflettore con due specchi in configurazione Ritchey-Chrétien. Lo specchio primario è uno specchio iperbolico concavo di 2,4 m di diametro, che rinvia la luce su uno specchio iperbolico convesso di circa 30 centimetri di diametro. La distanza fra i vertici dei due specchi è di 4,9 m. Approssimando i due specchi come sferici, si può calcolare il punto di formazione del fuoco Cassegrain, ottenendo che l'immagine si forma circa 1,5 m dietro il primario. Due pannelli solari generano l'elettricità, che serve principalmente per alimentare le fotocamere e i tre giroscopi usati per orientare e stabilizzare il telescopio. In 20 anni di carriera Hubble ha ripreso più di 700 000 immagini astronomiche. Le missioni di servizio passate sostituirono gli strumenti con degli altri nuovi, per evitare danneggiamenti ed estendere le capacità scientifiche del veicolo. Senza di esse l'Hubble avrebbe inequivocabilmente smesso di funzionare. Nell'agosto del 2004 il sistema di alimentazione dello Space Telescope Imaging Spectograph (STIS) si ruppe, rendendo lo strumento inutilizzabile. Le elettroniche originarie erano pienamente ridondanti, ma il primo set di queste si ruppe nel maggio del 2001, rendendone necessaria la sostituzione nel maggio 2009. Analogamente, l'elettronica della fotocamera principale dell'Advanced Camera for Surveys (ACS) si ruppe nel giugno 2006, seguita da quella di backup il 27 gennaio 2007. Attraverso le elettroniche del lato 1 era possibile utilizzare solo il Solar Blind Channel (SBC). Durante la missione di servizio 4 venne aggiunto un nuovo sistema di alimentazione per il canale ad ampio angolo, anche se test successivi rivelarono che ciò non avrebbe permesso il ritorno alle funzionalità del canale ad alta risoluzione. Così solo il Wide Field Channel (WFC) tornò in servizio grazie alla STS-125 nel maggio 2009. L'HST usa giroscopi per rilevare e misurare qualsiasi rotazione e stabilizzarsi in orbita per puntare accuratamente target astronomici. Normalmente sono richiesti 3 giroscopi per le operazioni, nonostante sia possibile effettuarne con soli 2, su un campo celeste ristretto, in modo particolarmente complesso in presenza di obiettivi molto accurati. È possibile eseguire le osservazioni anche con un solo giroscopio, ma senza sarebbe impossibile. Nell'agosto 2005 venne stabilito il passaggio regolare alla modalità a 2 giroscopi, estendendo di fatto la durata della missione, lasciando 2 giroscopi di riserva e 2 inoperabili. Un altro giroscopio si ruppe nel 2007,[164] portando alla sostituzione di tutti i 6 giroscopi nel maggio 2009 (riparandone uno). Gli ingegneri a terra scoprirono che le rotture erano state causate dalla corrosione dei cavi elettrici che alimentavano il motore originariamente inizializzato via ossigeno pressurizzato. Così il successivo modello di giroscopio venne assemblato adottando azoto pressurizzato al suo posto, aumentandone l'affidabilità. Il 5 ottobre 2018 Hubble è entrato temporaneamente in una modalità protetta di sicurezza a causa del guasto di uno dei giroscopi. L'Hubble orbita la Terra nella tenue atmosfera superiore, decadendo lentamente a causa dell'attrito. Per questo, esso rientrerà nell'atmosfera terrestre in alcuni decenni a seconda dell'attività del Sole e del suo impatto sull'atmosfera superiore. In caso di rientro, alcune componenti del telescopio, come lo specchio primario con annessa struttura di supporto sopravviverebbero, potendo potenzialmente arrecare danni a persone o cose. Nel 2013, il responsabile del progetto James Jeletic affermò che Hubble sarebbe potuto sopravvivere fino al 2020, ma basandosi sull'attività solare e l'attrito atmosferico un rientro atmosferico avverrà tra il 2028 e il 2040. Nel giugno 2016 la NASA estese il contratto in servizio dell'Hubble fino al 2021. I piani originari della NASA per deorbitare in sicurezza l'Hubble consistevano nel riportarlo a terra usando uno Space Shuttle, per poi essere esposto alla Smithsonian Institution. Ciò non è più possibile a causa del ritiro della flotta, ma sarebbe stato comunque improbabile visti il costo della missione e i rischi per l'equipaggio, preferendo l'ipotesi di aggiunta di un modulo di propulsione addizionale per permettere un rientro controllato. Tra tutti questi progetti, l'unico effettivamente realizzato è il Soft Capture and Rendezvous System, che faciliterebbe missioni robotiche o con equipaggio. Non c'è un sostituto diretto all'Hubble nelle frequenze dell'ultravioletto e del visibile, dato che i telescopi spaziali a breve termine non replicano la sua copertura (dall'ultravioletto vicino all'infrarosso vicino), concentrandosi su bande infrarosse ben più lontane. Queste bande sono più adatte a studiare il redshift accentuato e oggetti a bassa temperatura, oggetti generalmente più vecchi e più lontani nell'Universo. Queste lunghezze d'onda sono anche difficili o impossibili da studiare a terra, giustificando le spese per un telescopio spaziale. I grandi telescopi a terra possono fotografare alcune delle lunghezze d'onda dell'Hubble, talvolta sfidando l'HST in termini di risoluzione utilizzando ottiche adattive (AO), riuscendo a raccogliere ben più luce in fotografie elaborabili più facilmente, ma senza poter battere l'eccellente risoluzione dell'Hubble in un ampio campo di visuale nell'oscuro spazio. I piani per un successore dell'Hubble si materializzarono nel progetto del Next Generation Space Telescope, che culminò nel James Webb Space Telescope (JWST), il successore formale dell'Hubble. Molto differente rispetto a un Hubble ingrandito, è disegnato per operare nel punto L2 ben più distante e freddo rispetto all'orbita terrestre bassa, dove l'interferenza ottica e termica della Terra e della Luna è d'intralcio. Non è progettato per essere completamente manutenuto (attraverso, per esempio, strumenti rimpiazzabili), ma il disegno include un anello di attracco per permettere visite da parte di veicoli spaziali. Un obiettivo scientifico primario del JWST è quello di osservare i più remoti oggetti nell'Universo, oltre il confine degli strumenti esistenti. È prevista la localizzazione delle stelle nel primo Universo, approssimativamente 280 milioni di anni più vecchie di quelle attualmente visibili dall'HST. Il telescopio è una collaborazione internazionale tra NASA, ESA e CSA dal 1996, e il suo lancio è pianificato a bordo di un Ariane 5. Sebbene il JWST sia principalmente uno strumento infrarosso, la sua copertura parte dai 600 nm, circa l'arancione nello spettro visibile. Un tipico occhio umano può vedere fino a circa 750 nm di lunghezza d'onda, di conseguenza c'è una leggera sovrapposizione con le bande di luce visibile a maggior lunghezza d'onda, inclusi l'arancione e il rosso. Un telescopio complementare, capace di osservare a lunghezze d'onda maggiori rispetto all'Hubble e il JWST, era l'Herschel Space Observatory dell'ESA, lanciato il 14 maggio 2009. Come il JWST, l'Herschel non era disegnato per essere modificato dopo il lancio, e aveva uno specchio sostanzialmente più ampio di quello dell'Hubble, ma osservava solo nell'infrarosso e nel submillimetrico. Aveva bisogno di raffreddamento all'elio, le cui riserve terminarono il 29 aprile 2013, concludendo la missione. Alcuni concetti di telescopi spaziali avanzati nel ventunesimo secolo includono l'Advanced Technology Large-Aperture Space Telescope, un telescopio ottico concettualizzato con uno specchio tra gli 8 e i 16 metri di diametro che se realizzato potrebbe essere un successore diretto all'HST, capace di osservare e fotografare oggetti astronomici nel visibile, ultravioletto, e infrarosso, Avrebbe una risoluzione sensibilmente superiore rispetto all'Hubble o lo Spitzer Space telescope, e verrebbe realizzato tra 2025 e 2035.

Telescopio spaziale Spitzer

Il telescopio spaziale Spitzer (Spitzer Space Telescope o SST, chiamato, precedentemente, Space Infrared Telescope Facility o SIRTF), fu un osservatorio spaziale che osservava nell'infrarosso. Costruito dalla NASA, dal Jet Propulsion Laboratory e dal California Institute of Technology, e lanciato il 25 agosto 2003, questo telescopio spaziale, costato 670 milioni di dollari statunitensi, fu il quarto del progetto Grandi Osservatori della NASA. La sua missione è finita il 30 gennaio 2020. Il telescopio è stato rinominato il 18 dicembre 2003 dopo che le prime osservazioni avevano dimostrato la sua efficienza; dopo un concorso internazionale a cui hanno partecipato oltre 7000 saggi il nome scelto è stato quello di Lyman Spitzer, uno dei più influenti astrofisici del XX secolo, il primo a proporre la costruzione di un telescopio nello spazio. Il periodo di durata della missione era 2,5 anni, almeno fino a quando non si fosse esaurito l'elio, liquido che serviva per raffreddare il telescopio e necessario a mantenere basse le temperature della maggioranza degli strumenti. L'efficienza del telescopio ha fatto durare la missione principale molto di più, ovvero 5 anni e mezzo, fino a quando nel 2009 non si esaurì l'elio. Alcuni strumenti divennero inutilizzabili, tuttavia, i due moduli a lunghezza d'onda corta della camera IRAC sono rimasti sensibili come prima dell'esaurimento dell'elio, e il telescopio da quel momento è utilizzato per la missione denominata Spitzer Warm Mission. La strumentazione è stata riconfigurata per continuare le osservazioni "a caldo", e gli strumenti, che operano comunque a meno di 30 K, permettono ancora buone osservazioni nel vicino infrarosso, ovvero lunghezza d'onda da 0,7 a 10 μm. Ad agosto 2016 la NASA ha prolungato la sua missione, definita "beyond", a partire da Ottobre 2016 per altri 2 anni e mezzo estendendola sino al lancio del telescopio spaziale James Webb. Ad ottobre 2017 la NASA ha inoltrato una richiesta pubblica di informazioni per valutare l'affidamento scientifico dell'osservatorio a istituti privati statunitensi successivamente alla cessazione del supporto finanziario. Il telescopio ha uno specchio primario di 85 cm di diametro, raffreddato a 5,5 Kelvin, temperatura necessaria per abbattere la sua stessa emissione termica, che andrebbe a sovrapporsi alla radiazione infrarossa che si vuole osservare. La radiazione infrarossa raccolta viene misurata da tre strumenti: IRAC, IRS e MIPS.

  • IRAC (InfraRed Array Camera) è una camera infrarossa per ottenere immagini (256×256 pixel) e misure fotometriche in 4 bande nel vicino e medio infrarosso (a 3,6, 5,8, 4,5 e 8,0 micron). Le due bande a lunghezza d'onda più corte sono rimaste operative dopo il 2009 per la seconda missione del telescopio, denominata Spitzer Warm Mission.
  • IRS (InfraRed Spectrograph) è uno spettrografo che può osservare a media o bassa risoluzione spettrale dai 5,2 ai 38 micron.
  • Infine MIPS (Multiband Imaging Photometer for Spitzer) è un fotometro che permette di ottenere immagini e misure fotometriche in 3 bande del medio e  lontano infrarosso (24, 70, e 160 micron).

La maggior parte del tempo di osservazione è riservata agli istituti che hanno partecipato alla costruzione e sviluppo di SST per grandi progetti di ricerca, ma il resto del tempo di osservazione è a disposizione dell'intera comunità scientifica, e gli astronomi di tutto il mondo potranno avanzare proposte di osservazione. Gli obiettivi della missione sono molteplici: planetologia, studio del processo di formazione stellare, del mezzo interstellare della Via Lattea, ma anche osservazione delle altre galassie fino ad arrivare a quelle più distanti e ancora in formazione. Precedenti osservazioni infrarosse sono state fatte sia da terra che dallo spazio. L'atmosfera terrestre, però, assorbe efficacemente la radiazione infrarossa, da qui la necessità di osservare dallo spazio. Tra i precedenti satelliti per osservazioni infrarosse, si ricordano IRAS (Infrared Astronomical Satellite) della NASA, che operò negli anni ottanta, e ISO (Infrared Space Observatory), dell'Agenzia Spaziale Europea, attivo negli anni novanta. SST segna un importante avanzamento rispetto a IRAS e ISO soprattutto per il grande miglioramento della sensibilità degli strumenti. Altre due importanti telescopi infrarossi spaziali sono stati lanciati: il telescopio spaziale Herschel (dell'ESA, lanciato il 14 maggio 2009) e ASTRO-F (della ISAS, ente spaziale giapponese, lanciato il 21 febbraio 2006). Diverse sono state le osservazioni del SST degne di nota: una delle più rilevanti fu nel 2005, quando per la prima volta fu direttamente catturata la luce di due pianeti extrasolari, i giganti gassosi HD 209458 b e TrES-1b. Prima di allora, la presenza di pianeti era stata dedotta solo dal comportamento della stella e delle variazione della velocità radiale. Sempre nel 2005, il telescopio Spitzer scoprì un disco circumstellare attorno alla giovane stella T Tauri CoKu Tau/4. Inoltre in quell'anno, 400 ore di osservazioni con Spitzer, permisero agli astronomi di affermare che la struttura della Via Lattea è più marcatamente barrata di quanto creduto in precedenza. Nel maggio del 2007 grazie a Spitzer, gli astronomi hanno mappato per la prima volta la temperatura atmosferica di un esopianeta, il gioviano caldo HD 189733 Ab, rilevando tra l'altro molecole di vapore acqueo. Nell'agosto del 2009, rilevamenti del telescopio Spitzer attorno alla stella HD 172555 e al suo disco circumstellare, permisero di scoprire che in passato era avvenuta una catastrofica collisione ad alta velocità tra due pianeti rocciosi, delle dimensioni di Mercurio e della Luna, che ha portato alla vaporizzazione del più piccolo e notevoli danni al più grande, formando il disco di detriti attorno alla stella. Nell'ottobre del 2009, il telescopio Spitzer ha individuato l'anello più grande del sistema solare appartenente al pianeta Saturno. Nel 2012, Spitzer ha catturato direttamente, per la prima volta, la quantità di luce infrarossa emanata da una super Terra, 55 Cancri e. 

Il CoRot

CoRoT (francese "Convection, Rotation et Transits planétaires", inglese COnvection ROtation and planetary Transits) è stata una missione dell'agenzia spaziale francese (CNES) in cooperazione con Agenzia Spaziale Europea, Austria, Belgio, Germania, Spagna e Brasile. Obiettivi principali della missione sono stati:

  • L'esecuzione di misure di astrosismologia, utili per ricavare informazioni sulla struttura interna delle stelle. Tale programma consiste nell'esaminare come le stelle, soggette alla propria gravità, pressione e forza di Coriolis, oscillino a specifiche frequenze. Dall'analisi della frequenza, della lunghezza d'onda e della durata delle oscillazioni si possono ottenere informazioni su struttura interna, età, dimensioni e composizione chimica della stella studiata.
  • La ricerca di pianeti extrasolari, in particolare di pianeti di tipo terrestre, con il metodo dei transiti. Questo programma ricerca periodici cali di luminosità delle stelle osservate dovuti a pianeti in transito di fronte ad esse. Il metodo dei transiti consente di determinare raggio e periodo orbitale del pianeta individuato.

Entrambi gli studi sono stati condotti valutando minime variazioni nella luminosità della stella oggetto di osservazione nel tempo. Per eseguire tali misurazioni la sonda monta un telescopio da 27 cm di diametro senza focale con quattro CCD. COROT è la prima missione spaziale dedicata alla ricerca di pianeti extrasolari transitanti. Il 6 marzo 2009 la NASA ha lanciato la sonda Kepler, che esegue lo stesso tipo di ricerca con una precisione ancora maggiore. Nel novembre del 2012 il satellite ha improvvisamente interrotto le comunicazioni con la Terra, durante un attraversamento dell'Anomalia del Sud Atlantico. Ripetuti tentativi di ristabilire le comunicazioni occorsi nei mesi successivi non hanno condotto ad esito favorevole e la missione è stata dichiarata conclusa nel giugno del 2013. Il satellite è stato deorbitato il 17 giugno 2014. Il nome del satellite è stato scelto in onore del pittore francese Jean-Baptiste Camille Corot. Il satellite pesava 668 kg, è lungo 4,1 m e aveva un diametro di 2,0 m. Era alimentato da due pannelli fotovoltaici. È stato lanciato il 27 dicembre del 2006 a bordo di un vettore russo dal cosmodromo di Bajkonur ed attualmente si trova in un'orbita circolare polare a 827 km di altezza. Ha effettuato la prima luce tecnica il 18 gennaio 2007 e, dopo un periodo di calibrazione degli strumenti a bordo, ha iniziato le osservazioni scientifiche il 2 febbraio 2007. La missione principale doveva durare due anni e mezzo, ma è stata estesa per altri 3 anni fino al 31 marzo 2013. L'orbita prevista avrebbe garantito al telescopio spaziale circa 150 giorni di osservabilità continua per un medesimo campo stellare. Le osservazioni avvenivano in direzione perpendicolare al piano orbitale, in modo da non avere occultazioni da parte della Terra. Il satellite, senza gli effetti di distorsione dovuti all'atmosfera terrestre, era in grado di rilevare pianeti extrasolari relativamente piccoli, grandi circa il doppio della Terra. COROT monitorava la luminosità delle stelle, alla ricerca delle minime variazioni che si ripetono ad intervalli regolari quando un pianeta transita sul disco del proprio sole. Inoltre il satellite aveva il compito di effettuare misure di astrosismologia analoghe a quelle che SOHO esegue sul Sole. COROT rilevava le variazioni di luminosità associate con le pulsazioni acustiche delle stelle. Questo tipo di analisi permette la determinazione di massa, età e composizione chimica dell'astro, consentendo il confronto tra il Sole e le altre stelle. Per il programma di astrosismologia in ogni campo visivo venivano analizzate 10 stelle (un obiettivo principale e nove secondari) con magnitudine inferiore a 9. Per la ricerca di transiti vengono invece osservate 12000 stelle per ogni campo, con magnitudine in banda R compresa tra 11 e 16. Infatti stelle più luminose (magnitudine<11) saturerebbero i CCD dedicati alla ricerca di esopianeti, rendendo impossibile ottenere dati fotometrici affidabili, mentre stelle più fioche (magnitudine>16) non fornirebbero dati con adeguata risoluzione per essere di utilità scientifica. Per rilevare gli esopianeti, COROT rilevava i transiti almeno un paio di volte di fronte alla propria stella: quindi quasi tutti i pianeti scoperti avrebbero avuto un periodo orbitale inferiore ai 75 giorni. Sebbene tali mondi intorno a stelle di tipo solare siano troppo caldi per essere abitabili, esopianeti potrebbero scoperti intorno a più deboli nane rosse, dove potrebbero trovarsi nella zona abitabile dei loro sistemi stellari. L'8 marzo 2009 si è verificata la perdita del collegamento con la Data Processing Unit #1, dedicata all'elaborazione dei dati fotometrici provenienti da una delle due catene fotometriche di COROT. Da allora la sonda ha continuato le sue osservazioni con la sola catena fotometrica collegata alla Data Processing Unit #2, ancora funzionante. In conseguenza il campo stellare osservato si è ridotto a metà, sia per la ricerca di esopianeti che per il programma di astrosismologia. La perdita della Data Processing Unit #1 sembra essere permanente. Il 2 novembre 2012 il satellite ha avuto un guasto al computer tale da impedire il ricevimento dei dati dalla Terra, durante un attraversamento dell'Anomalia del Sud Atlantico. Fabienne Casoli, dell'agenzia spaziale francese (CNES) definì il problema piuttosto serio, affermando che sarebbe stato tentato un ultimo tentativo di ripristino nel mese di dicembre 2012, e che se questo fosse fallito, sarebbe stata posta la parola fine alla missione di COROT. Dopo che i tentativi di ristabilire il controllo del satellite non hanno dato esito favorevole, il CNES ha dichiarato conclusa la missione il 20 giugno 2013[1][2]. Corot ha effettuato le sue osservazioni in 2 regioni separate del cielo: durante l'estate boreale, il telescopio era diretto verso la costellazione del Serpente, verso il Centro Galattico, mentre durante l'inverno boreale verso la costellazione dell'Unicorno, nell'anticentro galattico. I campi di osservazione sono stati scelti in modo da evitare che la luce del Sole potesse interferire nelle misurazioni. Durante i 30 giorni rimanenti tra i due periodi di osservazione principali, COROT puntava verso altre aree del cielo. Le regioni osservate sono state scelte dopo un lungo periodo di osservazioni preliminari durato dal 1998 al 2005. In ognuno dei campi si sono definite le stelle da osservare per il programma di astrosismologia, oltre ad accertarsi che la densità di stelle fosse accettabile per il programma di ricerca di transiti planetari: infatti se la densità di stelle è troppo bassa, il numero di candidati è troppo basso, mentre se è troppo elevata le immagini delle stelle vicine si sovrappongono, inquinando l'osservazione. Nel programma iniziale, i periodi di osservazione da 150 giorni erano considerati ideali per ricercare pianeti piccoli e/o con lungo periodo orbitale, mentre le brevi sessioni di 3-4 settimane sono eseguite per poter osservare un maggior numero di stelle per il programma di astrosismologia. La strategia osservativa, dopo la perdita della Data Processing Unit #1, prevedeva periodi medi di osservazione di circa tre mesi, per ovviare al minor numero di stelle che è possibile osservare contemporaneamente. Le regioni osservate finora sono di seguito riportate:

  • IRa01, dal 18 gennaio 2007 al 3 aprile 2007 - 9879 stelle osservate;
  • SRc01, dal 3 aprile 2007 al 9 maggio 2007 - 6975 stelle osservate;
  • LRc01, dal 9 maggio 2007 al 15 ottobre 2007 - 11408 stelle osservate;
  • LRa01, dal 15 ottobre 2007 al 3 marzo 2008 - 11408 stelle osservate;
  • SRa01, dal 3 marzo 2008 al 31 marzo 2008 - 8150 stelle osservate;
  • LRc02, dal 31 marzo 2008 all'8 settembre 2008 - 11408 stelle osservate;
  • SRc02, dall'8 settembre 2008 al 6 ottobre 2008 - 11408 stelle osservate;
  • SRa02, dal 6 ottobre 2008 al 12 novembre 2008 - 10265 stelle osservate;
  • LRa02, dal 12 novembre 2008 al 30 marzo 2009 - 11408 stelle osservate;
  • LRc03, dal 30 marzo 2009 al 2 luglio 2009 - 5661 stelle osservate;
  • LRc04, dal 2 luglio 2009 al 30 settembre 2009 - 5716 stelle osservate;
  • LRa03, dal 30 settembre 2009 al 1º marzo 2010 - 5289 stelle osservate;
  • SRa03, dal 1º marzo 2010 al 2 aprile 2010;
  • LRc05, dal 2 aprile 2010 al 5 luglio 2010;
  • LRc06, dal 5 luglio 2010 al 27 settembre 2010;
  • LRa04, dal 27 settembre 2010 al 16 dicembre 2010;
  • LRa05, dal 16 dicembre 2010 al 5 aprile 2011;
  • LRc07, dal 5 aprile 2011 al 30 giugno 2011;
  • SRc03, dal 1º luglio 2011 al 5 luglio 2011 - per riosservare il transito di COROT-9b;
  • LRc08, dal 6 luglio 2011, in corso.

Le curve di luce di queste sessioni osservative sono rese pubbliche dal team di Corot dopo un anno circa dal loro ottenimento. Prima dell'inizio della missione, il team scientifico ha annunciato che COROT sarebbe stato in grado di individuare pianeti alcune volte più grandi della Terra, le cosiddette superterre, e che il satellite non era specificatamente progettato per trovare pianeti abitabili. I primi dati inviati a terra dalla sonda hanno rivelato che gli strumenti a bordo forniscono prestazioni migliori rispetto a quelle previste, tanto che la precisione delle curve di luce raccolte raggiungerà una parte su 20000 al termine dell'elaborazione dei dati, mentre i dati di astrosismologia hanno già raggiunto la precisione di una parte su un milione, la massima possibile per il telescopio a bordo. In conseguenza a questa maggiore sensibilità anche pianeti delle dimensioni della Terra molto vicini alla propria stella potrebbero essere rivelati. COROT riuscirà ad individuare solo una piccola percentuale dei pianeti esistenti all'interno della sua area di indagine. Infatti, solo una piccola percentuale di questi si troverà in condizioni tali da permettere l'osservazione dal nostro Sistema solare di ripetuti transiti. La probabilità che l'orbita di un pianeta sia allineata con il punto d'osservazione di COROT è pari al rapporto fra il diametro della stella ed il diametro dell'orbita, quindi pianeti in orbite ravvicinate alla propria stella hanno probabilità maggiori di essere scoperti. Poiché i pianeti di uno stesso sistema planetario tendono ad avere orbite complanari, c'è la possibilità di rilevare transiti di più pianeti intorno alla stessa stella. Inoltre è possibile che la sonda riesca a rilevare per alcuni dei pianeti scoperti dettagli come anelli e lune. In specifiche circostanze Corot potrebbe anche essere in grado di rilevare la luce riflessa dai pianeti in transito, dando così un'indicazione della loro composizione chimica. Importanti risultati sono attesi anche per lo studio di stelle binarie ad eclisse. Corot rileverà facilmente anche nane brune, corpi celesti con caratteristiche intermedie fra pianeti giganti e piccole stelle. La scoperta di pianeti transitanti è frenata dalla necessità di ottenere conferme con la tecnica della velocità radiale dei candidati ottenuti dall'analisi delle curve di luce ottenute da COROT. Rilevare una periodica variazione di luminosità infatti non è una prova decisiva per l'esistenza di un pianeta, dato che altri fenomeni, come stelle binarie o multiple, possono produrre questi eventi. Inoltre il metodo della velocità radiale permette di ottenere la massa del pianeta. Dalla conoscenza di raggio e massa si può caratterizzare il pianeta, calcolandone densità media e sviluppando modelli sulla sua struttura. Il team di Corot un programma di osservazioni complementari dalla Terra, operante in diversi osservatori sparsi per il mondo. La strategia prevede, laddove sia possibile, di confermare il transito con altri osservatori, e quindi di eseguire misurazioni della velocità radiale. Una volta confermata la natura planetaria del transito, si misura ad alta risoluzione lo spettro della stella per ricavarne i parametri fisici (massa, raggio, temperatura, età e distanza approssimata) necessari per derivare con precisione quelli del pianeta scoperto. Queste osservazioni, necessarie per caratterizzare il pianeta scoperto, possono anche richiedere un intero anno. Per confermare che il transito avvenga sulla stella osservata e non, ad esempio, su una debole stella di sottofondo vicina alla stella target, vengono impiegati telescopi ottici, fra cui il CFHT alle Hawaii, la Euler Camera in Cile, il Wise Observatory in Israele, l'osservatorio di Tautenburg in Germania e l'osservatorio dell'Istituto Astrofisico delle Isole Canarie. Talvolta il transito registrato da COROT è talmente debole da non poter essere chiaramente confermato dai telescopi a Terra, ma questi possono escludere che il transito avvenga sulle altre deboli stelle nelle vicinanze. Le misurazioni di velocità radiale vengono eseguite con i migliori spettrografi attualmente disponibili, fra cui SOPHIE in Francia, HIRES del telescopio Keck I alle Hawaii, UVES, CORALIE ed HARPS in Cile. Molte delle stelle che presentano transiti sono fioche - magnitudine apparente>12 - e lontane - in genere molte centinaia di anni luce - e richiedono un grande sforzo osservativo per ottenere dati che permettano di stabilire la natura dei candidati. Il metodo della velocità radiale inoltre è molto sensibile alla natura delle stelle madri: stelle con alte velocità di rotazione permettono solo una medio-bassa precisione, stelle giovani perturbano le misurazioni con la loro attività magnetica e superficiale, mentre le stelle subgiganti hanno spettri che rendono quasi impossibili tali misurazioni. Di conseguenza restano alcuni casi insoluti. COROT ottiene da ogni campo stellare migliaia curve di luce stellare. Dallo studio nel dominio del tempo e della frequenza di queste curve gli scienziati possono studiare i molti modi in cui le stelle variano, la rotazione differenziale delle superfici stellari, la presenza di macchie, brillamenti ed attività superficiali. Se da un lato molte di queste curve di luce presentano un'evoluzione simile a quella già vista sul Sole od a quelle previste dalle teorie, altre hanno un andamento strano dovuto probabilmente a fenomeni fisici ancora sconosciuti che avvengono sulle superfici delle stelle. Per migliaia di stelle sarà possibile calcolare il periodo di rotazione. Corot fornirà dati fotometrici ad alta qualità per lo studio delle stelle variabili: a luglio 2008 il team ha riportato che circa il 10% delle stelle osservate ha un comportamento da variabile. Per lo studio delle oscillazioni stellari in ognuna delle regioni ricercate vengono analizzate 10 stelle che vengono studiate approfonditamente allo scopo di determinarne con precisione massa, dimensioni, età, composizione chimica e struttura interna. Oscillazioni simili a quelle rilevate sul Sole sono già state rilevate su stelle di tipo solare, ma con ampiezze differenti da quelle previste dalle teorie correnti[14]; per le stelle più brillanti la qualità dei dati raccolti permetterà di testare modelli sulla loro struttura interna. Per la prima volta COROT permette precisamente di misurare oscillazioni su stelle massicce, aprendo un nuovo settore di ricerca astrofisico. Ad ottobre 2008 il team ha presentato due pubblicazioni sui dati di astrosismologia: il primo riguarda la stella HD 49933 osservata nel corso dell'osservazione iniziale IRa01, che presenta oscillazioni simili a quelle registrate su Sole; la seconda tratta delle stelle HD181420, HD181906 ed ancora HD49933, sempre osservate nelcorso di IRa01. Queste stelle, più massicce e calde del Sole, hanno oscillazioni 1,5 volte più ampie di quelle del Sole, il 25% in meno di quello previsto dalle teorie correnti[16]. Il 5 maggio 2007 è stata riportata la scoperta del primo esopianeta di COROT - un Giove caldo in orbita intorno ad una stella di tipo spettrale G0V, leggermente meno massiccia del Sole e situata a 1500 anni luce di distanza. Il pianeta, denominato CoRoT-1 b, ha un raggio stimato in circa 1,49 volte quello di Giove, una massa 1,03 volte quella di Giove, ed un periodo di rivoluzione di 1,5 giorni. Il pianeta è stato scoperto durante l'osservazione iniziale IRa01. Lo studio della curva di luce ha permesso di rivelare le fasi di luce riflessa del pianeta mentre orbita intorno alla propria stella: è stato così confermato che CoRoT-1 b rivolge sempre la stessa faccia al proprio Sole, ha una bassa albedo ed una temperatura di 2250 °C sulla parte illuminata e di 1250 °C sulla parte al buio. Il 20 dicembre 2007 il team di COROT ha annunciato la scoperta di un altro pianeta gigante, CoRoT-2 b, trovato intorno ad una stella di tipo spettrale K0V con massa appena inferiore a quella solare, situata a 980 anni luce di distanza. Il nuovo pianeta ha un periodo orbitale di 1,74 giorni, un diametro 1,46 volte maggiore di quello di Giove ed una massa 3,31 volte più grande di quella gioviana. Il pianeta è stato individuato nel corso dell'osservazione LRc01. Le osservazioni dalla Terra hanno consentito di misurare il cosiddetto effetto Rossiter-McLaughlin, che ha permesso di conoscere l'angolo compreso fra l'asse orbitale del pianeta e la linea di rotazione della superficie della stella, stimato in circa 7,2 gradi. Dall'analisi della curva di luce il team di Corot ha potuto ottenere importanti informazioni sulla stella attorno a cui orbita, che è risultata molto attiva, con in superficie due differenti gruppi di macchie separate longitudinalmente di circa 180° - ruotanti rispettivamente con periodi di 4,52 e 4,55 giorni, mentre il resto della fotosfera appare ruotare più lentamente con un periodo di circa 28,9 giorni. Il 22 maggio 2008 sono stati annunciati altri tre corpi celesti transitanti: CoRoT-3 b, una nana bruna compatta con una massa 21,66 volte quella gioviana e con raggio 1,01 volte quello di Giove. La sua densità media è maggiore di quella del platino e la sua natura resta ambigua, presentando caratteristiche intermedie fra un pianeta gigante ed una stella. Questo corpo celeste, individuato nel corso dell'osservazione LRc01, orbita ogni 4,25 giorni intorno ad una stella di tipo spettrale F3V con una massa del 37% maggiore di quella del Sole, situata a circa 2220 anni luce dalla Terra. Il periodo di rotazione della stella attorno a cui orbita è stato stimato in circa 4,6 giorni, compatibile con l'ipotesi di una sincronizzazione dovuta alle forze di marea esercitate dal pianeta sugli strati superiori della stella. CoRoT-4 b è un pianeta gigante scoperto nel corso dell'osservazione IRa01; ha una massa 0,72 volte quella di Giove ed un raggio 1,19 volte quello gioviano; orbita intorno alla sua stella, di tipo spettrale F0V e del 10% più massiccia del Sole, ogni 9,2 giorni[24]. Dall'analisi della curva di luce il team di Corot ha potuto dedurre che, come CoRoT-3 b, la stella ha un periodo di rotazione simile al periodo orbitale del pianeta e compatibile con l'ipotesi di sincronizzazione[25]. Questa scoperta ha lasciato perplessi gli scienziati, in quanto secondo i modelli attuali CoRoT-4 b è troppo lontano e non abbastanza massiccio per causare una tale sincronizzazione; il team di Corot ha ipotizzato che intensi campi magnetici generati dal pianeta concorrano a questo fenomeno, ma non vi è una spiegazione definitiva. CoRoT-5 b è un altro pianeta gigante, con raggio 1,28 volte quello di Giove ma con solo il 46% della sua massa; orbita ogni 4,03 giorni intorno alla propria stella, di tipo spettrale F9V e con massa simile a quella solare. Il 3 febbraio 2009, nel corso della prima conferenza internazionale dedicata alla presentazione dei risultati scientifici di Corot, è stata annunciata la scoperta della prima super-terra transitante: denominata CoRoT-7 b, orbita ogni 20 ore intorno alla sua stella, di tipo K0V, leggermente meno massiccia del Sole, distante 457 anni luce dalla Terra. CoRoT-7b, confermato dopo un anno di osservazioni complementari dalla Terra, ha un raggio 1,58 volte quello della Terra ma la sua massa resta poco definita, a causa dell'intensa attività magnetica della stella madre che perturba le misure di velocità radiale: una prima analisi ha assegnato al pianeta una massa pari a 4,8 masse terrestri[31], individuando anche un secondo pianeta non transitante, CoRoT-7c, con una massa 8,4 volte quella della Terra, con un'orbita di 3,7 giorni. L'analisi di altri due gruppi, impiegando modalità differenti di filtraggio dell'attività stellare, ha fornito risultati differenti: un team ha pesato la massa di CoRoT 7-b pari a 6,9 masse terrestri[32], trovando segni riguardo alla presenza di un terzo pianeta nel sistema, CoRoT 7-d, di massa simile a quella di Nettuno su un'orbita di 9 giorni; un secondo team ha calcolato invece la massa di CoRoT 7-b come 8,5 masse terrestri e di CoRoT 7-c come 13,5 masse terrestri. Un terzo studio ha messo in evidenza come gli errori sistematici nelle misure di velocità radiale possano essere stati sottostimati, e che la massa di CoRoT 7-b sia, con grande probabilità statistica, compresa solo fra 1 e 4 masse terrestri. Quest'ultimo studio inoltre mette in dubbio la presenza degli altri pianeti nel sistema rilevati negli studi precedenti. L'ampia incertezza sulla massa di CoRoT 7-b preclude studi approfonditi sulla sua composizione e struttura interna. Nel corso della stessa conferenza è stato presentato anche CoRoT-6b, un pianeta gigante di 3,3 masse gioviane, con raggio 1,15 volte quello di Giove, in orbita intorno ad una stella di tipo solare ogni 8,89 giorni. Nell'ottobre 2009 la missione COROT è stata protagonista di una "special feature" della prestigiosa rivista Astronomy and Astrophysics illustrante i primi risultati scientifici conseguiti. Numerose pubblicazioni con risultati di astrosismologia, variabilità stellare, performance del satellite e ricerca di transiti sono liberamente accessibili. Il 18 marzo 2010 è stata annunciata la scoperta di CoRoT-9 b, un pianeta gigante gassoso con l'80% della massa di Giove orbitante ogni 95 giorni intorno alla sua stella, molto simile al Sole. È il secondo pianeta più lontano dalla sua stella ad essere osservato in transito, dopo l'eccentrico HD 80606 b. Osservazioni complementari per rilevare le caratteristiche dell'atmosfera e cercare di rilevare la presenza di eventuali lune di questo Giove "temperato" sono pianificate con il telescopio spaziale Spitzer. Il 14 giugno 2010 sono stati annunciati da Corot ben 6 nuovi pianeti: CoRoT-8 b, CoRoT-10 b, CoRoT-11 b, CoRoT-12 b, CoRoT-13 b, CoRoT-14 b. CoRoT-8 b è un pianeta più piccolo di Saturno, con un raggio pari a 0,57 volte quello di Giove e solo il 22% della sua massa. Orbita ogni 6,2 giorni intorno alla sua stella, più piccola del Sole. CoRoT-10 b è un pianeta gigante con una massa 2,57 volte quella gioviana a raggio leggermente inferiore. Orbita intorno alla propria stella ogni 13,24 giorni in modo molto eccentrico, tale che il livello d'insolazione fra il punto della sua orbita più vicino alla propria stella e quello più lontano varia di 10,6 volte[41]. CoRoT-11 b è un altro pianeta gigante (2,33 masse di Giove ed un raggio 1,43 volte quello gioviano) orbitante ogni 3 giorni intorno alla propria stella, molto attiva e più grande del Sole. CoRoT-12 b è un pianeta con bassa densità media, con il 92% della massa di Giove ma raggio del 44% superiore. Orbita ogni 2,83 giorni intorno ad una stella di tipo solare[43]. CoRoT-13 b è invece un pianeta gigante caratterizzato da una massa del 30% maggiore a quella gioviana ma con raggio del 10% inferiore. Ruota intorno alla sua stella, simile al Sole ma con elevato contenuto di Litio, ogni 4,04 giorni[44]. CoRoT-14 b è un pianeta gigante massiccio, con massa 7,6 volte quella di Giove ed un raggio del 9% superiore, in orbita ogni giorno e mezzo intorno ad una stella più grande del Sole. Oltre ad essi, si è riferito della scoperta di una seconda nana bruna, CoRoT-15 b, con una massa 63 volte quella di Giove ma diametro solo del 12% superiore. È stata scoperta orbitante ogni 3,06 giorni intorno ad una stella del 32% più massiccia del Sole[46]. Il 14 giugno 2011, nel corso della secondo conferenza internazionale dedicata alla missione COROT, sono stati annunciati altri 10 esopianeti[47]: sette di questi, CoRoT-16 b, CoRoT-17 b, CoRoT-18 b, CoRoT-19 b, CoRoT-20 b, CoRoT-21 b e CoRoT-23 b, sono di dimensioni e massa simili a Giove, sebbene con variabili caratteristiche di densità media ed eccentricità. La stella CoRoT-24 diventa il primo sistema planetario multiplo rilevato da COROT, con la scoperta di due pianeti transitanti di raggio paragonabile a quello di Nettuno in orbite di 5,1 ed 11,8 giorni: CoRoT-24 b e CoRoT-24 c. Risalta inoltre la scoperta di CoRoT-22 b, un esopianeta con massa inferiore di metà a quella di Saturno. A giugno 2011 risultano ancora da verificare con osservazioni dalla Terra 401 candidati pianeti. 

I telescopi Arkyd

Arkyd è il nome di una serie di telescopi spaziali progettati da Planetary Resources. Il progetto è stato finanziato mediante il crowdsourcing, tramite la piattaforma kickstarter. Nel 2013, è stata organizzata una raccolta di fondi per la realizzazione del progetto. L'obiettivo prefissato era di un milione di dollari, ma la quota è stata abbondantemente superata. Il grande successo della raccolta fondi è dovuto principalmente alla possibilità di coinvolgimento nel progetto a seconda del contributo dato, che può andare da un minimo di 10$ per l'accesso alla comunità, fino a 10.000$ e la possibilità di dare un nome ad un eventuale asteroide scoperto col telescopio finanziato. Il satellite è molto piccolo, uno dei più piccoli oggetti lanciati nello spazio dall'uomo: circa 40 cm di lunghezza per un peso di 15 chili. Nonostante le sue dimensioni, la qualità delle immagini sarà notevolmente superiore rispetto ad un pari telescopio posizionato sulla terra, per via dell'assenza degli effetti disturbativi dell'atmosfera. Il telescopio ha un'apertura di 200mm, una capacità di risoluzione di un arcosecondo e sarà in grado di effettuare osservazioni nello spettro tra 200 e 1100 nanometri. Il lancio del prototipo A3 era previsto per il 2014 col trasferimento sulla ISS e la messa in orbita dal modulo Kibō. Il razzo vettore incaricato del trasporto sulla ISS è però esploso 10 secondi dopo il lancio, distruggendo il prototipo (oltre ai rifornimenti programmati per l'equipaggio della stazione spaziale). Il primo prototipo è arrivato ad aprile 2015 e verrà immesso in orbita per la validazione della tecnologia. A maggio del 2016, come conseguenza di un calo di interesse e di fondi per continuare, Planetary Resources ha deciso di chiudere il progetto e rimborsare tutti quelli che hanno contribuito allo sviluppo dei prototipi. 

Il Telescopio spaziale James Webb

Il telescopio spaziale James Webb (JWST o Webb) è un telescopio spaziale per l'astronomia a raggi infrarossi il cui lancio è previsto, a seguito di successivi slittamenti, per ottobre 2021, con partenza dallo spazioporto di Arianespace a Kourou, nella Guiana Francese, trasportato in orbita solare da un razzo Ariane 5. Il telescopio è il frutto di una collaborazione internazionale tra NASA, Agenzia Spaziale Europea (ESA) e Agenzia spaziale canadese (CSA). Il JWST, in fase di realizzazione, noto come "Next Generation Space Telescope" (NGST, da qui anche, la nomea di "successore di Hubble"), nel 2002 è stato titolato a James Webb, amministratore della NASA durante i programmi Gemini, Mercury e Apollo e fautore del centro di controllo del Johnson Space Center (JSC) di Houston, Texas. Il telescopio Webb aprirà nuovi orizzonti per l'astronomia a raggi infrarossi grazie a tecnologie di progettazione d'avanguardia. Sarà il più grande telescopio mai inviato nello spazio, e amplierà i percorsi aperti nell'universo dal telescopio Hubble. Le innovazioni rispetto ai precedenti telescopi spaziali sono il grande specchio primario di 6,5 metri, per studiare lunghezze d'onda nella banda infrarossa, e la presenza di un ampio scudo termico multistrato per il mantenimento di una temperatura operativa molto bassa per bloccare le interferenze da sorgenti di calore non oggetto di studio quali ad esempio il Sole, la Luna, la struttura e la strumentazione stessa del telescopio. Diversamente da Hubble, Webb orbiterà intorno al Sole a 1,5 milioni di km dalla Terra al punto L2 di Lagrange, orbita già utilizzata per le missioni WMAP, Herschel e Planck; che terrà il telescopio Webb allineato con l'orbita terrestre[11] consentendo allo scudo di proteggere il telescopio dalla luce e dal calore di Sole, Terra e Luna e garantendo comunicazioni continue con il centro di controllo e un'ininterrotta raccolta di dati non essendo ostacolato dall'interferenza oscuratrice dell'orbita lunare. Per il JWST sono state sviluppate diverse tecnologie innovative. Le più importanti includono uno specchio primario costituito da 18 specchi esagonali in berillio ultraleggero che dispiegandosi dopo il lancio comporranno un'unica grande superficie di raccolta. Un'altra caratteristica del JWST è l'ampia schermatura romboidale a cinque strati (separati dal vuoto) in Kapton, un materiale plastico in film che, come un parasole, attenua il calore e garantisce stabilità alle notevoli escursioni termiche a cui gli strumenti saranno sottoposti. Lo studio di metrologie estremamente precise nei test acustici e ambientali ha contribuito allo sviluppo di strumenti di precisione (interferometria laser dinamica) nell'ordine dei picometri. Il Webb è fornito di un impianto criogenico (cryocooler) per il raffreddamento (7 K) dei rilevatori nel medio infrarosso e di micro-otturatori innovativi progettati dal Goddard che, come piccole tapparelle programmabili consentono di selezionare determinati spettri di luce durante la simultanea di una osservazione, permettendo di analizzare sino a 100 oggetti contemporaneamente nello spazio profondo con un'ampiezza visuale di 3,2 x 3,3 minuti d'arco JWST è il prodotto di una collaborazione tra la NASA, l'ESA e l'Agenzia Spaziale Canadese (CSA ). Il NASA Goddard Space Flight Center ha gestito le fasi di sviluppo. I principali partner industriali privati sono Northrop Grumman e Orbital ATK per lo scudo termico; lo Space Telescope Science Institute (STScI) gestirà le operazioni di ricerca, raccolta ed elaborazione dei dati del Webb successive al lancio. L'osservatorio è la componente spaziale del sistema JWST (che comprende anche i sistemi a terra) ed è composto da tre elementi: la strumentazione scientifica integrata (ISIM, integrated Science Instrument Module); il telescopio ottico (OTE, Optical Telescope Element) che comprende gli specchi e la montatura di supporto; il sistema navicella , che comprende la navicella (Spacecraft Bus) e lo schermo solare. L'OTE è l'occhio dell'osservatorio. Raccoglie la luce proveniente dallo spazio e la invia agli strumenti scientifici situati nel modulo ISIM. La montatura portante (Backplane) supporta la struttura ottica. Lo schermo solare (Sunshield) separa la parte del telescopio direttamente colpita e riscaldata dalla luce solare (l'intero osservatorio) dai componenti elettronici (ISIM) che, elaborando frequenze dell'infrarosso, devono operare a bassa temperatura. La temperatura di esercizio è mantenuta dal sistema criogenico sotto i 50 K (-223 °C o -370 °F). La navicella fornisce le funzioni di supporto per il funzionamento dell'osservatorio e integra i principali sottosistemi necessari al funzionamento del veicolo spaziale: il sistema di energia elettrica, il sistema di controllo dell'assetto, il sistema di comunicazione, il sistema di comando e gestione dei dati, il sistema di propulsione e il sistema di controllo termico. I blocchi logici sono, nel dettaglio:

  • il sistema ottico (OTE, Optical Telescope Element):
    • Specchio primario e struttura portante (Backplane)
    • Specchio secondario e struttura portante
    • sottosistema ottico (AFT)
  • la strumentazione scientifica integrata (ISIM, Integrated Science Instrument Module) costituita da quattro strumenti:
    • MIRI (Mid-Infrared Instrument)
    • NIRSpec (Near-Infrared Spectrograph)
    • NIRCam (Near-Infrared Camera)
    • Fine Guidance Sensor / Near InfraRed Imager e slitless Spectrograph (FGS/NIRISS)
  • il sistema navicella
    • Schermo solare (Sunshield)
    • Sottosistema navigatore (Spacecraft Bus)
    • Pannelli solari, antenna di comunicazione ad alto guadagno e altri strumenti di controllo e orientamento del telescopio.

La strumentazione scientifica è collegata e nel contempo distanziata dal sistema ottico da un braccio telescopico (Deployable Tower Assembly, DTA) realizzato in materiale composito grafite-epossidico, che garantisce stabilità a dispetto delle notevoli escursioni termiche. Tale torretta oltre a proteggere ulteriormente l'ottica dalle eventuali vibrazioni e dal calore dissipato presente sul blocco strumenti ISIM consentirà in fase di dispiegamento nello spazio, che i movimenti automatici dei vari componenti non li facciano entrare in contatto. Il lancio del telescopio spaziale James Webb è previsto per il 31 ottobre 2021, su un razzo Ariane 5 dalla rampa di lancio ELA-3 di Arianespace, complesso situato nei pressi di Korou, in Guiana Francese, fornito dall'ESA. La vicinanza equatoriale e la rotazione terrestre contribuiscono ad una spinta ulteriore del razzo vettore. Il JWST orbiterà intorno al secondo punto di Lagrange (L2) lungo un asse Terra-Sole, distante 1.500.000 km dalla Terra. Il punto di equilibrio L2 consentirà un tempo ridotto per compiere un'orbita completa, pur essendo più distante dell'orbita terrestre. Il telescopio si attesterà sul punto L2 in un'orbita halo, inclinato rispetto al piano dell'eclittica. Poiché L 2 è un punto di equilibrio instabile in cui le accelerazioni gravitazionali esercitate da Sole e Terra costituiscono delle accelerazioni centripete il cui mutuo annullamento è necessario al telescopio per compiere l'orbita determinata, la sonda seguirà una traiettoria chiusa intorno al punto di Lagrange nel suo moto di rivoluzione intorno al Sole. La particolarità di questa orbita è che consente al telescopio di essere allineato su un asse teorico consentendo allo scudo termico del satellite di proteggere il telescopio dalla luce e dal calore di Sole, Terra e Luna. La posizione di JWST presso L2 rende le comunicazioni con la Terra continue, effettuate attraverso il Deep Space Network (DSN), del JPL utilizzando tre antenne radio situate in Australia, Spagna e California. Durante le operazioni di routine, JWST effettuerà sequenze in uplink di comandi e dati di downlink fino a due volte al giorno, attraverso il DSN. L'osservatorio è in grado di eseguire sequenze di comandi (controlli e osservazioni) in modo autonomo. Lo Space Telescope Science Institute, gestore delle ricerche e dei dati, trasferirà i dati settimanalmente ed effettuerà le opportune correzioni giornalmente. Successivamente al lancio, il raggiungimento dell'orbita consta di programmate fasi in cui verranno effettuate circa 200 operazioni tra correzioni di rotta, assestamenti e controlli delle apparecchiature:

  • Primo giorno: decollo. Il razzo Ariane fornirà la spinta per circa 8 minuti. Webb si separerà dal vettore Ariane V mezz'ora dopo il lancio e successivamente spiegherà il pannello solare e altri sistemi; spiegamento dell'antenna ad alto guadagno, superamento dell'orbita lunare e prima manovra correttiva.
  • Nella prima settimana: seconda manovra correttiva. Apertura completa dello scudo termico e tensione degli strati isolanti dello schermo solare. Spiegamento specchio secondario e apertura della ali dello specchio primario.
  • Nel primo mese: inizializzazione software e correzione definitiva dell'orbita di volo. Raggiungimento orbita L2; sollecitazioni elettroniche del modulo ISIM.
  • Nel secondo mese: accensione Fine Guidance Sensor, NIRCam e NIRSpec. Test NIRCam di prima immagine; primo allineamento segmenti specchio primario.
  • Nel terzo mese: allineamento definitivo segmenti specchio primario, attivazione MIRI e prime immagini scientifiche. Assestamento finale al punto di orbita L2.
  • Dal quarto al sesto mese: ottimizzazione NIRCam e calibratura di tutti gli altri strumenti.
  • Dopo sei mesi: Webb inizierà la sua missione scientifica.

L'opacità dell'atmosfera terrestre, causata da elementi come vapore acqueo e anidride carbonica, ostacola la visualizzazione dei telescopi ottici a terra in quanto la luce proveniente dallo spazio viene bloccata o alterata da questi elementi, nonostante le recenti innovazioni dovute all'ottica adattiva che corregge le sfocature in campi ridotti e in presenza di stelle luminose. Il telescopio spaziale Hubble ha ovviato a queste implicazioni, orbitando oltre l'atmosfera. La polvere cosmica e i gas delle nubi interstellari sono però un limite anche per i telescopi ottici spaziali. Inoltre, poiché l'Universo è in costante espansione, la luce dei corpi nello spazio profondo in allontanamento tende anch'essa a spostarsi, giungendo quindi a noi con ridotta frequenza (spostamento verso il rosso). Questi oggetti sono perciò rilevabili più facilmente se osservati con strumenti ottimizzati per lo studio delle frequenze nell'infrarosso. Le osservazioni a raggi infrarossi consentono lo studio di oggetti e di regioni dello spazio altrimenti oscurate dai gas e dalle polveri nello spettro visibile. Le nubi molecolari feconde di formazioni stellari, i dischi protoplanetari, e i nuclei di galassie attive sono tra gli oggetti relativamente freddi (rispetto alle temperature stellari) che emettono radiazioni prevalentemente nell'infrarosso e quindi studiabili da un telescopio a infrarossi. JWST è un telescopio general-purpose, diversamente da missioni quali Gaia, Spitzer, Fermi, finalizzate a studi settoriali specifici. Le ricerche spazieranno ampi settori di astronomia, astrofisica, cosmologia. Le osservazioni del Webb, anche a seguito della scoperta dell'ultra deep field di Hubble, saranno incentrate su alcuni temi principali, grazie ai diversi strumenti progettati e dedicati allo studio di lunghezze d'onda differenti: 

  • Il JWST consentirà di studiare la struttura a grande scala dell'Universo, che si espande o contrae sotto l'influenza della gravità della materia al suo interno. Tramite l'osservazione di remote supernove con luminosità nota, si potrà stimarne le dimensioni e la struttura geometrica, approfondendo gli studi teorici sulla natura e la densità della materia oscura e dell'energia oscura. Rilevando sottili distorsioni nelle forme delle galassie più lontane causate dalle deformazioni gravitazionali di masse invisibili sarà possibile studiare la distribuzione della materia oscura, il suo rapporto con la materia ordinaria e l'evoluzione di galassie come la via Lattea. Mediante campagne osservative nel vicino infrarosso e successive analisi in follow-up a bassa risoluzione spettroscopica e fotometrica nel medio infrarosso verrà approfondito lo studio delle galassie più antiche.
  • Con il JWST si potrà approfondire la teoria sulla reionizzazione, il periodo primordiale dell'Universo in cui l'idrogeno neutro sarebbe reionizzato in seguito alla crescente radiazione delle prime stelle massicce. Successivamente al raffreddamento dell'universo i protoni e neutroni si combinarono in atomi ionizzati di idrogeno e deuterio, quest'ultimo ulteriormente fuso in elio-4 e conseguente costituzione delle prime stelle massicce ad opera della forza di gravità e in seguito esplose come supernovae.
  • La capacità di JWST di sondare la regione infrarossa dello spettro ad altissima sensibilità permetterà di superare i limiti dei telescopi ottici e catturare la luce debole, spostata verso il rosso, degli oggetti più antichi e lontani. Il JWST consentirà di indagare sulla presenza di buchi neri nella maggior parte delle galassie e la loro percentuale di massa, rispetto alla materia visibile.
  • Webb sarà in grado di vedere i cluster delle prime stelle formatesi in seguito al raffreddamento dell'idrogeno e alla costituzione degli elementi chimici più pesanti, necessari alla formazione dei pianeti e della vita Inoltre osserverà le fasi costitutive dell'Universo, a seguito dell'esplosione successiva delle prime stelle in supernove che hanno formato le prime galassie nane ricche di gas, progenitrici delle galassie attuali che hanno formato la struttura cosmica oggi conosciuta. JWST, analizzando le spettrografie delle singole stelle nelle regioni affollate, studierà la conformazione, il rigonfiamento dei dischi centrali delle galassie, le stelle più antiche, le analogie con la via Lattea, la distribuzione della materia passata e presente e le relazioni di questa materia con la formazione stellare. 
  • JWST sarà in grado di penetrare le nubi di polvere nei dischi proto-stellari, studiando i parametri che definiscono la massa di una stella in formazione e oggetti di massa minore, nane brune e pianeti delle dimensioni di Giove (gioviani), che non raggiungono uno stato aggregativo tale da consentire una formazione stellare. 
  • Mediante la tecnica dei transiti, della velocità radiale e con osservazioni di follow-up supportate da telescopi a terra verranno stimate le masse di esopianeti e studiate le loro atmosfere cercando eventuali biofirme. I coronografi e lo studio spettroscopico consentiranno la visualizzazione diretta in banda infrarosso di esopianeti vicino a stelle luminose, comprese eventuali differenze stagionali, la possibile vegetazione, la rotazione, il clima. La spettroscopia, analizzando la luce riflessa degli esopianeti e separandola in lunghezze d'onda distinte permetterà di identificare i loro componenti chimici per determinarne le componenti atmosferiche. Webb potrà cercare biomarcatori chimici, come ozono e metano, generati da processi biologici. L'ozono si forma quando l'ossigeno prodotto da organismi fotosintetici (quali alberi e fitoplancton) sintetizzano la luce. Poiché l'ozono è fortemente legato alla presenza di organismi Webb lo cercherà in atmosfere planetarie come possibile indicatore di vita elementare. JWST, a causa della luce solare non potrà essere rivolto verso i corpi interni al sistema quali Luna, Venere e Mercurio ma potrà caratterizzare tutti i corpi esterni a Marte, gli asteroidi Near-Earth, comete, lune planetarie e corpi ghiacciati del sistema solare esterno.

I blocchi logici dell'osservatorio James Webb sono tre: il sistema ottico (OTE, Optical Telescope Element) che include lo specchio primario e la struttura di sostegno; la strumentazione scientifica (ISIM, Integrated Science Instrument Module), il sistema navicella, che comprende il bus navicella (Spacecraft Bus) e lo scudo termico (Sunshield). La struttura portante (backplane) dello specchio primario è costituita da uno scheletrato di grafite composita, titanio e Invar, fornito dall'azienda Orbital ATK. Sostiene i 18 segmenti esagonali dello specchio e il modulo degli strumenti scientifici. È costituita da tre sezioni. una centrale (Pathfinder) che sorregge 12 specchi e le due ali laterali pieghevoli verticali supportanti ciascuna 3 specchi. Questa conformazione si è resa necessaria in quanto la larghezza dello specchio è superiore alla capacità di stiva del razzo Ariane. Il piano della struttura è convesso in modo da ridurre al minimo le correzioni da effettuarsi per avere come risultante un piano focale. Frontalmente alla struttura è collocato lo specchio secondario.

La struttura è progettata per garantire stabilità termica a temperature inferiori a -240 °C ( -400 °F) con una tolleranza d'errore sotto i 32 nanometri. Lo specchio primario è costituito da 18 elementi esagonali in berillio affiancati a nido d'ape. Ogni singolo specchio, delle dimensioni di 1,4 metri, è ricoperto da una lamina d'oro spessa 1000 Angstrom (100 nanometri), che riflette meglio la luce infrarossa. La lamina d'oro è a sua volta ricoperta da un sottile strato di SiO2 amorfo (vetro) per proteggerla da graffi in caso di manipolazione o piccole particelle. In fase di lancio lo specchio primario è compattato in 3 sezioni e stivato nel razzo; successivamente è dispiegato con micromotori. La tecnologia ottica del JWST consta di tre specchi anastigmatici. In questa configurazione, lo specchio primario è concavo, il secondario è convesso e funziona leggermente fuori asse; lo specchio terziario rimuove l'astigmatismo risultante e appiattisce anche il piano focale. Ciò consente anche un ampio campo di vista per produrre immagini senza aberrazioni ottiche. Il sistema di specchi comprende un ulteriore specchio piatto (fine steering mirror) per convogliare la luce agli strumenti. Il gruppo ottico è fornito da Ball Aerospace & Technologies Corp, azienda contraente di Northrop Grumman Aerospace Systems. Gli strumenti scientifici sono il cuore del JWST e sono contenuti all'interno del modulo scientifico integrato, ISIM (Integrate Science Instrument Module). L'ISIM fornisce energia elettrica, risorse di calcolo, raffreddamento e stabilità strutturale al telescopio Webb. È realizzato con un legante composito di grafite epossidica fissato al lato inferiore della struttura del telescopio del Webb. L'ISIM contiene quattro strumenti scientifici e una macchina fotografica guida. La Near Infrared Camera (NIRCam) è la camera principale del Webb. Coprirà la gamma di lunghezze d'onda in infrarosso da 0,7 a 4.8 micron, adiacente alle frequenze del visibile. NIRCam consentirà di studiare il processo di formazione delle prime galassie; la popolazione di stelle in galassie vicine; giovani stelle negli oggetti della Via Lattea e della Cintura di Kuiper. NIRCam è dotata di coronografi, che consentono di effettuare fotografie di oggetti molto deboli attorno a corpi luminosi, determinando le caratteristiche dei sistemi stellari in esame. I coronografi di NIRCam bloccano la luce degli oggetti luminosi, consentendo di visualizzare il corpo oscurato nelle vicinanze. NIRCam servirà anche come sensore di fronte d'onda dell'osservatorio[30], necessario per le attività di rilevamento e di controllo. NIRCam è stato sviluppato dall'università dell'Arizona e dal centro di tecnologie avanzate della Lockheed-Martin di Palo Alto, California. Il Near Infrared Spectrograph (NIRSpec) è uno spettrografo operante nel vicino infrarosso ad un intervallo di lunghezze d'onda da 0,6 a 5 micron con una durata di utilizzo minima stimata in 5 anni. Lo strumento è stato progettato e costruito dall'ESA all'ESTEC, Paesi Bassi. mentre i sottosistemi sono stati sviluppati al Goddard Space Flight Center. Il NIRSpec ha tre modalità operative: a bassa, media e alta risoluzione e a seconda della modalità, per la spettroscopia verrà utilizzato un prisma o uno spettroscopio in modalità long-slit (a lunga fenditura). La commutazione delle modalità viene effettuata grazie ad una tecnologia usata con successo sul foto polarimetro dell'Infrared Space Observatory, il telescopio spaziale ad infrarossi che l'ESA, la NASA e la JAXA lanciarono con successo nel 1995. Uno spettrografo (o spettrometro) viene usato per scindere la luce di un oggetto in uno spettro. Analizzando lo spettro di un oggetto si studiano le sue proprietà fisiche, tra cui la temperatura, la massa e la composizione chimica. Al fine di raccogliere la debole luce spettrale dei corpi lontani, NIRSpec è stato progettato per osservare 100 oggetti contemporaneamente mediante un sistema innovativo di micro-otturatori che campionano e selezionano la luce in entrata nel NIRSpec. Questi otturatori possono essere controllati singolarmente per visualizzare o bloccare determinate porzioni di cielo e la luce interferente dei corpi più vicini e luminosi. MIRI è composta da una macchina fotografica e da uno spettrografo che rileva la luce nella regione del medio infrarosso dello spettro elettromagnetico, coprendo lunghezze d'onda da 5 a 28 micron. I suoi sensibili rilevatori permetteranno di vedere la luce shiftata di galassie lontane, stelle di nuova formazione, deboli comete e oggetti nella fascia di Kuiper. La fotocamera di MIRI fornirà una visualizzazione a largo campo come quella di Hubble. Lo spettrografo consentirà una spettroscopia a media risoluzione, fornendo accurati dettagli fisici dei corpi osservati. MIRI opera sotto i 6 Kelvin, temperatura garantita da un refrigeratore meccanico ad elio situato sul lato caldo dello scudo termico. MIRI è stata costruita dal Consorzio MIRI. NIRISS, un spettrografo visualizzatore nel vicino infrarosso, sarà usato per il test di prima luce, rilevamento e caratterizzazione di esopianeti e spettroscopia per transiti planetari. FGS/NIRISS ha una lunghezza d'onda di 0,8 a 5,0 micron con tre camere, fornendo così un terzo livello di ridondanza nei dati. Ognuna delle fotocamere analizza una lunghezza d'onda separata. Il sensore di orientamento è utilizzato per stabilizzare il percorso ottico (line-of-sight) dell'osservatorio durante le osservazioni scientifiche. Le rilevazioni del FGS sono utilizzate per controllare l'orientamento della navicella ed effettuare le micro correzioni per la stabilizzazione delle immagini. Insieme al FGS è montato il NIRISS, uno spettrografo slitless per la visualizzazione astronomica in lunghezza d'onda a 0,8-5 micrometri. I due strumenti sono gestiti dall'agenzia spaziale canadese NIRCam e MIRI dispongono di coronografi per bloccare la luce stellare per l'osservazione di oggetti deboli quali pianeti extrasolari, caratterizzare loro atmosfere e dischi circumstellari molto vicino a stelle luminose. La gestione e il trasferimento dei dati tra le varie componenti del modulo ISIM vengono effettuati tramite tecnologia SpaceWire, uno standard di gestione avanzato dei dati nei sistemi di comunicazione spaziali. Il bus navicella (Bus Spacecraft) fornisce le funzioni di supporto necessarie per il funzionamento dell'osservatorio. Alloggia i seguenti sottosistemi:

  • Sistema di controllo dell'assetto
  • Sistema di gestione e comando dei dati
  • Sistema di propulsione
  • Sistema di controllo termico
  • Sistema di comunicazione
  • Sistema elettrico di alimentazione

Il sistema di controllo dell'assetto comanda l'orientamento dell'osservatorio mantenendolo in un'orbita stabile, e fornisce un primo puntamento per l'area del cielo oggetto di studio, a cui segue un controllo più mirato ad opera del FGS: controlla il momento della navicella elaborando i dati dai sensori dei giroscopi e inviando i comandi necessari alle ruote di reazione o ai propulsori. Il sistema di gestione e comando dei dati (C & DH, Command & Data Handling) è il cervello del bus navicella. Elabora la telemetria (CTP) del sistema di comunicazione sollecitando lo strumento appropriato e dispone di una memoria a stato solido (Solide State Recorder, SSR) per i dati dell'osservatorio. Il CTP controllerà l'interazione tra gli strumenti scientifici, la SSR e il sistema di comunicazione. Il sistema di propulsione contiene i serbatoi es i razzi che, quando richiesto dal controllo di assetto del sistema, vengono avviati per mantenere l'orbita. Il sistema di controllo termico mantiene stabile la temperatura di funzionamento del bus navicella. Il sistema di comunicazione riceve i comandi dal centro operativo di controllo a terra (OOC) e vi trasmette i dati scientifici e di stato. Il sistema elettrico di alimentazione converte la luce dei pannelli solari in energia elettrica per azionare i sottosistemi del bus e la strumentazione scientifica del modulo ISIM. Il Bus è collegato al sottosistema ottico tramite una torretta telescopica che viene protesa in fase di posizionamento dell'osservatorio. La sua struttura, costituita essenzialmente in grafite composita, pesa circa 650 kg e supporta il peso del telescopio, 6,5 ton. Il bus può garantire un puntamento di un secondo d'arco e isola le vibrazioni fino a due milliarcosecondi. Lo schermo termico (Sunshield) consentirà al telescopio un raffreddamento passivo e una temperatura stabile inferiore a 50 Kelvin (-223 °C). Gli strumenti Near Infrared (NIRCam, NIRSpec, FGS / NIRISS) operano a circa 39 K (-234 °C). La ( MIRI ) nel medio infrarosso funziona ad una temperatura di 7 K (-266 °C), utilizzando un sistema criogenico ad elio.. Il raffreddamento consente anche ai segmenti dello specchio primario di rimanere correttamente allineati quando cambia l'orientamento rispetto al Sole Lo scudo termico consta di 5 strati di Kapton, ognuno dei quali è separato da vuoto isolante che dissipa il calore mantenendo ogni strato più freddo del precedente. Gli strati dello scudo sono rivestiti con alluminio e silicio drogato per le loro proprietà ottiche, conduttive e durata nell'ambiente spaziale. L'alta emissività del silicio dissipa buona parte del calore del Sole e della luce preservando gli strumenti e la superficie di alluminio altamente riflettente disperde l'energia residua verso i bordi dello scudo termico. Lo spessore degli strati varia da 0,05 millimetri per quello rivolto verso il Sole a 0,25 mm per i restanti. Gli spessori dei rivestimenti di alluminio e silicio sono rispettivamente di 50 nanometri (nm) e di 100 nm.[34] La Space Telescope Science Institute (STScI), con sede a Baltimora, Maryland nel campus Homewood della Johns Hopkins University, è responsabile della ricerca scientifica e della divulgazione dei dati alla comunità astronomica. I dati saranno trasmessi dal JWST a terra tramite il Deep Space Network, del JPL, NASA, elaborati e distribuiti via internet alle comunità astronomiche. Come per Hubble, lo STScI valuterà le proposte della comunità scientifica per successive campagne osservative. Ogni anno i comitati di astronomi potranno valutare in peer review le proposte presentate per selezionare i programmi di osservazione degli anni successivi. La conversione dei dati scientifici da analogico a digitale (ADC) viene eseguita dal ASIC SIDECAR. Osservazioni a tempo garantito (GTO, Guaranteed Time Observers) vengono assegnate ai gruppi di studio selezionati che ne avranno fatto richiesta. Per massimizzare il ritorno scientifico, i progetti GTO vengono programmati in anticipo e ufficializzati entro i primi due anni di attività del telescopio. Ogni ciclo GTO viene definito attraverso l'Astronomer's Proposal Tool (APT), un pacchetto software messo a disposizione della comunità astronomica per presentare in peer review le proposte per il JWST, nel rispetto delle policy a protezione di ricerche già effettuate. A giugno 2017 è stato annunciato il primo ciclo[37] di GTO costituito da circa 8700 ore di osservazioni, circa un anno. Queste osservazioni studieranno i pianeti solari esterni, la fascia di Kuiper, le prime galassie e i pianeti extrasolari. I satelliti naturali Europa ed Encelado saranno tra gli obiettivi del primo ciclo di osservazioni. Poiché il primo ciclo di indagini è stato riservato ai ricercatori direttamente coinvolti nello sviluppo del telescopio e i dati delle ricerche non dovrebbero essere resi pubblici entro i primi tre anni, la comunità astronomica ha sollecitato e ottenuto[41] un programma di ricerche che si sovrapporrà al primo ciclo. Questo programma, chiamato Early Release Science (ERS) avrà circa il 10% del tempo disponibile del Webb, circa 460 ore. Il 13 novembre 2017 è stata resa pubblica la selezione finale dei 13 programmi scientifici di questo mini ciclo, che verranno eseguiti nei primi cinque mesi di operatività del JWST e la cui fattibilità e ordine temporale di esecuzione potrebbe risentire a seguito dello slittamento della data di lancio e anche perché il telescopio non può essere orientato nella parte di volta celeste illuminata dal Sole.

Il Simbol-X

Simbol-X è una missione spaziale organizzata dall'Agenzia Spaziale Italiana e dal CNES francese, finalizzata alla messa in orbita di un telescopio spaziale a raggi X. Il range energetico di funzionamento del telescopio sarà compreso tra 0,5 e 80 KeV. Simbol-X costituirà il primo esemplare di telescopio spaziale in formazione di volo: in pratica, le funzioni di focalizzazione e fotorivelazione saranno svolte da due satelliti diversi, tenuti allineati e a distanza costante da un sistema di controllo. La scelta di questa soluzione è dettata dal fatto che le particelle X (e gamma di bassa energia) possono essere riflesse, anziché assorbite, dalle superfici metalliche solo se l'angolo di incidenza è molto piccolo. La distanza focale è quindi lunga, dell'ordine delle diverse decine di metri: non è possibile inviare in orbita un oggetto di tali dimensioni, e l'unica soluzione per realizzare un telescopio spaziale che lavori a tali energie senza ricorrere al metodo delle maschere codificate è quello di "spezzare" il telescopio su due satelliti di dimensioni normali. Il lancio era previsto nell'anno 2014. Nel mese di marzo 2009 il CNES ha annunciato il suo ritiro dal progetto per ragioni di budget. La missione è stata pertanto annullata.

Il telescopio spaziale Kepler

La missione Kepler è stata una missione spaziale della NASA parte del programma Discovery, il cui scopo era la ricerca e conferma di pianeti simili alla Terra in orbita attorno a stelle diverse dal Sole, tramite l'utilizzo del telescopio spaziale Kepler. Il veicolo spaziale, chiamato in onore dell'astronomo tedesco del diciassettesimo secolo Johannes Kepler, è stato lanciato con successo il 7 marzo 2009. Il telescopio Kepler è stato "specificatamente progettato per monitorare una porzione della nostra regione della Via Lattea e scoprire dozzine di pianeti simili alla Terra vicino o nella zona abitabile e determinare quante delle miliardi di stelle della nostra galassia posseggano pianeti". Per fare ciò, un fotometro ha monitorato costantemente la luminosità di più di 145 000 stelle della sequenza principale nel suo campo di vista fissato, presso le costellazioni del Cigno, della Lira e del Drago. I dati erano trasmessi a terra, dove sono stati analizzati in cerca di periodiche diminuzioni di luminosità delle stelle causate da pianeti extrasolari che transitano di fronte alla loro stella. Nell'aprile 2013 il team di Kepler aveva individuato 2 740 candidati pianeti e confermato altri 121. Nel gennaio 2013 un gruppo di astronomi dell'Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics ha stimato dai dati di Kepler che nella Via Lattea risiedano "almeno 17 miliardi" di esopianeti simili alla Terra. Il programma Discovery, di cui Kepler faceva parte, consiste in missioni scientifiche di basso costo focalizzate su obiettivi precisi. La costruzione del telescopio e le operazioni iniziali sono state gestite dal Jet Propulsion Laboratory, insieme alla Ball Aerospace, responsabile dello sviluppo del sistema di volo. L'Ames Research Center è stato invece responsabile dello sviluppo dei sistemi a Terra, delle operazioni di missione dal dicembre 2009 e dell'analisi dei dati scientifici. Il tempo previsto per la missione è stato inizialmente di 3,5 anni, ma è stato ripetutamente esteso fino a concludersi ufficialmente ad ottobre del 2018 con la disconnessione dal centro di controllo a terra il mese successivo. Durante i suoi oltre nove anni e mezzo di servizio, Kepler ha osservato 530 506 stelle e rilevato 2 662 pianeti. Il telescopio possedeva una massa di 1039 kg ed era costituito da uno specchio primario di 1,4 m di diametro e con un'apertura di 0,95 m. Lo strumento aveva un campo di vista di 115 gradi quadrati (circa 12° in diametro), equivalente all'area sottesa da un pugno a braccio teso, 105 dei quali utili per dati di qualità scientifica e con meno dell'11% di vignettatura. Il fotometro aveva un effetto di soft focus, per ottenere così misurazioni fotometriche eccellenti piuttosto che immagini nitide. L'obiettivo aveva una precisione fotometrica differenziale combinata (combined differential photometric precision o CDPP) di 20 ppm per una stella di magnitudine 12 di tipo solare e per un periodo di integrazione di 6,5 ore, anche se le osservazioni non hanno raggiunto questo obiettivo. Il transito di un pianeta terrestre produce una variazione di luminosità di 84 ppm e dura circa 13 ore. Il piano focale della fotocamera del telescopio era costituito da una matrice di 42 sensori CCD, ciascuno con una dimensione di 2200 × 1024 pixel. La fotocamera possedeva quindi una risoluzione totale di 95 megapixel, il che la rende la più grande all'epoca mai lanciata nello spazio. I sensori erano raffreddati da condotti termici (Heat pipe) connessi a un radiatore esterno. I sensori CCD erano letti ogni 6 secondi, per limitarne la saturazione, e le immagini erano generate a bordo dello strumento sommando per 30 minuti tali letture. Nonostante al lancio Kepler possedesse il più alto tasso di produzione di dati di qualsiasi altra missione NASA, l'immagine somma dei 95 milioni di pixel per 30 minuti costituisce più informazione di quanta possa essere memorizzata e trasmessa a Terra. Pertanto il team preselezionava i pixel associati a ciascuna stella di interesse, vale a dire il 5% del totale. I dati da questi pixel erano in seguito riquantificati, compressi e memorizzati, insieme a dati ausiliari, nell'unità di memoria a stato solido da 16 GB di bordo. I dati memorizzati e scaricati a Terra comprendevano le immagini delle stelle del progetto, lo striscio, il livello di nero, il fondo e il pieno campo. Lo specchio primario di Kepler misurava 1,4 metri di diametro ed era stato alleggerito dell'86% rispetto a uno specchio solido delle stesse dimensioni, utilizzando una struttura di supporto a nido d'ape. Il supporto in vetro dello specchio è stato realizzato dalla fabbrica di vetri Corning Inc., utilizzando vetro ad espansione ultra bassa (Ultra Low-Expansion glass o vetro ULE). Siccome il telescopio aveva bisogno di una sensibilità fotometrica molto elevata per rivelare pianeti piccoli come quelli obiettivo della missione, era richiesto un rivestimento dello specchio estremamente riflettente, per eliminare ogni possibile effetto negativo da parte di imperfezioni della superficie. Utilizzando la deposizione fisica da vapore tramite fascio di elettroni, la Surface Optics Corp. ha applicato un rivestimento protettivo di 9 strati di argento e nitruri per aumentare la riflessione e un rivestimento dielettrico a interferenza per minimizzare la formazione di macchie di colore e assorbimento da umidità atmosferica. Nel gennaio 2006 il lancio del telescopio è stato ritardato di otto mesi per via di tagli al bilancio della NASA e di altri quattro mesi nel marzo dello stesso anno per problemi fiscali. In questo periodo è stato cambiato il design dell'antenna ad alto guadagno, rinunciando alla sospensione cardanica e collegandola direttamente al telaio del veicolo spaziale, così da ridurre costi e complessità, al costo di un giorno di osservazione al mese perso. Il telescopio spaziale Kepler è stato lanciato il 7 marzo 2009 alle 03:49:57 UTC (6 marzo ore 10:49:57 pm EST) a bordo di un lanciatore Delta II dalla Cape Canaveral Air Force Station, Florida. Il lancio è stato un successo completo e tutte e tre le fasi erano complete alle 04:55 UTC. La copertura del telescopio è stata espulsa il 7 aprile e le immagini di prima luce sono state scattate il giorno successivo. Il 20 aprile 2009 il team scientifico di Kepler ha annunciato che ulteriori rifiniture del fuoco avrebbero incrementato notevolmente la qualità dei dati di ritorno. Il 23 aprile seguente è stato annunciato come il fuoco fosse stato ottimizzato con successo, muovendo lo specchio primario di 40 micrometri verso il piano focale e inclinandolo di 0,0072 gradi. Il 13 maggio 2009 alle ore 01:01 UTC Kepler ha completato con successo la fase di preparazione e ha cominciato la sua ricerca di pianeti extrasolari. Il 19 giugno 2009 il veicolo spaziale ha trasmesso con successo i suoi primi dati scientifici a Terra. Si è scoperto che il 15 giugno Kepler è entrato in "safe mode" (modalità di sicurezza), e una seconda volta il 2 luglio. Entrambi gli eventi sono stati innescati da un "reset del processore". Il telescopio è ritornato ad operare normalmente il 3 luglio e i dati raccolti dal 19 giugno sono stati trasmessi a Terra quel giorno. Il 14 ottobre 2009 si è determinato che la causa di questi eventi di "messa in sicurezza" del telescopio era un generatore di potenza a bassa tensione, che alimentava il processore RAD750. Il 12 gennaio 2010 una porzione del piano focale ha trasmesso dati anomali, indicando un problema con il piano focale del modulo MOD-3, che controlla 2 dei 42 CCD di Kepler. Kepler trasmette a terra circa 12 gigabyte di dati all'incirca una volta al mese, un esempio di tale download è quello del 22-23 novembre 2010. Il 14 luglio 2012 una delle quattro ruote di reazione utilizzate per il puntamento fine del telescopio si è guastata. Seppur Kepler richiedeva solo tre delle ruote di reazione per posizionarsi accuratamente, il guasto ad un'altra di queste avrebbe reso la sonda incapace di continuare la sua missione e mettendo a repentaglio la missione estesa. Il 17 gennaio 2013 la NASA ha annunciato che una delle tre ruote di reazione rimanenti, la numero 4, mostrava segni di aumento dell'attrito e che Kepler avrebbe operato in modo discontinuo per 10 giorni come possibile soluzione al problema. Se anche la seconda ruota si fosse guastata la missione sarebbe stata terminata. Il 29 gennaio la NASA ha annunciato il ritorno con successo alla normale modalità di raccolta dati, nonostante la ruota di reazione continuasse ad esibire livelli di frizione elevati e saltuari. Il 29 aprile 2013 un manager update ha riportato che la quarta ruota di reazione continuava a mostrare segni di frizione e deterioramento e che il team stava valutando le misure da prendere nel caso la ruota dovesse fallire completamente, eventualmente passando al controllo dell'orientamento tramite propulsori. Un contatto il 3 maggio successivo ha mostrato che il telescopio era entrato in modalità di sicurezza, ma sembra che la cosa non sia correlata con il malfunzionamento delle ruote di reazione. Il telescopio è successivamente ritornato alla normale modalità di presa dati il 6 maggio successivo Il 15 maggio 2013 è stato annunciato che la ruota di reazione 4 aveva definitivamente cessato di funzionare. Il telescopio si trovava in una modalità di sicurezza controllata dai propulsori, probabilmente per la perdita dell'orientamento, e stava lentamente girando su se stesso. Al comando di fermare la rotazione il team ha scoperto il fallimento della quarta ruota di reazione, probabilmente per il cedimento strutturale del cuscinetto stesso. A seguito di ciò il telescopio è stato messo in modalità PRS (Point Rest State), di puntamento a riposo, una nuova modalità studiata per l'evenienza che permetteva il contatto continuo con la Terra. Nelle settimane successive il team ha cercato di ripristinare la funzionalità del telescopio, tentando sia il riutilizzo della prima ruota di reazione fallita sia il controllo tramite propulsori. Il 19 agosto 2013 la NASA ha annunciato che si è rivelato impossibile riparare il telescopio, per cui non è potuto tornare ad essere operativo per la ricerca di esopianeti. Il sistema di stabilizzazione, formato da quattro dispositivi simili a giroscopi ed essenziale per ottenere la precisione necessaria, non era riparabile. La NASA ha previsto di poter ancora usare il telescopio per scopi diversi da quello della ricerca di pianeti extrasolari potenzialmente in grado di ospitare la vita. In termini di prestazioni fotometriche Kepler ha lavorato bene, meglio di qualsiasi telescopio terrestre, seppure inferiormente all'obiettivo di progetto. Tale obiettivo era di una precisione fotometrica differenziale combinata (CDPP) di 20 ppm per una stella di magnitudine 12 in 6,5 ore di integrazione: questa stima era stata calcolata considerando una variabilità delle stelle di 10 ppm, all'incirca il valore di variabilità solare. L'accuratezza ottenuta invece per questo tipo di osservazione ha una vasta gamma di valori, in dipendenza dalla stella e dalla sua posizione sul piano focale, con una mediana di 29 ppm. Molto del rumore addizionale era dovuto a una maggiore variabilità delle stelle stesse, circa 19,5 ppm, mentre il resto era dovuto a fonti di rumore strumentale maggiori di quanto previsto. Si sta lavorando per comprendere meglio il rumore strumentale ed eliminarlo. Siccome il segnale di un pianeta terrestre transitante è molto vicino al livello di rumore (circa 80 ppm), l'aumento di questo implica per ogni singolo evento di transito un livello di significatività di 2,7 σ, invece del 4 σ di progetto. Questo a sua volta significa che più transiti dovevano essere necessariamente osservati per essere sicuri di una rivelazione di pianeta. Le stime scientifiche avevano indicato in 7-8 anni il tempo necessario alla missione per trovare tutti i pianeti terrestri transitanti, contro i 3,5 originalmente pianificati. Il 4 aprile 2012 è stata approvata la missione estesa di Kepler fino all'anno fiscale 2016. Kepler era su un'orbita eliocentrica, che evitava occultazioni da parte della Terra, luce diffusa, perturbazioni gravitazionali e momenti torcenti associati alle orbite terrestri. Il fotometro puntava il suo campo visivo verso le costellazioni del Cigno, della Lira e del Dragone, ben lontane dal piano dell'eclittica, così che la luce del Sole non entrasse mai nel fotometro durante la sua orbita. Il campo inoltre non era oscurato né dalla fascia di Kuiper né da quella principale. Questa è inoltre la stessa direzione del moto del Sistema Solare attorno al centro della Galassia. Di conseguenza le stelle osservate da Kepler sono all'incirca alla stessa distanza dal centro galattico del Sole e altrettanto vicine al piano galattico. Questa condizione potrebbe essere importante se l'abitabilità dipendesse dalla posizione nella Galassia, come suggerito dall'ipotesi della rarità della Terra. L'orbita di Kepler è stata definita dalla NASA come di trascinamento terrestre, poiché il periodo di rivoluzione di 372,5 giorni, più lungo di quello terrestre, fa sì che lentamente il telescopio rimanga indietro rispetto alla Terra. Kepler era gestito dal Laboratory for Atmospheric and Space Physics (LASP), Boulder (Colorado). I pannelli solari del telescopio erano ruotati verso il Sole ogni solstizio ed equinozio, per ottimizzare l'angolo di incidenza dei raggi solari e per mantenere il radiatore puntato verso lo spazio profondo. Il LASP controllava il telescopio insieme ai suoi costruttori, il Ball Aerospace & Technologies Corp., da un centro di controllo di missione situato nel campus dell'Università del Colorado. Il LASP controllava la pianificazione di base della missione e la raccolta e distribuzione iniziale dei dati. Il costo del ciclo iniziale della missione è stato previsto essere di 600 milioni di dollari, incluso il finanziamento per 3,5 anni di operatività, quest'ultima estesa dalla NASA nel 2012 fino al 2016 e successivamente fino al 2018. La NASA comunicava con il telescopio spaziale usando il collegamento in Banda X due volte a settimana, per l'invio di comandi e il controllo dello status. I dati scientifici invece erano scaricati una volta al mese utilizzando il collegamento in Banda Ka, con un rateo massimo di trasferimento di circa 550 kBps. Lo stesso Kepler conduceva a bordo le prime parziali analisi scientifiche e trasmetteva solo i dati ritenuti necessari alla missione, ai fini di risparmiare banda. I dati scientifici di telemetria raccolti durante le operazioni di missione al LASP erano inviati per il processamento al Kepler Data Management Center (DMC), situato allo Space Telescope Science Institute, nel campus della Johns Hopkins University in Baltimora (Maryland). I dati erano decodificati e processati dal DMC in formato FITS e successivamente inviati al Science Operations Center (SOC), parte del NASA Ames Research Center, per la calibrazione e il processamento finale. Il SOC aveva sviluppato e utilizzato gli strumenti necessari all'elaborazione dei dati per il loro uso da parte del Kepler Science Office (SO). Di conseguenza, il SOC sviluppava il software di processamento della pipeline di elaborazione dati, basandosi sugli algoritmi scientifici sviluppati dal SO. Durante le operazioni, il SOC:

  1. Riceveva i dati calibrati dal DMC;
  2. Applicava gli algoritmi di analisi per produrre le curve di luce per ciascuna stella;
  3. Ricercava gli eventuali eventi di transito per l'individuazione dei pianeti (eventi di soglia di transito o "threshold-crossing events" (TCE));
  4. Validava i dati dei candidati pianeti testandone la consistenza per eliminare i falsi positivi.

Il SOC valutava anche le prestazioni fotometriche su base continuativa e forniva i dati ottenuti al SO e al Mission Management Office. Infine il SOC sviluppava e manuteneva i database scientifici del progetto, inclusi i cataloghi e i dati processati. In ultimo luogo il SOC rimandava i prodotti dei dati calibrati e i risultati scientifici al DMC per l'archiviazione e distribuzione agli astronomi del mondo, attraverso il Multimission Archive at STScI (MAST). Kepler aveva un campo visivo fissato: il diagramma sulla destra mostra le coordinate celesti dell'area e come erano disposti i sensori della sua fotocamera, insieme alla posizione di alcune stelle brillanti. Il sito della missione forniva un calcolatore che determina se un dato oggetto ricade nel campo d'osservazione di Kepler e dove questo apparirebbe nei dati prodotti, in base anche al periodo di osservazione. I dati dei pianeti extrasolari candidati erano raccolti dal Kepler Follow-up Program, ai fini di condurre le osservazioni finali di conferma. Il campo visivo di Kepler copriva 115 gradi quadrati, circa lo 0,28% della volta celeste: sarebbero serviti quindi circa 400 telescopi come Kepler per coprirla interamente. Gli obiettivi scientifici di Kepler erano l'esplorazione della struttura e della diversità dei sistemi planetari. Il telescopio ha osservato quindi un campione di circa 140 000 stelle con i seguenti obiettivi chiave:

  • Determinare quanti pianeti terrestri e superterre esistono nella zona abitabile, anche chiamata Zona Goldilocks,[56] di una grande varietà di stelle.
  • Determinare l'intervallo di grandezza e forma delle orbite di tali pianeti.
  • Stimare quanti pianeti si trovano in sistemi stellari multipli.
  • Determinare l'intervallo di grandezza delle orbite, di luminosità, dimensioni, massa e densità dei gioviani caldi.
  • Identificare ulteriori membri di ciascun sistema scoperto tramite l'impiego di altre tecniche oltre al transito.
  • Determinare la proprietà delle stelle che ospitano sistemi planetari.

La gran parte dei pianeti extrasolari scoperti precedentemente alla messa in opera di Kepler dagli altri progetti erano pianeti giganti gassosi, in gran parte delle dimensioni di Giove o maggiori. Kepler era stato progettato apposta per trovare pianeti da 30 a 600 volte meno massicci, nell'ordine di grandezza della Terra (Giove è 318 volte più massiccio di essa). Il metodo utilizzato, quello del transito, consta nella osservazione ripetuta dei transiti dei pianeti di fronte alle loro stelle. Ciò causa una diminuzione della magnitudine apparente della stella, dell'ordine dello 0,01% per un pianeta grande come la Terra. L'entità della diminuzione di luminosità della stella permette di calcolare il raggio del pianeta, conoscendo quello stellare, mentre l'intervallo tra i transiti fornisce una misura diretta del periodo orbitale dell'oggetto. Da questo si possono calcolare le stime del semiasse maggiore dell'orbita, utilizzando la terza legge di Keplero, e della temperatura del pianeta. La probabilità che una orbita planetaria casuale cada lungo la linea di vista con la stella si ottiene dividendo il diametro della stella per quello dell'orbita. Per un pianeta terrestre che orbita a 1 UA dalla stella la probabilità di transitare di fronte a una stella simile al Sole è dello 0,465%, circa una su 215. A 0,72 UA (la distanza orbitale di Venere) la probabilità è leggermente maggiore, circa lo 0,65%. Questi ultimi sarebbero simili alla Terra se la stella ospite fosse più fredda del Sole, come Tau Ceti. Oltretutto siccome i pianeti in un dato sistema tendono ad orbitare su di un piano grossomodo comune, le probabilità di osservare sistemi multipli sono maggiori. Per esempio, se una missione simile a Kepler condotta da osservatori esterni osservasse la Terra transitare il Sole, ci sarebbe un 12% di possibilità che osservi anche i transiti di Venere. Il campo visivo di Kepler di 115 gradi quadrati forniva al telescopio molte più possibilità di rilevare pianeti terrestri rispetto a Hubble, che ha un campo visivo di soli 10 arcominuti quadrati. In più Kepler era dedicato al rilevamento di transiti planetari, mentre il telescopio Hubble è impiegato in una vasta gamma di osservazioni scientifiche e raramente osserva un campo stellare continuamente. Delle circa 500 000 stelle nel campo visivo di Kepler circa 140 000 sono state selezionate per lo studio, e sono state osservate simultaneamente, prendendo una misurazione di luminosità ogni 30 minuti. Ciò forniva probabilità maggiori di vedere un transito. La probabilità di 1/215 di osservare un pianeta terrestre orbitante a 1 UA transitare di fronte alla stella significa che, se tutte le stelle studiate possedessero lo stesso diametro del Sole e un pianeta terrestre di questo tipo, Kepler sarebbe stato in grado di scoprirne fino a circa 465. Se solo il 10% delle stelle possedesse un tale pianeta il numero di pianeti rilevabili scende a circa 46. La missione era quindi adatta a determinare la frequenza di questi pianeti terrestri di lungo periodo in orbita attorno ad altre stelle. Siccome servono almeno tre transiti per confermare la natura planetaria dei segnali osservati nella curva di luce della stella e siccome pianeti più grandi forniscono un segnale più facile da elaborare gli scienziati si aspettavano che i primi risultati fossero relativi a grandi pianeti gioviani in orbite molto strette, i cosiddetti gioviani caldi. Infatti i primi di questa categoria sono stati scoperti dopo solo pochi mesi di osservazione. Pianeti più piccoli o più lontani dalla stella hanno richiesto più tempo per essere confermati e la scoperta di questi non era attesa almeno nei primi tre anni di osservazioni. Quando il telescopio Kepler osservava un qualcosa di simile ad un transito era necessario valutare la possibilità che fosse un falso positivo con osservazioni successive, come la spettroscopia Doppler dalla Terra, prima della conferma definitiva. Nonostante Kepler fosse stato progettato per la fotometria, si è notato come sia stato anche in grado di eseguire misure di astrometria e tali misurazioni avessero potuto aiutare a confermare o escludere i candidati. In aggiunta ai transiti, i pianeti che orbitano attorno alle loro stelle mostrano una variazione nella quantità di luce riflessa, esattamente come la Luna e le sue fasi. Kepler non poteva risolvere i pianeti dalle stelle, ma ne osservava la luminosità combinata, che varia periodicamente ogni orbita del pianeta. Nonostante l'effetto sia piccolo anche per pianeti gioviani in orbite molto strette, comparabile alla precisione richiesta per un pianeta come la Terra, essi erano rilevabili da Kepler. Nel tempo questo metodo ha potuto aiutare a trovare persino più pianeti che con il transito, perché la luce riflessa in dipendenza dalla fase orbitale è in gran parte indipendente dall'inclinazione orbitale e non richiede che il pianeta passi di fronte al disco stellare. In più la funzione di fase di un pianeta gigante è anche funzione delle sue proprietà termiche e atmosferiche. Quindi la curva di fase può aiutare a dedurre altre proprietà planetarie, come la distribuzione e la dimensione delle particelle nell'atmosfera. In questo campo Kepler agisce come CoRoT. I dati raccolti da Kepler sono stati anche utilizzati per lo studio di stelle variabili di vari tipi e per la conduzione di studi di astrosismologia, particolarmente per stelle che mostrano oscillazioni simili a quelle solari. Come era atteso le prime scoperte sono state tutte di pianeti appartenenti alla classe dei gioviani caldi, pianeti grandi e molto vicini alla loro stelle, fattori che ne rendono l'individuazione più facile. Con il proseguire della missione si sono scoperti gradualmente i pianeti con periodi più lunghi e dimensioni minori. Il 6 agosto 2009 la NASA ha tenuto una conferenza per discutere i primi risultati della missione Kepler. A questa conferenza stampa è stato rivelato come Kepler avesse confermato l'esistenza del già conosciuto pianeta transitante HAT-P-7 b e che il telescopio funzionava bene ed era in grado di scoprire pianeti terrestri. Siccome la scoperta di pianeti da parte di Kepler dipende da cambi molto piccoli nella luminosità delle stelle, le stelle che sono di conto loro variabili non sono utili nella sua ricerca. Già dai primi pochi mesi di dati gli scienziati del team Kepler hanno scoperto che circa 7 500 delle stelle monitorate erano stelle variabili. Sono state quindi eliminate dalla lista degli obiettivi, per essere sostituite da nuove candidate. Il 4 novembre 2009 il progetto Kepler ha distribuito al pubblico le curve di luce delle stelle scartate. Il 4 gennaio 2010 gli scienziati del team di Kepler hanno annunciato alla convention della American Astronomical Society i primi risultati scientifici del telescopio spaziale. Nelle sole prime sei settimane di dati il telescopio ha individuato circa 100 candidati pianeti e ne ha effettivamente scoperti cinque, precedentemente sconosciuti e tutti molto vicini alle loro stelle. Il primo è simile a Nettuno come dimensioni e densità, rendendolo così un nettuniano caldo. Gli altri quattro sono invece dei gioviani caldi molto grandi (tra 1,3 e 1,5 RJ), tra cui Kepler-7 b che con una densità di 0,17 g/cm³, simile a quella del polistirene, era all'epoca il pianeta meno denso mai scoperto. Un articolo del 31 gennaio ha analizzato due candidati pianeti, KOI-74 e KOI-81, dalle insolite proprietà. I due oggetti infatti mostravano dai dati di avere temperature superficiali più elevate persino delle loro stelle, pur possedendo una massa substellare. Un articolo successivo, del 26 aprile ha mostrato che tali dati erano da spiegarsi con il fatto che i due oggetti sono delle nane bianche, prodotte da processi di trasferimento di massa in sistemi binari stretti. Il 15 giugno 2010 il team della missione ha distribuito al pubblico i dati di quasi tutte le circa 156 000 stelle studiate. In questi primi dati, che coprono solo 33,5 giorni, 706 stelle mostravano di possedere candidati esopianeti validi, con dimensioni che variavano da quelle della Terra a più grandi di Giove. Sono stati inoltre distribuiti i dati di 312 esopianeti in orbita attorno a 306 di queste candidate stelle:[74] tra di essi infatti figurano 5 sistemi multiplanetari, mentre è stato comunicato che i dati per le restanti 400 venivano trattenuti per ulteriori analisi e che sarebbero stati pubblicati nel febbraio dell'anno successivo[76] (vedi la sezione successiva). I risultati di Kepler quindi, in base alla lista dei candidati del 2010, implicavano che la gran parte dei pianeti scoperti possedessero un raggio medio pari a circa la metà di quello di Giove e che tra i pianeti dal periodo orbitale inferiore ai 30 giorni quelli più piccoli fossero molto più frequenti di quelli grandi. Ciò significa che le scoperte dalla Terra stavano campionando solo la coda di grande massa della distribuzione di tali pianeti di corto periodo. Ciò entrava in contraddizione con le teorie precedenti, secondo le quali i pianeti di piccole dimensioni e simili alla Terra fossero relativamente rari. Secondo i dati di Kepler infatti si poteva fare una prima stima realistica dei pianeti abitabili nella nostra galassia, risultata pari a circa 100 milioni. Il 2 febbraio 2011 il team di Kepler ha annunciato i risultati dell'analisi dei primi quattro mesi di dati, presi tra il 2 maggio e il 16 settembre 2009. Il team ha scoperto 1 235 candidati pianeti in orbita attorno a 997 stelle e analisi indipendenti indicano che almeno il 90% di questi potrebbero essere pianeti reali. I candidati si dividono in 68 pianeti di dimensioni terrestri, 288 superterrestri, 663 nettuniani, 165 gioviani e 19 fino a due volte più grandi di Giove. In contrasto con i lavori precedenti, all'incirca il 74% dei pianeti sono più piccoli di Nettuno, probabilmente perché i pianeti più grandi sono stati scoperti subito in quanto facilmente individuabili. Di questi 1 235 pianeti annunciati a febbraio ben 54 orbitano nella fascia abitabile delle loro stelle, inclusi 6 pianeti grandi meno di due volte la Terra. Questi sono KOI-326.01, KOI-701.03, KOI-268.01, KOI-1026.01, KOI-854.01 e KOI-70.03. Uno studio successivo ha mostrato come KOI-326.01 non sia in realtà di dimensioni terrestri. Prima di questa pubblicazione erano conosciuti solo due pianeti ritenuti orbitare nella fascia abitabile, quindi queste nuove scoperte hanno portato a un'enorme espansione del numero dei pianeti con tale caratteristica. Tutti i 54 candidati pianeti nella fascia abitabile scoperti orbitano attorno a stelle significativamente più piccole e fredde del Sole (candidati abitabili attorno a stelle simili al Sole richiederanno molti altri anni di raccolta dati per accumulare i tre transiti richiesti per la conferma). Basandosi su questi primi dati si è stimata la frequenza dei vari tipi di pianeti: il 5,4% delle stelle ospita pianeti di dimensione terrestre, il 6,8% ospita superterre, il 19,3% nettuniani e il 2,5% pianeti di dimensioni gioviane. I sistemi multiplanetari sono comuni: infatti il 17% delle stelle ospiti possiede sistemi con più candidati e il 33,9% di tutti i pianeti si trovano in sistemi multipli. Il 5 dicembre il team di Kepler ha annunciato una nuova release di dati, portando il numero di candidati planetari a 2326. Questi si dividono in 207 di dimensioni terrestri, 680 superterrestri, 1181 nettuniani, 203 gioviani e 55 più grandi di Giove. In confronto alla distribuzione dei pianeti annunciati a febbraio il numero delle terre e delle superterre è aumentato rispettivamente del 200% e del 140%. Invece i candidati in fascia abitabile si sono ridotti a 48, a seguito dell'adozione di criteri più stringenti. Il 20 dicembre il team Kepler ha annunciato la scoperta dei primi pianeti extrasolari di dimensioni terrestri, Kepler-20 e Kepler-20 f, in orbita attorno a una stella simile al Sole, Kepler-20. Basandosi sulle scoperte di Kepler, l'astronomo Seth Shostak ha stimato che "entro un migliaio di anni luce dalla Terra ci sono almeno 30 000 pianeti abitabili. Sempre in base alle scoperte il team di Kepler ha stimato che ci sono "almeno 50 miliardi di pianeti nella Via Lattea e che almeno 500 milioni di questi sono nella fascia abitabile". Nel marzo 2011 gli astronomi del Jet Propulsion Laboratory della NASA hanno affermato che "ci si aspetta che tra l'1,4% e il 2,7% di tutte le stelle simili al Sole ospiti pianeti simili alla Terra nelle rispettive fasce di abitabilità". Ciò significa che ci sono almeno "due miliardi" di pianeti simili alla Terra solo nella nostra Via Lattea. E considerando che ci sono almeno 50 miliardi di galassie nell'universo osservabile. il totale dei pianeti abitabili potenziali sale a 100 miliardi di miliardi. Tra i pianeti scoperti notevoli c'è il sistema di KOI-55, una stella morente i cui pianeti sono stati individuati non tramite transito ma utilizzando la luce riflessa dagli stessi e la sua variazione durante la loro orbita. Nel gennaio 2012 un team internazionale di astronomi ha comunicato che ogni stella della Via Lattea mediamente ospita almeno 1,6 pianeti e ciò implica che nella nostra sola galassia esistano oltre 160 miliardi di pianeti in sistemi planetari. Kepler nella sua attività di monitoraggio della luminosità delle stelle selezionate non solo ha registrato i transiti dei pianeti ma anche i brillamenti di queste stelle. Alcuni di questi brillamenti sono stati fino a 10 000 volte più potenti del più grande brillamento solare mai registrato, l'evento di Carrington nel 1859. Una spiegazione per tali superflare è che siano dovute all'interazione con dei pianeti gioviani caldi, molto massicci e vicini alla superficie della stella. Durante il 2012 la tecnica delle Transit Timing Variation (TTV), utilizzata per la conferma di Kepler-9 d, ha cominciato ad essere usata in modo estensivo, confermando sempre più pianeti tramite le analisi della perturbazione della periodicità dei transiti, dovute a pianeti non transitanti. Il 16 ottobre è stato scoperto il primo pianeta in un sistema stellare quadruplo, Kepler-64, ed è anche il primo pianeta individuato dal sito planet hunters. Nel 2012 il catalogo dei pianeti candidati ha subito solo un aggiornamento, senza notevoli espansioni, con l'eliminazione di 5 candidati (da 2326 a 2321). Il 7 gennaio 2013 il team della missione Kepler ha pubblicato una nuova versione del catalogo dei candidati, aggiungendone 461 ed eliminandone 42, facendo così salire il totale a 2 740 candidati in orbita attorno a 2 036 stelle. I candidati sono suddivisi in 351 pianeti di dimensione terrestre, 816 superterre, 1 290 nettuniani, 202 gioviani e 81 più grandi di Giove. Anche in questa release viene confermata la tendenza di quelle precedenti verso un aumento dei candidati più piccoli, in quanto le terre hanno visto un aumento del 43%, le superterre del 21%, mentre quelli maggiori hanno subito un aumento nettamente minore. Probabilmente perché più facili da vedere e ormai già tutti scoperti. Più il tempo passa più Kepler sarà in grado di confermare pianeti piccoli e con orbite molto larghe. Tra questi nuovi candidati spicca KOI-172.02, una superterra di poco più grande del nostro pianeta e nella fascia abitabile della sua stella, probabilmente il primo pianeta scoperto ad essere "un buon candidato per ospitare la vita extraterrestre". Il pianeta è stato successivamente confermato e inserito nella lista ufficiale come Kepler-69 c il 18 aprile, insieme ad altri due pianeti molto simili alla Terra, Kepler-62 e e Kepler-62 f. Uno studio degli astronomi del Caltech, sempre di gennaio, ha formulato una nuova stima dei pianeti presenti nella Via Lattea, portandola un valore compreso tra 100 e 400 miliardi. Lo studio è basato sul sistema di Kepler-32 e suggerisce che i sistemi multipli potrebbero essere la norma nella nostra galassia. Il 26 febbraio 2014 viene annunciata la scoperta, grazie ai dati di Kepler, di 715 nuovi pianeti intorno a 305 stelle; quattro di questi orbitano nella zona abitabile. Il 17 aprile viene annunciata la scoperta del pianeta più simile alla Terra finora scoperto a cui viene dato il nome di Kepler-186f. Questo è più grande del 10% rispetto al nostro pianeta ed orbita intorno ad una nana rossa distante circa 500 anni luce da noi. Il pianeta dista dalla sua stella circa 58 milioni di chilometri e compie un'orbita in 130 giorni. Tutti questi fattori hanno spinto i ricercatori della NASA ad ipotizzare che questo pianeta abbia le caratteristiche per mantenere l'acqua allo stato liquido in superficie, così da poter consentire la nascita della vita. L'8 gennaio 2015 viene annunciata la scoperta di due pianeti molto simili alla terra, denominati "Kepler-438 b" e "Kepler-442 b", che sono di dimensioni leggermente superiori alla Terra e si trovano rispettivamente a 475 e 1100 anni luce di distanza dal sistema solare; in particolare Kepler-438b potrebbe avere una superficie rocciosa e temperatura ideale per possedere acqua allo stato liquido, ed è stato definito dalla NASA il pianeta più simile alla terra mai scoperto. Il 26 gennaio viene data notizia dalla NASA della scoperta di un sistema costituito da 5 pianeti rocciosi di dimensione inferiori a Venere, attorno alla nana arancione Kepler-444, la cui età è stata stimata in 11,2 miliardi di anni (l'80% dell'età dell'universo). Il 23 luglio viene annunciata ufficialmente la scoperta dalla NASA del pianeta Kepler-452 b. Si tratta di un esopianeta che orbita attorno a Kepler-452, una stella di classe G nella costellazione del Cigno, distante 1400 anni luce dal sistema solare. Il pianeta è il primo oggetto dalle dimensioni simili a quelle terrestri ad essere stato scoperto orbitante nella zona abitabile di una stella molto simile al Sole. Il pianeta impiega circa 385 giorni terrestri per eseguire una rivoluzione, è più grande e si è formato prima del nostro pianeta. A giugno 2017 la NASA ha pubblicato un aggiornamento del catalogo planetario dei pianeti osservati da Kepler, con 219 nuovi pianeti candidati, dieci dei quali di dimensioni simili alla Terra ed orbitanti nella relativa fascia di abitabilità. A seguito di tale aggiornamento, l'ottavo della missione e l'ultimo che caratterizza la costellazione del Cigno, son stati identificati 4034 esopianeti candidati. A giugno 2017 la NASA ha pubblicato un aggiornamento del catalogo planetario dei pianeti osservati da Kepler, con 219 nuovi pianeti candidati, dieci dei quali di dimensioni simili alla Terra ed orbitanti nella relativa fascia di abitabilità. A seguito di tale aggiornamento, l'ottavo della missione e l'ultimo che caratterizza la costellazione del Cigno, son stati identificati 4034 esopianeti candidati. A marzo 2018 è stato dichiarata la scarsità del propellente (Idrazina) che alimentava i propulsori e consentiva alle ruote di reazione di puntare il satellite. Poiché Kepler non era in un'orbita pericolosa per eventuali cadute sulla Terra o su corpi del sistema solare con conseguente rischio contaminazione, la missione è stata sfruttata sino ad esaurimento del combustibile Il 6 luglio 2018 la NASA ha dichiarato di avere posto il telescopio in uno stato di ibernazione al fine di potere orientare il telescopio verso la Terra per poter scaricare gli ultimi dati acquisiti con la 18 esima campagna osservativa. La missione è stata conclusa il 30 ottobre 2018 con comunicato della NASA in cui è avvenuta la conferma che il carburante era esaurito.


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