Nemesis

La maggior parte dei sistemi planetari sono binari (formati da due stelle) o addirittura ternari (tre stelle). Il nostro Sistema solare sembra fare eccezione ma c'è chi dice il contrario. Nel sistema solare potrebbero esserci due stelle: il Sole e un'altra, molto fredda e piccola: Nemesis! E' possibile l'esistenza di una seconda stella nel nostro quartiere cosmico? E se sì... perché non la vediamo? Seguiteci su Eagle sera per conoscere le risposte!


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Pianeti nani

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Messaggi dei lettori

Prima di cominciare a parlare dell'argomento di oggi, Eagle sera vuole rispondere ad una domanda fatta da due lettori.

Giusy & Alex da Bolzano (che salutiamo con gioia) ci hanno chiesto se esiste un cartaceo di Eagle sera. La risposta è no: esiste solo la versione online del nostro giornale. Abbiamo adottato questa politica perché la pubblicazione online ci permette di modificare e migliorare il nostro periodico in tempo reale, di lavorare ogni momento, in qualsiasi luogo. Possiamo anche pubblicare file multimediali (video, animazioni...) che altrimenti non potreste visualaizzare. Proprio per questi motivi noi della redazione abbiamo deciso di dedicarci esclusivamente alla pubblicazione online.

Saluti a Giusy & Alex da Bolzano

⚠Attenzione⚠: se volete che Eagle sera risponda via mail dovete scriverci il vostro indirizzo di posta elettronica.

Nane brune

Prima di parlare di Nemesis dobbiamo dire due parole sulle nane brune.

Lo stesso argomento nel dettaglio: nane brune

Le nane brune sono un tipo particolare di oggetto celeste, aventi una massa più grande di quella di un pianeta, ma più piccola della massa del Sole, pari al 7,5-8% della stessa, corrispondente a 75-80 MJ (masse gioviane), che è considerata la massa minima perché abbia luogo la fusione dell'idrogeno-1 propria delle stelle. Di conseguenza nelle nane brune NON PUO' AVVENIRE LA FUSIONE TERMO-NUCLEARE. Perciò queste stelle sono piccole, fredde e scure. Il limite minimo che separa i giganti gassosi massicci e le sub-nane brune dalle nane brune è di circa 13 MJ, limite superato il quale avviene la fusione del deuterio, mentre oltre le ~65 MJ avviene anche la fusione del litio. Nei primi stadi della loro vita, la maggior parte delle nane brune genera un po' di energia grazie alla fusione del litio e del deuterio, elementi molto più facili da fondere dell'idrogeno-1 e che sono infatti assenti nelle stelle normali, che li consumano in tempi molto brevi. La presenza del litio è pertanto un forte indizio che un oggetto di piccola massa sia una nana bruna. Un'altra fonte di energia è costituita dalla lenta contrazione della nana bruna, che in tal modo si riscalda sfruttando il meccanismo di Kelvin-Helmholtz. Le nane brune sono suddivise in base alla loro classificazione spettrale: le principali classi utilizzate sono M, L, T e Y, ove nella classe M sono raccolte le più calde e nella classe Y le più fredde. Nonostante il loro nome, la maggior parte delle nane brune apparirebbe di colore rossastro all'occhio umano. La più vicina nana bruna scoperta è WISE 1049-5319, distante 6,5 anni luce. Si tratta in realtà di un sistema binario di nane brune, individuato nel 2013. Esistono ben cinque scenari su come possa formarsi una nana bruna:

  • potrebbero formarsi, come le stelle, per il collasso gravitazionale di nubi molecolari di gas nello spazio interstellare, che hanno tuttavia massa insufficiente (<0,08 M☉) per innescare reazioni di fusione nucleare al loro interno. Poiché nubi di tale massa raramente raggiungono la densità necessaria per collassare gravitazionalmente, sembra che processi di formazione di questo tipo si verifichino raramente.
  • potrebbero essere il frutto della frammentazione di nuclei protostellari di grande massa, che, essendo instabili, si dividerebbero in due o più nuclei di dimensioni più piccole. Alcuni di questi nuclei potrebbero avere dimensioni troppo modeste per innescare la fusione dell'idrogeno.
  • potrebbero iniziare la loro esistenza come pianeti di grande massa all'interno di dischi protoplanetari e poi venire espulse in una fase successiva di sviluppo del sistema in seguito alla frammentazione del disco.
  • potrebbero iniziare la loro esistenza come nuclei di future normali stelle all'interno di dischi di accrescimento, ma essere in seguito espulse e separate dal disco stesso prima di raggiungere le condizioni atte a innescare la fusione termonucleare.
  • potrebbero iniziare la loro esistenza come normali nuclei di dischi di accrescimento protostellari all'interno di grandi associazioni OB. Le radiazioni ionizzanti di una o più stelle O o B vicine, tuttavia, potrebbero erodere i dischi prima che l'oggetto centrale possa accumulare massa sufficiente per innescare la fusione dell'idrogeno.

Intorno alle nane brune sono stati osservati dischi protoplanetari che sembrano avere le stesse caratteristiche dei dischi protoplanetari orbitanti intorno alle stelle. Date le piccole dimensioni dei dischi di accrescimento attorno alle nane brune, è più probabile lo sviluppo di pianeti di tipo terrestre piuttosto che di giganti gassosi; inoltre, data la vicinanza alla nana bruna, gli effetti mareali su tali pianeti dovrebbero essere molto intensi. Se un pianeta gigante in orbita attorno a una nana bruna si trovasse sulla stessa linea di vista della nana bruna, il suo transito dovrebbe essere facilmente rilevabile, dato che i due corpi avrebbero approssimativamente lo stesso diametro. Il primo esopianeta scoperto in orbita intorno a una nana bruna è stato 2M1207 b, osservato per la prima volta nel 2005 presso l'European Southern Observatory. La sua massa è compresa fra 3 e 7 MJ, il che esclude che sia a sua volta una nana bruna. Un altro esempio è 2MASS J044144, una nana bruna di 20 MJ, intorno alla quale orbita un compagno di massa planetaria di 5-10 MJ. Tuttavia questi esopianeti potrebbero non essersi formati a partire da un disco di accrescimento protoplanetario, ma dalla frammentazione e dal collasso gravitazionale della nube di gas da cui ha avuto origine anche la nana bruna. Ciò è deducibile dalle grandi masse possedute da questi compagni, dalle loro orbite molto larghe e dai tempi di formazione del sistema, che si stima siano stati relativamente brevi. Quindi, almeno secondo alcune definizioni, questi oggetti non sarebbero propriamente pianeti, ma sub-nane brune. Tuttavia nel 2012 è stato osservato il primo oggetto indiscutibilmente classificabile come pianeta intorno a una nana bruna: si tratta di OGLE-2012-BLG-0358Lb, un corpo di (1,9 ± 0,2) MJ orbitante alla distanza di ~0,87 au dalla nana bruna OGLE-2012-BLG-0358L di massa 0,022 M⊙. La piccola distanza e il piccolo rapporto fra le masse dei due oggetti (0,080 ± 0,001) fa pensare che il compagno si sia formato in un disco protoplanetario intorno alla nana bruna. Nel 1963 Shiv Kumar avanzò per primo l'ipotesi che il processo di formazione stellare potesse portare alla comparsa di oggetti che non raggiungono, a causa della loro piccola massa, la temperatura necessaria per la fusione dell'idrogeno. Inizialmente furono chiamati nane nere, una denominazione che voleva indicare oggetti substellari scuri che fluttuano liberamente nello spazio e che avevano troppa poca massa per sostenere la fusione stabile dell'idrogeno. Nomi alternativi erano planetar e substella. La denominazione di nana bruna fu proposta per la prima volta nel 1975 da Jill Tarter. Le prime teorie sulla natura di questi oggetti suggerivano che gli oggetti di Popolazione I aventi una massa inferiore a 0,07 M☉ e gli oggetti di popolazione II aventi una massa inferiore a 0,09 M☉ non sarebbero mai evoluti come normali stelle e sarebbero diventati stelle degeneri. Solo alla fine degli anni ottanta si cominciò a comprendere che corpi aventi una massa superiore a circa 0,013 M☉ erano in grado di fondere il deuterio. Tuttavia, la strumentazione allora disponibile non permetteva l'individuazione di questi corpi celesti, i quali emettono una debolissima luce nel visibile. Essi infatti emettono la maggior parte della radiazione nell'infrarosso, ma in quegli anni i rivelatori terrestri di IR erano troppo imprecisi per identificare le nane brune. Da allora sono stati tentati svariati metodi per la ricerca di questi oggetti. Uno di essi consiste nello scrutare il cielo nei pressi di stelle visibili: poiché più della metà delle stelle esistenti sono sistemi binari ci si può aspettare che la compagna di alcune di esse sia una nana bruna. Inoltre, l'osservazione visiva della nana bruna non è in questi casi necessaria, ma è sufficiente il rilevamento della loro presenza mediante il metodo delle velocità radiali. Un altro metodo consiste nell'osservazione degli ammassi stellari: poiché nelle prime fasi della loro esistenza le nane brune sono relativamente più luminose a causa della fusione del deuterio e poiché gli ammassi stellari sono formazioni relativamente giovani, si può sperare di osservare fra gli oggetti più deboli e rossi degli ammassi anche delle nane brune. Un terzo metodo consiste nel fatto che anche le stelle di massa più piccola bruciano il litio entro 100 milioni di anni dalla loro formazione, mentre le nane brune aventi massa inferiore a 0,06 M☉ non lo bruciano mai. La presenza di litio nello spettro di un corpo costituisce quindi un'evidenza che si tratti di una nana bruna. Nonostante molteplici tentativi, gli sforzi per rilevare nane brune furono inizialmente frustranti e fallimentari. Nel 1988, tuttavia, i professori Eric Becklin e Ben Zuckerman della UCLA individuarono una debole compagna della nana bianca GD 165, alla distanza di 120 au dalla principale. Lo spettro di GD 165 B mostrava picchi di radiazione molto spostati verso l'infrarosso. Divenne chiaro che GD 165 B era un oggetto più freddo rispetto alla nana rossa meno calda fino ad allora conosciuta, avendo una temperatura superficiale di 2100 K. Non fu subito chiaro se GD 165 B fosse una stella di massa molto piccola oppure una nana bruna. Successivamente si scoprì che, benché la massa di GD 165 B sia vicina a quella di transizione fra le nane brune e le stelle, essa è probabilmente una nana bruna. Per alcuni anni GD 165 B è rimasto l'unico oggetto scoperto aventi le sue peculiari caratteristiche. Nel 1995 tuttavia venne identificato un oggetto le cui proprietà permettevano di classificarlo senza dubbio come una nana bruna. Si trattava di Teide 1, la cui scoperta fu annunciata da un articolo pubblicato sulla rivista Nature il 14 settembre 1995. Questo oggetto fu osservato nell'ammasso delle Pleiadi nel gennaio 1994 tramite le immagini raccolte da un team dell'Instituto de Astrofísica de Canarias, che utilizzò un telescopio di 80 cm; successivamente, il suo spettro fu rilevato tramite il William Herschel Telescope di 4,2 m situato a Roque de los Muchachos (Las Palmas). Nel novembre 1995 Teide 1 fu poi osservata tramite i Telescopi Keck situati nelle isole Hawaii. Lo spettro ricavato tramite questo telescopio e il fatto che la distanza e l'età delle Pleiadi siano conosciuti ha permesso di determinare che la massa di Teide 1 è di circa 55 MJ, ben al di sotto del limite che divide le stelle dalle nane brune. Inoltre, nello spettro dell'oggetto è stata identificata la linea a 670,8 nm del litio, indice del fatto che all'interno del suo nucleo non sono avvenute reazioni termonucleari di fusione dell'idrogeno. La temperatura superficiale di Teide 1 si aggira intorno ai 2600 K[16]. Nel 1999, con l'avvento del 2MASS, il team guidato da J. Davy Kirkpatrick scoprì diversi altri oggetti aventi caratteristiche simili a quelle di GD 165 B e di Teide 1, che vennero raccolti in una nuova classe spettrale, avente la sigla "L". Nel frattempo però era stato osservato un oggetto con una temperatura superficiale ancora minore di quella di GD 165 B e di Teide 1: si trattava di Gliese 229 B, la cui scoperta fu annunciata il 1º dicembre 1995 tramite un articolo pubblicato sulla rivista Science. Gliese 229 B è la compagna della nana rossa Gliese 229 A e presenta linee di assorbimento del metano a 2 μm, il che implica una temperatura superficiale inferiore a 1300 K. La linea del metano era fino ad allora stata osservata solo nell'atmosfera di pianeti giganti gassosi e nell'atmosfera di una delle lune di Saturno, Titano. La comparsa di tale linea non è dunque prevista alle temperature delle stelle di sequenza principale. Inoltre ci sono indicazioni della presenza di vapore acqueo nell'atmosfera di Gliese 229 B. Poiché la nana bruna ha una grande separazione dalla primaria, la sua orbita non è stata ancora definita e quindi la sua massa è tuttora incerta. Essa comunque dovrebbe essere compresa fra 30 e 55 MJ. Gliese 229 B è considerata il prototipo delle nane brune di classe spettrale T, aventi temperatura superficiale minore di quelle di classe L. Dopo queste prime scoperte, le identificazioni di nane brune si sono moltiplicate. Alla fine del 2012 erano conosciute 1812 nane brune. Alcune di esse sono relativamente vicine alla Terra come la coppia ε Indi Ba e Bb, due nane brune gravitazionalmente legate fra loro orbitanti intorno a una stella distante 12 anni luce dal sistema solare, o come WISE 1049-5319, un sistema binario di nane brune distante 6,5 anni luce. Le nane brune hanno più o meno tutte lo stesso raggio. Ciò è dovuto al fatto che la pressione esercitata dagli elettroni degenerati è indipendente dalla temperatura e dipendente solo dalla massa. In particolare, il raggio è inversamente proporzionale alla radice cubica della massa. Ne consegue che le nane brune più massicce hanno un raggio che è circa 40% minore di quelle di massa più piccola. Le dimensioni tipiche di una nana bruna sono paragonabili a quelle di Giove. In realtà, la differenza di raggio fra le diverse nane brune è ancora minore. Infatti il nucleo di una nana bruna è sufficientemente caldo perché l'energia cinetica degli elettroni e degli ioni eserciti un'ulteriore pressione, che si aggiunge a quella degli elettroni degenerati. Poiché le nane brune di grande massa si raffreddano più lentamente di quelle di piccola massa, la pressione ulteriore esercitata dal moto delle particelle del nucleo è generalmente maggiore nelle nane brune di grande massa. Questo riduce la differenza di raggio fra le nane brune più massicce e quelle meno massicce al 25%. Come le stelle di massa più piccola (M<0,4 M☉), le nane brune hanno interni totalmente convettivi: ciò significa che il trasporto dell'energia dal nucleo agli strati atmosferici avviene esclusivamente tramite moti convettivi. Tuttavia, nelle nane brune più vecchie, la temperatura delle zone interne dell'astro scende in modo sufficiente da permettere la creazione di un nucleo conduttivo. Nelle prime fasi della sua esistenza una nana bruna, come una protostella, diminuisce il suo raggio. La temperatura del suo nucleo cresce in maniera inversamente proporzionale al raggio stesso. Quando la pressione degli elettroni degenerati diviene dominante, la contrazione si arresta e, conseguentemente, la temperatura del nucleo e quella superficiale non subiscono ulteriori aumenti. La temperatura raggiunta al momento dell'arresto della contrazione è quindi la temperatura massima che la nana bruna raggiungerà nel corso della sua esistenza. Il processo di contrazione può durare fra i 300 milioni di anni per le nane brune più massicce (comparabile al tempo che una protostella di piccola massa impiega per entrare nella sequenza principale) e i 10 milioni di anni per quelle meno massicce. Le temperature raggiunte dal nucleo dopo la contrazione iniziale possono variare da alcuni milioni di K per le nane brune più massicce a mezzo milione di K per quelle meno massicce. A questo punto la nana bruna comincia a raffreddarsi lentamente. Inizialmente la temperatura interna viene sostenuta dalla fusione del deuterio e, per le nane brune più massicce, anche dalla fusione del litio. Il processo di raffreddamento viene accelerato dopo l'esaurimento del deuterio e del litio. Questo avviene dopo circa 5 miliardi di anni per le nane brune più massicce, ma dopo solo 100 milioni di anni per quelle meno massicce. La progressiva diminuzione della temperatura del nucleo fa diminuire lentamente anche la temperatura superficiale di una nana bruna. Pertanto, mentre le stelle, una volta entrate nella sequenza principale, mantengono più o meno la loro classe spettrale per gran parte della loro esistenza, le nane brune mutano la loro classe spettrale mano a mano che la temperatura delle loro atmosfere diminuisce. Per esempio, una nana bruna di grande massa inizia la sua esistenza con una temperatura atmosferica vicina ai 3000 K, dunque come un oggetto appartenente alle ultime sottoclassi della classe spettrale M. Dopo circa 100 milioni di anni dalla formazione la sua temperatura superficiale comincia a diminuire e dopo un miliardo di anni essa si attesta intorno ai 2000 K: la nana bruna diventa quindi un oggetto di classe spettrale L. Dopo 10 miliardi di anni la temperatura superficiale raggiunge i 1500 K. Le nane brune di massa più piccola si raffreddano più rapidamente: dopo 100 milioni di anni dalla loro nascita hanno una temperatura superficiale di 1500 K, mentre dopo un miliardo di anni hanno un temperatura inferiore ai 1000 K e diventano in tal modo oggetti di classe spettrale T. Dato che, per la legge di Stefan-Boltzmann, la luminosità di un corpo è proporzionale alla quarta potenza della sua temperatura, la luminosità di una nana bruna cala progressivamente al calare della sua temperatura. Dato che le nane brune massicce si raffreddano più lentamente, esse saranno in generale più facilmente osservabili di quelle meno massicce in quanto saranno in genere più luminose.

Quanto sono lontane le nane brune? Per saperlo clicca sul bottone sottostante e scarica il nostro file Excel dove trattiamo questo argomento.


Adesso che abbiamo ripassato il concetto di nana bruna possiamo trattare del vero protagonista di quest'articolo: Nemesis!


Nemesis

Nemesis è un oggetto astronomico ipotetico, più precisamente una stella nana rossa o nana bruna, in orbita intorno al Sole a una distanza da (circa) 50 000 a 100000 au, poco oltre la Nube di Oort. L'esistenza di questa stella è stata postulata in origine come una possibile spiegazione dei cicli di estinzioni di massa nella storia della Terra. Nel 1984 i paleontologi David Raup e Jack Sepkoski pubblicarono un articolo sostenendo di aver individuato una periodicità statistica nelle estinzioni di massa avvenute nel corso degli ultimi 250 milioni di anni, utilizzando diverse forme di analisi delle serie temporali. I due autori incentrarono l'estinzione sull'intensità di famiglie di fossili di vertebrati marini, invertebrati e protozoi, individuando 12 eventi di estinzione nel periodo di tempo preso in considerazione. L'intervallo di tempo medio fra gli eventi di estinzione era stimato sui 26 milioni di anni. A tutt'oggi, due degli eventi di estinzione individuati (Cretaceo-Terziario e Tardo Eocene) potrebbero essere messi in relazione a eventi di grande impatto. Sebbene Raup e Sepkoski non fossero riusciti a identificare le cause delle loro presunte periodicità, supposero che questi eventi potessero avere una connessione non-terrestre. La sfida di individuare un meccanismo di tipo non-terrestre è stata affrontata da diversi astronomi. Due squadre di astronomi (Whitmire & Jackson e la squadra Davis, Hut e Muller) hanno pubblicato nel 1984, indipendentemente, ipotesi simili per spiegare le estinzioni di massa avanzate da Raup e Sepkoski nella rivista Nature. Una di queste ipotesi propone che il sole potrebbe avere una stella compagna non ancora definita, in un'orbita ellittica molto ampia, la quale, periodicamente, disturberebbe la Nube di Oort, causando un incremento del numero di comete in viaggio verso il centro del nostro Sistema solare con un conseguente incremento di eventuali impatti sulla Terra. Questa ipotetica stella prende il nome di Nemesis o, come fu prontamente ribattezzata dai media,Death Star ("Stella della morte", in inglese il nome della Morte Nera di Guerre stellari). Ammessa l'esistenza di tale stella, l'esatta natura di Nemesis è ancora incerta. Richard A. Muller suggerisce che molto probabilmente l'oggetto sia una nana rossa con una magnitudine tra 7 e 12; mentre Daniel P. Whitmire e Albert A. Jackson sostengono che essa sia una nana bruna. Da precedenti studi sulle stelle di tipo solare, era emerso che l'84% di esse fa parte di un sistema binario. Muller, che all'epoca lavorava presso il telescopio del Leuschner Observatory al Lawrence Berkeley National Laboratory, diede incarico di individuare Nemesis all'astrofisico Saul Perlmutter che nel 1986 terminò la tesi "Ricerca astronomica di una compagna stellare del Sole" senza poterne confermare l'esistenza. L'ultimo grande evento di estinzione è stato (circa) 5 milioni di anni fa, così Muller stima la distanza di Nemesis da noi a circa 1-1 al identificando la posizione della stella nella porzione di cielo occupata dalla costellazione dell'Idra: idea basata su una supposta orbita, derivata dall'osservazione dei lunghi periodi atipici delle comete che descrivono un arco orbitale incontrando le specifiche delle ipotesi di Muller. Se Nemesis esistesse potrebbe essere rilevata da telescopi astronomici di nuova generazione e se fosse una nana bruna, come proposto dal Dr. Dan Whitmire e Albert A. Jackson IV, allora la missione WISE (iniziatasi il 14 dicembre 2009) potrebbe trovarla facilmente. Matese e Whitman hanno suggerito che l'ipotetica estinzione periodica potrebbe essere causata dall'oscillazione del Sistema Solare attraverso il piano della Via Lattea. Queste oscillazioni possono condurre a disturbi gravitazionali nella nube di Oort con le stesse conseguenze proposte dalla possibile orbita di Nemesis. Comunque, il periodo di oscillazione non è ben osservabile e potrebbe differire dai 26 milioni di anni (necessari alla teoria) fino al 40% in più. Dal 2000 in poi sono stati osservati dei planetoidi (oltre l'orbita di Nettuno), come (148209) 2000 CR105, aventi un'orbita ellittica molto accentuata e un elevato valore del perielio tale da fare escludere l'influenza di Nettuno su questi planetoidi. In questi casi, in genere, si invoca la remota possibilità del passaggio di giganti gassosi o di stelle nell'estrema periferia del Sistema Solare (nel nostro caso potrebbe coincidere con Nemesis). Nemesis ha iniziato ad influenzare anche la letteratura: Isaac Aimov, scrittore di fantascienza ha dedicato a questa stella un libro. Vi sono alcune inesattezze scientifiche (le catastrofi provocate dalla nana bruna -o nana rossa, non lo sappiamo ancora- vengono esagerate e la stella non viene descritta come compagna del sole) ma, quando parliamo di Nemesis si tratta comunque di un argomento interessante. Il nome Nemesis deriva da quello della dea greca Nemesi. Nemesi (in greco antico: Nέμεσις, Némesis) è una dea della mitologia greca, secondo alcuni figlia di Zeus, secondo altri figlia di Oceano e Notte e poi posseduta dallo stesso Zeus nel tempio di Ramnunte: genera un uovo che viene raccolto e consegnato a Leda e da cui usciranno Elena e i Dioscuri. Il nome deriva dal greco νέμεσις (némesis), νέμω (némō, "distribuire"), dalla radice indoeuropea nem- nella mitologia greca, e fu il nome della dea "Distribuzione della Giustizia"; la giustizia intesa come codice giuridico era invece attribuita alla dea Diche. Nemesi provvedeva soprattutto a metter giustizia ai delitti irrisolti o impuniti, distribuendo e irrogando gioia o dolore a seconda di quanto era giusto, perseguitando soprattutto i malvagi e gli ingrati alla sorte. Non esiste una dea corrispettiva nella Religione romana che invece ereditò l'ora Diche come dea della giurisdizione, l'attuale Iustitia con la benda sugli occhi e la bilancia in mano, tuttavia i Romani dedicarono a Nemesi un'ara sul Campidoglio dove i soldati erano soliti deporre una spada prima di partire per la guerra.

Nemesis: nuove scoperte

Ricostruzione computerizzata di Nemesis

Ricercatori dell'Università della California (Berkeley) e dell'Università di Harvard hanno dimostrato con un modello matematico che tutte le stelle nascerebbero in sistemi binari o multipli, di conseguenza anche il nostro Sole dovrebbe aver avuto il suo gemello. Gli studiosi, coordinati dal fisico teorico Steven Stahler e dalla radioastronoma Sarah Sadavoy, che segue Hubble per conto della NASA presso il prestigioso Smithsonian Astrophysical Observatory, hanno in pratica rispolverato la teoria di Nemesis, il gemello 'cattivo' del Sole che ciclicamente - ogni 27 milioni di anni - si ripresenterebbe ai margini del Sistema solare. La stella viene chiamata in questo modo poco lusinghiero poiché, in base ad alcuni studi, molti dei quali condotti verso la fine degli anni '80, a causa della forza gravitazionale si porterebbe dietro pericolose comete in grado di bersagliare i pianeti del Sistema solare, compresa la nostra Terra. Benché non vi siano evidenze dirette, Nemesis sarebbe responsabile delle estinzioni di massa osservate sul nostro pianeta, che si presentano con un inquietante ciclo periodico. I dinosauri non aviani e altri gruppi di animali, 64 milioni di anni fa, nel tardo Cretaceo, sarebbero estinti proprio a causa di un asteroide "trasportato" da Nemesi. Ma torniamo allo studio che ha ridato linfa vitale a questa suggestiva teoria. Gli studiosi hanno determinato la nascita non solitaria delle stelle grazie allo studio della nube molecolare di Perseo, considerata una vera e propria culla per stelle in formazione. Attraverso la missione VANDAM sono state censite diverse giovani stelle di classe 0 (con meno di 500mila anni) e quelle di classe 1 (con meno di un milione di anni) all'interno della nube, che si trova a 600 anni luce da noi. Combinando questi dati con altre osservazioni, i ricercatori hanno individuato 45 stelle solitarie, 19 sistemi binari e 5 sistemi multipli. Dall'analisi delle distanze, delle posizioni e della distribuzione delle stelle, attraverso un modello matematico Sadavoy e colleghi sono giunti alla conclusione che esse sono nate tutte da sistemi binari o multipli. "Le stelle di tipo solare non sono primordiali - ha sottolineato il professor Stahler - ma sono il risultato della rottura dei sistemi binari". In base alle stime, attualmente il gemello del Sole dovrebbe trovarsi a una distanza di tre giorni luce, ovvero circa 500UA (unità astronomiche, la distanza tra Terra e Sole), nascosto da qualche parte nel cuore della Via Lattea. Sebbene venga definito gemello, Nemesis potrebbe essere una debole nana bruna, ridotto in questa situazione proprio dal Sole che, durante le fasi accrescimento, gli avrebbe strappato la maggior parte di polveri e gas. Le prove della sua esistenza, come specificato, non sono mai state trovare, tuttavia alcuni pensano che possano essere lette nella curiosa orbita del pianeta nano Senda, influenzata dalla forza gravitazionale di un misterioso oggetto celeste. I dettagli della ricerca sono stati divulgati su arXiv.org e sono in attesa di pubblicazione sull'autorevole rivista scientifica Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.

Indizi a favore di Nemesis

Steven Stahler, astronomo dell'Università di Berkeley, e Sarah Sadavoy, collega dell'università di Harvard, a seguito di una ricerca effettuata su una nube molecolare (un tipo di nube interstellare in cui la densità e la temperatura permettono la formazione di molecole di idrogeno a partire da singoli atomi di idrogeno) nella costellazione di Perseo hanno portato alla luce nuovi elementi che confermerebbero la possibile esistenza di Nemesis, l'ipotizzata stella gemella del nostro Sole. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica della Royal Astronomical Society. La ricerca dei due astronomi si è basata sullo studio dei dati relativi alla Nube di Perseo, un'enorme nube di gas e polveri a circa 600 anni luce dalla Terra, raccolti tra il 2013 e il 2015 attraverso il Very Large Array, il raggruppamento di radiotelescopi situato nel Nuovo Messico, che ha consentito di fotografare le formazioni stellari all'interno della nube. Stahler e Sadavoy, unendo questi dati con quelli emersi da un altro studio relativo alla Cintura di Gould (un anello parziale di stelle che si estende per circa 3000 anni luce), attraverso dei modelli matematici hanno effettuato un vero e proprio censimento delle stelle singole e doppie di Perseo, accertando che c'erano cinquantacinque giovani stelle di cui quarantacinque sono stelle solitarie, diciannove i sistemi binari e cinque quelli multipli. La ricerca si è focalizzata sulle stelle di piccola massa - come il Sole o più piccole - per capire se è normale che due o più stelle nascano assieme, formando di conseguenza sistemi binari o multipli. Nel corso dei decenni, infatti, le osservazioni astronomiche hanno mostrato che i sistemi formati da due o più stelle sono molto comuni, soprattutto tra stelle di massa grande. Per molto tempo, quindi, gli studiosi si sono domandati se si fossero generati così o se si trattasse di stelle nate separatamente e unite da attrazione gravitazionale solo in seguito. Grazie a questa ricerca, i due astronomi sono arrivati alla conclusione che tutte le stelle di massa piccola, quindi simili al Sole, sono nate in sistemi binari o multipli dai quali si sono separate nel 60 percento dei casi. Ne consegue che è altamente probabile, quindi, che anche il nostro Sole sia nato con almeno una stella gemella, quella Nemesis di cui si ipotizza l'esistenza da una trentina d'anni e che dovrebbe trovarsi, secondo alcune stime, a circa 500 UA (Unità Astronomiche, cioè la distanza Terra-Sole) dal Sole. Ovviamente si tratta solo di "prove indiziarie" e saranno necessari ulteriori studi su altre nubi per poter verificare la reale efficacia del modello matematico, ma intanto le suggestioni sulla gemella del Sole sono tornate alla ribalta. Per capire quando e in che contesto nasce l'ipotesi di questa stella gemella e del perché del suo nefasto nome, facciamo un salto indietro nel tempo fino al 1984. In quell'anno, infatti, i paleontologi David Raup e Jack Sepkoski pubblicarono uno studio in cui sostenevano di aver individuato una periodicità statistica delle estinzioni di massa avvenute nel corso degli ultimi 250 milioni di anni, che si susseguivano con un intervallo di 26 milioni di anni. Diversi astronomi cercarono una spiegazione non-terrestre a questa ciclicità e una di queste ipotesi proponeva che il sole avesse una stella compagna - probabilmente una nana bruna - in un'orbita ellittica molto ampia. Il periodico passaggio di questa stella disturberebbe la Nube di Oort (una nube sferica di comete situata a 20.000 UA dal Sole) causando un incremento del numero di comete in viaggio verso il centro del nostro Sistema solare. Ovviamente ciò comporterebbe un cospicuo incremento di eventuali impatti sulla Terra che sarebbero quindi la causa delle estinzioni di massa. A causa della sua "malvagità" fu dato alla stella il nome di Nemesis, e i media la ribattezzarono prontamente Stella della morte.


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