Le stelle binarie

Un sistema solare binario (rappresentazione artistica)

Quando pensiamo al concetto di sistema planetario immaginiamo sempre una serie di pianeti orbitanti attorno ad un'unica stella: oggi sappiamo, però, che moltissimi sistemi solari alieni hanno più stelle, sono multipli. Comunissimi quelli binari con due stelle, ma non mancano quelli ternari, con tre stelle. Seguici su Eagle sera per approfondire la conoscenza di questi sistemi esotici.



Sistemi binari

Si definisce stella binaria un sistema stellare formato da due stelle che orbitano intorno al loro comune centro di massa; la stella più luminosa viene chiamata primaria, mentre l'altra viene chiamata compagna o secondaria. Le osservazioni compiute sin dall'Ottocento fanno pensare che siano molte le stelle a far parte di sistemi binari o di sistemi multipli, composti da più di due stelle. Il termine stella doppia è a volte utilizzato quale sinonimo di stella binaria, ma talvolta indica sia le stelle binarie fisicamente legate fra loro sia le binarie ottiche, ovvero coppie di stelle che appaiono vicine se osservate dalla Terra, ma che non hanno alcun legame gravitazionale fra loro. Si può verificare se una stella doppia è ottica qualora le due componenti abbiano valori di moto proprio o velocità radiale sufficientemente distinti, oppure quando le misurazioni della parallasse rivelano che esse hanno distanze differenti dalla Terra. Esistono però molte stelle doppie per le quali non è stato ancora possibile determinare se si tratti di binarie fisicamente legate oppure solo di doppie apparenti. Spesso le due componenti che formano una stella binaria sono visibili a occhio nudo o tramite l'ausilio di strumenti osservativi; una binaria di questo tipo viene chiamata visuale. Molte binarie visuali hanno lunghi periodi orbitali, dell'ordine di centinaia o migliaia di anni, e perciò le loro orbite sono note solo con incertezza. Altre binarie invece presentano un'orbita così stretta che non sono risolvibili neppure con le strumentazioni ottiche, ma sono riconoscibili come tali soltanto tramite tecniche indirette quali la spettroscopia (binarie spettroscopiche) o l'astrometria (binarie astrometriche). Se una binaria presenta un piano orbitale parallelo alla linea di vista della Terra, le sue componenti si eclisseranno a vicenda; queste binarie vengono chiamate a eclisse o, quando sono riconoscibili dai cambiamenti di luminosità prodotti dalle eclissi, binarie fotometriche. Se le componenti di un sistema binario sono abbastanza vicine (binarie strette), esse possono distorcere reciprocamente le loro atmosfere e, in alcuni casi, possono pure scambiarsi materiale così da modificare la loro normale evoluzione. Una varietà di binarie strette sono le cosiddette binarie a contatto, le quali sono talmente vicine tra loro da condividere una considerevole percentuale di materia. Le binarie possono originare anche delle nebulose planetarie e sono all'origine delle variabili cataclismiche, in particolare delle novae e delle supernovae di tipo Ia. Le stelle binarie rivestono inoltre un importante ruolo in astrofisica, in quanto il calcolo delle loro orbite permette di stimare le masse delle due componenti e, indirettamente, altri parametri come il raggio e la densità. Poiché la distanza che separa le due componenti di una stella binaria è sempre molto inferiore alla distanza della coppia dalla Terra, sono molto poche le stelle binarie che possono essere osservate a occhio nudo: esse, al contrario, ci appaiono come un'unica stella in quanto sono troppo vicine per essere separate dall'occhio umano. Una notevole eccezione è la coppia Mizar-Alcor, appartenente alla costellazione dell'Orsa Maggiore, che appare separata da 11,8 minuti d'arco e che può essere distinta a occhio nudo se si ha una buona vista. Le due stelle sono fisicamente distanti fra loro circa un quarto di anno luce e distano da noi circa 80 anni luce. Tuttavia, nella maggior parte dei casi per separare le due componenti di una stella binaria è necessario l'ausilio di una strumentazione: infatti, quanto minore è la distanza fra le due componenti e quanto maggiore è la distanza della coppia dalla Terra, tanto maggiore deve essere il potere risolvente angolare dello strumento necessario a separarle. La luminosità delle stelle è un altro fattore importante: le stelle brillanti, a causa del loro riverbero, sono infatti più difficili da separare rispetto a quelle più deboli.[16] Alcune stelle binarie presentano una separazione sufficientemente piccola e sono sufficientemente distanti dalla Terra da non poter essere risolte neppure dai telescopi più potenti; la costruzione di telescopi sempre più grandi e potenti permette comunque l'osservazione diretta di un crescente numero di stelle binarie. Uno degli aspetti più suggestivi dell'osservazione delle binarie è il contrasto fra colori fra le loro componenti che alcune di esse mostrano; una delle binarie in questo senso più spettacolari è Albireo, una stella di terza magnitudine appartenente alla costellazione del Cigno. Essa è una delle binarie visuali più facili da osservare a causa della larga separazione fra le due componenti e della loro differenza di colore: la stella più luminosa della coppia è di colore azzurro, mentre la compagna è di colore arancione; la componente più luminosa è in realtà essa stessa una binaria stretta.[17] Tuttavia i colori che gli osservatori riportano sono spesso molto discordanti fra loro; queste discordanze possono essere dovute a una pluralità di fattori, quali il tipo di telescopio utilizzato, le condizioni atmosferiche, la differenza di luminosità fra le componenti della coppia, gli effetti di colore contrastante e la percezione dei colori da parte dell'osservatore. In campo amatoriale i telescopi più piccoli sono avvantaggiati rispetto a quelli più grandi in quanto i piccoli strumenti forniscono un livello di luce ottimale per distinguere i colori delle binarie più brillanti: troppa illuminazione (così come troppo poca) rende la percezione dei colori difficile e incerta. Quando si osserva una stella doppia, si cerca innanzitutto di accertare se si tratti di una vera binaria o solo di una coppia ottica; uno dei modi più semplici per farlo è osservare il moto orbitale delle due stelle intorno al loro comune centro di massa. Questo metodo può essere utilizzato se il periodo orbitale non è eccessivamente lungo, in modo tale che il moto relativo delle due stelle possa essere osservato nel tempo. Si procede in questo caso misurando l'angolo di posizione della stella meno luminosa rispetto a quella più brillante e la loro distanza angolare e queste misurazioni vengono ripetute nel tempo. Dopo un sufficiente numero di osservazioni, esse sono raccolte in un sistema di coordinate polari, dove la stella più luminosa occupa l'origine e dove viene disegnata l'ellisse più probabile passante per i punti in cui la meno brillante è stata osservata; in realtà questa ellisse non coincide con l'orbita reale della secondaria, ma con la sua proiezione sul piano del cielo. A partire da tale ellisse apparente è comunque possibile calcolare i parametri dell'orbita, dove il semiasse maggiore è espresso in unità angolari, a meno che la parallasse, e quindi la distanza, del sistema non sia conosciuta. Il calcolo dei parametri orbitali è di fondamentale importanza in astronomia, dato che costituisce l'unico metodo diretto per la valutazione della massa delle stelle. Quando il periodo orbitale è troppo lungo per poter apprezzare cambiamenti nella posizione delle due stelle, si ricorre alla misurazione delle distanze, delle velocità radiali e del moto proprio delle stelle della coppia: se queste misurazioni danno valori uguali o simili, allora la coppia è probabilmente legata da vincoli di gravità. Infatti se due stelle sono fisicamente legate, allora si troveranno più o meno alla stessa distanza da noi e saranno accomunate dallo stesso moto proprio nel cielo. Il termine binaria fu usato per la prima volta per designare una coppia di stelle dall'astronomo anglo-prussiano William Herschel, il quale nel 1802 scriveva: «Se, al contrario, due stelle dovessero essere veramente posizionate l'una vicino all'altra e nello stesso tempo essere abbastanza distanti dalle altre per non essere influenzate dalla loro attrazione, esse comporrebbero un sistema separato tenuto unito dal legame della loro mutua attrazione gravitazionale. Questo sistema dovrebbe essere chiamato una vera stella doppia; e ogni coppia di stelle che sono così mutualmente connesse, forma il sistema binario siderale che ora vogliamo considerare.» Nella moderna terminologia astronomica si definisce dunque stella binaria una coppia di stelle che orbitano intorno a un comune centro di massa; le stelle binarie che possono essere risolte tramite un telescopio o tramite un interferometro vengono chiamate binarie visuali. Per la maggior parte delle binarie visuali conosciute, non è stata ancora osservata un'intera rivoluzione, ma solo una parte della curva dell'orbita, a causa del lungo periodo orbitale che un'ampia orbita comporta. Il termine più generale stella doppia è utilizzato per le coppie di stelle che appaiono vicine nel cielo. Le stelle doppie possono essere o stelle binarie o semplicemente due stelle che appaiono vicine, ma che possiedono in verità distanze molto differenti dal Sole. In quest'ultimo caso vengono chiamate binarie ottiche; tuttavia questa distinzione fra i significati di stella binaria e stella doppia viene di solito operata fra i corrispondenti termini inglesi (binary star e double star), mentre nelle altre lingue si tende spesso a considerarli sinonimi. Dall'invenzione del telescopio è stato individuato un gran numero di stelle doppie. La prima a essere individuata come tale fu Mizar, nel Grande Carro dell'Orsa Maggiore: la sua natura di stella doppia fu scoperta da Giovanni Battista Riccioli nel 1650, anche se è probabile che tale scoperta sia stata effettuata in precedenza da Benedetto Castelli e Galileo. Nel 1656 l'olandese Christiaan Huygens vide la stella θ Orionis, situata all'interno della celebre Nebulosa di Orione, risolta in tre componenti; nel 1664 l'inglese Robert Hooke scoprì la duplicità di γ Arietis, mentre nel 1678 l'italiano Giovanni Cassini, astronomo a Parigi presso la corte di Luigi XIV, rilevò la duplicità di β Scorpii e Castore (α Geminorum); Acrux, nella costellazione della Croce del Sud, fu riconosciuta quale stella doppia da padre Fontenay nel 1685. Inizialmente molte delle coppie furono interpretate come sistemi planetari, costituiti da un pianeta orbitante intorno a una stella centrale; presto però ci si rese conto che questa ipotesi non poteva essere corretta in quanto non veniva percepito alcun moto di rivoluzione del presunto pianeta intorno alla stella. Nella prima metà del Settecento alcuni astronomi ritenevano che le stelle doppie apparissero vicine solo per ragioni di prospettiva. Nel 1767 John Michell fu il primo a suggerire che le stesse doppie potessero essere fisicamente legate fra loro, basandosi sul fatto che la probabilità che due stelle potessero apparire casualmente vicine fosse molto bassa. William Herschel cominciò a osservare le stelle doppie nel 1779 e ne compilò un catalogo contenente circa 700 astri; nel 1803 egli aveva osservato la posizione relativa di molte stelle doppie nel corso dei precedenti 25 anni e poté concludere che doveva trattarsi di sistemi gravitativamente legati. Fu però necessario attendere il 1827 perché per la prima volta venisse determinata l'orbita di una stella binaria, quando Félix Savary calcolò quella di ξ Ursae Majoris; da allora molte stelle doppie sono state catalogate e studiate. Il Washington Double Star Catalog, un database di doppie visuali compilato dallo United States Naval Observatory, raccoglie più di 100.000 stelle doppie e comprende sia stelle doppie ottiche che stelle binarie. Sono conosciute le orbite di solo alcune migliaia di queste stelle e per la maggior parte di esse non è neppure ancora certo se si tratti di vere binarie o solo di vicinanze prospettiche. Per classificare le stelle binarie ci si serve di due metodi, basati sul sistema mediante cui la duplicità della stella viene accertata oppure sulla distanza che separa le due componenti. Le stelle binarie sono classificate in quattro diversi tipi a seconda del modo in cui la loro natura di binarie viene accertata:

  • binarie visuali, tramite l'osservazione diretta;
  • binarie spettroscopiche, tramite cambiamenti periodici nelle linee spettrali;
  • binarie fotometriche, tramite i cambiamenti nella luminosità causati dalla eclissi reciproca delle due componenti;
  • binarie astrometriche, tramite la misurazione dei cambiamenti di posizione di una stella causati da un'invisibile compagna.

Una binaria può appartenere a più di una di queste classi: per esempio, molte binarie spettroscopiche sono anche binarie fotometriche. Una binaria visuale è una stella binaria le cui componenti sono sufficientemente separate perché si possa osservarle con il telescopio o persino con un potente binocolo. La stella più luminosa della coppia è chiamata primaria, mentre la più debole secondaria; se le due stelle hanno luminosità simili, la designazione operata dallo scopritore viene di solito mantenuta. Una binaria visuale interessante, risolvibile solo tramite telescopi, è 61 Cygni, le cui componenti, 61 Cygni A e 61 Cygni B, sono due stelle arancioni di sequenza principale: essa è conosciuta per il suo grande moto proprio e per essere stata una delle prime stelle di cui sia stata misurata con accuratezza la distanza dalla Terra. Talvolta la prova che una stella sia binaria proviene esclusivamente dall'effetto Doppler che caratterizza la radiazione emessa dalla stella. In questi casi, le linee dello spettro di entrambe le stelle della coppia prima si spostano verso il blu, poi verso il rosso, in ossequio al loro moto orbitale che le porta dapprima ad allontanarsi e quindi ad avvicinarsi a noi. Il periodo dello spostamento coincide con quello orbitale.[38] In questi sistemi, la separazione fra le due stelle è solitamente molto piccola, sicché le loro velocità orbitali sono elevate e, a meno che il piano orbitale non sia perpendicolare alla linea di vista, le velocità orbitali avranno componenti nella direzione della linea di vista e la velocità radiale subirà periodiche variazioni. Poiché la velocità radiale può essere misurata tramite uno spettrometro, misurando l'effetto Doppler, le binarie scoperte con questo metodo vengono chiamate spettroscopiche; molte di queste sono talmente vicine da non poter essere risolte neppure dai telescopi più potenti. In alcune binarie spettroscopiche sono visibili le linee spettrali di entrambe le stelle: esse sono chiamate binarie spettroscopiche a doppia linea (in inglese double-lined spectroscopic binaries, abbreviato con "SB2"). In altri sistemi è invece possibile osservare lo spettro di una sola delle due stelle e il movimento delle linee spettrali alternativamente verso il rosso e verso il blu; questi sistemi sono conosciuti come binarie spettroscopiche a singola linea (in inglese single-lined spectroscopic binaries, abbreviato con "SB1"). L'orbita di una binaria spettroscopica è determinata effettuando una lunga serie di osservazioni della velocità radiale di una o di entrambe le componenti del sistema; viene poi tracciato un diagramma che riporta la variazione delle velocità radiali nel tempo e viene determinata la curva periodica di variazione. Se l'orbita è circolare allora ne risulterà una sinusoide; se l'orbita è ellittica, la forma della curva dipenderà dall'eccentricità dell'ellisse e dalla posizione del piano orbitale rispetto alla linea di vista. Non è possibile determinare contemporaneamente il semiasse maggiore a e l'inclinazione orbitale i. Tuttavia è possibile determinare direttamente in unità lineari (ad esempio in chilometri) il prodotto del semiasse maggiore con il seno dell'inclinazione del piano orbitale (a × sin i): se il valore di a o di i può essere determinato direttamente tramite altri mezzi, come nel caso delle binarie a eclissi, può essere ottenuta una soluzione completa dell'orbita. Le binarie sia visuali che spettroscopiche sono rare. Le binarie visuali hanno componenti molto separate, con periodi della durata di decenni o secoli: le velocità radiali sono troppo piccole per essere misurate dallo spettroscopio; al contrario, le binarie spettroscopiche hanno separazioni troppo piccole perché le due componenti possano essere risolte tramite un telescopio. Le binarie che sono sia visuali che spettroscopiche sono di solito relativamente vicine alla Terra e costituiscono una preziosa fonte di informazioni. Una binaria a eclisse è una stella binaria il cui piano orbitale è pressoché parallelo alla linea di vista dell'osservatore, sicché le due componenti si eclissano a vicenda. Nel caso in cui la binaria a eclisse sia anche spettroscopica e sia conosciuta la parallasse, lo studio delle caratteristiche delle due stelle risulta particolarmente facilitato. Con la costruzione di telescopi ad ampio diametro, come il Very Large Telescope, è divenuto possibile misurare con accuratezza i parametri delle binarie a eclissi, rendendole utilizzabili quali candele standard nella misura delle distanze galattiche: infatti, esse sono state utilizzate per misurare le distanze delle Nubi di Magellano, della galassia di Andromeda e della galassia del Triangolo. Il livello di accuratezza di queste misure è del 5%. Le binarie a eclissi sono variabili non perché la radiazione delle due componenti individuali cambi nel tempo, ma a causa delle reciproche eclissi. La curva di luce di una binaria a eclissi è caratterizzata da periodi in cui la radiazione è praticamente costante, alternati a periodi in cui si ha una caduta di intensità. Se una delle stelle è più grande dell'altra, la secondaria sarà oscurata mediante un'eclissi totale, mentre la primaria mediante un'eclissi anulare. Il periodo orbitale di una binaria a eclissi può essere determinato mediante lo studio della curva di luce, mentre la grandezza relativa delle due stelle può essere determinata in rapporto al semiasse maggiore dell'orbita, osservando quanto velocemente la luminosità del sistema si modifica nel momento in cui il disco della stella più vicina copre quello della stella più distante; se il sistema è anche una binaria spettroscopica, i parametri orbitali possono essere facilmente ricavati, così come le masse delle due componenti. Conoscendo sia il raggio che la massa è possibile ricavare anche la densità delle due stelle. L'esempio più noto di binaria a eclisse è Algol (β Persei). Un altro esempio peculiare è ε Aurigae: la componente visibile è una supergigante gialla appartenente alla classe spettrale F0, mentre l'altra componente, responsabile dell'eclissi, non è visibile, ma si suppone sia una stella di classe B5. Un ulteriore esempio è costituito da β Lyrae, una binaria semidistaccata, appartenente alla costellazione della Lira. Alcune binarie a eclissi si segnalano per la loro esoticità: SS Lacertae era un tempo una binaria a eclissi, ma ha cessato di esserlo intorno alla metà del Novecento; V907 Scorpii è una binaria a eclissi che alterna periodi di eclissi ad altri di assenza di eclissi; infine BG Geminorum è una binaria a eclissi che si crede essere composta da una stella di classe K0 che orbita intorno a un buco nero. Gli astronomi osservano spesso stelle relativamente vicine a noi che manifestano oscillazioni nel loro moto proprio. Queste oscillazioni sono determinate dal moto orbitale di una delle componenti di un sistema binario avente una compagna così debole da risultare invisibile (come nel caso di una stella degenere, un oggetto che emette poca o nessuna radiazione nel visibile) o essere resa tale dalla brillantezza della primaria. La stessa matematica utilizzata per calcolare i parametri delle binarie visuali può essere applicata per inferire la massa di una compagna invisibile. La posizione della stella visibile può essere misurata con accuratezza e si può scoprire che essa varia a causa dell'attrazione gravitazionale di una compagna non visibile: in particolare, in seguito a ripetute misurazioni della posizione della stella rispetto alle stelle più lontane, si può rilevare che la stella visibile segue nel cielo un percorso sinusoidale. Queste misurazioni sono possibili solo sulle stelle più vicine, poste entro un raggio di 10 parsec (~ 32 anni luce), che presentano un elevato moto proprio. La massa della compagna invisibile può essere dedotta dalla precisa misura astrometrica del movimento della stella visibile per un periodo di tempo sufficientemente lungo: infatti, le caratteristiche del sistema possono essere determinate utilizzando le leggi di Keplero. L'analisi astrometrica è utilizzata anche per scoprire la presenza di pianeti extrasolari; tuttavia, la scoperta di pianeti extrasolari richiede misure estremamente precise a causa della grande differenza di massa che esiste fra il pianeta e la stella intorno a cui orbita. Per effettuare misurazioni così precise è di solito necessario ricorrere a telescopi spaziali che non sono soggetti all'aberrazione prodotta dall'atmosfera terrestre. Una delle più famose binarie astrometriche è Sirio, la stella più brillante dell'intera volta celeste, visibile nella costellazione del Cane Maggiore. Nel 1844 l'astronomo tedesco Friedrich Bessel dedusse, studiandone i cambiamenti di moto proprio, che la stella potesse avere una compagna invisibile, che fu osservata per la prima volta il 31 gennaio 1862 Alvan Graham Clark e denominata Sirio B. Nel 1915 gli astronomi dell'Osservatorio di Monte Wilson, osservando lo spettro di Sirio B, dedussero che si trattava di una nana bianca. Nel 2005 usando il Telescopio Spaziale Hubble, gli astronomi hanno determinato che Sirio B possiede all'incirca il diametro della Terra, 12.000 km, con una densità molto elevata e una massa pari a circa il 98% di quella del Sole. Procione, l'ottava stella più brillante dell'intera volta celeste, appartenente alla costellazione del Cane Minore, presenta delle caratteristiche simili a quelle di Sirio: è infatti composta da una stella bianco-gialla di classe spettrale F5IV-V, chiamata Procione A, e da una debole nana bianca, chiamata Procione B. Un'altra classificazione delle stelle binarie è basata sulla distanza che separa le due stelle in relazione alla loro dimensione. Le binarie distaccate sono sistemi in cui ognuna delle due componenti è posta all'interno del suo lobo di Roche, cioè dell'area in cui la forza gravitazionale della stella è maggiore di quella della sua compagna; queste stelle non subiscono importanti influenze reciproche ed evolvono separatamente. La maggior parte delle binarie appartiene a questa classe. Le binarie semidistaccate sono sistemi in cui una delle due componenti riempie il proprio lobo di Roche, mentre l'altra no; in questo caso avviene un trasferimento di gas dalla stella che riempie il proprio lobo di Roche all'altra. Questo scambio di materia ha un'importanza fondamentale nell'evoluzione di questi sistemi; in molti casi, l'afflusso di gas forma un disco di accrescimento intorno alla stella che riceve materiale. Una binaria a contatto è un sistema in cui entrambe le componenti riempiono il proprio lobo di Roche e le parti più esterne delle atmosfere stellari formano un "inviluppo comune" che circonda entrambe le componenti del sistema. Poiché la frizione dell'inviluppo rallenta il moto orbitale, le stelle possono alla fine giungere a fondersi. I periodi orbitali delle binarie possono variare da meno di un'ora (per le stelle AM Canum Venaticorum) a pochi giorni (come per β Lyrae), a centinaia di migliaia di anni (come per Proxima Centauri intorno alla coppia α Centauri AB). Spesso le componenti di una binaria sono chiamate con le lettere A e B posposte alla designazione del sistema: A denota la primaria, B la secondaria, mentre la coppia nel suo complesso può esser designata col suffisso AB (ad esempio, la stella binaria α Centauri AB è costituita da α Centauri A e α Centauri B). Le lettere successive (C, D ecc.) possono essere utilizzate per designare ulteriori eventuali componenti di un sistema composto da più elementi stellari. Nel caso di binarie aventi una designazione di Bayer le cui componenti sono molto separate, è possibile che i membri della coppia siano designati tramite numeri in apice; un esempio è ζ Reticuli, le cui componenti sono ζ1 e ζ2 Reticuli. Un'altra designazione per le stelle doppie consiste nelle iniziali dello scopritore seguite da un numero di indice: ad esempio, poiché fu Padre Richaud nel 1689 a scoprire la natura binaria di α Centauri, questa stella è designata anche come RHD 1. I codici degli scopritori possono essere consultati presso il Washington Double Star Catalog. Le componenti di una stella binaria possono essere designate come componente calda e componente fredda a seconda delle loro temperature superficiali. Se le due componenti appartengono alla sequenza principale, allora quella avente una massa maggiore sarà anche la più calda, oltre che la più luminosa, ma se almeno una delle due componenti è già uscita dalla sequenza principale, allora quale fra esse sia la più calda dipende dallo stadio di evoluzione delle due stelle.

  • Se la stella più massiccia ha raggiunto lo stadio di gigante o supergigante, allora in molti casi è la meno calda del sistema. Ad esempio, Antares (α Scorpii) è un sistema binario la cui componente più calda, una stella di classe spettrale B, è molto meno luminosa e meno massiccia della sua compagna, una supergigante rossa di classe spettrale M1,5; di conseguenza la stella più fredda è la principale e viene designata con la lettera A, mentre la stella più calda è designata tramite la lettera B. Un altro esempio è R Aquarii: essa possiede uno spettro che indica la presenza di due componenti, una più calda e una più fredda; la componente più fredda è una supergigante e la compagna una componente più piccola e calda; è stato inoltre rilevato un trasferimento di materia dalla supergigante alla più piccola e densa compagna.
  • Quando tuttavia la principale raggiunge lo stadio di nana bianca, allora ha buone probabilità di essere la componente più calda del sistema, se si tratta di una nana bianca di recente formazione, che non è ancora andata incontro al lungo processo di raffreddamento. Per esempio, le novae simbiotiche sono sistemi stellari composti da una gigante di tipo K o M e una nana bianca; sebbene meno luminosa della compagna, la nana bianca è ben più calda di essa e quindi viene chiamata compagna calda. Altri esempi di sistemi costituiti da una nana bianca più calda della sua compagna sono alcune binarie a eclissi individuate dalla missione Kepler della NASA: KOI-74b è una nana bianca, avente una temperatura superficiale di 12.000 K che forma un sistema binario con KOI-74, una stella di classe A V, avente una temperatura di 9.400 K. KOI-81b è una nana bianca di 13.000 K compagna di KOI-81, una stella di classe B V di 10.000 K. 

Anche se è possibile che alcuni sistemi (in particolare le binarie di lungo periodo) possano essersi formati dalla cattura gravitazionale reciproca di due o più stelle singole nate indipendentemente, tuttavia, data la bassissima probabilità di un simile evento (sarebbero comunque necessari almeno tre oggetti anche per la formazione di un sistema binario, dal momento che in base alla legge della conservazione dell'energia serve comunque un terzo elemento che assorba l'energia cinetica in eccesso affinché due stelle possano legarsi reciprocamente) e l'elevato numero di stelle binarie note, appare evidente che quello della cattura gravitazionale non sia il principale meccanismo attraverso cui ha origine un sistema stellare. Anzi, l'osservazione di sistemi costituiti da stelle pre-sequenza principale dà credito all'ipotesi secondo cui simili sistemi esistano già durante la fase di formazione stellare. Il modello che ne esplica in modo accettabile l'esistenza suggerisce che questi si siano creati dalla suddivisione di un singolo originario nucleo denso protostellare in due o più frammenti orbitanti attorno a un comune centro di massa, i quali successivamente collassano a formare le componenti del futuro sistema. Alcune evidenze ricavate dalle immagini riprese dal telescopio spaziale Spitzer mostrano che la formazione delle binarie strette determinerebbe un aspetto asimmetrico degli inviluppi molecolari da cui sottraggono il materiale necessario per la loro formazione. Nella maggior parte dei casi le componenti che formano un sistema binario non si disturbano a vicenda per tutta la durata della loro esistenza; se però esse fanno parte di un sistema stretto, allora possono andare incontro a maggiori interazioni reciproche, anche in modo particolarmente accentuato, soprattutto nelle fasi successive alla sequenza principale. Giunta al termine della sequenza principale, una stella sperimenta diverse fasi di instabilità, che la portano a espandersi; se essa si trova in un sistema binario stretto, può colmare ed eccedere il suo lobo di Roche, cioè i suoi strati più esterni subiscono un'attrazione gravitazionale dalla compagna maggiore di quanto sia quella esercitata dalla stella stessa. In questo modo si innesca un processo di trasferimento di massa da una stella all'altra; tale materia viene fatta propria dalla stella ricevente per impatto diretto o mediante un disco di accrescimento. Il punto matematico in cui avviene questo trasferimento si chiama punto di Lagrange. È abbastanza comune che il disco di accrescimento sia l'elemento più brillante del sistema e quindi, a volte, l'unico visibile. Se la fuoriuscita dal lobo di Roche della materia è troppo abbondante perché essa sia trasferita interamente alla compagna, è anche possibile che una parte di essa lasci del tutto il sistema dagli altri punti di Lagrange o tramite il vento stellare. Poiché l'evoluzione di una stella è determinata dalla massa, il processo di trasferimento altera la normale evoluzione che le due componenti avrebbero avuto se fossero state stelle singole. Lo studio del sistema di Algol ha portato alla formulazione del cosiddetto paradosso di Algol: sebbene le componenti di una stella binaria si formino contemporaneamente e sebbene le stelle più massicce si evolvano più rapidamente, in questo sistema la componente più massiccia, Algol A, è una stella di sequenza principale, mentre la sua compagna Algol B, meno massiccia, è una subgigante, dunque in uno stadio evolutivo più avanzato. Il paradosso è stato risolto ipotizzando un avvenuto scambio di materia: quando la stella originariamente più massiccia entra nello stadio di subgigante comincia a espandersi, riempiendo il proprio lobo di Roche; avviene quindi un trasferimento di gas all'altra stella, originariamente la meno massiccia, che permane ancora nella sequenza principale. Questo trasferimento ha come risultato che la stella inizialmente meno massiccia diviene quella più massiccia in virtù del materiale sottratto alla compagna. In alcune binarie simili ad Algol è possibile anche osservare il trasferimento di gas da una componente all'altra. Tipi particolari di binarie strette evolute sono costituite dalle binarie a raggi X e dalle variabili cataclismiche. Se le due componenti di un sistema binario hanno massa differente, una delle due raggiungerà lo stadio di stella degenere prima dell'altra: il sistema sarà quindi composto da una nana bianca o una stella di neutroni o un buco nero e da una compagna non ancora degenere. Se la compagna, conclusa la sequenza principale, si espande oltre il proprio lobo di Roche, da essa comincia a fuoriuscire gas che si accresce sulla stella degenere, formando un disco di accrescimento. A causa della viscosità della materia che costituisce il disco, l'energia di quest'ultimo viene dissipata in calore e il momento angolare orbitale del disco diminuisce all'avvicinarsi alla stella degenere. Per la progressiva diminuzione del momento angolare il gas procede in maniera spiraleggiante, compiendo orbite sempre più piccole. La regione in cui la velocità angolare del gas che compone il disco uguaglia quella della stella è detta strato limite di quantità di moto (boundary layer): in tale zona l'azione della viscosità diventa trascurabile. Il gas che si deposita sulla superficie della stella dissipa la sua residua energia in eccesso in parte tramite l'emissione di radiazione, in parte incrementando la velocità di rotazione della stella. Sull'origine della viscosità del disco sono state fatte diverse ipotesi, non verificate. L'innalzamento della temperatura del gas che viene trasferito produce un'emissione di radiazione nella banda dei raggi X; in questo modo si costituiscono le cosiddette binarie a raggi X o, più semplicemente, binarie X. Le binarie a raggi X si dividono in binarie X di piccola o grande massa, a seconda della mole della stella donatrice. Le binarie X di grande massa contengono una stella donatrice giovane, appartenente alle classi spettrali O o B, che trasferisce massa alla stella degenere tramite il suo vento stellare. Nella binarie X di piccola massa la stella donatrice è invece una stella evoluta di classe spettrale K o M che ha riempito il suo lobo di Roche e che trasferisce parte della propria massa alla stella degenere, per lo più una stella di neutroni o un buco nero. Probabilmente l'esempio più noto di binaria a raggi X è la binaria X a grande massa Cygnus X-1 (al lato): la massa della stella degenere di questo sistema è stimata essere 9 volte quella del Sole, molto al di sopra del limite di Tolman-Oppenheimer-Volkoff (il limite teorico massimo per la massa di una stella di neutroni), motivo per il quale si ritiene possa trattarsi di un buco nero. Si tratta del primo oggetto la cui identificazione con un buco nero è stata ampiamente accettata. Le variabili cataclismiche sono un tipo particolare di binarie strette formate da una nana bianca e da una stella evoluta, che ha colmato il proprio lobo di Roche. In questi sistemi la nana bianca accresce regolarmente i gas provenienti dall'atmosfera esterna della compagna, i quali vengono compressi dall'intensa forza gravitazionale della nana bianca, raggiungendo temperature altissime in corrispondenza della sua superficie. In quanto costituita da materia degenere, una nana bianca non può subire cambiamenti significativi nella propria temperatura, mentre l'idrogeno, proveniente dalla compagna, finisce col raggiungere temperature tali da innescare localmente fenomeni di fusione nucleare. Ciò conduce al rilascio di enormi quantitativi di energia che spazzano via i gas residui dalla superficie della nana bianca, producendo un "lampo" luminoso ma di breve durata che si estingue nell'arco di pochi giorni; questo fenomeno è chiamato nova. Nei casi in cui l'accumulo di massa conduce la nana bianca a superare la massa minima per riavviare nel suo nucleo le reazioni di fusione nucleare, valore di massa che è poco inferiore al limite di Chandrasekhar, accade che, trovandosi la materia all'interno del nucleo della stella in condizioni di densità estremamente elevata (la cosiddetta condizione di degenerazione), la stella reagisce in modo anomalo giungendo all'esplosione, fenomeno chiamato supernova di tipo Ia. L'esplosione di una supernova di tipo Ia ha effetti catastrofici sul sistema, in quanto può distrugge l'intera stella e può espellere la compagna, rendendola una stella fuggitiva. Un esempio di una simile supernova è SN 1572 (nell'immagine), che fu osservata da Tycho Brahe e che è stata fotografata nel 2008 dai telescopi spaziali Spitzer e Chandra. Una stella fuggitiva è una stella che possiede dei valori di moto proprio abnormemente più elevati di quelli di altre stelle poste nella medesima regione galattica. Valori abnormemente alti di moto proprio possono essere acquisiti, oltre che in seguito all'esplosione di una supernova di tipo Ia, anche nel caso in cui il legame gravitazionale che vincola due stelle in un sistema binario molto ampio venga rescisso a causa di una perturbazione esterna; in tal caso le due componenti continueranno a evolversi come stelle singole. Una possibile perturbazione è costituita dall'incontro ravvicinato fra due sistemi binari, che potrebbe risultare nell'espulsione ad alta velocità di alcune delle stelle che li costituivano. Le stelle binarie forniscono agli astronomi il migliore metodo per determinare le masse delle stelle. A causa dell'attrazione gravitazionale, le due stelle orbitano intorno al loro comune centro di massa. Dalla forma delle orbite di una binaria visuale o dalle variazioni spettrali di una binaria spettroscopica è possibile determinare la massa delle componenti. Di una binaria visuale di cui si conosca la forma dell'orbita e la parallasse è possibile ricavare la massa complessiva del sistema utilizzando le leggi di Keplero; nel caso di una binaria spettroscopica che non sia anche visuale o a eclissi, non è però possibile dedurre tutti i parametri del sistema, ma solo il prodotto delle masse per il seno dell'inclinazione orbitale. Nel caso invece che la binaria spettroscopica sia anche a eclissi, è possibile ricavare tutti i parametri delle stelle della coppia (massa, densità, raggio, luminosità e forma approssimativa); in questo modo è possibile stabilire quale relazione esista in generale fra la temperatura, il raggio e la massa di una stella. Conosciuta tale relazione e conosciuto il raggio e la temperatura di una stella singola non binaria, è possibile dedurre la sua massa. Poiché le stelle binarie sono comuni, esse sono particolarmente importanti nella comprensione dei processi che portano alla formazione delle stelle; in particolare, dal periodo e dalla massa di una binaria è possibile dedurre il momento angolare del sistema: poiché si tratta di una grandezza fisica conservativa, le binarie forniscono importanti informazioni riguardo alle condizioni in cui le stelle si formano. Nel corso di due secoli una grande quantità di ricerche ha portato a numerose conclusioni generali, per altro non ancora del tutto certe. Fino al 2006 si pensava che oltre il 50% di tutte le stelle fossero doppie, col 10% di queste appartenenti a sistemi con più di due stelle (triple, quadruple o più). Uno studio del 2006 ha però messo in dubbio questi assunti: si è infatti scoperto che la gran maggioranza delle stelle piccole, in particolare le nane rosse (che si stima rappresentino in numero l'80% delle stelle della galassia) sono singole; per stelle con massa simile al Sole lo studio dà una percentuale del 56% di stelle singole e del 44% di stelle doppie o multiple, mentre per stelle di massa elevata la percentuale di stelle doppie può superare il 70%. Nei dintorni del Sole (entro 17 anni luce) la percentuale di stelle doppie è del 28%; è da notare però che 50 delle 70 stelle più vicine al Sole sono nane rosse, che raramente formano sistemi multipli. Esiste una correlazione diretta fra il periodo orbitale e l'eccentricità dell'orbita: le binarie con minore periodo orbitale hanno solitamente orbite meno eccentriche. Le stelle binarie presentano separazioni molto differenti: ci sono coppie che sono praticamente a contatto fra loro e coppie talmente separate che il loro legame gravitazionale è deducibile solo dal loro comune moto proprio. Tuttavia la distribuzione lognormale dei periodi orbitali indica che la maggior parte dei sistemi ha un periodo di circa 100 anni, il che è un'ulteriore prova che le binarie si formano durante il processo di formazione stellare. Quando le componenti di un sistema binario hanno uguale magnitudine assoluta, allora di solito appartengono anche alla stessa classe spettrale; se invece hanno diversa luminosità, allora la più debole sarà la più blu, se la compagna è una gigante rossa, mentre sarà la più rossa se la compagna appartiene alla sequenza principale. Si stima che circa il 50-60% delle stelle binarie possano ospitare pianeti terrestri abitabili in orbite stabili. Alcune orbite sono impossibili per ragioni dinamiche (il pianeta sarebbe allontanato dalla sua orbita per essere o espulso dal sistema oppure trasferito a un'orbita più interna o esterna), mentre altre non potrebbero ospitare pianeti con biosfere a causa di differenze termiche troppo elevate nei differenti momenti dell'orbita. I pianeti che orbitano intorno a una sola delle componenti del sistema vengono chiamati di tipo S, mentre quelli che orbitano attorno a entrambe le stelle vengono chiamati di tipo P o circumbinari. Alcune simulazioni hanno dimostrato che la presenza di una compagna può avere l'effetto di aumentare il tasso di formazione planetaria nelle zone abitabili "rimescolando" il disco protoplanetario così da incrementare la velocità di crescita dei protopianeti. L'individuazione di pianeti nei sistemi binari presenta particolari difficoltà tecniche che ne hanno permesso finora la scoperta di un numero limitato. Alcuni esempi di binarie che ospitano pianeti includono la coppia nana bianca-pulsar PSR B1620-26, la coppia subgigante-nana rossa Alrai (γ Cephei), la coppia nana bianca-nana rossa NN Serpentis. Uno studio del 2009 di quattordici sistemi planetari noti ha permesso di scoprire che tre di essi orbitano intorno a stelle binarie: si tratta di tipo S che orbitano intorno alla principale del sistema, mentre la componente secondaria è debole al punto che non era stata rilevata in precedenza. La scoperta ha permesso di ricalcolare i parametri sia dei pianeti che delle stelle primarie. I sistemi aventi più di due stelle sono chiamati multipli, che, per motivi connessi alla stabilità orbitale, sono spesso organizzati in gruppi gerarchici di binarie coorbitanti. Algol, nella costellazione di Perseo, sebbene sia stato a lungo ritenuto binario, è il sistema stellare triplo più noto. Le due componenti visibili del sistema si eclissano l'una con l'altra producendo una variazione di luminosità osservata per la prima volta da Geminiano Montanari nel 1670. Il nome Algol significa stella del diavolo, dall'arabo al ghûl, e deriva probabilmente dal suo comportamento. Un altro sistema triplo visibile dalla Terra è α Centauri, la terza stella più luminosa di tutta la volta celeste; le due componenti principali del sistema, α Centauri A e α Centauri B, hanno una separazione minima, al periastro, di 11 UA, il che dovrebbe permettere l'esistenza di zone abitabili stabili intorno alle due stelle. Esistono sistemi multipli che possiedono più di tre componenti: Castore, la seconda stella più luminosa della costellazione dei Gemelli e una delle più luminose stelle della volta celeste, è in realtà un sistema sestuplo. Due componenti furono separate per la prima volta nel 1719; in seguito si scoprì che ognuna di queste componenti era a sua volta una binaria spettroscopica e che Castore possedeva un'ulteriore debole componente separata, a sua volta una binaria spettroscopica. Anche il sistema Mizar-Alcor, una binaria visuale osservabile nella costellazione dell'Orsa Maggiore, è in realtà sestuplo: quattro componenti appartengono a Mizar, le altre due a Alcor.

Approfondimento: Alpha centauri

Alfa Centauri (α Cen/ α Centauri/ Alfa Centauri; conosciuta anche come Rigel Kentaurus o Rigil Kent o, più raramente, come Toliman) è un sistema stellare triplo situato nella costellazione australe del Centauro. È la stella più luminosa della costellazione, nonché terza stella più brillante del cielo notturno a occhio nudo, dopo Sirio e Canopo: infatti, sommando la magnitudine apparente delle due componenti, A (+0,01) e B (+1,34), come si osserva a occhio nudo, il sistema appare di magnitudine −0,27. È anche il sistema stellare più vicino al sistema solare, in quanto ne dista 4,365 anni luce. In particolare Proxima Centauri, delle tre stelle che compongono il sistema, è in assoluto, dopo il Sole, la stella più vicina alla Terra. Il sistema di α Centauri è costituito da una coppia di stelle di sequenza principale di simile luminosità, una nana gialla e una nana arancione molto vicine fra loro, al punto che a occhio nudo o con un piccolo binocolo sembrano essere un'unica stella. In aggiunta a queste se ne trova una terza, una nana rossa molto più distante e meno luminosa, chiamata Proxima Centauri, la quale compie un'orbita molto ampia attorno alla coppia principale. Nell'ottobre del 2012, dopo lunghe ricerche, è stata pubblicata la scoperta di un pianeta terrestre orbitante attorno alla componente B del sistema. Il sistema di α Centauri appare a occhio nudo come una stella singola di colore giallastro; si osserva in direzione della Via Lattea australe, a una declinazione di −60°50', dunque invisibile dall'intera area dell'Europa continentale, dal Mar Mediterraneo, dalla Cina settentrionale e da gran parte dell'America del Nord. Inizia invece a essere osservabile a sud del 29º parallelo nord, corrispondente all'Egitto, al Texas, alla Penisola Arabica, al nord dell'India e alla Cina del sud; i mesi migliori per la sua osservazione dall'emisfero nord sono quelli di aprile-maggio. Dall'emisfero australe la stella diventa circumpolare appena lasciato in direzione sud il Tropico del Capricorno: dalla Nuova Zelanda e dal sud dell'Australia fino a Sydney, come pure dall'Argentina, è visibile durante tutto l'anno. La culminazione a mezzanotte di α Centauri è il 9 aprile, mentre la culminazione alle 21:00 è l'8 giugno. L'area di cielo in cui si trova α Centauri è particolarmente ricca di stelle brillanti, il che facilita notevolmente il suo riconoscimento: è infatti accoppiata a un'altra stella molto luminosa, Hadar (β Centauri), un astro di colore azzurro distante apparentemente solo pochi gradi; continuando l'allineamento delle due stelle verso ovest per un breve tratto si raggiunge un altro gruppo di stelle molto luminoso e particolarmente conosciuto, che forma la costellazione della Croce del Sud. Per questa ragione nell'emisfero australe α Centauri e Hadar vengono chiamate Puntatori del Sud. Sebbene α Centauri appaia molto meno luminosa di Sirio e di Canopo la sua luminosità può rivaleggiare con quella di alcuni pianeti, come Saturno e talvolta anche Marte, a seconda della loro distanza da noi. Le due componenti principali del sistema, α Centauri A e α Centauri B, sono troppo vicine fra di loro per potere essere distinte a occhio nudo, dato che la loro separazione angolare varia fra 2 e 22 secondi d'arco, ma per gran parte del loro periodo orbitale sono risolvibili con facilità tramite dei potenti binocoli o un telescopio amatoriale. Vista dalla Terra la terza componente del sistema, Proxima Centauri, si trova circa 2,2° a sud-ovest di α Centauri; questa separazione apparente equivale a circa quattro volte il diametro apparente della Luna Piena e a circa la metà della distanza angolare fra α Centauri e Hadar. Proxima appare come una stella di colore rosso intenso di magnitudine apparente pari a 13,1, in un campo povero di altre stelle di fondo; è indicata come V645 Cen nel General Catalogue of Variable Stars: si tratta infatti di una stella variabile UV Ceti, che può variare fino a raggiungere la magnitudine 11 senza un periodo regolare. Alcuni astronomi amatoriali e professionisti sono soliti monitorare le variazioni di luminosità di questa stella tramite l'uso di telescopi ottici o radiotelescopi. Il riconoscimento di α Centauri come sistema composto da due stelle risale al dicembre 1689, quando Padre Richaud risolse le due componenti per la prima volta dalla città indiana di Pondicherry, durante l'osservazione di una cometa. Nel 1752 Nicholas Louis de Lacaille fece degli studi astrometrici del sistema usando un circolo meridiano, uno strumento per determinare il punto in cui una stella raggiunge il punto più alto sull'orizzonte (passa il meridiano); nel 1834 furono invece condotte le prime osservazioni micrometriche, a opera di John Herschel. Dai primi anni del XX secolo, le osservazioni vennero condotte su lastre fotografiche. Nel 1926 William Stephen Finsen calcolò dei parametri orbitali approssimativi prossimi a quelli oggi accettati per questo sistema. Tutte le posizioni future sono ora abbastanza accurate da permettere a un osservatore di determinare le posizioni relative delle stelle sulla base di effemeridi delle stelle doppie. La scoperta che il sistema di α Centauri è in realtà quello più vicino a noi fu di Thomas James Henderson, che misurò la parallasse trigonometrica del sistema fra l'aprile del 1832 e il maggio del 1833; egli non pubblicò subito i suoi risultati, poiché temeva che le sue misurazioni fossero troppo grandi per essere verosimili, ma dopo che Friedrich Wilhelm Bessel ebbe pubblicato i risultati dei suoi studi della parallasse di 61 Cygni, nel 1838, si decise a pubblicare a sua volta i risultati per α Centauri l'anno successivo. α Centauri fu così ufficialmente la seconda stella la cui distanza era stata misurata. Robert Innes fu il primo a scoprire, nel 1915 dal Sudafrica, la stella Proxima Centauri, utilizzando delle lastre fotografiche prese in periodi differenti durante uno studio dedicato al monitoraggio del moto proprio delle stelle. Il grande moto proprio e la parallasse di questa apparentemente anonima stellina rossa sembravano perfettamente compatibili con quelli del sistema di α Centauri AB. Trovandosi a una distanza di 4,22 anni luce dalla Terra Proxima Centauri fu così riconosciuta come la stella più vicina in assoluto. Le distanze attualmente accettate derivano dalle misure di parallasse eseguite dal satellite Hipparcos e riportate nell'omonimo catalogo. Nel 1951 l'astronomo americano Harlow Shapley annunciò che Proxima Centauri è una stella variabile di tipo UV Ceti. Shapley scoprì le variazioni della stella esaminando vecchie lastre fotografiche che mostravano in alcuni casi un incremento della sua luminosità di circa l'8% rispetto al normale, facendone di fatto la più attiva variabile di tipo UV Ceti allora conosciuta. α Centauri attualmente appare come una delle stelle luminose più meridionali; in epoche passate, tuttavia, la precessione degli equinozi aveva portato questa e le altre stelle circostanti a declinazioni più prossime all'equatore celeste, così che potevano essere osservate, 4000-5000 anni fa, anche dall'Europa centrale. Nell'epoca presente infatti la stella possiede un'ascensione retta pari a 14h 39m, dunque si trova in quella fascia di coordinate di ascensione retta compresa fra le 6h e le 18h, in cui gli oggetti tendono ad assumere declinazioni sempre più meridionali (tranne l'area attorno al polo sud dell'eclittica). Ciò è dovuto al fatto che l'asse terrestre, in direzione sud, tende ad avvicinarsi a questa parte di cielo; ne consegue che l'area di cielo verso cui l'asse tende a puntare assume declinazioni meridionali, mentre l'area di cielo da cui si allontana tende a diventare visibile anche a latitudini più settentrionali. All'epoca dei Greci e dei Romani la parte di cielo in cui si trova α Centauri era visibile anche alle latitudini medie del Mediterraneo; i popoli mediterranei infatti conoscevano bene questa stella, che veniva considerata come il piede del Centauro: il nome proprio di α Centauri infatti è Rigel Kentaurus, e anche se derivato dalla frase araba per "Piede del Centauro", ricorda sempre la sua "funzione" all'interno della costellazione. Fra circa 3000 anni l'ascensione retta di α Centauri sarà pari a 18h, che equivale al punto più meridionale che la stella potrà raggiungere; dopo di che, l'asse terrestre inizierà a riallontanarsi da questa stella, che quindi assumerà declinazioni sempre più settentrionali. A questo movimento si aggiunge il grande moto proprio della stella stessa, che essendo molto vicina è logicamente notevole: infatti α Centauri sembra muoversi nella direzione di Hadar, alla velocità di 6,1 minuti d'arco al secolo. Con una magnitudine apparente integrata di −0,27,[6] α Centauri appare a occhio nudo come una stella singola, un po' meno brillante di Sirio e di Canopo, anch'esse poste nell'emisfero australe; la quarta stella più luminosa è invece Arturo, con una magnitudine di −0,04, nell'emisfero boreale. Se si considera invece il sistema di α Centauri come due stelle separate, la stella primaria del sistema, α Centauri A, ha una magnitudine apparente di +0,01, ossia appena meno luminosa di Arturo e impercettibilmente meno luminosa di Vega, la quinta stella, ponendosi così al quarto posto fra le stelle più luminose. La seconda compagna, α Centauri B, possiede invece una magnitudine di 1,33, diventando la ventunesima stella del cielo in ordine di luminosità. α Centauri A è il membro principale (o primario) del sistema, e appare leggermente più luminoso del nostro Sole, in termini assoluti. Si tratta comunque di una stella simile al nostro astro, di sequenza principale, con un colore tendente al giallastro, la cui classificazione è G2 V. Questa stella è circa il 10% più massiccia del nostro Sole, con un raggio del 23% più grande; La velocità di rotazione (v × sini) di α Centauri A è 2,7±0,7 km/s, che equivale a un periodo di rotazione di 22 giorni. α Centauri B è la componente secondaria del sistema, leggermente più piccola e meno luminosa del nostro Sole; anche questa è nella fase di sequenza principale; la sua classe spettrale è K1 V, ossia una stella di colore giallo-arancione. La sua massa è pari al 90% di quella del Sole e il suo raggio è del 14% più piccolo; la velocità di rotazione è 1,1±0,8 km/s, equivalente a un periodo di 41 giorni. Una stima precedente indicava questo valore pari a 36,8 giorni. Osservazioni effettuate nei raggi X con i satelliti ROSAT e XMM-Newton hanno evidenziato che la componente B emette più energia in questo intervallo spettrale rispetto ad α Centauri A, nonostante sia complessivamente la meno luminosa delle due. Le curve di luce in banda X hanno evidenziato inoltre una certa variabilità delle due stelle, più rapida per α Centauri B che per A. Per quest'ultima la spiegazione più accreditata è la presenza di un ciclo solare simile a quello undecennale del Sole, mentre α Centauri B è una vera e propria stella a brillamento: sono stati infatti osservati due brillamenti, sia con ROSAT che con XMM-Newton, anche se sono fra i più deboli registrati per questo tipo di stelle. La terza componente, α Centauri C, è anche nota come Proxima Centauri; la sua classe spettrale è M5Ve o M5VIe, il che suggerisce che possa trattarsi o di una stella di sequenza principale (tipo V) o una stella subnana (tipo VI) il cui spettro presenta linee di emissione; l'indice di colore B-V è pari a +1,81. La sua massa è circa 0,12 M☉. Le due componenti visibili luminose del sistema doppio sono chiamate α Centauri AB: la designazione "AB" indica il centro gravitazionale apparente delle componenti principali relativamente all'altra (o alle altre) compagna minore. "AB-C" si riferisce all'orbita di Proxima attorno alla coppia centrale. Questo sistema di designazione consente agli astronomi specializzati in sistemi stellari multipli di definire gli astri componenti in funzione delle diverse relazioni che intercorrono fra essi, come nel caso di questo terzetto di stelle. La designazione di tutte le componenti viene gestita e controllata dallo U.S. Naval Observatory, in un catalogo aggiornato continuamente chiamato Washington Double Star Catalog (WDS), che contiene oltre 100 000 stelle doppie, indicate secondo questa nomenclatura. Alcuni vecchi riferimenti riportano la designazione, oggi deprecata, di A×B. Dato che la distanza fra il Sole e α Centauri AB non è significativamente diversa rispetto a quella fra il Sole e le singole componenti, da un punto di vista gravitazionale questo sistema è considerato come se fosse un unico oggetto. Le componenti AB di α Centauri percorrono le loro orbite attorno al baricentro del sistema in un periodo di 79,91 anni,[16] avvicinandosi reciprocamente fino a 11,2 au (1,68 miliardi di chilometri), circa la distanza media fra il Sole e Saturno) e allontanandosi fino a una distanza di 35,6 au (5,33 miliardi di chilometri), circa la distanza media fra il Sole e Plutone.[16][39] Le orbite delle due stelle sono dunque ellittiche, ma a differenza di quelle dei pianeti del Sistema solare, la loro eccentricità è notevole (e = 0,5179). Dai parametri orbitali, utilizzando la terza legge di Keplero, è possibile risalire alla massa del sistema, che risulta essere pari a circa 2 M⊙; una stima delle masse delle due singole stelle è di 1,09 M⊙ e 0,90 M⊙ rispettivamente per α Centauri A e B. Stime successive, tuttavia, danno valori leggermente più alti: 1,14 M☉ per α Centauri A e 0,92 M☉ per α Centauri B, portando la massa complessiva del sistema a 2,06 M☉ . α Centauri A e B hanno una magnitudine assoluta pari rispettivamente a +4,38 e +4,71. Questi valori, insieme alle caratteristiche spettrali dei due astri, permettono di desumere l'età delle due stelle che, secondo le attuali teorie sull'evoluzione stellare, oscillerebbe fra i 5 e i 6 miliardi di anni, leggermente più vecchie del Sole. Vista dalla Terra l'orbita apparente di questa stella binaria risulta essere fortemente inclinata (oltre 79º), causando una notevole variazione della separazione angolare dei due astri nel corso del tempo: fino al febbraio del 2016 le due stelle si avvicineranno sempre di più, raggiungendo una distanza minima apparente di quattro secondi d'arco, dopo di che riprenderanno ad allontanarsi. La minima separazione angolare possibile è di poco inferiore a 2", mentre la massima è di 22" e si è avuta l'ultima volta nel febbraio del 1976; la prossima si avrà nel gennaio del 2056. Se consideriamo l'orbita reale, invece, le due stelle hanno raggiunto il periastro (il punto di minima distanza reale) nell'agosto del 1956, mentre il prossimo sarà raggiunto nel maggio del 2035; il punto di massimo allontanamento (apoastro) è stato raggiunto invece nel maggio 1995, mentre il prossimo lo sarà nel 2075. In questa fase dell'orbita, pertanto, le due stelle sono in fase di reciproco avvicinamento. Proxima Centauri (spesso chiamata anche solo Proxima) è la debolissima nana rossa che si trova a circa 12000 o 13000 au dal sistema α Centauri AB, equivalente a 0,12 anni luce o 1,94 bilioni di km (circa il 5% della distanza fra il Sole e la coppia α Centauri AB). Proxima appare gravitazionalmente legata al sistema AB, compiendo un'orbita attorno alle due stelle in un periodo di circa 550000 anni, con un'eccentricità pari a circa 0,50; ciò determina che la stella raggiunga una distanza da α di circa 4300 au al periastro (ossia il punto più vicino dell'orbita rispetto al sistema centrale) e di circa 13000 au all'apoastro (il punto più lontano dell'orbita rispetto al sistema centrale). Proxima è una nana rossa di classe spettrale M5.5V, con una magnitudine assoluta di +15,53, dunque notevolmente inferiore a quella del Sole. La massa di questa stella è stimata sui 0,123±0,06 M⊙ (arrotondato a 0,12 M☉) o circa un ottavo di quella del Sole. Tutte le componenti di α Centauri mostrano un moto proprio notevole rispetto alle stelle di fondo, similmente a quanto avviene per altre stelle luminose, come Sirio e Arturo. Nel corso dei secoli questo causa un lento spostamento della posizione apparente della stella; stelle di questo tipo vengono chiamate stelle a elevato moto proprio. Questi moti stellari erano sconosciuti agli antichi astronomi, che credevano che le stelle fossero eterne e permanentemente fissate sulla sfera celeste, come si evince per esempio dalle opere del filosofo Aristotele. Edmond Halley nel 1718 scoprì che alcune stelle si erano notevolmente spostate dalla posizione astrometrica rilevata in passato;[49] per esempio, la brillante stella Arturo (α Boo), nella costellazione di Boote, mostrava di essersi spostata di circa mezzo grado in 1800 anni, come pure Sirio (α CMa), nel Cane Maggiore. Il raffronto che fece Halley si basò sulle posizioni indicate nel catalogo di Tolomeo (l'Almagesto), i cui dati si basavano sulle misurazioni eseguite da Ipparco durante il I secolo a.C. Gran parte dei moti propri stellari rilevati da Halley furono relativi a stelle dell'emisfero boreale, così quello di α Centauri non fu determinato fino all'Ottocento. L'osservatore scozzese Thomas James Henderson fu colui che scoprì, all'inizio dell'Ottocento, la vera distanza di α Centauri, dal Royal Observatory sul Capo di Buona Speranza. Le sue conclusioni furono dovute proprio allo studio dell'insolitamente alto moto proprio del sistema che comportava che la velocità reale osservata attraverso lo spazio doveva essere molto più elevata. In questo caso il moto stellare apparente fu trovato utilizzando le osservazioni astrometriche condotte da Nicholas Louis de Lacaille risalenti al 1751-1752, attraverso le discrepanze di posizione fra quelle del Lacaille e quelle dell'epoca di Henderson. Dai dati del Catalogo Hipparcos (HIP), risulta che il moto proprio delle singole componenti del sistema sia pari a −3678 mas/anno (ovvero −3,678 secondi d'arco all'anno) in ascensione retta e +481,84 mas/anno (0,48184 secondi d'arco all'anno) in declinazione. Dato che il moto proprio è cumulativo, il movimento di α Centauri è pari a circa 6,1 minuti d'arco/secolo (367,8 secondi d'arco/secolo), quindi 61,3 minuti d'arco/millennio (1,02°/millennio). Questi movimenti sono pari rispettivamente a un quinto e due volte il diametro della Luna Piena. La spettroscopia ha determinato la velocità radiale di α Centauri AB pari a −25,1±0,3 km/s. Un calcolo più preciso prende in considerazione anche la leggera differenza di distanza stellare rispetto al moto della stella: attualmente infatti sia il moto proprio che la parallasse di α Centauri aumentano leggermente a causa del fatto che il sistema si sta avvicinando a noi. Tali cambiamenti si osservano pure nelle dimensioni del semiasse maggiore a dell'orbita apparente, che sta aumentando a un ritmo di 0,03 secondi d'arco al secolo come le due stelle si avvicinano. Anche il periodo orbitale di α Centauri AB si accorcia brevemente (circa 0,006 anni al secolo), sebbene sia una variazione apparente causata dalla riduzione del tempo che la luce impiega a giungere fino a noi, come la distanza si riduce.[37] Di conseguenza, l'angolo di posizione osservato delle stelle è soggetto a cambiamenti degli elementi orbitali nel tempo, come fu determinato dall'equazione di W. H. van den Bos nel 1926. Alcune piccole ulteriori differenze, di circa 0,5% nella misura del moto proprio, sono causate dal movimento orbitale di α Centauri AB. Basandosi su queste misure di moto proprio e velocità radiale osservate, si può affermare che α Centauri continuerà in futuro a diventare leggermente più luminosa, passando dapprima a meno di un grado da Hadar e poi poco a nord della Croce del Sud, muovendosi poi verso nord-ovest e infine verso l'equatore celeste, allontanandosi sempre più dalla scia della Via Lattea. Attorno all'anno 29700 α Centauri si troverà nell'area dell'attuale costellazione dell'Idra e sarà a una distanza di esattamente 1 pc (3,3 anni luce) dal Sistema solare. Quindi raggiungerà una velocità radiale (RVel) stazionaria di 0,0 km/s. Subito dopo questa fase il sistema inizierà ad allontanarsi da noi, mostrando così una velocità radiale positiva. Attorno al 43300 α Centauri passerà vicino alla stella di seconda magnitudine Alphard (α Hydrae); a quel punto la sua distanza sarà aumentata a 1,64 pc (5,3 anni luce). A causa della prospettiva, fra circa 100000 anni, il sistema di α Centauri raggiungerà il punto di fuga finale e scomparirà rapidamente confondendosi fra le deboli stelle di fondo della Via Lattea. A quel punto quella che una volta era una brillante stella gialla finirà al di sotto della visibilità a occhio nudo, in un punto situato nell'attuale debole costellazione australe del Telescopio: quest'insolito punto di fuga (insolito perché attualmente la stella sembra dirigersi proprio nella direzione opposta a questa costellazione) è dovuto all'orbita di α Centauri attorno al centro galattico, che è molto inclinata rispetto al piano galattico e anche rispetto a quella del nostro Sole. In virtù della sua vicinanza al sistema solare α Centauri appare come la terza stella più brillante del cielo; Sirio è l'attuale stella più luminosa del cielo notturno (con una magnitudine di −1,46) e resterà ancora tale per i prossimi 50 000 anni, durante i quali aumenterà la propria luminosità (fino quasi a sfiorare la magnitudine −1,7) per poi andare incontro a un progressivo affievolimento. Le simulazioni suggeriscono che la combinazione del suo moto in avvicinamento e il contemporaneo allontanamento e il conseguente affievolimento di alcune delle stelle più brillanti dell'epoca attuale, renderanno Vega, per il periodo compreso, la stella più brillante del cielo, con una magnitudine apparente di −0,81; Più in fretta ancora aumenterà la luminosità di Altair, che passerà da un attuale valore di +0,77 a −0,53 in 140 000 anni, per poi decadere altrettanto rapidamente. Arturo si trova attualmente al punto più vicino a noi, dunque in futuro la sua luminosità diminuirà, come quella di Canopo, che fino a 100 000 anni fa era la stella più brillante del cielo. Il suo moto in avvicinamento verso il sistema solare, che la porterà sino alla distanza di 1 pc, farà sì che α Centauri nei prossimi 30 000 anni incrementi la propria luminosità apparente, sino a raggiungere un valore di circa −0,86, superando la brillantezza di Canopo. Il successivo allontanamento porterà la stella a diminuire la propria brillantezza; tra 40 000 anni la sua magnitudine sarà scesa a +1,03. La tabella sottostante indica i dati delle magnitudini apparenti delle stelle esaminate nel grafico, con un campionamento di 25 000 anni; il grassetto indica la stella più luminosa nel periodo indicato. In passato si pensava che la presenza di pianeti extrasolari orbitanti attorno a stelle doppie fosse improbabile, a causa delle perturbazioni gravitazionali indotte delle stelle componenti il sistema. Ma la scoperta di pianeti attorno ad alcune stelle doppie, come γ Cephei, ha fatto ritenere possibile l'esistenza di pianeti di tipo terrestre nel sistema di α Centauri. Essi possono infatti orbitare attorno alla componente A o alla componente B, oppure possedere un'orbita sufficientemente ampia da comprendere entrambe le stelle. Le due stelle principali del sistema mostrano caratteristiche molto simili a quelle del nostro Sole (come per esempio l'età e la metallicità, quest'ultima un fattore molto importante per la formazione di pianeti rocciosi di tipo terrestre), per cui l'interesse degli astronomi verso questo sistema è ulteriormente incrementato. Vari gruppi di ricerca specializzati nel trovare pianeti extrasolari hanno utilizzato diversi sistemi di misurazione della velocità radiale o del transito per cercare eventuali corpi orbitanti attorno alle due stelle principali,[71] ma per un lungo periodo tutte le ricerche condotte non avevano permesso di individuare attorno alle due stelle principali di α Centauri alcun corpo celeste, come nane brune, pianeti gioviani o piccoli pianeti terrestri. Il 17 ottobre 2012 viene pubblicata su Nature la scoperta, annunciata dall'Osservatorio Europeo Australe (ESO), di un possibile esopianeta, orbitante intorno alla componente B del sistema stellare, avente una massa di poco superiore a quella terrestre denominato Alfa Centauri Bb. Tuttavia l'estrema vicinanza alla sua stella lo collocherebbe ben al di qua della cosiddetta zona abitabile. Modelli simulati al computer suggeriscono che la formazione di giganti gassosi simili a Giove e Saturno sia molto improbabile, a causa dei forti effetti gravitazionali e del momento angolare orbitale di questo sistema binario. Basandosi su simulazioni al computer inizialmente alcuni astronomi fecero l'ipotesi che eventuali pianeti terrestri orbitanti vicino alla zona abitabile non avrebbero potuto mantenere il loro moto di rivoluzione stabile in quella fascia per diverso tempo. La perdita di questi piccoli corpi sarebbe potuta avvenire alcuni miliardi di anni fa, durante la formazione del sistema, a causa delle forti perturbazioni a opera delle due componenti stellari. Studi successivi hanno invece dimostrato che entrambe le componenti possono mantenere in orbite stabili eventuali pianeti di tipo terrestre. La vicinanza del sistema lo rende il primo candidato per un'eventuale missione spaziale interstellare. Per percorrere la distanza che separa α Centauri dal Sole occorrerebbero, con la tecnologia attuale, non meno di alcuni secoli. Il 25 marzo 2015 Demory et al. hanno pubblicato un articolo con i risultati di 40 ore di osservazioni compiute su Alfa Centauri B con il telescopio spaziale Hubble. Anche se il gruppo di astronomi ha escluso eventi di transito per Alfa Centauri Bb (che non esclude la sua esistenza, ma solamente che il pianeta non si trova sullo stesso piano rispetto al Sole e α Centauri)), hanno rilevato un evento di transito corrispondente a un possibile corpo planetario. Questo pianeta molto probabilmente orbita attorno a Alfa Centauri B in un periodo di 20,4 giorni circa, con una probabilità del 5% che la sua orbita sia più lunga. Se confermato, questo pianeta sarebbe chiamato Alfa Centauri Bc, e anch'esso, come Alfa Centauri Bb, sarebbe troppo vicino alla sua stella madre per potere ospitare la vita. Nel 2016 arrivò notizia dall'osservatorio australe europeo di La Silla, in Cile, della presenza di un pianeta roccioso simile alla Terra intorno alla stella Proxima Centauri. Risulta inoltre che il pianeta di Proxima Centauri ha un'atmosfera contenente metano e ossigeno, gas che possono fare pensare alla presenza di alghe e di batteri. A una sonda da spedire verso Proxima Centauri punta un progetto finanziato dal miliardario russo Yuri Milner. Questo progetto era sostenuto anche dal fisico Steven Hawking. Diversi studi hanno suggerito che attorno alle componenti di α Centauri esistono delle regioni in cui eventuali pianeti possano avere delle orbite stabili; queste orbite possono trovarsi a non meno di 70 au attorno alle due componenti, oppure a meno di 3 UA da ciascuna delle due componenti prese singolarmente. Alcuni astronomi credono però che eventuali pianeti di tipo terrestre potrebbero essere aridi o non possedere un'atmosfera con spessore sufficiente a sostenere la vita; questo perché nel nostro sistema solare sia Giove che Saturno furono probabilmente fondamentali nel perturbare l'orbita delle comete, dirigendole verso la parte più interna del sistema solare, dove avrebbero fornito ghiaccio, e quindi acqua, ai pianeti interni. Le comete avrebbero potuto trovarsi in una sorta di "Nube di Oort" posta nelle regioni più esterne del sistema, quando avrebbero potuto essere influenzate gravitazionalmente sia da giganti gassosi sia da eventuali stelle che transitavano nelle vicinanze, così che queste avrebbero potuto viaggiare verso la zona interna. Tuttavia non ci sono state finora dirette evidenze dell'esistenza di una "Nube di Oort" attorno a α Centauri AB e teoricamente questa potrebbe essere stata completamente disgregata durante la formazione del sistema. Altri invece sostengono che l'esistenza di una Nube di Oort non può essere al momento esclusa, e comunque il ruolo di Giove e Saturno potrebbe essere stato svolto dall'azione gravitazionale di una delle stelle del sistema nei confronti dell'altra. Un eventuale pianeta simile alla Terra attorno a α Centauri A dovrebbe trovarsi a circa 1,25 UA dalla stella (circa a metà strada fra la distanza dell'orbita terrestre e quella marziana) per avere delle condizioni climatiche che consentano la presenza di acqua allo stato liquido. Per mantenere queste condizioni attorno a α Centauri B, un pianeta dovrebbe trovarsi a una distanza di 0,7 UA, con un'orbita dunque simile a quella di Venere. Per trovare prove dell'esistenza di questi pianeti sia Proxima Centauri che il sistema α Centauri AB sono fra gli obiettivi della Space Interferometry Mission (SIM) della NASA; trovare pianeti con una massa pari o inferiore a tre masse terrestri compresi entro due UA sarà possibile tramite l'applicazione di questo programma, che comunque non partirà prima del 2015. Un monitoraggio del sistema su base decennale effettuato con il telescopio Chandra ha concluso che eventuali pianeti orbitanti intorno alle due stelle più luminose del sistema, con buona probabilità vengono colpiti dai raggi X della propria stella in misura inferiore rispetto a pianeti simili orbitanti intorno al sole, stimando eventuali prospettive di vita favorevoli. Osservato dalla coppia di stelle più interna del sistema di α Centauri, il cielo (a parte le tre stelle del sistema) apparirebbe quasi identico a come appare visto dalla Terra, con la maggior parte delle costellazioni, come l'Orsa Maggiore e Orione, praticamente invariate. Tuttavia, il Centauro perderebbe la sua stella più brillante e il nostro Sole apparirebbe come una stella di magnitudine 0,5 nella costellazione di Cassiopea, vicino a ε Cassiopeiae. La sua posizione è facilmente calcolabile, poiché sarebbe agli antipodi della posizione di α Centauri vista dalla Terra: avrebbe ascensione retta 02h 39m 35s e declinazione +60° 50′ 00″. Un ipotetico osservatore vedrebbe così la caratteristica "\/\/" di Cassiopea mutata in un segno simile a questo "/\/\/". Le stelle vicine brillanti come Sirio e Procione si troverebbero in posizioni molto diverse, come pure Altair con uno scarto minore. Sirio andrebbe a fare parte della costellazione di Orione, due gradi a ovest di Betelgeuse, poco più debole che visto dalla Terra (−1,2). Fomalhaut e Vega, invece, essendo abbastanza lontane, sarebbero visibili quasi nella stessa posizione. Proxima Centauri, pur facendo parte dello stesso sistema, sarebbe appena visibile a occhio nudo, con magnitudine 4,5. Un pianeta attorno a α Centauri A o B vede l'altra stella come un "secondo sole". Per esempio un ipotetico pianeta terrestre a 1,25 UA da α Centauri A (con una rivoluzione di 1,34 anni) sarebbe illuminato come dal Sole dalla sua primaria, mentre α Centauri B apparirebbe da 5,7 a 8,6 magnitudini più fioca (da −21 a −18,2), da 190 a 2700 volte più debole della primaria, ma ancora da 29 a 9 volte più luminoso della Luna piena. Viceversa un pianeta a 0,71 AU da α Centauri B (con un periodo di 0,63 anni) sarebbe illuminato come dal Sole dalla sua primaria e vedrebbe la secondaria da 4,6 a 7,3 magnitudini più debole (da −22,1 a −19,4), da 70 a 840 volte più fioca della principale, ma ancora da 45 a 15 volte più luminosa della Luna piena. In entrambi i casi il sole secondario farebbe il giro di tutto il cielo durante l'anno planetario, partendo a fianco del principale e finendo, mezzo periodo dopo, nella posizione opposta: si avrebbero dunque le condizioni del "Sole di mezzanotte", con almeno uno o due giorni privi di scambio notte-giorno. Questa brillante stella del sud ben nota con il nome di α Centauri (secondo la designazione di Bayer), possiede in realtà diversi nomi propri; il più diffuso è quello di Rigel Kentaurus spesso abbreviato nella forma Rigil Kentaurus, inizialmente derivante da Rijil Kentaurus[ (Riguel Kentaurus in portoghese), tutte forme derivate dall'arabo Rijl Qanṯūris (o Rijl al-Qanṯūris, con il significato di "Piede del Centauro"). Un nome alternativo, ma meno usato in italiano, è Toliman, la cui etimologia deriva sempre dall'arabo, al-Ẕulmān ("le ostriche"). Durante l'Ottocento l'astrofilo Elijah H. Burritt chiamò questa stella Bungula, forse unendo la lettera "β" (sebbene la lettera di questa stella sia "α") al termine latino ungula ("zoccolo"). Quest'ultimo nome è raramente usato. La luminosità di questo sistema stellare e soprattutto la sua vicinanza a noi (quattro anni luce sono davvero un'inezia se paragonati alle normali distanze spaziali) ha giocato un ruolo fondamentale nel fare sì che α Centauri fosse oggetto di speculazioni fantascientifiche, che venisse citata nella letteratura e nei videogiochi. Proxima Centauri (dal latino Proxima, col significato di "prossima", "la più vicina"), spesso abbreviata in Proxima, è una stella nana rossa di classe spettrale M5 Ve, posta a circa 4,2 al in direzione della costellazione del Centauro; fu scoperta da Robert Innes, direttore dello Union Observatory, in Sudafrica, nel 1915. Parte del sistema di α Centauri, è la stella più vicina al Sole. Grazie alla sua vicinanza, il suo diametro angolare può essere misurato direttamente; le misurazioni indicano che il suo raggio equivale a circa un settimo di quello solare. La massa equivale a circa un ottavo di quella solare, mentre la densità è quaranta volte superiore a quella del Sole. Sebbene Proxima possieda una luminosità molto bassa, è soggetta a improvvisi e casuali brillamenti, causati dalla sua attività magnetica. Il campo magnetico di questa stella è alimentato dai moti convettivi che avvengono nel suo interno e il brillamento che ne risulta periodicamente genera un'emissione a raggi X simile a quella prodotta dal Sole. La composizione di Proxima, il suo basso tasso di produzione di energia e le sue dinamiche indicano che resterà nella sequenza principale per almeno altri 4 000 miliardi di anni, ossia per circa 300 volte l'età attuale dell'Universo. Nel 2016 è stato individuato un pianeta potenzialmente dotato di acqua liquida superficiale nella fascia orbitale abitabile. Data la sua natura di nana rossa e di stella a brillamento, la possibilità che sul pianeta possa svilupparsi la vita è ancora da accertare. A causa della sua declinazione fortemente australe, Proxima Centauri, come del resto anche le componenti primarie del sistema di α Centauri, resta invisibile da gran parte delle aree dell'emisfero boreale; soltanto in prossimità del Tropico del Cancro le componenti maggiori diventano visibili, mentre Proxima, trovandosi quasi due gradi più a sud, si leva sull'orizzonte meridionale soltanto a partire dal 27º parallelo nord, equivalente alla latitudine della Florida, dell'Alto Egitto e dell'India settentrionale. Per contro, da gran parte dell'emisfero australe, questa stella si presenta circumpolare e può essere osservata durante tutto l'anno. Le nane rosse come questa sono in realtà troppo deboli, anche quando sono vicine, per poter essere osservate ad occhio nudo; basta pensare che da un ipotetico pianeta orbitante attorno ad una delle due stelle centrali del sistema, Proxima sarebbe soltanto di quinta magnitudine, ossia al limite della visibilità ad occhio nudo. La sua magnitudine apparente è pari a circa 11, così per poter essere osservata occorre un telescopio con un'apertura di almeno 80-100 mm ed un cielo in condizioni atmosferiche ottimali, possibilmente senza Luna e con Proxima non rasente l'orizzonte. Robert Innes fu il primo a scoprire, nel 1915, che Proxima Centauri possiede lo stesso moto proprio del sistema di α Centauri; egli suggerì anche quello che poi sarebbe diventato il suo nome proprio attuale. Nel 1917, l'astronomo olandese Joan Voûte, nel Royal Observatory del Capo di Buona Speranza misurò la parallasse trigonometrica della stella, scoprendo che Proxima Centauri si trovava ad una distanza dal Sole simile a quella di α Centauri; inoltre all'epoca Proxima era anche la stella con la più bassa luminosità assoluta conosciuta (MV = 15,5). Nel 1951, Harlow Shapley annunciò che Proxima Centauri era in realtà una stella a brillamento: uno studio comparato delle lastre fotografiche antecedenti aveva infatti mostrato che la stella si mostrava più luminosa in circa l'8% delle immagini, diventando così la stella a brillamento più attiva conosciuta. La sua vicinanza consentì inoltre di studiare i suoi brillamenti molto dettagliatamente; nel 1980 l'Osservatorio Einstein produsse una curva precisa dell'energia dei raggi X rilasciata durante i brillamenti. Ulteriori osservazioni dell'attività della stella sono stati compiuti dai satelliti EXOSAT e ROSAT, mentre le emissioni minori, simili a quelle solari, sono state osservate dal satellite giapponese ASCA nel 1995. Proxima Centauri è stata anche oggetto di ricerca da parte dei principali osservatori a raggi X, fra cui XMM-Newton e Chandra. Proxima Centauri è classificata come una nana rossa, ossia una stella di classe spettrale M (a cui corrisponde un colore rosso) che si trova nella fase di sequenza principale nel diagramma HR; in seguito è stata classificata come M5.5, ossia una nana rossa al limite inferiore di massa. La sua magnitudine assoluta, ossia la magnitudine apparente che la stella avrebbe se posta ad una distanza di 10 pc è 15,5; la sua luminosità totale, comprendendo tutte le lunghezze d'onda, è pari allo 0,17% di quella del Sole, sebbene se osservata alle lunghezze d'onda della luce visibile possieda solo lo 0,0056% della luminosità solare. Oltre l'85% dell'energia irradiata dalla stella si osserva infatti alle lunghezze d'onda dell'infrarosso. Nel 2002 l'interferometro ottico del Very Large Telescope permise di misurare direttamente il diametro angolare della stella, equivalente a 1,02±0,08 mas; rapportato alla distanza, emerge che il diametro effettivo di Proxima Centauri è circa un settimo di quello solare, cioè una volta e mezzo maggiore di quello di Giove; la massa della stella è stata stimata in appena il 12,3% di quella solare, pari a centoventinove volte quella di Giove. Dato che la densità media di una stella di sequenza principale è inversamente proporzionale alla massa della stella stessa, la densità di Proxima Centauri è comunque maggiore di quella del Sole: 56800 kg/m³ contro 1409 kg/m³. A causa della sua piccola massa, la struttura interna di Proxima è costituita interamente da una zona convettiva, che provoca un movimento di energia dall'interno all'esterno soltanto tramite un movimento fisico del plasma, anziché attraverso una zona radiativa; ciò implica che l'elio prodotto dalla fusione nucleare dell'idrogeno non si accumula nel nucleo, ma viene messo in circolo in tutta la stella. A differenza del Sole, che brucerà soltanto il 10% del suo idrogeno disponibile prima di uscire dalla sequenza principale, Proxima Centauri consumerà quasi totalmente la sua riserva di idrogeno prima di evolvere.vLa convezione è associata alla generazione e alla persistenza di un campo magnetico stellare; l'energia magnetica che proviene da questo campo viene rilasciata sulla superficie tramite i brillamenti, che aumentano brevemente la luminosità complessiva della stella. I brillamenti possono far sì che una porzione della superficie della stella possa raggiungere temperature fino a 27 milioni di K, sufficienti per emettere raggi X. La cromosfera di questa stella è attiva e il suo spettro mostra una forte linea di emissione tipica del magnesio monoionizzato, alla lunghezza d'onda di 280 nm. Circa l'88% della superficie di Proxima Centauri potrebbe essere attiva, una percentuale molto più alta di quella del Sole quando è al picco del ciclo solare. Anche durante i periodi di quiescenza con pochi o nessun brillamento, quest'attività costante aumenta la temperatura della corona fino a 3,5 milioni di K, mentre quella solare raggiunge al massimo i 2 milioni. Tuttavia, il livello totale di attività di questa stella è considerato relativamente basso rispetto ad altre stelle nane di classe M,[13] che è comunque elevato se rapportato all'età stimata della stella, dato che ci si aspetta che il livello di attività di una nana rossa cali costantemente nel corso dei miliardi di anni, come il tasso di rotazione stellare diminuisce. Da alcuni studi il livello di attività sembrava variare con un periodo di circa 442 giorni, un lasso di tempo più breve del ciclo solare, che dura 11 anni, tuttavia uno studio del 2016 sembra confermare che la stella ha un ciclo simile a quello del Sole, della durata di circa 7 anni. Proxima Centauri possiede anche un vento stellare, relativamente debole, consistente in non più del 20% del tasso di perdita di materia tipico del vento del nostro Sole. Poiché la stella è molto più piccola del nostro astro, tuttavia, il tasso di perdita per unità di superficie di Proxima Centauri risulta essere in proporzione fino a otto volte più elevato di quello della superficie solare. Una nana rossa con la massa di Proxima Centauri rimarrà nello stadio di sequenza principale per circa altri quattro bilioni (4×1012) di anni; come l'abbondanza di elio aumenta a seguito dei processi di fusione dell'idrogeno, la stella diventerà più piccola e più calda, cambiando il suo colore da rosso a blu, diventando così una nana blu evoluta. Quando il suo ciclo vitale sarà quasi al termine, diventerà pure più luminosa, raggiungendo il 2,5% della luminosità solare e riscaldando eventuali corpi orbitanti attorno ad essa per un periodo di diversi miliardi di anni. Una volta che la riserva di idrogeno si sarà esaurita, Proxima Centauri evolverà verso lo stadio di nana bianca (senza passare la fase di gigante rossa), esaurendo progressivamente la sua energia termica. Basandosi sulla parallasse di 772,3±2,4 millisecondi d'arco, misurata da Hipparcos (e l'ancor più precisa misurazione ottenuta utilizzando il Telescopio Spaziale Hubble, pari a 768,7±0,3[8] millisecondi d'arco), Proxima Centauri si trova a circa 4,2 anni luce di distanza da noi, pari a 270 000 volte la distanza fra la Terra e il Sole. Dal nostro Sistema solare Proxima si trova a 2,18° da α Centauri, equivalente in termini apparenti a quattro volte il diametro angolare della Luna; Proxima possiede anche un elevato moto proprio, pari a circa 3,85 secondi d'arco all'anno. La velocità radiale è di 21,7 km/s. Fra le stelle finora conosciute, Proxima è la stella più vicina a noi da circa 32 000 anni e resterà tale per almeno altri 33 000 anni, dopo i quali la stella più vicina diventerà Ross 248, un'altra nana rossa. Proxima continuerà ad avvicinarsi al Sole per i prossimi 26 700 anni, quando raggiungerà una distanza di appena 3,11 anni luce. La stella orbita nella Via Lattea ad una distanza dal centro che varia fra 8,3 e 9,5 kpc, con un'eccentricità pari a 0,07. Fin dalla scoperta di Proxima, fu ipotizzato che potesse trattarsi di una possibile compagna del sistema di α Centauri: la stella infatti si trova ad una distanza di appena 0,21 al (13 000 au) dalla coppia principale, della quale condivide il moto spaziale. La probabilità che ciò fosse solo casuale è stata data in circa una su un milione in uno studio del 1993. Per questa ragione, Proxima è talvolta indicata con la sigla α Centauri C. Anche i dati raccolti dal satellite Hipparcos, combinati con le osservazioni condotte a terra, supportarono l'ipotesi che le tre stelle fossero effettivamente parte di un unico sistema, con la possibilità che Proxima fosse vicina al suo apoastro, ossia il punto più lontano dell'orbita rispetto al sistema centrale. Mancavano tuttavia delle misure della velocità radiale dei tre astri sufficientemente accurate per ottenere una conferma definitiva. Queste sono state ottenute tra il 2004 e il 2016 tramite lo spettrografo HARPS, installato sul telescopio di 3,6 metri di diametro dell'ESO posto all'Osservatorio di La Silla, sviluppato per individuare nuovi pianeti extrasolari con il metodo delle velocità radiali. I risultati delle analisi, pubblicati nel 2016, indicano che Proxima orbita attorno alla coppia principale con un periodo orbitale dell'ordine di 550 000 anni, ad una distanza media di 8 700 UA. L'orbita presenta un valore piuttosto elevato dell'eccentricità orbitale, pari a circa 0,50; ciò determina che la stella raggiunga una distanza di circa 4 300 UA al periastro (ossia il punto più vicino dell'orbita rispetto al sistema centrale) e di circa 13 000 UA all'apoastro. Conseguenza che Proxima sia legata gravitazionalmente ad α Centauri è che le tre stelle abbiano condiviso il processo di formazione ed abbiano probabilmente la stessa composizione chimica; è inoltre possibile che l'interazione gravitazionale tra le tre stelle abbia avuto un'importante influenza sulla formazione e sulle caratteristiche dei pianeti nel sistema. Sei singole stelle, due sistemi binari ed una stella tripla mostrano un moto comune a quello del sistema di α Centauri attraverso lo spazio; le velocità spaziali di questo gruppo di stelle sono tutte comprese entro i 10 km/s rispetto al moto mostrato da α Centauri. Ciò farebbe pensare che si possa trattare di un'associazione stellare, che indicherebbe pertanto pure un punto di origine comune, come avviene negli ammassi aperti. Dopo tre anni di misure della velocità radiale della stella attraverso lo spettrografo HARPS, il 24 aprile del 2016 è stata annunciata la scoperta di un pianeta extrasolare, Proxima Centauri b (o Proxima b) avente una massa stimata di 1,27±0,18 M⊕ e che orbita nella zona abitabile di Proxima Centauri in poco più di undici giorni. Nel dicembre 2017 è stata annunciata la possibile scoperta mediante il metodo dei transiti di un ulteriore pianeta. Il pianeta, ancora da confermare, avrebbe un periodo di rivoluzione di 2-4 giorni e un diametro e massa inferiori a quelli della Terra. È però misurando le variazioni della velocità radiale che, nel 2019, un gruppo guidato da Mario Damasso dell'INAF ha annunciato la probabile presenza di un secondo pianeta in orbita a Proxima Centauri. Un primo annuncio è avvenuto nell'aprile del 2019, al quale ha fatto seguito una pubblicazione nel gennaio del 2020 sulla rivista Science Advances. Il pianeta sarà studiato nel 2020 e nel 2021 per la definitiva conferma con lo spettrografo HARPS, da Terra, e con il satellite Gaia dallo spazio. Proxima c sarebbe una super Terra con una massa circa 6 volte quella terrestre, in orbita a circa 1,5 UA dalla stella e con un periodo orbitale di 5,2 anni. Nel novembre del 2017 è stata annunciata[61] la scoperta da parte del radiotelescopio ALMA di una fascia di polveri attorno a Proxima Centauri. Secondo l'autore della ricerca, Guillem Anglada, la fascia di polveri fredde è ''la prima indicazione della presenza di un elaborato sistema planetario e non solo di un solo pianeta, attorno alla stella più vicina al nostro Sole''. Le particelle di roccia e ghiaccio varierebbero in dimensioni da meno di un millimetro sino a diversi chilometri di diametro, ad una temperatura di circa -230° e con una massa totale di circa un centesimo di quella terrestre. I dati di ALMA suggeriscono la presenza di una seconda cintura ancora più fredda, entrambe ad una distanza molto superiore rispetto a Proxima b che orbita a soli quattro milioni di chilometri dalla stella madre. Sempre secondo Anglada, «questo risultato suggerisce che Proxima Centauri possa avere un sistema a pianeti multipli con una ricca storia di interazioni che hanno portato alla formazione di una cintura di polvere.» L'autore dello studio condivide il proprio nome con l'astronomo che ha guidato il gruppo che ha scoperto Proxima Centauri b, Guillem Anglada-Escudé. Proxima Centauri è stata spesso suggerita come destinazione logica per il primo viaggio interstellare dell'umanità nonostante le stelle a brillamento non siano particolarmente ospitali. In ogni caso, la velocità massima che un veicolo può raggiungere con le attuali tecnologie è sufficiente solo per raggiungere la stella dopo ben 110000 anni. Tuttavia, sfruttando l'effetto fionda, una sonda spaziale può superare questa velocità, arrivando a raggiungere i 17 km/s, a fronte degli 8,3 km/s delle missioni Apollo. Le sonde Voyager 1 e Voyager 2 si stanno allontanando dal nostro sistema solare a questa velocità. Un più probabile viaggio di una sonda spaziale in grado di accelerare continuamente, con un motore atomico a ioni, fino al 30% della velocità della luce, con una analoga decelerazione nella parte finale del viaggio, impiegherebbe poco meno di venti anni, più quattro anni necessari perché il segnale radio giunga fino a noi. Il Sole da Proxima Centauri apparirebbe come una stella di magnitudine apparente 0,4, in direzione della costellazione di Cassiopea, in una posizione leggermente diversa rispetto a come apparirebbe dalle stelle centrali del sistema di α Centauri. Alfa Centauri A (α Cen A / α Centauri A) è una stella nana gialla della costellazione del Centauro. Si tratta della stella più brillante delle tre che compongono il sistema di Alfa Centauri; le sue due compagne sono α Centauri B e Proxima Centauri. La α Centauri A è anche una delle stelle più vicine al Sistema solare, trovandosi ad appena 4,36 al dal Sole, e la quarta stella per luminosità nel cielo notturno terrestre. La distanza ravvicinata al Sistema solare conferisce inoltre ad α Centauri un elevato moto proprio. α Centauri A appare estremamente simile al Sole per massa, diametro e temperatura; è infatti circa il 10% più massiccia del nostro astro, con un raggio del 23% più grande. Si tratta di una stella di sequenza principale, la cui classificazione è G2 V. La velocità di rotazione (v.sin i) di α Centauri A è 2,7 ± 0,7 km s-1, che equivale ad un periodo di rotazione di 22 giorni (per confronto quello del Sole è di 25 giorni). α Centauri A ha una magnitudine assoluta pari a +4,38. Questo valore, insieme alle caratteristiche spettrali dell'astro, permette di desumere l'età della stella che, secondo le attuali teorie sull'evoluzione stellare, oscillerebbe fra i 5 e i 6 miliardi di anni, leggermente più vecchia del Sole. Osservazioni effettuate nei raggi X con i satelliti ROSAT e XMM-Newton hanno evidenziato che α Centauri A emette meno energia in questo intervallo spettrale rispetto ad α Centauri B, nonostante quest'ultima sia complessivamente la meno luminosa delle due. Le curve di luce in banda X hanno evidenziato inoltre una certa variabilità delle due stelle, più rapida per α Centauri B che per A. Per quest'ultima la spiegazione più accreditata è la presenza di un ciclo solare simile a quello undecennale del Sole. Alfa Centauri B (α Cen B) è una stella nana arancione del sistema stellare di Alfa Centauri. Si tratta della seconda stella più brillante delle tre che compongono il sistema di Alfa Centauri; le sue due compagne sono α Centauri A e Proxima Centauri. Si trova a 4,40 anni luce dal Sistema solare, ed è una delle stelle più vicine. La distanza ravvicinata dal Sistema solare conferisce inoltre ad α Centauri un elevato moto proprio. α Centauri B è leggermente più piccola e meno luminosa del nostro Sole; anche questa è nella fase di sequenza principale, la cui classe spettrale è K1 V, ossia una stella di colore giallo-arancione. La sua massa è pari al 90% di quella del Sole e il suo raggio è del 14% più piccolo; la velocità di rotazione è 1,1±0,8 km/s, equivalente ad un periodo di 41 giorni. Una stima precedente indicava questo valore pari a 36,8 giorni. Osservazioni effettuate nei raggi X con i satelliti ROSAT e XMM-Newton hanno evidenziato che la componente B emette più energia in questo intervallo spettrale rispetto ad α Centauri A, nonostante sia complessivamente la meno luminosa delle due. Le curve di luce in banda X hanno evidenziato inoltre una certa variabilità della stella. α Centauri B è infatti una vera e propria stella a brillamento: sono stati infatti osservati due brillamenti, sia con ROSAT che con XMM-Newton, anche se sono fra i più deboli registrati per questo tipo di stelle. Il 17 ottobre 2012 sul settimanale Nature è stato pubblicato un articolo[8] che annunciava la scoperta tramite il metodo delle velocità radiali di un pianeta in orbita attorno alla stella. Tale pianeta, denominato Alfa Centauri Bb, possiede una massa di sole 1,14 M⊕ ed è tra i più piccoli esopianeti conosciuti. Orbita attorno alla sua stella madre con un periodo di 3,236 giorni ad una distanza di sole 0,04 au. Si tratta dell'esopianeta più prossimo alla Terra finora individuato. Il 25 marzo 2015, Demory et al. hanno pubblicato un articolo con i risultati di 40 ore di osservazioni compiute su Alfa Centauri B con il telescopio spaziale Hubble.[9] Anche se il gruppo di astronomi ha escluso eventi di transito per Alfa Centauri Bb (che non esclude la sua esistenza, ma solamente che il pianeta non si trova sullo stesso piano rispetto al Sole e α Centauri), hanno rilevato un evento di transito corrispondente ad un possibile corpo planetario. Questo pianeta molto probabilmente orbita attorno a Alfa Centauri B in un periodo di 20,4 giorni circa, con una probabilità del 5% che la sua orbita sia più lunga. Se confermato, questo pianeta sarebbe chiamato Alfa Centauri Bc, e anch'esso, come Alfa Centauri Bb, sarebbe troppo vicino alla sua stella madre per poter ospitare la vita. Nell'ottobre del 2015, un team di scienziati dell'Università di Oxford ha smentito l'esistenza del pianeta, dimostrando i difetti delle analisi dei dati di tre anni prima, al tempo della scoperta. Dumusque, lo scopritore del pianeta nel 2012, si è dichiarato d'accordo con questa analisi, affermando che il pianeta b molto probabilmente non esiste. Proxima Centauri b (chiamato anche Proxima b) è un pianeta extrasolare in orbita nella zona abitabile della nana rossa Proxima Centauri (componente C del sistema Alfa Centauri che si trova nella costellazione del Centauro). Proxima Centauri, distante dalla Terra 4,224 anni luce, è la stella più vicina al Sistema Solare e questo rende Proxima b l'esopianeta conosciuto più vicino possibile alla Terra e, a maggio 2020, quello con l'ottavo ESI (indice di similarità terrestre) più alto tra tutti gli esopianeti conosciuti (0,87). La scoperta è stata resa possibile da osservazioni della velocità radiale di α Centauri C attraverso lo spettrografo HARPS, montato sul telescopio da 3,6 m di diametro presso l'Osservatorio di La Silla dello European Southern Observatory (ESO), condotte dal 2013 al 2016 da un gruppo di astronomi afferenti alla Queen Mary, University of London a seguito di una campagna osservativa denominata Pale Red Dot. L'annuncio della sua scoperta è stato dato il 24 agosto 2016 con un resoconto scientifico pubblicato online dalla rivista Nature, con Guillem Anglada-Escudé quale primo firmatario. Il pianeta è stato scoperto attraverso il metodo delle velocità radiali, rilevando le variazione prodotte dall'effetto Doppler nello spettro di α Centauri C. Grazie alla precisione di HARPS sono state rilevate variazioni corrispondenti a velocità radiali di 5 km/h. Data la piccola massa della stella madre e i relativi modelli disponibili per stelle di questo tipo, non sembra plausibile l'ipotesi che un pianeta come Proxima Centauri b si sia formato nella sua attuale posizione, ed è più probabile che abbia avuto origine in un'altra zona del sistema e che solo successivamente sia migrato nella sua orbita attuale. In caso contrario dovrebbero essere rivisti gli attuali modelli sulla formazione planetaria. Proxima Centauri b orbita a 0,05 au dalla sua stella, un ottavo circa della distanza che separa Mercurio dal Sole, all'interno della zona abitabile del sistema, compiendo un'orbita completa in 11,186 giorni (11 giorni, 4 ore, 27 minuti e 50,4 secondi). È probabile che sia in rotazione sincrona a causa della prossimità con la sua stella. Per la sua massa è stato stimato un limite inferiore di 1,17 masse terrestri. Per una stima più accurata sarebbe necessario conoscere il valore della sua inclinazione orbitale, per ora incognito. Il 90% delle possibili orientazioni comportano una massa del pianeta comunque inferiore a 3 masse terrestri. Non è noto con precisione il raggio, in quanto non è stato osservato nessun transito del pianeta davanti alla propria stella madre, tuttavia esso dovrebbe essere compreso tra 0,94 e 1,4 volte il raggio terrestre. Se il pianeta fosse roccioso e con una densità simile a quella della Terra, la sua dimensione potrebbe essere il 10% maggiore di quella terrestre. Rimangono sconosciute composizione e condizioni atmosferiche, dal momento che non sono stati osservati suoi transiti. La sua massa suggerisce possa trattarsi di un pianeta terrestre, nel caso il suo raggio sia attorno ai valori terrestri, mentre nel caso della stima più elevata (1,4 R⊕) è probabile che esso sia completamente ricoperto da un unico oceano profondo 200 km. In quest'ultimo caso si tratterebbe dunque di un pianeta oceano. Proxima b riceve dalla sua stella all'incirca il 65% del flusso luminoso totale che la Terra riceve dal Sole, anche se la maggior parte del flusso elettromagnetico proveniente da una fredda nana rossa è nell'infrarosso, e nella banda della luce visibile il pianeta riceve solo il 2% della radiazione che la Terra riceve dal Sole, e la luminosità sul pianeta non sarebbe visualmente mai superiore a quella di un crepuscolo terrestre. Tuttavia riceve anche circa 400 volte il flusso di raggi X che la Terra riceve dal Sole. La sua temperatura di equilibrio planetaria è stata stimata essere 234 K (−39 °C), tuttavia a causa della forte escursione termica tra la faccia perennemente illuminata e quella in ombra è probabile che esista una zona intermedia in cui sia possibile la presenza di acqua allo stato liquido. Non è noto al momento se il pianeta sia abitabile o meno. Proxima b orbita all'interno della zona abitabile di Proxima Centauri, cioè in quella regione di spazio che è alla distanza giusta dalla propria stella affinché, nelle corrette condizioni e proprietà atmosferiche, sia possibile l'esistenza di acqua liquida sulla superficie del pianeta. Essendo la stella però una nana rossa, quindi molto più fredda del nostro Sole, un pianeta che orbita Proxima, per rientrare nella zona abitabile, deve essere molto più vicino alla propria stella di quanto lo sarebbe se orbitasse una stella più calda, come il Sole. Proxima b è così vicino alla propria stella che potrebbe essere in rotazione sincrona, cioè avrebbe sempre la stessa faccia rivolta verso la stella. Ciò comporterebbe che una metà del pianeta sia costantemente illuminata e quindi caldissima, mentre l'altra metà sia costantemente oscurata e quindi congelata[20]. Al limite tra queste due aree estreme, cioè nella zona crepuscolare, le temperature potrebbero essere però ideali per l'esistenza di acqua liquida sulla superficie. La presenza di un'atmosfera abbastanza spessa da garantire uno scambio termico tra le due zone renderebbe la porzione abitabile del pianeta più vasta. L'ipotesi di rotazione sincrona dipende dall'eccentricità dell'orbita, la quale non è ancora nota con esattezza, ma si sa essere comunque inferiore a 0,35[22] e quindi abbastanza elevata per poter garantire la possibilità di una risonanza orbitale 3:2, simile a quella di Mercurio con il Sole, che renderebbe possibile un'alternanza del giorno e della notte (a differenza della rotazione sincrona) e quindi un ambiente molto meno estremo e con temperature medie più simili a quelle terrestri. Il fatto che Proxima Centauri sia una stella a brillamento potrebbe precludere l'abitabilità di Proxima b perché continui brillamenti potrebbero portare via porzioni di atmosfera dal pianeta e le intense radiazioni sarebbero fatali per la vita sul pianeta, se non fosse protetto da un forte campo magnetico planetario. La presenza di tale campo magnetico, che dipende da fattori come la velocità di rotazione del pianeta e il riscaldamento interno mareale, non è esclusa rendendo teoricamente possibile la vita. Inoltre, osservazioni e simulazioni al computer del 2016 confermano che la stella ha un ciclo come il Sole di circa 7 anni; l'instabilità delle nane rosse riguarda i primissimi miliardi di anni della loro vita, ma Proxima, con un'età stimata di circa 5 miliardi di anni, potrebbe essere più stabile di ciò che si pensava in precedenza, anche se ciò non esclude che sia ancora soggetta a forti brillamenti, in proporzione molto più violenti di quelli delle stelle di tipo solare. Il primo studio deterministico per rilevare il clima su Proxima b è stato effettuato da ricercatori dell'Università di Exeter, utilizzando un programma modificato di meteorologia, il Met Office Unified Model, utilizzato per le previsioni climatiche terrestri. Uno studio effettuato a luglio 2017 con ulteriori modelli deterministici ha evidenziato che se un pianeta come la Terra orbitasse alla stessa posizione di Centauri-b intorno al proprio astro, l'intensa radiazione stellare ionizzerebbe rapidamente il gas atmosferico disperdendone rapidamente gli elementi nello spazio. Uno studio successivo basato sull'analisi di un super-brillamento osservato nel 2016 su Proxima b congiuntamente ad altri brillamenti inferiori avvenuti e rilevati dall'osservatorio di Cerro Tololo, ha evidenziato che la luce UV generata da tali brillamenti avrebbe raggiunto la superficie del pianeta con un'intensità cento volte maggiore di quella necessaria ad uccidere eventuali microorganismi UV resistenti e riducendo del 90% in cinque anni eventuali concentrazioni di ozono presenti e necessarie a bloccarne i raggi su un'atmosfera simile alla Terra. Alfa Centauri Bb è un ipotetico pianeta extrasolare in orbita intorno alla componente B del sistema Alfa Centauri che si trova nella costellazione del Centauro, la cui esistenza è stata però smentita nel 2015. Alla distanza dalla Terra di 4,37 anni luce, era l'esopianeta scoperto più vicino alla Terra fino alla scoperta di Proxima Centauri b avvenuta nel 2016. L'annuncio della scoperta di Alfa Centauri Bb ricevette l'attenzione dei media, e l'esistenza di questo pianeta fu vista come un punto di riferimento importante per gli studi futuri sugli esopianeti. Tuttavia, nel mese di ottobre del 2015, alcuni astronomi dell'Università di Oxford hanno pubblicato un articolo scientifico smentendo l'esistenza del pianeta, affermando che si trattava probabilmente di un artefatto nell'analisi dei dati. Lo stesso Dumusque, scopritore del pianeta tre anni prima, ha accettato il risultato, e affermato che, nonostante non ci sia la certezza assoluta della smentita, il pianeta probabilmente non esiste. La scoperta fu resa possibile da osservazioni della velocità radiale di α Centauri B attraverso lo spettrografo HARPS,[9] montato sul telescopio da 3,6 m di diametro presso l'Osservatorio di La Silla dello European Southern Observatory (ESO), condotte dal febbraio del 2008 al luglio del 2011 da un gruppo di astronomi europei afferenti all'Osservatorio di Ginevra e al Centro di Astrofisica dell'Università di Porto. Nei quattro anni della ricerca, sono state condotte 459 osservazioni dello spettro della stella, che sono state successivamente analizzate con metodi statistici. L'annuncio venne dato il 16 ottobre 2012 ed un resoconto scientifico pubblicato online il giorno seguente dalla rivista Nature, con Xavier Dumusque quale primo firmatario. Il pianeta era stato scoperto attraverso il metodo delle velocità radiali, rilevando le variazioni prodotte dall'effetto Doppler nello spettro di α Centauri B. Grazie alla precisione di HARPS sono state rilevate variazioni corrispondenti a velocità radiali di 51 cm/s. La probabilità che la scoperta possa rilevarsi spuria è dello 0,02%. Le caratteristiche che vennero annunciate al tempo della scoperta di Alfa Centauri Bb erano di un corpo che orbita a 0,04 au dalla sua stella, un decimo circa della distanza che separa Mercurio dal Sole, in 3,236 giorni (3 giorni, 5 ore, 39 minuti e 24,5 ± 69 secondi), al di fuori della zona abitabile del sistema, probabilmente in rotazione sincrona. La sua massa era stata stimata in, minimo, 1,13 masse terrestri. Rimanevano comunque sconosciute le sue dimensioni, composizione e condizioni atmosferiche, dal momento che non sono stati osservati suoi transiti. Tuttavia, la sua massa suggerisce possa trattarsi di una Super Terra. La temperatura superficiale è stata stimata in 1200 °C, superiore alla temperatura di fusione di molti silicati. (Per confronto, sulla superficie di Venere - la più calda del sistema solare - si raggiungono al massimo i 460 °C). A tali temperature, quindi, vaste zone della superficie potrebbero essere fuse e il pianeta apparirebbe come un "mondo di lava". Si ritiene che l'orbita di un pianeta con tali caratteristiche, così come quelle incluse nella zona abitabile di α Centauri B, non fossero destabilizzate dall'influenza gravitazione della compagna α Centauri A, il cui massimo avvicinamento è di 8,5 UA - valore confrontabile con quello dell'orbita di Saturno attorno al Sole. Al massimo avvicinamento, α Centauri A raggiungerebbe una magnitudine di −22,5 - pari a circa il 2% di come appare il Sole visto dalla Terra. La nostra stella, vista dal pianeta, raggiungerebbe una magnitudine di +0,47, leggermente più fioca di quanto appaia Procione dalla Terra. Analisi astrosismiche, dell'attività cromosferica e studi sulla rotazione stellare per le stelle A e B indicano che il sistema di α Centauri sia leggermente più vecchio del sistema solare, con un'età stimata compresa tra 4,5 e 7 miliardi di anni. Per mostrare l'influenza di un pianeta sulla velocità radiale della stella si sono dovute isolare diverse componenti, come gli effetti di macchie stellari, della rotazione e della fotosfera della stella, nonché le interferenze della vicina Alfa Centauri A. La variazione della velocità radiale era al limite della strumentazione di HARPS,[13] che ha una precisione a lungo termine di 0,8 m/s[1]. Il cacciatore di esopianeti Artie Hatzes ha tuttavia espresso dubbi sull'esistenza del pianeta, e suggerito che necessitano ulteriori conferme. Egli ha infatti provato prima a rimuovere il segnale periodico più forte trovando solo una debole traccia dell'esistenza di un corpo substellare, quindi ha provato altre tecniche tra cui quella di generare un falso segnale per trovare un corpo "estraneo", senza arrivare a nessun risultato. L'astronoma statunitense Debra Fischer approva invece il nuovo metodo di ricerca di Dumusque, tuttavia sottolinea che una conferma osservativa sia necessaria. L'astronoma e il suo team hanno iniziato una campagna di osservazione, tuttora in corso, all'osservatorio di Cerro Tololo poco dopo l'annuncio della scoperta del pianeta. Il gruppo europeo che ha fatto la scoperta tenterà di rilevare in futuro un transito planetario sulla stella madre e ha chiesto la disponibilità del telescopio spaziale Hubble per le osservazioni. Un transito potrebbe fornire informazioni su dimensioni del pianeta, composizione e condizioni atmosferiche. Tuttavia, data la linea di vista rispetto alla Terra, le dimensioni relativamente ridotte del pianeta e la natura binaria del sistema stellare, le possibilità di un transito di Alpha Centauri Bb osservabile dalla Terra sono stimate solo tra il 10 e il 30%. Nell'ottobre del 2015, un team di scienziati dell'Università di Oxford ha smentito l'esistenza del pianeta, dimostrando i difetti delle analisi dei dati di tre anni prima, al tempo della scoperta. Dumusque, lo scopritore del pianeta nel 2012, si è dichiarato d'accordo con questa analisi, affermando che il pianeta molto probabilmente non esiste. 

Il Sole e Nemesis

Nemesis è un oggetto astronomico ipotetico, più precisamente una stella nana rossa o nana bruna, in orbita intorno al Sole a una distanza da (circa) 50 000 a 100000 au, poco oltre la Nube di Oort. L'esistenza di questa stella è stata postulata in origine come una possibile spiegazione dei cicli di estinzioni di massa nella storia della Terra. Nel 1984 i paleontologi David Raup e Jack Sepkoski pubblicarono un articolo sostenendo di aver individuato una periodicità statistica nelle estinzioni di massa avvenute nel corso degli ultimi 250 milioni di anni, utilizzando diverse forme di analisi delle serie temporali. I due autori incentrarono l'estinzione sull'intensità di famiglie di fossili di vertebrati marini, invertebrati e protozoi, individuando 12 eventi di estinzione nel periodo di tempo preso in considerazione. L'intervallo di tempo medio fra gli eventi di estinzione era stimato sui 26 milioni di anni. A tutt'oggi, due degli eventi di estinzione individuati (Cretaceo-Terziario e Tardo Eocene) potrebbero essere messi in relazione a eventi di grande impatto. Sebbene Raup e Sepkoski non fossero riusciti a identificare le cause delle loro presunte periodicità, supposero che questi eventi potessero avere una connessione non-terrestre. La sfida di individuare un meccanismo di tipo non-terrestre è stata affrontata da diversi astronomi. Due squadre di astronomi (Whitmire & Jackson e la squadra Davis, Hut e Muller) hanno pubblicato nel 1984, indipendentemente, ipotesi simili per spiegare le estinzioni di massa avanzate da Raup e Sepkoski nella rivista Nature. Una di queste ipotesi propone che il sole potrebbe avere una stella compagna non ancora definita, in un'orbita ellittica molto ampia, la quale, periodicamente, disturberebbe la Nube di Oort, causando un incremento del numero di comete in viaggio verso il centro del nostro Sistema solare con un conseguente incremento di eventuali impatti sulla Terra. Questa ipotetica stella prende il nome di Nemesis o, come fu prontamente ribattezzata dai media,Death Star ("Stella della morte", in inglese il nome della Morte Nera di Guerre stellari). Ammessa l'esistenza di tale stella, l'esatta natura di Nemesis è ancora incerta. Richard A. Muller suggerisce che molto probabilmente l'oggetto sia una nana rossa con una magnitudine tra 7 e 12; mentre Daniel P. Whitmire e Albert A. Jackson sostengono che essa sia una nana bruna. Da precedenti studi sulle stelle di tipo solare, era emerso che l'84% di esse fa parte di un sistema binario. Muller, che all'epoca lavorava presso il telescopio del Leuschner Observatory al Lawrence Berkeley National Laboratory, diede incarico di individuare Nemesis all'astrofisico Saul Perlmutter che nel 1986 terminò la tesi "Ricerca astronomica di una compagna stellare del Sole" senza poterne confermare l'esistenza. L'ultimo grande evento di estinzione è stato (circa) 5 milioni di anni fa, così Muller stima la distanza di Nemesis da noi a circa 1-1 al identificando la posizione della stella nella porzione di cielo occupata dalla costellazione dell'Idra: idea basata su una supposta orbita, derivata dall'osservazione dei lunghi periodi atipici delle comete che descrivono un arco orbitale incontrando le specifiche delle ipotesi di Muller. Se Nemesis esistesse potrebbe essere rilevata da telescopi astronomici di nuova generazione e se fosse una nana bruna, come proposto dal Dr. Dan Whitmire e Albert A. Jackson IV, allora la missione WISE (iniziatasi il 14 dicembre 2009) potrebbe trovarla facilmente. Matese e Whitman hanno suggerito che l'ipotetica estinzione periodica potrebbe essere causata dall'oscillazione del Sistema Solare attraverso il piano della Via Lattea. Queste oscillazioni possono condurre a disturbi gravitazionali nella nube di Oort con le stesse conseguenze proposte dalla possibile orbita di Nemesis. Comunque, il periodo di oscillazione non è ben osservabile e potrebbe differire dai 26 milioni di anni (necessari alla teoria) fino al 40% in più. Dal 2000 in poi sono stati osservati dei planetoidi (oltre l'orbita di Nettuno), come (148209) 2000 CR105, aventi un'orbita ellittica molto accentuata e un elevato valore del perielio tale da fare escludere l'influenza di Nettuno su questi planetoidi. In questi casi, in genere, si invoca la remota possibilità del passaggio di giganti gassosi o di stelle nell'estrema periferia del Sistema Solare (nel nostro caso potrebbe coincidere con Nemesis). Nemesis ha iniziato ad influenzare anche la letteratura: Isaac Aimov, scrittore di fantascienza ha dedicato a questa stella un libro. Vi sono alcune inesattezze scientifiche (le catastrofi provocate dalla nana bruna -o nana rossa, non lo sappiamo ancora- vengono esagerate e la stella non viene descritta come compagna del sole) ma, quando parliamo di Nemesis si tratta comunque di un argomento interessante. Il nome Nemesis deriva da quello della dea greca Nemesi. Nemesi (in greco antico: Nέμεσις, Némesis) è una dea della mitologia greca, secondo alcuni figlia di Zeus, secondo altri figlia di Oceano e Notte e poi posseduta dallo stesso Zeus nel tempio di Ramnunte: genera un uovo che viene raccolto e consegnato a Leda e da cui usciranno Elena e i Dioscuri. Il nome deriva dal greco νέμεσις (némesis), νέμω (némō, "distribuire"), dalla radice indoeuropea nem- nella mitologia greca, e fu il nome della dea "Distribuzione della Giustizia"; la giustizia intesa come codice giuridico era invece attribuita alla dea Diche. Nemesi provvedeva soprattutto a metter giustizia ai delitti irrisolti o impuniti, distribuendo e irrogando gioia o dolore a seconda di quanto era giusto, perseguitando soprattutto i malvagi e gli ingrati alla sorte. Non esiste una dea corrispettiva nella Religione romana che invece ereditò l'ora Diche come dea della giurisdizione, l'attuale Iustitia con la benda sugli occhi e la bilancia in mano, tuttavia i Romani dedicarono a Nemesi un'ara sul Campidoglio dove i soldati erano soliti deporre una spada prima di partire per la guerra. Ricercatori dell'Università della California (Berkeley) e dell'Università di Harvard hanno dimostrato con un modello matematico che tutte le stelle nascerebbero in sistemi binari o multipli, di conseguenza anche il nostro Sole dovrebbe aver avuto il suo gemello. Gli studiosi, coordinati dal fisico teorico Steven Stahler e dalla radioastronoma Sarah Sadavoy, che segue Hubble per conto della NASA presso il prestigioso Smithsonian Astrophysical Observatory, hanno in pratica rispolverato la teoria di Nemesis, il gemello 'cattivo' del Sole che ciclicamente - ogni 27 milioni di anni - si ripresenterebbe ai margini del Sistema solare. La stella viene chiamata in questo modo poco lusinghiero poiché, in base ad alcuni studi, molti dei quali condotti verso la fine degli anni '80, a causa della forza gravitazionale si porterebbe dietro pericolose comete in grado di bersagliare i pianeti del Sistema solare, compresa la nostra Terra. Benché non vi siano evidenze dirette, Nemesis sarebbe responsabile delle estinzioni di massa osservate sul nostro pianeta, che si presentano con un inquietante ciclo periodico. I dinosauri non aviani e altri gruppi di animali, 64 milioni di anni fa, nel tardo Cretaceo, sarebbero estinti proprio a causa di un asteroide "trasportato" da Nemesi. Ma torniamo allo studio che ha ridato linfa vitale a questa suggestiva teoria. Gli studiosi hanno determinato la nascita non solitaria delle stelle grazie allo studio della nube molecolare di Perseo, considerata una vera e propria culla per stelle in formazione. Attraverso la missione VANDAM sono state censite diverse giovani stelle di classe 0 (con meno di 500mila anni) e quelle di classe 1 (con meno di un milione di anni) all'interno della nube, che si trova a 600 anni luce da noi. Combinando questi dati con altre osservazioni, i ricercatori hanno individuato 45 stelle solitarie, 19 sistemi binari e 5 sistemi multipli. Dall'analisi delle distanze, delle posizioni e della distribuzione delle stelle, attraverso un modello matematico Sadavoy e colleghi sono giunti alla conclusione che esse sono nate tutte da sistemi binari o multipli. "Le stelle di tipo solare non sono primordiali - ha sottolineato il professor Stahler - ma sono il risultato della rottura dei sistemi binari". In base alle stime, attualmente il gemello del Sole dovrebbe trovarsi a una distanza di tre giorni luce, ovvero circa 500UA (unità astronomiche, la distanza tra Terra e Sole), nascosto da qualche parte nel cuore della Via Lattea. Sebbene venga definito gemello, Nemesis potrebbe essere una debole nana bruna, ridotto in questa situazione proprio dal Sole che, durante le fasi accrescimento, gli avrebbe strappato la maggior parte di polveri e gas. Le prove della sua esistenza, come specificato, non sono mai state trovare, tuttavia alcuni pensano che possano essere lette nella curiosa orbita del pianeta nano Senda, influenzata dalla forza gravitazionale di un misterioso oggetto celeste. I dettagli della ricerca sono stati divulgati su arXiv.org e sono in attesa di pubblicazione sull'autorevole rivista scientifica Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Steven Stahler, astronomo dell'Università di Berkeley, e Sarah Sadavoy, collega dell'università di Harvard, a seguito di una ricerca effettuata su una nube molecolare (un tipo di nube interstellare in cui la densità e la temperatura permettono la formazione di molecole di idrogeno a partire da singoli atomi di idrogeno) nella costellazione di Perseo hanno portato alla luce nuovi elementi che confermerebbero la possibile esistenza di Nemesis, l'ipotizzata stella gemella del nostro Sole. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica della Royal Astronomical Society. La ricerca dei due astronomi si è basata sullo studio dei dati relativi alla Nube di Perseo, un'enorme nube di gas e polveri a circa 600 anni luce dalla Terra, raccolti tra il 2013 e il 2015 attraverso il Very Large Array, il raggruppamento di radiotelescopi situato nel Nuovo Messico, che ha consentito di fotografare le formazioni stellari all'interno della nube. Stahler e Sadavoy, unendo questi dati con quelli emersi da un altro studio relativo alla Cintura di Gould (un anello parziale di stelle che si estende per circa 3000 anni luce), attraverso dei modelli matematici hanno effettuato un vero e proprio censimento delle stelle singole e doppie di Perseo, accertando che c'erano cinquantacinque giovani stelle di cui quarantacinque sono stelle solitarie, diciannove i sistemi binari e cinque quelli multipli. La ricerca si è focalizzata sulle stelle di piccola massa - come il Sole o più piccole - per capire se è normale che due o più stelle nascano assieme, formando di conseguenza sistemi binari o multipli. Nel corso dei decenni, infatti, le osservazioni astronomiche hanno mostrato che i sistemi formati da due o più stelle sono molto comuni, soprattutto tra stelle di massa grande. Per molto tempo, quindi, gli studiosi si sono domandati se si fossero generati così o se si trattasse di stelle nate separatamente e unite da attrazione gravitazionale solo in seguito. Grazie a questa ricerca, i due astronomi sono arrivati alla conclusione che tutte le stelle di massa piccola, quindi simili al Sole, sono nate in sistemi binari o multipli dai quali si sono separate nel 60 percento dei casi. Ne consegue che è altamente probabile, quindi, che anche il nostro Sole sia nato con almeno una stella gemella, quella Nemesis di cui si ipotizza l'esistenza da una trentina d'anni e che dovrebbe trovarsi, secondo alcune stime, a circa 500 UA (Unità Astronomiche, cioè la distanza Terra-Sole) dal Sole. Ovviamente si tratta solo di "prove indiziarie" e saranno necessari ulteriori studi su altre nubi per poter verificare la reale efficacia del modello matematico, ma intanto le suggestioni sulla gemella del Sole sono tornate alla ribalta. Per capire quando e in che contesto nasce l'ipotesi di questa stella gemella e del perché del suo nefasto nome, facciamo un salto indietro nel tempo fino al 1984. In quell'anno, infatti, i paleontologi David Raup e Jack Sepkoski pubblicarono uno studio in cui sostenevano di aver individuato una periodicità statistica delle estinzioni di massa avvenute nel corso degli ultimi 250 milioni di anni, che si susseguivano con un intervallo di 26 milioni di anni. Diversi astronomi cercarono una spiegazione non-terrestre a questa ciclicità e una di queste ipotesi proponeva che il sole avesse una stella compagna - probabilmente una nana bruna - in un'orbita ellittica molto ampia. Il periodico passaggio di questa stella disturberebbe la Nube di Oort (una nube sferica di comete situata a 20.000 UA dal Sole) causando un incremento del numero di comete in viaggio verso il centro del nostro Sistema solare. Ovviamente ciò comporterebbe un cospicuo incremento di eventuali impatti sulla Terra che sarebbero quindi la causa delle estinzioni di massa. A causa della sua "malvagità" fu dato alla stella il nome di Nemesis, e i media la ribattezzarono prontamente Stella della morte.

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