Ricostruzione di un Blanet

Blanet: i pianeti figli dei buchi neri

Sensazionale: non tutti i pianeti si formano attorno alle stelle. Alcuni, detti BLANET possono nascere attorno a buchi neri super-massicci. In  questo articolo andremo ad esplorare i blanet ed altri misteri che si celano attorno ai buchi neri. Se sei curioso di saperne di più seguici su Eagle sera.


Ti appassiona l'argomento "buchi neri"? Allora leggi il nostro articolo su di essi cliccando sul bottone qui sotto:

Se, invece, prima di catapultarti tra gli oggetti più misteriosi del cosmo vuoi fare un giro nel sistema solare, clicca sui link sottostanti per leggere i nostri articoli circa il nostro quartiere cosmico.

Pianeti rocciosi

Marte

Urano

Nettuno

Nube di Oort



Buchi neri

Iniziamo ripassando la definizione di buco nero. 

Lo stesso argomento nel dettaglio: Buchi neri

Sezione di un buco nero in rotazione

In astrofisica un buco nero è un corpo celeste con un campo gravitazionale così intenso da non lasciare sfuggire né la materia, né la radiazione elettromagnetica, ovvero, da un punto di vista relativistico, una regione dello spaziotempo con una curvatura sufficientemente grande che nulla dal suo interno può uscirne, nemmeno la luce essendo la velocità di fuga superiore a c (299.792,458 Km/s). Il buco nero è il risultato di implosioni di masse sufficientemente elevate. La gravità domina su qualsiasi altra forza, sicché si verifica un collasso gravitazionale che tende a concentrare lo spaziotempo in un punto al centro della regione, dove è teorizzato uno stato della materia di curvatura tendente ad infinito e volume tendente a zero chiamato singolarità, con caratteristiche sconosciute ed estranee alle leggi della relatività generale. Il limite del buco nero è definito orizzonte degli eventi, regione che ne delimita in modo peculiare i confini osservabili. Per le suddette proprietà, il buco nero non è osservabile direttamente. La sua presenza si rivela solo indirettamente mediante i suoi effetti sullo spazio circostante: le interazioni gravitazionali con altri corpi celesti e le loro emissioni (vedi lente gravitazionale), le irradiazioni principalmente elettromagnetiche della materia catturata dal suo campo di forza. Nel corso dei decenni successivi alla pubblicazione della Relatività Generale, base teorica della loro esistenza, vennero raccolte numerose osservazioni interpretabili, pur non sempre univocamente, come prove della loro presenza, specialmente in alcune galassie attive e sistemi stellari di binarie X. L'esistenza di tali oggetti è definitivamente dimostrata e via via ne vengono individuati con massa molto variabile, da valori di circa 5 fino a miliardi di masse solari.


Cosa sono i BLANET?

Un Blanet è un pianeta formatosi attorno ad un buco nero, nel su disco di accrescimento, per essere precisi, secondo qualche approccio molto speculativo anche abitabile.
I ricercatori affibbiano infatti una nuova denominazione ai pianeti che potrebbero orbitare intorno ai buchi neri: "blanet" (unione delle due parole "black hole"e "planet"). Al di là della denominazione semi scherzosa data dai ricercatori, lo studio analizza molto seriamente la possibilità che intorno ai buchi neri, in particolare quelli supermassicci che vantano grossi dischi di materiali che ruotano intorno al loro, possono esistere dei pianeti. Secondo i ricercatori, guidati da Keiichi Wada dell'Università di Kagoshima, Giappone, questi pianeti si formerebbero più o meno come si formano i pianeti intorno ad una stella: piccoli granelli di polvere che turbinano nel disco intorno al buco nero comincerebbero ad addensarsi fino a formare piccoli sassi e poi rocce via via sempre più grandi. I ricercatori si concentrano proprio sui processi di aggregazione gravitazionale e sulle condizioni fisiche relative alla formazione dei blanet. Dato che non abbiamo immagini o dati relativi ad oggetti del genere (l'unica foto appannata di un buco nero supermassiccio che abbiamo è stata realizzata l'anno scorso e scovare un eventuale pianeta nel suo disco di gas materiali sarebbe attualmente l'impresa più che ardua), i ricercatori hanno svolto simulazioni computerizzate. È proprio grazie a queste ultime hanno compreso che i blanet tendono a formarsi maggiormente intorno a quei buchi neri al centro delle galassie (i cosiddetti "nuclei galattici attivi") con un livello di luminosità del disco relativamente basso. Quindi i pianeti non verrebbero catturati gravitazionalmente dal buco nero ma nascerebbero proprio all'interno del disco e sarebbero "figli"del buco nero stesso. Questi materiali, infatti, prima di cadere nel buco nero, ruotano molto vorticosamente per un lungo periodo di tempo, probabilmente anche per miliardi di anni, e quindi c'è il tutto il tempo affinché la gravità possa mettere in atto il processo di aggregazione e quindi permettere la formazione di un pianeta. D'altronde ci vuole solo qualche milione di anni e un po'di fortuna con nessun particolare accadimento violento che interrompa l'accrescimento dell'oggetto che diventa sempre più corposo col passare dei millenni. Naturalmente un oggetto del genere nascerebbe solo ad una certa distanza dal buco nero ed anche la distanza è stata oggetto di studio da parte di Wada e soci. La distanza ottimale, secondo i ricercatori, si troverebbe al di fuori della cosiddetta "linea della neve", che può essere definita come quella fascia orbitale all'interno della quale eventuali pianeti vedrebbero i propri composti volatili condensarsi in ghiaccio. I ricercatori hanno calcolato che per un buco nero di 1 milione di masse solari, un blanet all'altezza della "linea della neve" potrebbe formarsi in circa 70-80 milioni di anni. Ad una distanza di 13 anni luce dal buco nero, un ipotetico blanet potrebbe avere dimensioni compresa tra 20 e 3000 masse terrestri. COME ATTORNO ALLE STELLE. Al momento i blanet sono oggetti puramente teorici che, stando allo studio che verrà pubblicato su The Astrophysical Journal, possono realmente nascere e vivere attorno ai buchi neri. Finora era noto che alcune stelle possono essere catturate dai buchi neri e rimanere in orbita attorno ad essi. E se quelle stelle avevano dei pianeti, questi ultimi potrebbero essere rimasti attorno alla loro stella senza distruggersi. Ma Wada propone ora l'esistenza di un nuovo tipo di esopianeti, ossia oggetti che si sono formati direttamente attorno ai buchi neri da una nube di polveri e gas. Non c'è motivo di credere, infatti, che il processo di aggregazione della materia che avviene attorno alle giovani stelle non possa avvenire nel disco di accrescimento di un buco nero dove, a patto che la distanza sia ragionevole, le condizioni sono simili.

Sotto: l'università di Kagoshima

A distanze sufficienti dal buco nero, inoltre, la formazione dei blanet potrebbe essere ancora più efficiente rispetto alle stelle, perché la velocità orbitale del disco di accrescimento è abbastanza veloce da impedire agli oggetti di sfuggire all'orbita. Ci sono, tuttavia, dei problemi con i calcoli: in primo luogo, è possibile che, se la velocità di collisione è sufficientemente elevata, gli aggregati di polvere potrebbero spezzarsi a vicenda; in secondo luogo, i grumi potrebbero crescere molto rapidamente nella fase di collisione, che non si adatta a un modello più naturale di densità della polvere. 


Quando un pianeta nasce attorno ad un buco nero

Sappiamo che la gravità di un buco nero cattura le stelle.Ad esempio, gli astronomi hanno osservato la complessa danza orbitale delle stelle attorno al Sagittario A *, il buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea. Ma la squadra di Keiichi Wada ha avanzato un'altra teoria: quando polvere e gas ruotano attorno a un buco nero, purché siano abbastanza lontani e non inghiottiti dalla gravità del buco nero, un nuovo mondo può essere direttamente accumulato nel disco di accrescimento. Se la nostra terra si chiama pianeta, quei pianeti nati nel disco di accrescimento attorno al buco nero saranno appositamente chiamati blanet: il loro processo di nascita è molto simile a quello dei pianeti, gli ammassi di gas collassano prima sotto l'azione della gravità Protostar si forma. Quando la stella ruota rapidamente, la materia circostante forma un disco protoplanetario. I detriti nel disco si scontrano continuamente tra loro e si accumulano. Dopo milioni di anni, ci sarà la possibilità di vedere la nascita di un pianeta. Ma l'aspetto finale di blanet potrebbe essere abbastanza diverso. Ad esempio, il documento del team di ricerca dell'anno scorso ha sottolineato che l'efficienza di formazione di blanet potrebbe essere maggiore, perché il disco di accrescimento ruota abbastanza velocemente, teoricamente, la massa di blanet può aumentare fino a 20 ~ 3.000 volte più grande della terra. Tuttavia, ci sono alcuni problemi con questa affermazione. In primo luogo, se la velocità di collisione dei detriti nel disco del materiale è elevata, questi grumi di polvere possono finire per frantumarsi piuttosto che legarsi; secondo, se i grumi crescono rapidamente durante la fase di collisione, sembra che non possano adattarsi al normale modello di densità planetaria. Tenendo conto di questa discrepanza, il team ha ri-simulato al di fuori del limite delle nevi e ha scoperto che se il modello di formazione del pianeta esistente è corretto, il disco di accrescimento del buco nero ha le condizioni corrette per formare un blanet. Poiché l'ambiente circostante dei buchi neri supermassicci è molto complesso, questi pianeti sono ancora nella fase ipotetica, ma il modello mostra che dovrebbe esserci una blanet attorno ai nuclei galattici attivi con un breve ciclo di vita (100 milioni di anni) e una luminosità relativamente bassa. Per gli studiosi, dovrebbe essere piuttosto interessante studiare la stabilità dinamica di tali pianeti attorno ai buchi neri.


Ora che abbiamo esplorato i blanet, andiamo alla scoperta di altri misteri sui buchi neri


I buchi neri: e se non fossero come li immaginiamo?

Alcuni scienziati (il cui numero è logicamente diminuito dopo lo scatto della prima foto a un buco nero) sostengono che i buchi neri NON sono come si pensa che siano. In pratica credono che i buchi neri non esistano e che, invece, al loro posto, vi siano oggetti diversi. Ora su Eagle sera andremo a vedere le ipotesi alternative ai buchi neri...

Stelle nere

Secondo la teoria delle stelle nere alcuni effetti quantistici (RSET) controbilancerebbero l'attrazione gravitazionale, impedendo così alla stella collassante di diventare un buco nero. Esse diventerebbero invece stelle nere che hanno alcune proprietà osservabili in comune con i buchi neri, ma anche molte differenze. Esse sarebbero infatti corpi materiali estremamente densi, fatti di materia densa e privi di orizzonte degli eventi. Sarebbero estremamente fioche a causa di un intenso spostamento verso il rosso della luce da loro emessa. Potrebbero emettere una radiazione analoga a quella di Hawking ma in questo caso non ci sarebbe perdita di informazioni (in quanto le radiazioni emesse dalle stelle nere, a differenza di quella di Hawking, trasporterebbero informazioni) e dunque il principio di unitarietà non verrebbe violato. Poco prima della sua scomparsa, lo stesso Hawking pubblicò un articolo secondo cui le perturbazioni quantistiche in prossimità dell'orizzonte degli eventi permettono alla radiazione a egli intitolata di trasportare informazione (non essendo quindi prettamente termica) e grazie al principio di corrispondenza AdS/CFT l'informazione venga comunque conservata. In parole povere, la radiazione di Hawking permette ai buchi neri di trasportare una minima quantità di informazioni. Ne deriva che ilk paradosso dell'informazione del buco nero, trovando soluzione, smentisce, insieme alla prima foto di un buco nero, l'idea delle stelle nere.

Fuzzball

Nel 2002 lo scienziato e astronomo Samir Mathur ha proposto una variante del modello dei buchi neri nel contesto della teoria delle stringhe. In questo modello si prevede che esista una regione di spazio in cui materia e radiazione possono risultare definitivamente intrappolati, come avviene per i buchi neri, ma il confine di tale regione (l'orizzonte degli eventi) non sarebbe una superficie in senso classico se visto a una scala microscopica. Per questo modello, quindi, è stato proposto il nome "fuzzball", ossia "palla pelosa". 

Principio olografico

Nel 1972 lo scienziato e astronomo Jacob Bekenstein si domandò cosa accade a un oggetto con entropia, ad esempio un gas caldo, quando varca l'orizzonte degli eventi: se essa scomparisse ciò comporterebbe una violazione del secondo principio della termodinamica, in quanto il contenuto aleatorio del gas scomparirebbe, una volta assorbito dal buco nero. La seconda legge può essere salvaguardata solo se si considerano i buchi neri come oggetti aleatori, con una enorme entropia, il cui incremento compensi abbondantemente l'entropia contenuta nel gas risucchiato. Il principio olografico trae origine dai calcoli effettuati sulla termodinamica dei buchi neri, che implicano che l'entropia massima possibile contenuta in una regione sia proporzionale alla superficie che racchiude la regione, non al suo volume, come ci si aspetterebbe (ovvero al quadrato del raggio, non al cubo). Nel caso specifico del buco nero, la teoria comporta che il contenuto informativo caduto nel buco nero sia interamente contenuto nelle fluttuazioni superficiali dell'orizzonte degli eventi. Nel 1981 il fisico Stephen Hawking sollevò il paradosso informativo, dovuto all'entropia e conseguente evaporazione dei buchi neri, da lui stesso calcolata per altra via a partire dalle fluttuazioni quantistiche appena sopra l'orizzonte degli eventi, attraverso essa, sempre secondo Hawking, sarebbe scomparsa l'informazione intrappolata dall'orizzonte. Nel 1993 il fisico Leonard Susskind propose una soluzione del paradosso basata sul principio della Complementarità (mutuato dalla fisica quantistica), per cui il gas in caduta entrerebbe "o" non entrerebbe dentro l'orizzonte, a seconda del punto di vista: da un punto di vista esterno un osservatore vedrebbe le stringhe, ovvero i componenti più elementari del gas, allargare le loro spire fino ad abbracciare la superficie dell'orizzonte degli eventi, dove si manterrebbe tutta l'informazione senza alcuna perdita per l'esterno, nemmeno in conseguenza della successiva evaporazione, mentre, per un osservatore che seguisse il gas in caduta, l'attraversamento dell'orizzonte avverrebbe, e avverrebbe senza particolari fenomeni di soglia, in conformità al principio relativistico (primo postulato della relatività ristretta), verso la singolarità. Il principio olografico risolverebbe dunque il paradosso informativo, nel contesto della teoria delle stringhe. Nel 2009, Erik Verlinde formalizzò un modello concettuale che descrive la gravità come una forza entropica, ciò suggerisce che la gravità è una conseguenza del comportamento statistico dell'informazione associata alla posizione dei corpi materiali. Secondo questa teoria non esiste un gravitone ma solo un comportamento statistico mediato dal fotone. Tale modello combina l'approccio termodinamico della gravità con il principio olografico, e implica che la gravità non sia una interazione fondamentale ma un fenomeno che emerge dal comportamento statistico dei gradi di libertà microscopici codificati su uno schermo olografico. La legge di gravità dunque può essere derivata applicando la meccanica statistica termodinamica classica al principio olografico, il quale afferma che la descrizione di un volume di spazio può essere rappresentato come N bit d'informazione binaria, codificata ai confini della regione, una superficie di area A. L'informazione è distribuita casualmente sulla superficie, con ciascun bit d'informazione immagazzinato in una superficie elementare dell'area, detta area di Planck.

Barra delle equazioni per i lettori più curiosi

dove l2p è la lunghezza di plank. Il teorema statistico di equipartizione, lega la temperatura T di un sistema con la sua energia media:

dove kb è la costante di Boltzmann.

Questa energia può essere identificata con la massa M per la relazione di equivalenza di massa ed energia:

Se ti interessano gli argomenti ipotetici circa la materia esotica, leggi il nostro articolo sulla stella di Plank. Per farlo clicca qui sotto:

Sotto: la nostra tabella sui buchi neri. Clicca per scaricarla.


È arrivato il momento di affrontare il più grande mistero dei buchi neri: cosa c'è al loro interno?


Il centro di un buco nero

Al centro di un buco nero, come descritto dalla relatività generale, si trova una singolarità gravitazionale, una regione in cui la curvatura dello spaziotempo diventa infinita.[43] Per un buco nero non rotante, questa regione prende la forma di un unico punto, mentre per un buco nero rotante viene spalmata per formare una singolarità ad anello giacente nel piano di rotazione. In entrambi i casi, la regione singolare ha volume pari a zero. Si può dimostrare che la regione singolare contiene tutta la massa del buco nero. La regione singolare può quindi essere pensata come avente densità infinita. Gli osservatori che cadono in un buco nero di Schwarzschild (cioè, non rotante e non carico) non possono evitare di essere trasportati nella singolarità una volta che attraversano l'orizzonte degli eventi. Gli osservatori possono prolungare l'esperienza accelerando verso l'esterno per rallentare la loro discesa, ma fino a un certo punto; dopo aver raggiunto una certa velocità ideale, è meglio la caduta libera per proseguire. Quando raggiungono la singolarità, sono schiacciati a densità infinita e la loro massa è aggiunta alla massa totale del buco nero. Prima che ciò accada, essi sono comunque stati fatti a pezzi dalle crescenti forze di marea in un processo a volte indicato come spaghettificazione o "effetto pasta". Nel caso di un buco nero rotante (Kerr) o carico (Reissner-Nordström), è possibile evitare la singolarità. Estendendo queste soluzioni per quanto possibile, si rivela la probabilità, altamente ipotetico-speculativa, di un'uscita dal buco nero verso regioni spazio-temporali differenti e lontane (eventualmente anche altri universi), col buco che funge da tunnel spaziale. Comunque questa possibilità finora pare non più che teorica in quanto pur lievi perturbazioni basterebbero a distruggerne la via. Sembrano inoltre non impossibili curve spaziotemporali chiuse di tipo tempo (che permetterebbero di ripercorrere il proprio passato) intorno alle singolarità di Kerr, però ciò implicherebbe problemi di causalità come il paradosso del nonno. Parte della comunità scientifica valuta che nessuno di questi effetti particolari possa verificarsi in un corretto trattamento quantico dei buchi neri rotanti e carichi. La comparsa delle singolarità nella relatività generale è comunemente considerata elemento di rottura della teoria stessa. Tale inadeguatezza viene compensata dal ricorso alla fisica quantistica quando a descrivere detti processi si considerano gli effetti quantistici dovuti alla densità estremamente elevata della materia e pertanto alle interazioni tra particelle secondo la meccanica dei quanti. Non è stato ancora possibile combinare effetti quantistici e gravitazionali in una singola teoria, sebbene esistano tentativi di formulare una gravità quantistica. Si pensa che una tale teoria possa riuscire a escludere la presenza delle singolarità e dunque dei problemi fisici che esse pongono. Il 10 dicembre 2018, Abhay Ashtekar, Javier Olmedo e Parampreet Singh hanno pubblicato un articolo scientifico nel campo della teoria della gravità ad anello che dimostra l'assenza di singolarità centrale all'interno del buco nero, senza specificare geometricamente il futuro della materia a questo punto mentre il modello Janus propone una spiegazione. Questo nuovo studio fornisce le stesse conclusioni di quelli ottenuti da lavori precedenti basati sulla relatività generale. 

Sfera fotonica

La sfera fotonica è un confine sferico di spessore nullo tale che i fotoni che si spostano tangenti alla sfera sono intrappolati in un'orbita circolare. Per i buchi neri non-rotanti, la sfera fotonica ha un raggio di 1,5 volte il raggio di Schwarzschild. Le orbite sono dinamicamente instabili, quindi ogni piccola perturbazione (come una particella di materia in caduta) aumenterà nel tempo, o tracciando una traiettoria verso l'esterno che sfuggirà al buco nero o una spirale verso l'interno che eventualmente attraverserà l'orizzonte degli eventi. Mentre la luce può ancora sfuggire dall'interno della sfera fotonica, ogni luce che l'attraversi con una traiettoria in entrata sarà catturata dal buco nero. Quindi qualsiasi luce che raggiunga un osservatore esterno dall'interno della sfera fotonica deve essere stata emessa da oggetti all'interno della sfera, ma ancora fuori dell'orizzonte degli eventi. Altri oggetti compatti, come le stelle di neutroni, possono avere sfere fotoniche. Ciò deriva dal fatto che il campo gravitazionale di un oggetto non dipende dalla sua dimensione effettiva, quindi ogni oggetto più piccolo di 1,5 volte il raggio di Schwarzschild corrispondente alla sua massa può effettivamente avere una sfera di fotoni.

Ergosfera

L'ergosfera è uno sferoide oblato al di fuori dell'orizzonte degli eventi dove gli oggetti non possono rimanere fermi

I buchi neri rotanti sono circondati da una regione dello spazio-tempo in cui è impossibile stare fermi chiamata ergosfera. Questo è il risultato di un processo noto come effetto di trascinamento; la relatività generale predice che qualsiasi massa rotante tenderà a "trascinare" leggermente tutto lo spazio-tempo immediatamente circostante. Qualsiasi oggetto vicino alla massa rotante tenderà a muoversi nella direzione della rotazione. Per un buco nero rotante questo effetto diventa così forte vicino all'orizzonte degli eventi che un oggetto, solo per fermarsi, dovrebbe spostarsi più veloce della velocità della luce nella direzione opposta. L'ergosfera di un buco nero è delimitata nella sua parte interna dal confine dell'orizzonte degli eventi (esterno) e da un sferoide schiacciato, che coincide con l'orizzonte degli eventi ai poli ed è notevolmente più largo intorno all'equatore. Il confine esterno è talvolta chiamato ergo-superficie. Gli oggetti e le radiazioni normalmente possono sfuggire dall'ergosfera. Attraverso il processo di Penrose, gli oggetti possono emergere dall'ergosfera con energia maggiore di quella d'entrata. Questa energia viene prelevata dalla energia di rotazione del buco nero, facendolo rallentare.


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