Trappist 1

La ricerca di vita al di fuori del nostro Sistema solare è un tema di grande attualità. Un sistema stellare molto interessante da questo punto di vista è il sistema di Trappist  1. Seguici su Eagle sera per saperne di più.


Trappist 1

TRAPPIST-1, nota anche come 2MASS J23062928-0502285, è una stella nana rossa ultrafredda di classe spettrale M8, distante 39,5 anni luce dal sistema solare, osservabile nella costellazione dell'Aquario. Attraverso studi resi noti nel maggio 2016 e nel febbraio 2017 è stata annunciata la scoperta, tramite il metodo del transito, di sette esopianeti di dimensioni terrestri orbitanti attorno ad essa.

Approfondimento: le nane rosse

In astronomia, una nana rossa (o stella M V) è una stella piccola e relativamente fredda (Teff ≤ 3500 K), di tipo spettrale M (colorazione fotosferica in media gialla intensa-arancione), posta sulla sequenza principale del diagramma Hertzsprung-Russell. Si tratta della tipologia stellare più diffusa nell'universo: le nane rosse costituiscono infatti almeno il 67,5% di tutte le stelle presenti nella Via Lattea e recenti studi indicano che possano essere anche l'80%. Hanno masse comprese tra 0,4 e 0,08 masse solari, che costituisce il limite minimo perché una stella possa dirsi tale: al di sotto di questo limite infatti non si creano le condizioni di temperatura e pressione tali da innescare le reazioni di fusione dell'idrogeno in elio. Al di sotto di questa massa limite si trovano le nane brune, oggetti che possiedono una massa troppo piccola per compiere la fusione nucleare, ma comunque nettamente superiore a quella di un pianeta. Si ritiene che le nane rosse, data la loro abbondanza nella nostra galassia (o per lo meno nelle vicinanze del Sole), siano la tipologia stellare più diffusa nell'universo. Proxima Centauri, la stella più vicina al sistema solare, è una nana rossa (classe M5, magnitudine apparente 11,05), così come venti delle trenta stelle più vicine alla Terra. Tuttavia, a causa della loro bassa luminosità, le singole nane rosse non sono facilmente osservabili, tanto da risultare completamente invisibili ad occhio nudo. Anche nelle vicinanze del Sole, non tutte le nane rosse sono state finora scoperte. Le nane rosse sono stelle con massa piccola, generalmente non superiore al 40% della massa della nostra stella, il Sole. Di conseguenza, possiedono delle temperature nucleari relativamente basse, appena sufficienti perché abbia luogo la fusione dell'idrogeno in elio tramite la catena protone-protone. Per questo motivo le nane rosse emettono una debole quantità di luce, spesso inferiore a un decimillesimo della quantità di radiazione emessa dal Sole; anche le nane rosse più grandi arrivano a possedere al massimo il 10% della luminosità solare. In generale, le nane rosse trasportano l'energia prodotta nel nucleo verso la superficie tramite moti convettivi. La convezione risulta infatti avvantaggiata rispetto ad altri metodi di trasporto energetico (come la conduzione o l'irraggiamento) a causa dell'opacità degli strati interni dell'astro, che possiedono una densità relativamente alta per quella temperatura. Poiché dunque le nane rosse sono completamente convettive, l'elio non si accumula immediatamente in un nucleo inerte e quindi, rispetto ad altre stelle più massicce, come proprio il Sole, arrivano a fondere una quantità di idrogeno proporzionalmente maggiore prima di lasciare la sequenza principale. Di conseguenza, la durata del ciclo vitale di una nana rossa sarebbe di gran lunga superiore all'età dell'Universo; pertanto, le stelle con masse inferiori a 0,8 M☉ non hanno ancora avuto il tempo di lasciare la sequenza principale. Infatti, quanto più piccola è la massa della nana rossa, tanto più lunga sarà la durata del suo ciclo vitale. Si ritiene che la durata dell'evoluzione di una nana rossa sia superiore a quella del Sole di un fattore pari alla terza o alla quarta potenza del rapporto tra la massa del Sole e la massa della nana rossa; sicché, la sequenza principale di una nana rossa di 0,1 M☉ può durare per 10 bilioni (1013, 10 000 miliardi) di anni. Man mano che diminuisce la quantità di idrogeno all'interno della stella, la velocità delle reazioni nucleari rallenta progressivamente mentre il nucleo inizia a contrarsi. L'energia gravitazionale generata da questa contrazione è convertita in energia termica, la quale viene portata in superficie dalla convezione. Il fatto che le nane rosse e le altre stelle di piccola o media massa (come le nane arancioni o le nane gialle) rimangano nella sequenza principale mentre le stelle più massicce proseguano la propria evoluzione nel ramo delle giganti consente di stimare l'età degli ammassi stellari determinando preliminarmente la massa delle singole stelle. Tali stime consentono di datare anche alcune strutture della Galassia, come l'alone o il piano galattico. Un mistero che non è ancora stato risolto riguarda l'assenza delle nane rosse povere di metalli (gli elementi più pesanti di idrogeno ed elio). I modelli fisico-matematici sviluppati sull'evoluzione cosmica suggeriscono che la prima generazione di stelle fosse costituita solamente da idrogeno, elio e tracce di litio (elementi prodotti nella nucleosintesi primordiale). Se tra queste stelle primitive vi fossero state le nane rosse, esse sarebbero ancor'oggi osservabili; tuttavia, nessuna di esse è ancora stata identificata. Una possibile spiegazione a tale mancanza è che in tali condizioni di abbondanza di elementi potessero svilupparsi solo stelle molto massicce, le cosiddette stelle di popolazione III, che bruciarono molto velocemente le proprie riserve di idrogeno rilasciando, dopo la loro fine, gli elementi pesanti che permisero la formazione delle prime nane. Delle spiegazioni alternative, come quella che vorrebbe le nane rosse povere in metalli molto più deboli e rare dal punto di vista numerico, sono ritenute molto meno verosimili, in quanto sembrano andare contro i modelli dell'evoluzione stellare.[10] Finché la fusione, all'interno della nana rossa, procede lentamente ed i moti convettivi rimescolano la materia all'interno dell'astro, la stella permane nella sequenza principale. Le stelle aumentano di luminosità man mano che invecchiano, e una stella più luminosa necessita di irradiare la propria energia più velocemente ed intensamente per mantenere l'equilibrio. Per fare questo le stelle più grandi rispetto alle nane rosse espandono il proprio volume e la propria superficie radiante evolvendo in giganti rosse. Si ritiene però che le nane rosse, anziché espandersi in giganti, incrementino la velocità delle reazioni nucleari con il conseguente aumento delle proprie temperature superficiali, assumendo di conseguenza una colorazione più tendente al blu.[11] Le nane blu evolverebbero poi in nane bianche non appena il loro idrogeno si fosse completamente esaurito.[11] Agli inizi del XXI secolo sono stati scoperti diversi pianeti extrasolari in orbita attorno a delle nane rosse. Nel 2005 è stato scoperto attorno alla stella Gliese 581 un pianeta di massa paragonabile a Nettuno (Gliese 581 b, circa 17 M⊕), che le orbita ad una distanza media di appena 6 milioni di km (0,04 UA); data la vicinanza e nonostante la debolezza della stella, il pianeta possiede una temperatura superficiale di 150 °C. Nel 2006 è stato scoperto un pianeta ancora meno massiccio (OGLE-2005-BLG-390Lb, solamente 5,5 M⊕) intorno alla nana OGLE-2005-BLG-390L; orbita attorno all'astro ad una distanza di circa 390 milioni di km (2,6 UA) e possiede una temperatura superficiale molto bassa, corrispondente a −220 °C (56 K). Nel 2007 è stato scoperto un secondo pianeta in orbita attorno a Gliese 581 potenzialmente abitabile, Gliese 581 c. Con una massa stimata dagli scopritori (un gruppo di astrofisici guidato da Stéphane Udry), corrispondente a 5,03 M⊕, a quel tempo Gliese 581 c era l'esopianeta meno massiccio in orbita attorno ad una stella di sequenza principale. Gli scopritori hanno stimato per il pianeta un raggio 1,5 volte quello del nostro pianeta. Il pianeta si trova all'interno della cosiddetta "zona abitabile" di Gliese 581, ovvero ad una distanza tale perché l'acqua, eventualmente presente sulla superficie del pianeta, possa presentarsi allo stato liquido. Dopo il lancio del telescopio spaziale Kepler e il progressivo aumento della tecnologia dei telescopi da Terra numerosi pianeti sono stati scoperti attorno a nane rosse; essendo numerose, la maggior parte di pianeti terrestri è stata scoperta attorno a questo tipo di stelle. Nel 2019 è stato scoperto Teegarden b, un pianeta con una massa solo del 5% superiore a quella terrestre che orbita attorno a una piccola nana rossa, la stella di Teegarden. L'abitabilità dei sistemi delle nane rosse è oggetto di dibattito presso gli astrofisici e gli astrobiologi. A dispetto del loro grande numero e della grande durata del loro ciclo vitale, vi sono diversi fattori che pregiudicherebbero lo sviluppo della vita in un pianeta orbitante attorno ad una nana rossa. In primis, i pianeti nella zona abitabile di una nana rossa dovrebbero essere così vicini alla stella da risentire delle interazioni mareali dell'astro, che bloccherebbero il pianeta su una rotazione sincrona; ciò significherebbe che un emisfero del pianeta sarebbe eternamente illuminato mentre l'emisfero opposto sarebbe sempre al buio. Per questo motivo potrebbero venirsi a creare delle enormi variazioni termiche tra la zona in ombra e la zona illuminata del pianeta che renderebbe difficoltosa l'evoluzione di forme di vita simili a quelle terrestri.[16] D'altro canto, recenti teorie suggeriscono che anche una debole atmosfera o un oceano planetario potrebbero potenzialmente far circolare il calore sul pianeta. Un altro problema, sempre legato alla presenza di un'orbita sincrona, potrebbe portare il pianeta a non avere una magnetosfera utile a proteggere l'atmosfera, così come avviene sulla Terra. Nel corso di milioni di anni il seppur limitato vento solare di questo tipo di stella potrebbe asportare totalmente l'atmosfera del pianeta, rendendolo sterile e arido come è accaduto su Marte. Inoltre, le nane rosse emettono gran parte della propria radiazione alle lunghezze d'onda degli infrarossi, mentre sulla Terra i vegetali si servono principalmente delle lunghezze d'onda del visibile. L'attività magnetica della stella può inoltre avere delle ripercussioni negative sullo sviluppo della vita. Le nane rosse sono spesso coperte da vaste macchie, che arrivano a ridurre la quantità di radiazione emessa dalla fotosfera anche del 40%. Vi sono anche alcune nane rosse, dette stelle UV Ceti (dal prototipo UV Ceti), che emettono dei colossali flare, che arrivano anche a raddoppiare in un istante la luminosità della stella. Tale variabilità può allo stesso modo pregiudicare lo sviluppo della vita nelle immediate vicinanze della stella. Gibor Basri, della University of California, Berkeley, ritiene che un pianeta in orbita stretta attorno ad una nana rossa possa mantenere la propria atmosfera anche se la stella manifesta un'elevata attività di flare. Il 22 febbraio 2017 ha destato molto clamore la notizia della scoperta di un sistema composto da sette esopianeti di dimensioni terrestri orbitanti attorno a TRAPPIST-1, una nana rossa ultrafredda di classe spettrale M8, distante 39,5 anni luce dal sistema solare, osservabile nella costellazione dell'Aquario. La scoperta è stata effettuata tramite il metodo del transito. 

La stella Trappist 1 venne osservata per la prima volta nel 1999 da John Gizis dell'Università del Delaware nell'ambito del programma di ricerca 2MASS ricevendo la denominazione del catalogo 2MASS. TRAPPIST-1 è una piccola nana rossa che ha l'8% della massa del Sole, appena al di sopra del limite che le consente di innescare la fusione dell'idrogeno da convertire in elio al suo interno. La sua temperatura effettiva è di appena 2550 K, rispetto ai 5778 del Sole e il suo raggio è del 12% rispetto a quello solare. Non è chiara l'età della stella, in qualche pubblicazione la si è descritta come relativamente giovane (500 milioni di anni), altri studi, come quello di Luger et al. collocano la sua età compresa tra 3 e otto miliardi di anni, infine, Adam J. Burgasser e Eric E. Mamajek stimano l'età in 7,2±2,2 miliardi di anni combinando vari fattori quali l'abbondanza di litio, la velocità di rotazione, la cinematica, la metallicità e l'attività stellare.[5] In ogni caso data la piccola massa TRAPPIST-1 vivrà molto più a lungo di una stella di tipo solare (10 miliardi di anni), rimanendo in sequenza principale anche per oltre un bilione di anni. Nel 2015 un gruppo di astronomi, guidati da Michaël Gillon dell'Institut d'Astrophysique et de Géophysique presso l'Università di Liegi in Belgio,[11] ha scoperto con il telescopio TRAPPIST dell'Osservatorio di La Silla, nel deserto di Atacama in Cile, tre esopianeti utilizzando il metodo fotometrico dei transiti. Il gruppo ha effettuato le osservazioni da settembre a dicembre 2015, e pubblicato i risultati a maggio 2016. Il 22 febbraio 2017 la NASA ha annunciato di aver scoperto altri 4 esopianeti attorno alla stella grazie al telescopio spaziale infrarosso Spitzer, portando a 7 il numero totale dei pianeti del sistema, di cui almeno tre (e, f, g) si trovano nella zona abitabile. La configurazione planetaria di TRAPPIST-1 suggerisce che questi pianeti si siano formati in altre regioni del sistema, più lontani alla stella madre, e che solo successivamente siano migrati verso l'interno. Uno studio canadese pubblicato a maggio 2017 ha evidenziato una forte catena di risonanze orbitali che contribuisce a mantenere il sistema estremamente stabile. Come per la maggior parte dei pianeti situati nella zona abitabile di stelle nane rosse, essi sono probabilmente in rotazione sincrona, e hanno probabilmente enormi differenze di temperatura tra la faccia permanentemente illuminata (dayside) e quella permanentemente scura (nightside); per questa ragione potrebbero essere presenti dei venti molto forti intorno ai rispettivi pianeti e in tal modo la vita nelle regioni più esposte (e parimenti meno esposte) all'illuminazione della stella sarebbe praticamente impossibile, rendendo dunque i posti migliori per la vita vicino alle regioni crepuscolari, interposti tra le due facce. Inoltre un altro aspetto negativo per la presenza di vita è la variabilità intrinseca delle nane rosse, spesso soggette a brillamenti molto più violenti rispetto alle stelle di classe G come il Sole, in grado anche di spazzar via l'atmosfera di pianeti posti a così breve distanza. Le prime stime del Planetary Habitability Laboratory dell'Università di Porto Rico ad Arecibo, indicano per TRAPPIST-1 d un indice di similarità terrestre pari a 0,90, il più alto tra i pianeti extrasolari al momento della scoperta. La temperatura di equilibrio del pianeta d però non tiene conto dell'effetto serra prodotto da un'eventuale atmosfera, è stimata essere di 264 K (-9 °C), assumendo un'albedo come quello della Terra (0,3). Anche il pianeta e ha un ESI elevato (0,86), con una temperatura di equilibrio attorno ai 230 K, mentre le temperature dei pianeti f e g sono state stimate rispettivamente di 200 e 182 K. Il gruppo di Michaël Gillon, autore degli studi, suggerisce che i pianeti b, c e anche d (nonostante l'alto ESI), potrebbero aver sviluppato un effetto serra incontrollato, come è avvenuto nel sistema solare per Venere, che nonostante abbia una temperatura di equilibrio simile a quella terrestre, ha in realtà una temperatura superficiale di oltre 400 °C, a causa della densa atmosfera che non permette al calore che riceve dal Sole di disperdersi nello spazio. Gli stessi autori suggeriscono che i pianeti e, f e g siano i migliori candidati in questo sistema per ospitare oceani di acqua allo stato liquido. I parametri orbitali del pianeta h non sono noti con precisione, tuttavia dovrebbe ricevere solo il 13% della radiazione che riceve la Terra dal Sole, ed è probabile che abbia una temperatura troppo bassa per consentire la vita, anche se non è escluso che un eventuale riscaldamento interno dovuto al blocco mareale possa innalzare la temperatura al punto di fusione dell'acqua. Uno studio pubblicato nel gennaio 2018 utilizzando osservazioni effettuate con il telescopio spaziale Spitzer ha aggiornato i parametri orbitali e i raggi dei sette pianeti entro margini d'errore molto bassi. Oltre ai parametri planetari il gruppo di scienziati ha trovato anche prove di una grande e calda atmosfera attorno al pianeta più interno. Un altro studio ha elaborato dei modelli basati sulla bassa densità dei pianeti del sistema, densità spesso associata ad un'abbondanza di gas atmosferici. Poiché i pianeti sarebbero troppo piccoli per trattenere una quantità tale di gas da giustificare il deficit di densità, dal supporto dei dati disponibili insieme all'analisi chimica della stella ne è derivato che i pianeti interni (b e c) sarebbero composti per il 15% della loro massa di acqua ed i pianeti esterni (f e g) per più del 50% della propria massa. Nel febbraio 2018 analizzando la variazione dei tempi di transito (TTV, dall'inglese Transit-timing variation), un gruppo internazionale di scienziati guidato da Simon Grimm ha stimato densità e massa dei pianeti con minimi margini d'errore. Essi suggeriscono che il pianeta più interno, b, sia di natura rocciosa e abbia un'atmosfera più spessa di quella terrestre, con un possibile effetto serra che innalzerebbe ancor più la sua temperatura, già elevata a causa della vicinanza con la stella. Il pianeta c invece avrebbe un'atmosfera meno spessa nonostante anch'esso sia completamente roccioso, mentre la massa del pianeta d è solo di un terzo rispetto a quella terrestre e potrebbe avere un'enorme quantità d'acqua in superficie sotto forma di oceani. Gli stessi autori suggeriscono che il pianeta e, il più denso, sia per dimensioni, composizione e flusso radiante che riceve, il più simile alla Terra. I pianeti f, g e h sono invece relativamente più distanti dalla stella e l'acqua presente potrebbe essere congelata in superficie, con una sottile atmosfera che probabilmente non contiene le molecole pesanti presenti nell'atmosfera terrestre, come l'anidride carbonica. Per i pianeti c, d, e ed f è stata anche esclusa un'atmosfera ricca di elementi volatili quali idrogeno ed elio, ipotesi da non scartare per il pianeta g, sul quale però non esistono ancora dati sufficienti. Anche uno studio di Del Vecchio et al. del 2020 conferma che Trappist-1 e sia quello con maggiori probabilità di essere abitabile. Analizzando vari scenari basati su diversi modelli climatici gli autori ritengono che solo i pianeti d ed e siano in grado di sviluppare una vegetazione in qualche punto della loro superficie, suggerendo che i pianeti esterni, f, g ed h siano troppo freddi e dovrebbero essere simili alla Terra a palla di neve, mentre b e c sarebbero troppo caldi per mantenere l'acqua allo stato liquido. Il pianeta e avrebbe grandi aree superficiali dove la vegetazione potrebbe crescere, e questa mitigherebbe ancor più la temperatura media globale del pianeta, rendendolo abitabile anche sul 100% della sua superficie. Il pianeta d invece avrebbe solo un'area limitata lungo i terminatori ove la vegetazione potrebbe svilupparsi, e le temperature massime (del lato diurno) e minime (dell'emisfero sempre al buio) sarebbero molto più estreme che su Trappist-1 e. 

Approfondimento: abitabilità dei sistemi planetari delle nane rosse

La determinazione dell'abitabilità dei sistemi planetari delle nane rosse può aiutare a rivelare come la vita extraterrestre possa eventualmente esistere, dato che le nane rosse sono il tipo di stelle più diffuso all'interno della nostra e probabilmente di tutte le galassie. I fattori critici per l'abitabilità planetaria includono la relativamente bassa energia proveniente dalla stella madre, che riduce le fasce della zona abitabile, la possibilità di pianeti marealmente bloccati e quindi indotti alla rotazione sincrona e la forte variabilità della stella. Questa combinazione di fattori indica che le probabilità di vita su pianeti attorno a nane rosse sia sensibilmente minore rispetto a stelle di classe G, come il Sole. Tuttavia, l'ubiquità e la longevità delle nane rosse sono fattori estremamente positivi che suggeriscono che l'esistenza di pianeti abitabili attorno a questo tipo di stelle siano eventi tutt'altro che rari. Basandosi sui dati pubblici del telescopio spaziale Kepler, nel 2013 alcuni astronomi del Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics hanno stimato una statistica in base alla quale il 6% delle nane rosse della nostra galassia avrebbe almeno un pianeta abitabile. Considerando che le nane rosse nella nostra galassia sono decine di miliardi, il numero di pianeti potenzialmente abitabile in orbita attorno a nane rosse è estremamente elevato. Le nane brune sono probabilmente ancor più numerose delle nane rosse; tuttavia, non sono in genere classificate come stelle, né potrebbero aiutare a sostenere la vita così come noi la intendiamo, dato che emettono una bassissima quantità di energia. Per molti anni gli astronomi hanno scartato l'ipotesi che le nane rosse possano favorire la vita: a causa delle loro piccole dimensioni (da 0,1 a 0,6 masse solari) le loro reazioni di fusione nucleare procedono in modo molto lento, emettendo così una luce molto debole (dal 3% di quella prodotta dal Sole fino ad appena lo 0,01%). Un pianeta in orbita attorno a queste stelle dovrebbe trovarsi molto in prossimità della sua stella madre per poter godere di condizioni climatiche simili a quelle terrestri: da 0,3 UA (poco all'interno dell'orbita di Mercurio) per stelle come Lacaille 8760 ad appena 0,032 UA per una stella come Proxima Centauri[5] (un pianeta così vicino avrebbe un'orbita di appena 6,3 giorni). A queste distanze, la gravità della stella potrebbe causare un blocco mareale, vale a dire il pianeta mostrerebbe alla sua stella sempre la stessa faccia, come accade con la Luna attorno alla Terra. Che un pianeta sia abitabile o meno dipende in parte anche dalla presenza o meno di un'atmosfera che causi sulla superficie un effetto serra e, se presente, dall'entità dell'effetto serra stesso. Alla parte sempre illuminata del pianeta si contrapporrebbe una parte sempre in ombra, per cui le condizioni sarebbero di caldo infernale nella parte illuminata e di freddo polare in quella sempre al buio, a meno che l'atmosfera planetaria non sia sufficientemente spessa da consentire un transito di energia verso la parte in ombra. D'altra parte, un'atmosfera troppo spessa sarebbe in grado di bloccare i raggi della stella, non permettendo la fotosintesi. Questo pessimismo è stato stemperato dalle ricerche; studi più moderni da parte della NASA hanno mostrato che un'atmosfera planetaria (assumendo che vi si trovino anche gas serra come CO2 e H2O), per essere in grado di portare il calore verso la parte non illuminata del pianeta, può essere anche solo del 10% più spessa di quella terrestre (ovvero con una pressione superiore di 100 millibar). Questo livello sarebbe ancora sufficiente per la realizzazione della fotosintesi, comunque l'acqua resterebbe ghiacciata nella parte oscura del pianeta, secondo alcuni modelli teorici. L'acqua di mare potrebbe essere allo stato liquido se il fondale marino fosse abbastanza profondo da lasciare sufficiente spazio fra gli strati idrici superficiali, ghiacciati, e le parti inferiori, che resterebbero liquide, non diversamente da come avviene ai poli terrestri. La liquidità delle masse d'acqua sarebbe favorita dall'eventuale presenza di sorgenti geotermiche. Si è ipotizzato che persino le piante superiori possano sopravvivere sviluppando la fotosintesi anche in pianeti marealmente bloccati. Diversi astronomi che hanno effettuato simulazioni al computer ritengono che nei pianeti in blocco mareale attorno a nane rosse la vita sia possibile lungo il terminatore. Se provvisto di atmosfera e sufficiente acqua, questa evaporerebbe dall'emisfero diurno e verrebbe trasportata dai venti in quello notturno, dove congelerebbe. Tuttavia lo scambio di calore causato dai venti e la pressione dei ghiacci accumulati nell'emisfero oscuro farebbe sciogliere parte dell'acqua lungo il terminatore, consentendo l'esistenza di una fascia abitabile dove l'acqua liquida potrebbe scorrere in fiumi che, addentrandosi nell'emisfero diurno evaporerebbero, continuando il ciclo. Le dimensioni non sono l'unico fattore che renderebbero le nane rosse potenzialmente inadatte a sostenere la vita. Su un pianeta orbitante attorno ad una di queste stelle, la fotosintesi avrebbe forti limiti di territorio, in quanto sarebbe impossibile che essa avvenga nella parte in ombra del pianeta; nella parte esposta invece, poiché la stella sarebbe sempre presente in cielo nello stesso punto, le aree in ombra a causa della morfologia del territorio (rilievi, depressioni, spaccature) resterebbero sempre in ombra. La fotosintesi come noi la intendiamo sarebbe inoltre complicata dal fatto che una nana rossa produce la gran parte della sua radiazione nell'infrarosso, mentre sulla Terra il processo dipende dallo sfruttamento della luce visibile. Su questo tipo di pianeti servirebbero pertanto sei fotoni per scindere la molecola dell'acqua, a fronte di due necessari sulla Terra, a causa del loro basso livello di energia media. Dovendosi adattare al tipo di spettro per ricevere la massima quantità di energia, il fogliame di ipotetiche piante viventi in un pianeta di questo tipo dovrebbe probabilmente apparire nero. Le nane rosse sono molto più variabili e turbolente rispetto alle stelle più grandi; sulla Terra la vita si è adattata a livelli di variazioni meno estremi e può sopravvivere in ibernazione, come pure nelle profondità marine, dove le temperature anche durante l'inverno restano relativamente stabili. Nell'eventualità in cui anche l'intera superficie oceanica ghiacciasse, il colore del ghiaccio rifletterebbe verso l'esterno il calore ricevuto dal pianeta, trasformandolo in una sorta di Terra "palla di neve". Talvolta, come nel caso di Proxima Centauri, le nane rosse sono soggette ad improvvisi brillamenti che ne raddoppiano la luminosità nel giro di pochi minuti. Queste variazioni potrebbero essere molto pericolose per la vita, potendo influenzare e disgregare le molecole organiche complesse destinate a formare le basi della vita. I brillamenti potrebbero inoltre spazzare via parti rilevanti dell'atmosfera planetaria, la quale potrebbe essere protetta soltanto da un forte campo magnetico, causato da una forte rotazione del pianeta. Ma i pianeti marealmente bloccati hanno un periodo di rotazione molto lento, coincidente con quello di rivoluzione attorno al proprio astro. Si ritiene peraltro che i brillamenti più violenti avvengano solo nel primo periodo di vita delle nane rosse, ossia entro i primi 1,2 miliardi di anni. Se un pianeta formatosi in orbite più esterne, che quindi non sia mai stato influenzato dai brillamenti, migrasse verso un'orbita interna in una fase successiva, la vita avrebbe una possibilità di evolversi. La vita inizialmente potrebbe proteggersi dalle radiazioni restando sott'acqua fino a quando la stella non abbia concluso le sue fasi di instabilità iniziali. Una volta raggiunta la terraferma, la bassa percentuale di raggi ultravioletti prodotta dalla nana rossa farebbe sì che la fascia di ozono non sia indispensabile. Altri scienziati non credono invece che le nane rosse possano sostenere la vita, in particolare coloro che favoriscono l'ipotesi della rarità della Terra, in quanto il blocco mareale e le espulsioni di massa coronali sottoporrebbero l'atmosfera planetaria ad una forte erosione, spazzandola via e rendendo il pianeta completamente inabitabile. C'è tuttavia un vantaggio molto importante per eventuali forme di vita ospitate nei sistemi delle nane rosse: le stelle di questo tipo sono molto longeve. Ci sono voluti 4,5 miliardi di anni prima che l'uomo apparisse sulla Terra, mentre la vita che noi conosciamo ha sperimentato le migliori condizioni soltanto da mezzo miliardo di anni. Le nane rosse possono invece avere una vita stabile lunga diversi miliardi di anni, poiché le reazioni nucleari sono molto più lente rispetto alle stelle più grandi. Inoltre, se è vero che trovare un pianeta nella zona abitabile di una specifica nana rossa è una possibilità molto esigua, è anche vero che la somma totale delle aree abitabili di tutte le nane rosse è uguale alla somma di tutte le aree abitabili attorno a stelle come il Sole. Un'altra possibilità di vita attorno alle nane rosse potrebbe darsi in un lontano futuro, quando esaurito l'idrogeno interno queste si evolvono in nane blu. In questo stadio esse sono più luminose e pianeti che precedentemente erano completamente congelati potrebbero avere un clima confortevole per diversi miliardi di anni (5 miliardi di anni per una stella di 0,16 M⊙), il che darebbe alla vita l'opportunità di evolversi. 

I pianeti di Trappist 1

L'elenco dei pianeti del Sistema Trappist:

TRAPPIST-1 b è un pianeta extrasolare roccioso che orbita attorno alla stella nana ultrafredda TRAPPIST-1, situata a circa 39,5 anni luce dal sole. La sua scoperta è stata realizzata da un team internazionale guidato da Michaël Gillon dell'Istituto di astrofisica e geofisica dell'Università di Liegi, usando il telescopio TRAPPIST, situato all'osservatorio di La Silla, in Cile. La notizia della scoperta è stata pubblicata sulla rivista Nature nel maggio del 2016. Poiché nel caso delle nane rosse la zona abitabile, durante la formazione del sistema, si sposta sensibilmente dall'esterno all'interno, è possibile che TRAPPIST-1 b abbia subito la perdita di una notevole quantità d'acqua per fotoevaporazione, in quantità pari anche a 15 volte gli oceani terrestri, compromettendone l'abitabilità. Lo stesso potrebbe essere successo al pianeta c, mentre TRAPPIST-1 d, al contrario, potrebbe aver perso molta meno acqua ed essere rimasto entro i confini della zona abitabile. Osservazioni del 2018 con il telescopio spaziale Spitzer hanno rivelato la presenza di una spessa atmosfera, che potrebbe provocare un forte effetto serra in grado di innalzare la temperatura fino a 750-1500 K, mentre la temperatura di equilibrio è stimata di poco inferiore ai 400 K. 

TRAPPIST-1 c (noto anche come 2MASS J23062928-0502285 c) è un pianeta extrasolare che orbita attorno alla stella nana ultrafredda TRAPPIST-1, situata a circa 40 anni luce di distanza in direzione della costellazione dell'Acquario. È il pianeta più massiccio del sistema, con una massa di 1,38 M⊕. La sua scoperta è stata realizzata da un team internazionale guidato da Michaël Gillon dell'Istituto di astrofisica e geofisica dell'Università di Liegi, usando il telescopio TRAPPIST, situato all'osservatorio di La Silla, in Cile. La notizia della scoperta è stata pubblicata sulla rivista Nature nel maggio del 2016. Durante la formazione del sistema è possibile che si sia verificata la perdita di una notevole quantità d'acqua, che potrebbe aver fatto fotoevaporare interi oceani, in quantità pari anche a 15 volte gli oceani terrestri, compromettendone l'abitabilità. Lo stesso potrebbe essere successo al pianeta b, mentre TRAPPIST-1 d, al contrario, potrebbe aver perso molta meno acqua ed essere rimasto entro i confini della zona abitabile. Dagli ultimi studi sul sistema la sua densità indica un corpo roccioso la cui composizione atmosferica non è comunque nota con precisione, potrebbe essere sgombra da nubi o essere anche come quella di Venere, tuttavia al contrario del pianeta più interno dovrebbe avere un'atmosfera meno spessa e dovrebbe essere esclusa la presenza di elementi leggeri come l'idrogeno, che potrebbero invece avvolgere il pianeta b.

TRAPPIST-1 d è un pianeta extrasolare che orbita attorno alla stella TRAPPIST-1, una fredda nana rossa situata a circa 40 anni luce dalla Terra, in direzione della costellazione dell'Aquario. Scoperto nel 2016, quando vennero annunciati 3 pianeti in orbita intorno alla stella, nel febbraio del 2017 ne sono state ricalcolate le caratteristiche, dopo nuovi studi che hanno portato alla scoperta di altri quattro pianeti attorno a TRAPPIST-1. Meno massiccio e un po' più piccolo della Terra, si presume che sia di natura rocciosa, e che sia situato nella zona abitabile della stella. Secondo il Planetary Habitability Laboratory (PHL) dell'Università di Porto Rico ad Arecibo il suo indice di similarità terrestre è di 0,90, il più alto tra tutti gli esopianeti noti al tempo della scoperta, e il terzo più alto al 2021. Sempre il PHL stima che la sua temperatura di equilibrio planetaria, che non tiene conto dell'atmosfera e dell'eventuale effetto serra che essa potrebbe innescare, sia di 263 K (-9 °C), assumendo che abbia un'albedo simile a quella della Terra (0,3). Considerando che riceve un flusso radiante leggermente superiore di quello che riceve la Terra dal Sole, è possibile che durante la formazione possano essere fotoevaporati parte degli oceani eventualmente presenti, tuttavia a differenza dei pianeti più interni, nel caso di TRAPPIST-1d la perdita d'acqua potrebbe essere stata nettamente minore, e potrebbe aver conservato le condizioni per la presenza di acqua liquida sulla superficie. Studi del 2018 hanno stimato una massa minore che al momento della scoperta, circa il 30% di quella terrestre, con un raggio del 77%, quindi una densità minore di quella terrestre, che potrebbe indicare la presenza di grosse quantità di acqua allo stato liquido sotto forma di oceani. Lo stesso studio suggerisce che il pianeta abbia una quantità relativa di acqua 250 volte quella della Terra. 

TRAPPIST-1 e è un pianeta extrasolare, di tipo roccioso, che orbita intorno alla stella nana rossa ultrafredda TRAPPIST-1, distante circa 40 anni luce dal Sole. È il quarto dei sette pianeti che orbitano intorno alla stella. Il 22 febbraio 2017 la NASA annuncia mediante una conferenza la scoperta, attraverso il metodo del transito, di 4 nuovi pianeti che orbitano attorno a TRAPPIST-1, i primi tre (b; c; d) già annunciati nel maggio del 2016, formando un totale di sette pianeti, tra cui TRAPPIST-1 e. Il primo transito di quest'ultimo davanti alla propria stella era stato già rilevato nell'ottobre del 2015, ma non fu subito riconosciuto come un nuovo pianeta. I telescopi utilizzati per rilevare TRAPPIST-1 e e gli altri tre pianeti scoperti più recentemente sono: TRAPPIST, Spitzer Space Telescope, Very Large Telescope, UKIRT, Liverpool Telescope e il William Herschel Telescope. TRAPPIST-1 e è un esopianeta simil-terrestre, che significa che ha un raggio e una massa simili a quelli della Terra. Ha un raggio di 0,92 r⊕ e una massa di 0,69 M⊕ e anche la densità è poco inferiore a quella terrestre. Essendo relativamente vicino alla propria stella il pianeta impiega appena 6,1 giorni per completare un'orbita attorno alla stessa e probabilmente (data la bassa eccentricità) è anche bloccato marealmente ad essa; cioè rivolge sempre la stessa faccia verso la stella (così come la nostra Luna rivolge sempre la stessa faccia verso la Terra). Il pianeta si trova nella zona abitabile del sistema; al momento della sua scoperta in base alle sue proprietà fisiche si colloca al 6º posto nell'indice di similarità terrestre, con un valore di 0,86 (dove il valore 1 indica la Terra). Il pianeta riceve il 65% del flusso radiante che riceve la Terra dal Sole, e la temperatura di equilibrio, che non tiene conto dell'eventuale presenza di un'atmosfera, è stimata da 230 K, considerando un'albedo simile a quella terrestre (0,3) a 246 K. È probabile che il pianeta sia in rotazione sincrona e che rivolga sempre lo stesso emisfero verso la stella; questa caratteristica secondo molti scienziati riduce, se non addirittura compromette del tutto l'abitabilità di "e", dato che la faccia esposta alla luce della stella sarebbe molto calda e quella costantemente al buio rimarrebbe congelata. Tuttavia la presenza di una atmosfera sufficientemente densa permetterebbe il trasporto del calore in eccesso dalla faccia illuminata a quella al buio, e consentire la presenza di acqua liquida in superficie, in particolare nelle zone lungo i terminatori. Dagli ultimi studi, per dimensioni, composizione e flusso di radiazioni che riceve dalla stella sembra essere il pianeta di Trappist-1 più simile alla Terra, con superficie rocciosa e atmosfera compatta e libera da composti volatili come l'idrogeno, che renderebbero il pianeta inospitale. Sarà uno dei primi obiettivi del telescopio spaziale James Webb quando questi verrà lanciato in orbita. Anche uno studio del 2020 di Del Vecchio et al. suggerisce che questo sia il pianeta con maggiori probabilità di vita nel sistema. Basandosi su modelli climatici adattati alle condizione dei pianeti di Trappist-1, che sono in rotazione sincrona attorno alla propria stella, lo studio stima che il pianeta e potrebbe avere il 93% della superficie abitabile e che è quello con maggiori probabilità di avere una vegetazione che aumenterebbe ancor più l'area abitabile del pianeta, arrivando anche al 100% della superficie totale; la temperatura media globale infatti sarebbe compresa tra 287 e 297 K (19±5 °C), con una minima, nell'emisfero sempre al buio, di 275 K, e una massima di 320 K nel lato diurno, in caso di presenza di vegetazione. Il sistema di TRAPPIST-1, e in particolare di TRAPPIST-1 e,[10] sarà uno degli obiettivi principali del telescopio spaziale James Webb, l'erede del telescopio Hubble il cui lancio è previsto per il 2021. Essendo la stella poco luminosa, eventuali firme di elementi nelle atmosfere planetarie, come quella dell'acqua, saranno più evidenti, inoltre, essendo i pianeti in orbita attorno a nane rosse più vicini alla propria stella, i transiti saranno molto più frequenti. Potrebbero bastare pochi transiti planetari perché il telescopio James Webb possa rilevare le componenti atmosferiche, anche se una spessa copertura nuvolosa potrebbe ostacolare il rilevamento dell'acqua, ritenuta necessaria per l'esistenza della vita così come noi la conosciamo.

TRAPPIST-1 f è uno dei sette pianeti di tipo roccioso che orbitano intorno alla stella nana rossa ultrafredda Trappist-1, distante all'incirca 40 anni luce dal Sole. È uno dei pianeti che si trovano nella zona abitabile del sistema, o almeno nei pressi del limite esterno. TRAPPIST-1 f è un pianeta con dimensioni simili a quelle della Terra, che orbita in circa 9 giorni ad una distanza media di 5,5 milioni di chilometri dalla stella madre; in comparazione Mercurio dista dal Sole circa 58 milioni di km, oltre 10 volte in più. Ha una Temperatura di equilibrio di 215 K (−58 °C), un raggio di 1,05 R⊕ , ed una massa di 0,93 M⊕, ed una densità pari a 4,5 g/cm³. Queste valutazioni suggeriscono una gravità superficiale di 6,1 m/s2 (62% del valore terrestre). Essendo la stella notevolmente meno luminosa del Sole, il pianeta si trova probabilmente nella zona abitabile, con una temperatura di equilibrio di circa 200 K se si assume un'albedo simile a quella della Terra (0,3), mentre con un'albedo pari a 0 la temperatura di equilibrio sarebbe di 219 K. La temperatura reale in superficie dipende dall'eventuale atmosfera di cui il pianeta potrebbe essere dotato, che potrebbe innalzare la temperatura a causa dell'effetto serra, come avviene anche per la Terra, che ha una temperatura media globale di 15 °C, mentre la temperatura di equilibrio è di circa −18 °C. Nel 2020, uno studio di Del Vecchio et al. suggerisce che la temperatura superficiale sia di circa 203 K, e che il pianeta sia probabilmente troppo freddo e completamente congelato. 

TRAPPIST-1 g è uno dei sette pianeti di tipo roccioso che orbitano intorno alla stella nana rossa ultrafredda TRAPPIST-1, distante all'incirca 40 anni luce dal Sole. È uno dei pianeti che si trovano nella zona abitabile del sistema. Il pianeta è il più grande dei sette scoperti attorno a TRAPPIST-1, e orbita in 12 giorni ad una distanza media di poco meno di 7 milioni di chilometri dalla stella. A quella distanza riceve solo il 26% della radiazione che riceve la Terra dal Sole e la sua temperatura di equilibrio è stimata in meno di 200 K. Tuttavia, essendo più massiccio della Terra, è possibile che abbia mantenuto una densa atmosfera tale da creare un effetto serra sufficiente per riscaldare la superficie al punto di fusione dell'acqua, anche se uno studio del 2020 tende a escluderlo, stimando che la temperatura sia, anche massima, ben al di sotto del punto di fusione dell'acqua.

TRAPPIST-1 h è uno dei sette pianeti di tipo roccioso che orbitano intorno alla stella nana rossa ultrafredda TRAPPIST-1, distante all'incirca 40 anni luce dal Sole. È stato scoperto nel 2017 con il metodo del transito, tramite osservazioni con il telescopio spaziale Spitzer, ed è il pianeta più distante dei sette che orbitano attorno alla stella. I parametri orbitali del pianeta h non sono noti con precisione come per gli altri pianeti, anche la massa è incerta, tuttavia considerando che il raggio è il 76% del raggio terrestre, si ipotizza che anche la massa sia inferiore a quella del nostro pianeta, con TRAPPIST-1 d è il più piccolo del sistema. Riceve solo il 14% della radiazione che riceve la Terra dal Sole, ed è probabile che abbia una temperatura troppo bassa per consentire la vita (la temperatura di equilibrio è stimata essere di 169 K), anche se non è escluso che un eventuale riscaldamento interno dovuto al blocco mareale possa innalzare la temperatura al punto di fusione dell'acqua. Studi del 2018 suggeriscono una massa di circa un terzo di quella della Terra, inoltre ritengono probabile che l'acqua sia presente in grandi quantità ma sotto forma di ghiaccio, mentre l'atmosfera, se sottile, difficilmente potrebbe contenere grandi quantità di molecole pesanti come l'anidride carbonica, in quanto a basse temperature essa collasserebbe al suolo.


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