Il Braccio di Orione

La Via Lattea è una galassia molto grande, contenente centinaia di migliaia di stelle. Il Sistema solare si trova in un braccio secondario della galassia, il Braccio di Orione, la parte della galassia che conosciamo meglio. Per saperne di più seguiteci su Eagle sera!


Via Lattea

La Via Lattea (dal latino Via Lactea) è la galassia a cui appartiene il nostro sistema solare; è "la galassia" per eccellenza: il nome infatti deriva dal greco galaxias (correlato alla parola latte) utilizzato in epoca greca per designarla. In base agli studi più recenti pare che, da un punto di vista strettamente morfologico, sia una galassia a spirale barrata, ovvero una galassia composta da un nucleo attraversato da una struttura a forma di barra da cui si dipartono i bracci di spirale che seguono un andamento logaritmico; insieme alla Galassia di Andromeda, è il membro principale del Gruppo Locale, un gruppo di galassie comprendente anche la Galassia del Triangolo ed una cinquantina di galassie minori, principalmente galassie nane. Nell'astronomia osservativa, il termine designa la debole banda luminosa biancastra dall'aspetto lattiginoso che attraversa diagonalmente la sfera celeste, formata dalle stelle e dalle nebulosità situate nel disco galattico stesso. La Via Lattea è più brillante in direzione della costellazione del Sagittario, dove si trova il centro galattico che però non è visibile a causa dell'assorbimento della luce da parte delle dense polveri presenti in quella direzione. Nel corso della storia molti miti e leggende sono sorti per spiegare l'origine della Via Lattea: dal latte di Era che allatta Eracle nella mitologia greca al Gange etereo dell'India; immaginata da Democrito e dagli astronomi arabi come una scia di stelle lontane, fu riconosciuta come tale da Galileo Galilei e, in seguito, da studiosi e filosofi come Immanuel Kant, William Herschel e Lord Rosse. Secondo alcune fonti il termine "Via Lattea" va riferito esclusivamente alla scia luminosa osservabile nel cielo notturno; in campo scientifico, consuetudine radicata principalmente nei Paesi anglosassoni, per indicare la galassia nel complesso sarebbe preferibile utilizzare il termine Galassia Via Lattea (in inglese Milky Way Galaxy) o anche la Galassia, con l'iniziale maiuscola. Tuttavia anche nelle pubblicazioni scientifiche la locuzione Via Lattea resta la più diffusa, anche per indicare la galassia nel suo complesso. Osservando la Via Lattea dalla Terra, che giace in uno dei suoi bracci di spirale, essa appare nel cielo notturno come una fascia chiara di luce bianca che percorre trasversalmente l'intera volta celeste, dove si addensa un numero di stelle maggiore che nelle altre aree del cielo e che appare di aspetto leggermente diverso a seconda dell'emisfero in cui ci si trova. Numerose interruzioni nella sua continuità sono causate dalla presenza in più punti di nebulose oscure e polveri che oscurano la luce delle stelle più lontane. Il tratto più luminoso ricade tra le costellazioni di Ofiuco, Scorpione e Sagittario, ossia in direzione del centro galattico; numerosi altri punti brillanti si dispongono a nord e a sud del centro, in particolare il tratto costituito dal Braccio del Cigno, nell'omonima costellazione, e dal Braccio della Carena-Sagittario, nella costellazione della Carena. Relativamente all'equatore celeste, la Via Lattea passa nel suo estremo a nord nella costellazione di Cassiopea e nell'estremo a sud nella costellazione della Croce del Sud. Questa disposizione è dovuta alla grande inclinazione relativa tra il piano orbitale della Terra (l'eclittica, ovvero il piano fondamentale del Sistema Solare) e il piano equatoriale della Galassia. In realtà, a causa del fenomeno della precessione degli equinozi, questa inclinazione della Via Lattea varia sensibilmente a seconda delle epoche, aumentando o diminuendo se l'asse di rotazione terrestre si avvicina o si allontana dalla stessa scia della Via Lattea; nella nostra epoca, la sua inclinazione è in lenta ma costante crescita. Nell'epoca precessionale opposta alla nostra, 13 000 anni fa o tra 13 000 anni, l'inclinazione della Via Lattea diminuisce. A causa della diversa distribuzione delle nebulose oscure nella nostra Galassia, la sua forma vista dalla Terra appare molto irregolare e frastagliata: il tratto a nord del centro galattico, che ricade nell'emisfero boreale, appare solcato da una lunga scia scura che percorre la fascia centrale della scia luminosa per oltre una quarantina di gradi: si tratta di un complesso nebuloso noto come Fenditura del Cigno ed è una caratteristica tipica della Via Lattea del cielo boreale; vista dall'emisfero australe, nel suo ramo a sud del centro galattico, appare meno oscurata della parte boreale: l'unica nebulosa oscura di rilievo è la Nebulosa Sacco di Carbone, che si presenta come una toppa scura che si sovrappone al grande chiarore della Via Lattea dei cieli del sud. Invece in direzione opposta al centro galattico, fra le costellazioni dell'Auriga e dei Gemelli, la scia chiara appare un po' meno spessa e meno brillante. Il fatto che la Via Lattea divida il cielo notturno terrestre in due emisferi più o meno uguali indica che il Sistema Solare si trova vicino al piano galattico. La relativamente bassa luminosità superficiale della Via Lattea non le permette però di poter essere scorta dalle più grandi aree urbane o suburbane afflitte da inquinamento luminoso.  Numerose cosmogonie, formulate dalle popolazioni di tutto il mondo, hanno cercato di spiegare l'origine della Via Lattea. I nomi italiano, inglese, ed europei in generale derivano dall'antico nome greco Γαλαξίας, Galaxias, che deriva a sua volta dalla parola γάλα, γάλαϰτος (gala, galaktos), ossia latte; che è pure l'origine stessa della parola galassia. Il nome deriva da un noto episodio della mitologia greca: Zeus, invaghitosi di Alcmena, dopo avere assunto le fattezze del marito, il re di Tirinto Anfitrione, ebbe un rapporto con lei e la ingravidò. Nacque Eracle che Zeus decise di porre, appena nato, al seno della moglie Era addormentata, cosicché il bambino potesse berne il latte divino e diventare così immortale. Ma Era si svegliò, s'accorse che stava nutrendo un bambino sconosciuto e lo respinse; il latte, sprizzato dalle mammelle, schizzò e bagnò il cielo notturno, originando la "Via Lattea". Nella forma latina Via Lactea, il termine fu poi utilizzato dai Romani che ricalcarono il mito greco. I Babilonesi, fondatori dell'astronomia, credevano che la Via Lattea fosse ottenuta dalla metamorfosi della coda della dea-drago Tiāmat, dopo che questa venne catturata dal dio Marduk. Gli antichi Egizi consideravano la Via Lattea come una controparte celeste del Nilo: un fiume chiaro che attraversava il cielo notturno esattamente come il Nilo attraversava le loro terre. Nell'area dell'Asia centrale, dell'Africa e in alcune culture mediterranee, il nome della Via Lattea è legato a parole indigene che significano paglia, analogamente al nome in sardo Sa bia 'e sa palgia, La via della paglia, il termine venne diffuso dagli Arabi che l'avevano mutuato dalla lingua armena. In alcune lingue uraliche, turche, ugrofinniche e baltiche, la Via Lattea è chiamata Via degli uccelli; il nome cinese Fiume d'argento (銀河) è usato in tutta l'Asia orientale, inclusi Corea e Giappone. Un nome alternativo usato nell'antica Cina, specialmente nei poemi, è Fiume etereo di Han (天汉); in giapponese invece Fiume d'argento (銀河 ginga) assume il significato generico di galassia, mentre la Via Lattea precisamente detta è chiamata Sistema del Fiume d'argento (銀河系 gingakei) o anche Fiume celestiale (天の川 ama no kawa). Nelle lingue correnti in India, sia in quelle di origine indoeuropea sia in quelle di origine dravidica, si utilizza il termine sanscrito e Hindi Akasha Ganga, il Gange celeste. In svedese è chiamata infine Vintergatan (Strada dell'Inverno), poiché le stelle della sua fascia sono usate per predire il tempo del successivo inverno. In Spagna la Via Lattea viene chiamata popolarmente Camino de Santiago perché era usata come guida dai pellegrini diretti in questo luogo. Secondo una leggenda medievale, la Via Lattea fu formata dalla polvere sollevata dai pellegrini stessi. Lo stesso termine Compostela deriverebbe da campus stellae. Aristotele descrisse la Via Lattea in una sua opera sulle Scienze della Terra, i Meteorologica (DK 59 A80), ma già prima di lui i filosofi Anassagora (circa 500-428 a.C.) e Democrito (450-370 a.C.) avanzarono l'idea che la Via Lattea fosse una lunga scia di stelle molto distanti. L'astronomo persiano Abū Rayhān al-Bīrūnī (973-1048 d.C.) fu il primo a notare che la Via Lattea è formata da un insieme di innumerevoli stelle nebulose. Una prima conferma giunse nel 1610, quando Galilei usò un cannocchiale per studiare la Via Lattea: vide in effetti che era composta da un elevatissimo numero di deboli stelline. In un trattato del 1755 Immanuel Kant, rifacendosi ad un'opera precedente di Thomas Wright, speculò correttamente che la Via Lattea fosse in realtà un corpo in rotazione formato da un numero enorme di stelle, legate dalla forza di gravità come avviene nel sistema solare, ma in scala molto maggiore; dall'interno il disco di stelle è visto come una lunga scia chiara solo per un effetto prospettico. Speculò inoltre, sempre correttamente, sul fatto che alcune delle nebulose visibili nel cielo notturno non fossero altro che delle "galassie" simili alla nostra ma molto più lontane. Il primo tentativo di descrivere la forma della Via Lattea e la posizione del Sole al suo interno fu di William Herschel nel 1785, attraverso un conteggio scrupoloso del numero di stelle in seicento regioni differenti del cielo. Disegnò in seguito un diagramma della forma della Galassia, considerando erroneamente il Sole nei pressi del suo centro. Nel 1845 Lord Rosse costruì un nuovo telescopio che gli consentì di distinguere la forma ellittica e spiraliforme di alcune delle nebulose allora conosciute; inoltre cercò di capire quale fosse il "punto sorgente individuale" in molte di queste particolari "nebulose", secondo quanto formulato in precedenza da Kant. Nel 1917 Heber Curtis osservò la supernova S Andromedae all'interno della "Grande Nebulosa di Andromeda"; cercando poi nei registri fotografici trovò altre undici stelle novae. Curtis determinò che la magnitudine apparente di questi oggetti era stata 10 volte inferiore di quella che raggiungono gli oggetti all'interno della Via Lattea. Come risultato egli calcolò che la "nebulosa" dovesse trovarsi ad una distanza di circa 150 000 parsec. Diventò così un sostenitore della teoria degli "universi isola", che affermava che le nebulose di forma spirale erano in realtà galassie separate simili alla nostra. Nel 1920 ebbe luogo il Grande Dibattito tra Harlow Shapley e Heber Curtis riguardo alla natura della Via Lattea, delle nebulose spiraliformi e sulle dimensioni dell'Universo. Per supportare l'ipotesi che la Grande Nebulosa di Andromeda fosse in realtà una galassia esterna, Curtis indicò la presenza di linee oscure simili alle nebulose oscure osservabili nella Via Lattea, come anche il notevole Effetto Doppler osservato. Il problema fu definitivamente risolto nei primi anni venti da Edwin Hubble che si servì del potente telescopio Hooker, appena costruito nell'osservatorio di Monte Wilson. Fu in grado di risolvere le parti esterne di alcune nebulose spiraliformi come insiemi di stelle e identificò alcune variabili Cefeidi, che lo aiutarono a stimare la distanza di queste nebulose: queste si rivelarono troppo distanti per essere parte della Via Lattea. Nel 1936 lo stesso Hubble ideò un sistema di classificazione per le galassie in base alla loro morfologia ancora usato ai nostri giorni, la Sequenza di Hubble. Il disco stellare della Via Lattea ha un diametro di circa 100 000 anni luce e uno spessore, nella regione dei bracci, di circa 1 000 anni luce. Le stime sul numero di stelle che la compongono sono varie e a volte controverse: secondo alcune fonti sarebbero circa 200 miliardi, mentre secondo altre potrebbero essere fino a 400 miliardi; In realtà il numero esatto dipende dalla quantità delle stelle di piccola massa, altamente incerto; inoltre recenti osservazioni inducono a pensare che il disco gassoso della Via Lattea abbia uno spessore di ben 12 000 anni luce, un valore dodici volte superiore a quello precedentemente ipotizzato. Se vi fosse un modellino in scala con un diametro di 130 km che rappresentasse la nostra Galassia, il sistema solare ne occuperebbe appena 2 millimetri. All'esterno della Via Lattea si staglia l'alone galattico, delimitato dalle due galassie satelliti maggiori, la Grande e la Piccola Nube di Magellano, i cui perigalattici (i punti delle loro orbite più vicini alla nostra Galassia) distano circa 180 000 anni luce dalla Via Lattea stessa. Definire l'età esatta della Via Lattea presenta notevoli difficoltà; l'età stimata di HD 140283, la stella più antica conosciuta nella Galassia, è di circa 13,7 miliardi di anni, un'età non molto diversa da quella dell'Universo stesso. Questa stima è basata sulle ricerche condotte nel 2004 da un team di astronomi che si servirono dello spettrografo del Very Large Telescope per misurare, per la prima volta, il contenuto in berillio di due stelle dell'ammasso globulare NGC 6397. Da queste ricerche emerse che il lasso di tempo che separa la comparsa della prima generazione di stelle dell'intera Galassia da quella dell'ammasso globulare esaminato si aggira tra i 200 e i 300 milioni di anni; considerando l'età stimata delle stelle dell'ammasso globulare (13,4 ± 0,8 miliardi di anni), fu possibile stimare l'età delle stelle più vecchie della Via Lattea, che quindi si aggirerebbe sui 13,7 ± 0,8 miliardi di anni ossia circa 300 milioni di anni più vecchie. Se questi calcoli sono corretti, il disco galattico avrebbe un'età compresa tra 6,5 e 10,1 miliardi di anni. Le osservazioni condotte dal telescopio spaziale Spitzer nel 2005 confermarono che la Via Lattea è realmente una galassia a spirale barrata: la nostra Galassia è dunque formata da un nucleo centrale (bulge) attraversato da una struttura simile ad una barra, costituita da stelle evolute, circondate da gas e polveri; dalla barra si dipartono quattro strutture a spirale logaritmica su cui si dispongono le formazioni stellari più giovani. La distribuzione della massa nella Galassia sembra ricalcare il modello Sbc suggerito nella classificazione di Hubble, ossia una galassia spirale con dei bracci relativamente sottili e sfrangiati. L'ipotesi che la Via Lattea fosse in realtà una spirale barrata, e non una semplice galassia a spirale come si credeva inizialmente, iniziò ad interessare gli astronomi attorno agli anni ottanta; i loro sospetti furono confermati dalle osservazioni condotte dal telescopio spaziale Spitzer nel corso del 2005, che mostrarono anche che la barra centrale della Via Lattea fosse in realtà più larga di quanto inizialmente sospettato. La Via Lattea è ora considerata una spirale barrata di tipo SBbc. Nel 2006 fu stimata con maggior accuratezza la massa totale della Galassia, e fu indicato un valore di circa 5,8 × 1011 M☉, che comprende un numero di componenti stellari variabile, a seconda dell'abbondanza di stelle di piccola massa, tra 200 e 400 miliardi di stelle. La magnitudine assoluta integrata della Via Lattea è stata invece stimata intorno a −20,9. Gran parte della massa galattica potrebbe essere costituita da materia oscura, che forma un alone galattico le cui stime di massa variano tra 600 miliardi e 3000 miliardi di masse solari (M☉). Il Centro della Via Lattea, noto anche come Centro Galattico, è il centro rotazionale della Via Lattea; si trova a circa 7900 ± 430 parsec dalla Terra, in direzione della costellazione del Sagittario, nel punto in cui la Via Lattea appare più luminosa. Questa parte della galassia è rimasta misteriosa per molto tempo e solo recenti osservazioni, rese possibili dai grandi telescopi europei dell'emisfero australe, hanno permesso di saperne di più. In sintesi, dopo una quindicina d'anni d'osservazione, si è arrivati alla conclusione che nella Via Lattea, come nella maggior parte delle galassie, vi sia un buco nero supermassiccio chiamato Sagittarius A*. A causa delle fredde polveri interstellari sulla linea di vista, il Centro Galattico non può essere studiato alle lunghezze d'onda del visibile, né dell'ultravioletto, né dei raggi X a debole frequenza; tutte le informazioni di cui disponiamo ci sono fornite dall'osservazione a raggi gamma, raggi X a forte frequenza, infrarossi e onde radio. Le coordinate del Centro Galattico furono calcolate e presentate per la prima volta dall'astronomo Harlow Shapley nel suo studio sulla distribuzione degli ammassi globulari del 1918. Nel sistema delle coordinate equatoriali, queste coordinate sono: Ascensione retta 17h 45m 40,04s; Declinazione −29° 00′ 28,1″ (epoca J2000). Il parsec centrale attorno a Sagittarius A* contiene centinaia di stelle. Sebbene la gran parte di queste siano vecchie stelle rosse sulla Sequenza principale, sono presenti anche diverse stelle di grande massa: sono state infatti identificate più di cento stelle di popolazione OB e di Wolf-Rayet, le quali sarebbero nate a seguito di un unico evento di formazione stellare che ebbe luogo pochi milioni di anni fa. L'esistenza di queste stelle relativamente giovani fu una sorpresa per gli esperti, che ipotizzavano che la forza mareale del buco nero avrebbe contrastato la loro formazione. Questo cosiddetto "paradosso della giovinezza" è ancor più notevole in stelle che hanno un'orbita molto stretta attorno a Sagittarius A*, come le stelle S2 e S0-102. Le ipotesi prevalenti affermano che quest'ammasso di stelle supermassicce si sarebbe formato al di là del Centro Galattico, e che poi sarebbe migrato in direzione di Sagittarius A attratto dalla corrente gravitazionale, o che si sarebbe formato in loco, grazie alla stessa forza gravitazionale che avrebbe contratto la grande nube del disco di accrescimento del buco nero. È interessante notare che molte di queste stelle giovani e massicce sembrano essere concentrate in uno (UCLA) o due (MPE) dischi, piuttosto che distribuite in modo casuale all'interno del parsec centrale. La formazione stellare non sembra tuttavia avvenire attualmente all'interno del Centro Galattico, sebbene il Disco Circumnucleare (CND) di gas molecolare orbitante a due parsec da Sagittarius A* sembri essere un sito favorevole all'evento. Un lavoro di mappatura della densità del gas in una regione di 400 anni-luce attorno al Centro Galattico presentato nel 2003 da Antony Stark e Chris Martin ha rivelato un anello di accumulo la cui massa supera di diversi milioni di volte quella del Sole e prossimo alla densità critica adatta alla formazione stellare. Le loro conclusioni sono che in circa 200 milioni di anni potrebbe verificarsi nel Centro Galattico uno starburst, ossia un violento episodio di formazione stellare, con stelle supermassicce che rapidamente evolvono in supernovae; lo starburst, come osservato in altre galassie, si accompagna spesso alla formazione di getti galattici ai poli. La Via Lattea, secondo questo studio, potrebbe diventare una "galassia starburst" entro 500 milioni di anni. Ogni braccio di spirale descrive una spirale logaritmica (come d'altra parte fanno tutti i bracci delle galassie a spirale), con un'inclinazione di circa 12 gradi. L'esito di studi condotti nel 1993 ha suggerito l'esistenza, nella Via Lattea, di due bracci maggiori (Braccio di Perseo e Braccio Scudo-Croce) e due bracci complementari (Braccio del Cigno e Braccio del Sagittario), aventi tutti origine al centro della Galassia, con alcuni bracci secondari, che si dipartono dai maggiori; i loro nomi sono elencati di seguito, come mostrato anche dall'immagine a sinistra. All'esterno dei bracci maggiori è presente un anello esterno, detto Anello dell'Unicorno; si tratta di una struttura anulare, che circonda la Galassia, formato da stelle e gas strappati dalle forze mareali ad altre galassie milioni di anni fa. Uno studio del 2008 ha tuttavia messo in discussione la natura di due dei bracci di spirale, considerandoli solo come degli addensamenti maggiori di gas rispetto allo spazio intragalattico circostante; i due bracci maggiori pertanto sarebbero il Braccio di Perseo e il Braccio Scudo-Croce. Come spesso accade in molte galassie, la distribuzione della massa nella Via Lattea fa sì che la velocità orbitale della gran parte delle stelle attorno al centro galattico non dipenda necessariamente dalla loro distanza dal centro; fuori dalle regioni del bulge o dal bordo esterno, la velocità tipica è compresa fra 210 e 240 km/s. Pertanto, il tipico periodo orbitale di una stella è direttamente proporzionale solo alla lunghezza della traiettoria percorsa, a differenza di quanto può invece essere osservato nel sistema solare, dove, nel rispetto delle leggi di Keplero, le differenti orbite dei pianeti possiedono anche differenze di velocità significative associate, ed è dunque anche uno degli indizi più evidenti dell'esistenza della materia oscura. Un altro aspetto interessante è il cosiddetto "problema dell'attorcigliamento" delle galassie spirali: se si suppone infatti che le parti più interne dei bracci di spirale ruotino più lentamente delle parti esterne, la Via Lattea si "attorciglierebbe" così tanto che la struttura a spirale ne verrebbe staccata. Questo scenario è in realtà l'opposto di quanto si osserva nella galassie spirali; per questo motivo gli astronomi suppongono che i bracci di spirale si formino come risultato di un'onda di densità di materia emanata dal centro galattico. Il modello può essere paragonato ad un ingorgo stradale su un'autostrada: le auto sono tutte in movimento, ma c'è sempre un punto in cui le auto sono ferme; uno scenario simile si osserva nei bracci di spirale laddove si rinvengono forti addensamenti stellari e di nebulose. Questo modello si accorda bene anche con i fenomeni di formazione stellare osservati nei bracci di spirale o nelle loro vicinanze: l'onda di compressione aumenta la densità dell'idrogeno molecolare, che collassa facilmente dando luogo alla formazione delle protostelle. Il disco galattico è circondato da un alone sferoidale formato da stelle vecchie ed ammassi globulari, il 90% dei quali si trovano entro un raggio di 100 000 anni luce, suggerendo l'esistenza di un alone di stelle di 200 000 anni luce di diametro. Tuttavia, alcuni ammassi globulari sono stati osservati a distanze anche maggiori, come Palomar 4 e AM1, che si trovano ad oltre 200 000 anni luce dal centro galattico. A differenza del disco, che contiene gas e polveri che oscurano la visuale ad alcune lunghezze d'onda, l'alone galattico ne è completamente privo; i fenomeni di formazione stellare hanno luogo nel disco, e specialmente nei bracci di spirale, dove la densità è maggiore, mentre nell'alone tali fenomeni non si verificano. Anche gli ammassi aperti sono oggetti tipici del disco e non dell'alone. Recenti scoperte hanno aumentato le dimensioni della struttura nota della Via Lattea. Con la scoperta che il disco della Galassia di Andromeda si estende molto più di quanto precedentemente osservato, si è ipotizzato che anche quello della nostra Galassia potesse essere più esteso; questa ipotesi trovò la prima conferma con la scoperta dell'estensione del braccio esterno appartenente al Braccio del Cigno. Con la scoperta della Galassia Nana Ellittica del Sagittario arrivò anche l'individuazione di una scia di detriti causati dall'orbita polare della galassia e la sua interazione con la Via Lattea. Similmente, con la scoperta della Galassia Nana Ellittica del Cane Maggiore, fu scoperto un anello di detriti circondante il disco della Via Lattea derivante dall'interazione di questa galassia con la nostra. Nel 2006 fu infine scoperta una grandissima struttura diffusa estesa sulla volta celeste su una superficie apparente di circa 5000 volte quella della Luna piena, che non sembra adattarsi al modello ideato per la nostra Galassia: questo gruppo di stelle si estende infatti perpendicolarmente al piano galattico, verso l'esterno. La teoria più accreditata afferma che si tratti di una galassia nana in fase di fusione con la Via Lattea; questa galassia è stata chiamata col nome di Corrente stellare della Vergine, poiché si estende in direzione dell'omonima costellazione, a circa 30 000 anni luce da noi.  Il Sole, e quindi anche la Terra e tutto il Sistema Solare, si trova nella Nube Interstellare Locale, che a sua volta si trova dentro la Bolla Locale, a sua volta dentro la Cintura di Gould situata nei pressi del bordo interno del Braccio di Orione, ad una distanza di circa 7,62 ± 0,32 kpc dal centro galattico. La distanza tra il nostro braccio locale e quello subito più esterno, il Braccio di Perseo, è di circa 6500 anni luce. Il Sole e il Sistema Solare si trovano in quella fascia che gli scienziati chiamano zona galattica abitabile. L'apice della traiettoria solare, noto come apice solare, indica la direzione in cui il Sole si sposta nello Spazio attraverso la Via Lattea. La direzione generica del moto solare è poco a sud della stella Vega, entro i confini meridionali della costellazione di Ercole, con un angolo di 60° rispetto alla direzione del centro galattico. L'orbita solare attorno alla Galassia si ipotizza che sia approssimativamente circolare, con l'aggiunta di perturbazioni dovute ai bracci di spirale e alla distribuzione di massa non uniforme. In aggiunta a ciò, il Sole oscilla su e giù rispetto al piano galattico all'incirca 2,7 volte per orbita; ciò ricorda molto da vicino come un moto armonico semplice lavori nel caso non sia né forzato né smorzato da forze esterne. A causa della relativamente alta densità di stelle e polveri incrociate nei pressi del piano galattico, queste oscillazioni spesso coincidono con i periodi di grandi estinzioni di massa verificatisi sulla Terra, probabilmente a causa dell'aumentato rischio di impatto con corpi celesti estranei. Il Sistema Solare impiega circa 225-250 milioni di anni per completare un'orbita attorno alla Galassia (un anno galattico); si pensa dunque che il Sole abbia completato durante la sua vita circa 20-25 orbite complete, mentre dall'origine dell'Uomo sarebbe trascorso 1/1250 di rivoluzione. La velocità orbitale del Sistema Solare rispetto al centro galattico è approssimativamente di 220 km/s; a questa velocità, al Sistema Solare occorrono circa 1400 anni per compiere uno spostamento pari ad un anno luce, o 8 giorni per muoversi di una UA. La Via Lattea e la Galassia di Andromeda formano un sistema binario di galassie spirali giganti; insieme alla Galassia del Triangolo e a tutte le galassie nane satelliti, circa una cinquantina, formano il Gruppo Locale. Il Gruppo Locale fa invece parte del Superammasso della Vergine. In uno studio del 2014 si indica un esteso superammasso di galassie che comprenderebbe i gruppi suddetti, citato col nome di Laniakea (nome che in lingua hawaiiana sta per "Immenso paradiso"); le dimensioni di quest'ammasso sarebbero di circa 500 milioni di anni luce. La Via Lattea è il centro di gravità attorno al quale orbitano due galassie più piccole, chiamate Nubi di Magellano, e una parte delle galassie nane del Gruppo Locale. La più grande tra queste è la Grande Nube di Magellano, con un diametro di 20 000 anni luce, ossia circa un quinto di quello della nostra Galassia; nei suoi pressi si trova una compagna, la Piccola Nube di Magellano. Le due galassie sono connesse tra di loro e con la Via Lattea tramite la Corrente Magellanica, un ponte di idrogeno neutro; si pensa che il materiale di cui è composta la corrente sia stato strappato via dalla Grande Nube a causa delle forze mareali durante l'ultimo transito ravvicinato con la nostra Galassia. Alcune delle galassie nane orbitanti attorno alla Via Lattea sono la Galassia Nana Ellittica del Cane Maggiore, la più vicina, la Galassia Nana Ellittica del Sagittario, la Galassia Nana dell'Orsa Minore, quella dello Scultore, del Sestante, della Fornace e la Galassia Leo I. Le galassie nane più piccole orbitanti attorno alla nostra possiedono un diametro di appena 500 anni luce; tra queste ci sono la Galassia Nana della Carena e del Drago, più la galassia Leo II. Probabilmente esistono altre galassie nane ancora sconosciute, sempre gravitazionalmente legate alla Via Lattea. Osservazioni attraverso la zona d'ombra galattica rivelano di tanto in tanto nuovi membri del Gruppo Locale, finora solo galassie nane, alcune delle quali si rivelano poi essere legate con la nostra. Un'ipotesi suggestiva è stata da poco suggerita per spiegare il cosiddetto movimento in eccesso che la Via Lattea possiede verso una parte di Spazio oscurata dal centro galattico: alcuni scienziati americani hanno teorizzato l'esistenza di un'altra galassia gigante di dimensioni paragonabili alla Galassia di Andromeda, posta nel Gruppo Locale a circa 3 milioni di anni luce da noi, oppure al massimo un gruppo di galassie simile al Gruppo Locale ma appena al di fuori di questo, popolato da alcune galassie giganti. Finora non è stato possibile osservare questa galassia (o quest'ammasso di galassie) poiché la sua direzione sarebbe proprio in direzione del centro galattico, e dunque oscurato dalla Terra dalle polveri oscure. La radioastronomia, secondo alcuni, potrebbe essere in futuro in grado di attraversare lo spesso strato di nubi galattiche per osservare lo Spazio a noi nascosto. Nel gennaio del 2006 alcuni ricercatori riportarono che il fino ad allora inspiegato warp (distorsione) riscontrato sul disco galattico era stato ora mappato e si era trovato un increspamento, o vibrazione, creata dalle Nubi di Magellano durante la loro rivoluzione attorno alla nostra Galassia, che causa delle vibrazioni a certe frequenze quando queste si trovano appena fuori dai confini della Via Lattea. Prima queste due galassie, che possiedono assieme circa il 2% della massa della Via Lattea, erano considerate troppo piccole per influenzare la nostra Galassia; tuttavia, tenendo conto della presenza della materia oscura, il movimento di queste due galassie crea una scia che la influenza. Secondo delle elaborazioni condotte dall'Università del Massachusetts, la materia oscura si separa dal disco galattico assieme allo strato di gas conosciuto, comportando un aumento dell'effetto gravitazionale delle due Nubi di Magellano nel momento di transito vicino alla Via Lattea. Le misure attuali suggeriscono inoltre che la Galassia di Andromeda si stia avvicinando a noi ad una velocità compresa fra 100 e 140 km/s. Come conseguenza di ciò si ipotizza che fra 3 o 4 miliardi di anni la Via Lattea e la Galassia di Andromeda potrebbero collidere; in un evento apparentemente catastrofico come quello di uno scontro fra galassie, le singole stelle non collideranno fra di loro, ma si mescoleranno, andando a formare un'unica grande galassia ellittica nel corso di un miliardo di anni dallo scontro. Un binocolo 8×30 o 10×50 non mostra molti più dettagli, ma consente di individuare la satellite M32; un telescopio da 120-250 mm di apertura consente di notare che la regione centrale è più luminosa, anche se non notevolmente rispetto al resto del fuso, il quale degrada dolcemente verso il fondo cielo specialmente ai lati nordest e sudovest. Ingrandimenti eccessivi non consentono di avere una visione di insieme. La Galassia di Andromeda può essere osservata da entrambi gli emisferi terrestri, sebbene la sua declinazione settentrionale favorisca notevolmente gli osservatori dell'emisfero nord; dalle regioni boreali si presenta estremamente alta nel cielo nelle notti d'autunno, mostrandosi persino circumpolare dalle regioni più settentrionali e della fascia temperata medio-alta, come l'Europa centro-settentrionale e il Canada, mentre dall'emisfero australe resta sempre molto bassa, ad eccezione delle aree prossime all'equatore. È comunque visibile da buona parte delle aree abitate della Terra. Il periodo migliore per la sua osservazione nel cielo serale è quello compreso fra settembre e marzo; nell'emisfero boreale è uno degli oggetti più caratteristici dei cieli autunnali. La prima osservazione della Galassia di Andromeda messa per iscritto risale al 964 ed è stata condotta dall'astronomo persiano Abd al-Rahmān al-Sūfi, il quale la descrisse come una "piccola nube" nel suo Libro delle stelle fisse; anche altre carte celesti, (tra cui quelle olandesi) risalenti allo stesso periodo la riportano con la definizione di "Piccola Nube". La prima descrizione dell'oggetto basata sulle osservazioni telescopiche fu fatta da Simon Marius il 15 dicembre del 1612, il quale la definì come "la luce di una candela osservata attraverso un corno traslucido". Charles Messier la inserì in seguito nel suo celebre catalogo col numero 31 nell'anno 1764, accreditando erroneamente Marius come scopritore, non essendo a conoscenza del precedente libro di Sufi. Nel 1785, l'astronomo William Herschel notò un debole alone rossastro nella regione centrale di M31; egli credeva che si trattasse della più vicina fra tutte le "grandi nebulose" e, basandosi sul colore e la magnitudine della nube, stimò (scorrettamente) una distanza non superiore a 2000 volte la distanza di Sirio. William Huggins nel 1864 osservò lo spettro di M31 e notò che era differente da quello delle nebulose gassose; gli spettri di M31 mostravano un continuum di frequenze, sovrapposte a linee scure, molto simile a quello delle singole stelle: da ciò dedusse che si doveva trattare di un oggetto di natura stellare. Nel 1885 fu osservata nell'alone di M31 una supernova, catalogata come S Andromedae, la prima e l'unica osservata finora nella galassia; all'epoca dato che M31 era considerato un oggetto "vicino", si credeva che si trattasse di un evento molto meno luminoso, chiamato nova, così fu indicata come "Nova 1885". Le prime immagini fotografiche della galassia furono prese nel 1887 da Isaac Roberts dal suo osservatorio privato nel Sussex; la lunga esposizione permise di mostrare, per la prima volta, che M31 possiede una struttura a spirale. Tuttavia si credeva ancora che si trattasse di una nebulosa compresa nella nostra Galassia e Roberts pensò erroneamente che si trattasse di una nube a spirale in cui si formano sistemi simili al nostro sistema solare, dove le nubi satelliti sarebbero state dei pianeti in formazione.La velocità radiale di M31 rispetto al sistema solare fu misurata nel 1912 da Vesto Slipher all'Osservatorio Lowell, utilizzando uno spettroscopio; il risultato fu la più alta velocità radiale mai misurata fino ad allora, di ben 300 km/s, in avvicinamento al Sole. Nel 1917 Heber Curtis osservò una nova nei bracci di M31; ricercando nelle lastre fotografiche, ne scoprì altre 11; Curtis scrisse che queste novae possedevano una magnitudine apparente media di 10, più deboli di quelle che si osservano nella Via Lattea. Come risultato, egli pose la Galassia di Andromeda alla distanza di 500000 al, diventando così il proponente della teoria dei cosiddetti "universi-isola", secondo la quale le nebulose a spirale non sono altro che insiemi di gas e stelle simili alla nostra Via Lattea, indipendenti fra loro. Nel 1920 ebbe luogo il Grande Dibattito fra Harlow Shapley e Heber Curtis, in cui si discuteva della natura della Via Lattea, delle "nebulose a spirale" e delle dimensioni dell'Universo; per supportare l'ipotesi che la "Grande Nebulosa di Andromeda" fosse in realtà una galassia indipendente, Curtis riportò pure l'esistenza di linee oscure che ricordano le nubi di polvere tipiche della nostra Galassia, come pure il notevole effetto Doppler. Nel 1922 Ernst Öpik presentò un metodo astrofisico molto semplice per stimare la distanza di M31, secondo cui la "nube" risultava essere distante 450 kpc (quasi 1,5 milioni di anni luce). Edwin Hubble risolse il dilemma nel 1925, quando per la prima volta identificò alcune variabili Cefeidi in alcune foto della galassia create nell'Osservatorio di Monte Wilson, rendendo così molto più accurata la misurazione della distanza; le sue misurazioni infatti dimostrarono inequivocabilmente che M31 è una galassia indipendente situata a notevole distanza dalla nostra. Questa galassia svolge un ruolo importante negli studi galattici, dato che si tratta della galassia spirale gigante più vicina a noi. Nel 1943 Walter Baade risolse per la prima volta alcune singole stelle nella regione centrale della galassia; basandosi sulle sue osservazioni, egli fu in grado di distinguere due distinte popolazioni di stelle in base alla loro metallicità: chiamò il gruppo più giovane e vicino al disco "Tipo I" e le più vecchie e tendenti al rosso presenti nel bulge "Tipo II". Questo sistema di classificazione delle popolazioni stellari, per altro già notato in precedenza da Jan Oort, fu in seguito esteso alle stelle della Via Lattea e in generale di tutte le galassie note. Baade scoprì inoltre che sono presenti due tipi di variabili Cefeidi, che comportò un raddoppio della distanza stimata di M31, come pure delle galassie del resto dell'Universo. La prima mappa alle onde radio della Galassia di Andromeda fu completata negli anni cinquanta da John Evan Baldwin e dai suoi collaboratori nel Cambridge Radio Astronomy Group; il core della galassia è chiamato 2C 56 nel catalogo radioastronomico 2C. La Galassia di Andromeda è in avvicinamento alla Via Lattea alla velocità di circa 400.000 km/h, pertanto è una delle poche galassie a mostrare un spostamento verso il blu; dato il movimento del Sole all'interno della nostra Galassia, si ricava che le due galassie si avvicinano alla velocità di 100-140 km/s. Le due galassie potrebbero così collidere in un tempo stimato sui 2,5 miliardi di anni: in quel caso probabilmente si fonderanno dando origine ad una galassia ellittica di grandi proporzioni; tuttavia, la velocità tangenziale rispetto alla Via Lattea di M31 non è ben conosciuta, creando così incertezza sul quando la collisione avverrà e sul come essa procederà. Scontri di questo tipo sono frequenti nei gruppi di galassie. Dopo la scoperta di un secondo tipo di Cefeidi più deboli, nel 1953, la distanza della Galassia di Andromeda è stata raddoppiata; negli anni novanta le misurazioni del satellite Hipparcos furono usate per ricalibrare le distanze delle Cefeidi, portando così la distanza della galassia al valore provvisorio di 2,9 milioni di anni luce. Per determinare la distanza della galassia sono state utilizzate quattro tecniche distinte. Nel 2003, utilizzando le fluttuazioni di luminosità superficiale infrarosse, rivedendo il valore periodo-luminosità e utilizzando una correzione della metallicità di −0,2 mag dex−1 in (O/H), si è ricavata una distanza di 2,57 ± 0,06 milioni di anni luce (787 ± 18 kpc). Utilizzando il metodo delle variabili Cefeidi, il valore ottenuto nel 2004 è di 2,51 ± 0,13 milioni di anni luce (770 ± 40 kpc).Nel 2005 è stata annunciata la scoperta di una stella binaria a eclisse appartenente alla Galassia di Andromeda; questo sistema, catalogato come M31VJ00443799+4129236, è formato da due stelle blu luminose e calde di classe spettrale O e B. Studiando l'eclisse delle stelle, che avviene ogni 3,54969 giorni, gli astronomi sono stati in grado di misurare il loro diametro; conoscendo il loro diametro e le temperature, si è potuta ottenere la magnitudine assoluta dei due astri, che rapportata alla magnitudine apparente ha fornito un valore di distanza pari a 2,52 ± 0,14 milioni di anni luce (770 ± 40 kpc); pertanto questa distanza può essere presa come un valore medio per la galassia. Questo valore si inquadra perfettamente fra i valori precedentemente identificati e viene accettato come estremamente accurato, a prescindere dalla scala Cefeidi-distanza. La sua vicinanza consente pure di poter utilizzare delle stime basate sulle giganti rosse; tramite questa tecnica è stato trovato sempre nel 2005 un valore di 2,56 ± 0,08 milioni di anni luce (785 ± 25 kpc). Facendo una media delle distanze ottenute coi vari metodi si ottiene una stima di 2,54 ± 0,06 milioni di anni luce (778 ± 17 kpc); basandosi sulle distanze citate, è stato stimato un diametro della galassia pari a 141000±3000 al. Le stime della massa della Galassia di Andromeda, inclusa la materia oscura danno un valore di circa 1,23×1012 M⊙, mentre quella della Via Lattea sarebbe di 1,9×1012: la massa di M31 sarebbe dunque inferiore a quella della Via Lattea, nonostante le sue dimensioni siano superiori; tuttavia il tasso di imprecisione sarebbe troppo largo per poter confermare questo valore. Di fatto, M31 contiene molte più stelle della Via Lattea e possiede un diametro notevolmente maggiore. In particolare, M31 avrebbe molte più stelle comuni rispetto alla Via Lattea e la sua luminosità è doppia rispetto a quella della nostra; tuttavia, il tasso di formazione stellare della Via Lattea è molto più alto: la Galassia di Andromeda produce stelle per circa una massa solare all'anno, mentre nella nostra Galassia si stima che se ne producano 3-5 all'anno. Anche il tasso di supernovae è doppio rispetto a quello di M31. Ciò suggerisce che M31 abbia sperimentato un'intensa fase di formazione stellare nel suo passato, mentre la Via Lattea è nel mezzo di una di queste fasi; ciò potrebbe anche significare che in futuro le stelle della Via Lattea potrebbero diventare numerose così come si osserva in M31. Basandosi sul suo aspetto alla luce visibile, la Galassia di Andromeda è classificata come di tipo SA(s) b nella sequenza di Hubble; tuttavia, i dati provenienti dal monitoraggio 2MASS mostrano che il bulge di M31 possiede una struttura leggermente allungata, il che implica che si potrebbe trattare di una galassia a spirale barrata con l'asse della barra disposto quasi esattamente lungo la nostra linea di vista. Nel 2005 le osservazioni fatte con il Telescopio Keck mostrarono che i tenui filamenti di stelle che si estendono al di fuori della galassia fanno in realtà parte del disco principale; ciò comporta che il disco a spirale della galassia è tre volte più grande di quanto si credesse (il diametro attualmente stimato della galassia è di circa 220 000 anni luce; in precedenza si pensava fosse compreso fra i 70 000 e i 120 000 anni luce). La galassia è inclinata di 77° rispetto alla linea di vista della Terra (un angolo di 90° corrisponde ad una vista perfettamente di taglio). Le analisi della sua forma dimostrano che il disco possiede una accentuata distorsione (warp) a "S" e non una forma piatta; una possibile causa di questo warp potrebbe essere l'influenza gravitazionale delle galassie satelliti, come pure una remota influenza della Galassia del Triangolo, ma mancano ancora le misurazioni di distanza e velocità radiale in grado di confermare questa ipotesi. Gli studi spettroscopici hanno fornito misure molto dettagliate della curva di rotazione di M31 a varie distanze dal nucleo. In prossimità di questo, a una distanza di 1300 anni luce, la velocità di rotazione raggiunge un picco di 225 km/s; successivamente decresce fino a un minimo a 7000 anni luce di distanza, dove potrebbe essere pari ad appena 50 km/s; più all'esterno la velocità aumenta di nuovo fino a 33 000 anni luce di distanza, dove raggiunge picchi di 250 km/s; a 80 000 anni luce dal nucleo si stabilizza sui 200 km/s. Queste misurazioni implicano una massa concentrata di circa 6×109 M⊙ nella regione del nucleo; la massa totale della galassia aumenta linearmente fino ai 45 000 anni luce, dove inizia poi a rallentare. Nella galassia sono state anche scoperte delle sorgenti multiple di raggi X, tramite le osservazioni dell'osservatorio orbitante XMM-Newton dell'ESA; alcuni scienziati hanno ipotizzato che si tratti di possibili buchi neri o di stelle di neutroni, che riscaldano il gas in avvicinamento fino a milioni di kelvin, provocando l'emissione raggi X. Lo spettro delle stelle di neutroni è lo stesso dei buchi neri ipotizzati, ma le due ipotesi potrebbero essere distinguibili in base alla massa. La Galassia di Andromeda ospita nel suo centro reale un ammasso di stelle molto denso e compatto; in grandi telescopi è possibile osservare le stelle immerse nel bulge diffuso circostante. La luminosità del nucleo supera quella dei più luminosi ammassi globulari. Nel 1991, studiando le immagini ottenute con il Telescopio Spaziale Hubble delle regioni più interne del nucleo, si è scoperto che la galassia ospita un doppio nucleo, formato da due concentrazioni separate da 1,5 parsec (circa 5 anni luce); la concentrazione più luminosa, catalogata come P1, è decentrata rispetto al vero centro galattico, mentre la concentrazione minore, P2, ricade esattamente al centro e contiene un buco nero di 108 M☉. La spiegazione più accreditata è quella secondo la quale P1 è una proiezione di un disco di stelle in un'orbita eccentrica attorno al buco nero centrale; anche P2 contiene un disco compatto di stelle calde di classe A, le quali non sono evidenti in filtri rossi, mentre alle luci blu e ultravioletta dominano il nucleo, rendendo P2 più luminosa di P1 a queste lunghezze d'onda. Inizialmente si era ritenuto che la parte più brillante del doppio nucleo fosse il resto di un'antica galassia nana "cannibalizzata" da M31, ma attualmente quest'ipotesi non è più considerata una spiegazione plausibile: questi nuclei infatti avrebbero avuto una vita estremamente breve a causa della disgregazione mareale del buco nero centrale; infatti la parte più brillante non possiede buchi neri per potersi stabilizzare. Inoltre l'addensamento secondario non sembra essere un nucleo galattico e non vi è comunque evidenza di un'interazione profonda fra galassie. I bracci di spirale della Galassia di Andromeda sono segnati da una serie di regioni H II che Baade descrisse come una fila di perline; appaiono molto frequenti, sebbene siano più separate fra loro e meno frequenti che nella nostra Galassia. Le immagini rettificate della galassia mostrano una comune galassia spirale con i bracci avvolti in senso orario; sono presenti dei bracci maggiori continui separati fra loro da un minimo di 13 000 anni luce e possono essere seguiti dall'esterno fino a una distanza di circa 1 600 anni luce dal nucleo; ciò può essere notato dallo spostamento di nubi di idrogeno neutro dalle stelle. Nel 1998 le immagini dell'Infrared Space Observatory dell'ESA hanno dimostrato che la forma complessiva della Galassia di Andromeda potrebbe essere uno stadio transitorio verso una galassia ad anello; il gas e le polveri della galassia sono infatti distribuite generalmente attorno ad alcune strutture anulari, fra le quali una di grandi proporzioni alla distanza di 32 000 anni luce dal centro. Questo anello è nascosto alla luce visibile, poiché è composto da polveri fredde. Studi al dettaglio delle regioni interne della galassia mostrano un piccolo anello di polveri che si crede sia stato causato da un'interazione con la vicina M32 avvenuta più di 200 milioni di anni fa; le simulazioni mostrano che la piccola galassia satellite passò attraverso il disco di M31 lungo l'asse polare. Questa collisione strappò via la metà della massa originaria di M32 e creò la struttura anulare visibile ora in M31. L'alone galattico di M31 è comparabile a quello della Via Lattea, dove le stelle dell'alone sono principalmente povere in metalli e la loro povertà aumenta con la distanza; ciò indica che le due galassie hanno seguito un modello evoluzionistico comune. Probabilmente sono cresciute assimilando circa 100-200 galassie di piccola massa nel corso degli ultimi 12 miliardi di anni;[46] le stelle dell'alone esteso della Galassia di Andromeda e della Via Lattea potrebbero arrivare ad occupare fino a un terzo della distanza che separa le due galassie. Associati a M31 ci sono circa 460 ammassi globulari; il più massiccio di questi, catalogato come Mayall II e soprannominato "Globular One", possiede una luminosità superiore a qualunque altro ammasso globulare noto nel Gruppo Locale di galassie. Mayall II contiene alcuni milioni di stelle ed è due volte più luminoso di Omega Centauri, l'ammasso globulare più luminoso conosciuto nella Via Lattea. Contiene inoltre alcune popolazioni stellari e una struttura troppo massiccia per un normale ammasso globulare; per questa ragione alcuni considerano Mayall II un residuo del nucleo di una galassia nana cui M31 ha strappato via le stelle esterne in un lontano passato. Il globulare con la luminosità apparente più alta vista dalla nostra prospettiva, è però G76, che si trova nella metà orientale del braccio di sud-ovest. Nel 2005 gli astronomi hanno scoperto inoltre un nuovo tipo di ammasso stellare; la sua particolarità consiste nel fatto che contiene centinaia di migliaia di stelle, un numero simile a quello osservabile negli ammassi globulari, da cui si distinguono perché sono molto più estesi (fino ad alcune centinaia di anni luce di diametro) e centinaia di volte meno densi. La distanza fra le stelle è, inoltre, molto più grande nei nuovi ammassi estesi scoperti. Così come la Via Lattea, anche la Galassia di Andromeda possiede un sistema di galassie satelliti, consistente di 14 galassie nane conosciute; le meglio note e le più facili da osservare sono M32 e M110. Basandosi sulle evidenze, sembra che M32 subì un incontro ravvicinato con la Galassia di Andromeda nel passato: M32 potrebbe infatti essere stata una galassia più grande di come appare attualmente e il suo disco di stelle sarebbe stato strappato via da M31, la quale assunse una forma distorta e aumentò il tasso di formazione stellare nelle regioni del nucleo, che terminò in un passato relativamente recente. Anche M110 sembra essere in interazione con M31 e gli astronomi hanno scoperto nell'alone di quest'ultima una corrente di stelle ricche in metalli che sembra siano state strappate da entrambe le galassie satelliti. M110 contiene una banda di polveri, che potrebbe essere indice di un recente fenomeno di formazione stellare, una cosa insolita per una galassia nana ellittica, che di solito è quasi completamente priva di gas e polveri. Nel 2006 si è scoperto che nove delle galassie satelliti si trovano lungo un piano che interseca il nucleo della Galassia di Andromeda, anziché essere distribuite causalmente come sarebbe lecito aspettarsi in caso di interazioni indipendenti; ciò potrebbe significare che le galassie satelliti hanno un'origine mareale comune. In senso generale, la velocità assoluta di un oggetto attraverso lo Spazio non è una questione significante secondo la teoria della Relatività ristretta di Einstein, secondo la quale non esiste un sistema di riferimento inerziale nello spazio con cui comparare la velocità della Via Lattea (il movimento infatti deve essere in questo caso necessariamente specificato in rapporto ad un altro oggetto). Gli astronomi credono che la Via Lattea si muova a circa 600 km/s rispetto al riferimento dato dalle galassie circostanti; se ciò fosse corretto, la Terra compirebbe uno spostamento nello Spazio di 51,84 milioni di km al giorno, o più di 18,9 miliardi di km all'anno, circa 4,5 volte la distanza minima da Plutone. La nostra Galassia si starebbe muovendo in un punto di Spazio visibile nella costellazione dell'Idra, e potrebbe col tempo diventare un membro dell'Ammasso della Vergine. Un altro punto di riferimento è dato dalla radiazione cosmica di fondo (CMB); la Via Lattea sembra muoversi a circa 552 km/s rispetto ai fotoni della CMB. Questo movimento è osservato da satelliti come il COBE e il WMAP, che fungono da bilanciamento bipolare alla CMB, poiché i fotoni in sintonia con la radiazione di fondo mostrano uno spostamento verso il blu in direzione del movimento e uno spostamento verso il rosso nella direzione opposta.

Il Braccio di Orione

Il Braccio di Orione, noto anche come Braccio Locale, è un braccio minore della nostra galassia, la Via Lattea; la sua importanza è data dal fatto che al suo interno si trova il nostro sistema planetario: il sistema solare. Secondo studi effettuati verso la fine degli anni duemila, questo braccio si origina dal Braccio del Sagittario più o meno in direzione della costellazione della Freccia e presenta una biforcazione, con un ramo che segue l'andamento degli altri bracci di spirale e un ramo diretto verso i bracci esterni. Al suo interno è ospitato un gran numero di complessi nebulosi molecolari e nubi molecolari giganti, in gran parte oscuri, nonché alcune delle regioni di formazione stellare più attive conosciute all'interno della Via Lattea. In aggiunta a ciò, la quasi totalità delle stelle visibili ad occhio nudo e degli oggetti non stellari più luminosi visibili dalla Terra appartengono a questo braccio di spirale, come le Pleiadi, il Presepe e la Nebulosa di Orione. Il nome del Braccio di Orione deriva dal fatto che il suo punto più ricco e intenso visibile dalla Terra si trova in direzione della costellazione di Orione; la sua posizione galattica si trova tra il Braccio del Sagittario e quello di Perseo, due dei maggiori bracci di spirale della nostra Galassia. Il Sole è posizionato all'interno del braccio, vicino al bordo interno della Bolla Locale, circa 8.000 parsec (26.000 anni-luce) dal centro della Via lattea, in una posizione intermedia fra il suo nucleo e la sua estrema periferia. Come nel caso del Braccio di Perseo, la struttura e l'estensione del Braccio di Orione è stata determinata tramite lo studio della posizione delle nubi molecolari con emissioni nella banda del CO. Nelle galassie spirali i bracci di spirale hanno un andamento simile a quello di una spirale logaritmica, una figura che si può teoricamente mostrare come risultato di un disturbo nella rotazione uniforme della massa di stelle. Come le stelle, i bracci di spirale ruotano attorno al centro, ma con una velocità angolare che varia da punto a punto: questo significa che le stelle transitano all'interno e all'esterno dei bracci di spirale, e la loro velocità di rivoluzione diminuisce nelle stelle che si trovano nelle regioni esterne ai bracci, mentre è più rapida per le stelle che vi si trovano all'interno. Si pensa che i bracci di spirale siano delle aree ad alta densità di materia, o meglio delle onde di densità emanate dal centro galattico; da ciò ne consegue che i bracci di spirale cambiano di continuo morfologia e posizione. L'onda di compressione aumenta la densità dell'idrogeno molecolare, che, manifestando fenomeni di instabilità gravitazionale, collassa facilmente dando luogo alla formazione di protostelle; di fatto, i bracci appaiono più luminosi del resto del disco non perché la loro massa sia notevolmente più elevata, ma perché contengono un numero di stelle giovani e brillanti di gran lunga superiore rispetto alle altre aree del disco stesso. Come le stelle si muovono attraverso il braccio, la velocità spaziale di ciascuna di esse viene modificata dalle forze gravitazionali della densità più elevata; questa velocità ridiminuisce come le stelle riescono dal braccio di spirale. Questo effetto ad "onda" può essere paragonato ad un punto di traffico intenso di un'autostrada, con le auto costrette a rallentare in determinati punti. I bracci di fatto sono visibili a causa della loro alta densità, che facilita per altro la formazione stellare, e spesso nascondono al loro interno stelle giovani e luminose. Rispetto ai bracci di spirale maggiori, il Braccio di Orione mostra alcune particolarità. Esso si originerebbe sul Braccio del Sagittario all'altezza della grande regione di formazione stellare W51, indicata come punto di biforcazione in base a studi sulla parallasse, e prosegue verso la regione di Cygnus X, il Complesso di Cefeo, la Bolla Locale (dove si trova il Sole) e il Complesso di Orione. Oltre la Nebulosa di Gum, presenterebbe una biforcazione: una parte devierebbe verso il Cane Maggiore e si dirigerebbe verso l'esterno della Via Lattea, dapprima intersecando il Braccio di Perseo, formando un addensamento di stelle giovani, poi raggiungendo il Braccio Esterno; la seconda ramificazione, più piccola, si dirige verso le Vele, nella regione del Vela Molecular Ridge, per alcune migliaia di anni luce, terminando oltre la regione di Puppis A e dell'associazione Turner 5. Secondo altri studi che prendono sempre in esame le misurazioni di parallasse di alcune regioni di formazione stellare, il punto di origine del Braccio di Orione non sarebbe W51 ma la sorgente di radiazione infrarossa G59.7+0.1 (IRAS 19410+2336), posta in primo piano rispetto a W51 (e quindi più vicina), nei pressi della nebulosa NGC 6820; W51 farebbe invece pienamente parte del Braccio del Sagittario. Una struttura simile al Braccio di Orione, ossia un braccio di spirale intermedio che si dispone trasversalmente andando a intersecare altri bracci più esterni, sembra essere un elemento comune a tante altre galassie a spirale, come la famosa M74, nella costellazione dei Pesci, o M101, nell'Orsa Maggiore. Il punto in cui il Braccio di Perseo ed il Braccio di Orione si incrociano, circa alle coordinate galattiche l=235°-245°, mostra una maggiore presenza dei giovani ammassi di stelle, mentre le nubi molecolari con emissioni nella banda del CO sembrano essere scarsamente presenti; ciò denota probabilmente una sorta di sfaldamento del Braccio di Perseo in coincidenza del Transito di Perseo. Il Braccio di Orione è responsabile del grande addensamento di stelle visibile nella fascia di cielo compresa fra l'Auriga e le Vele: questo tratto di cielo infatti è il più ricco di stelle dalla quinta alla nona magnitudine dell'intera volta celeste; molte di queste stelle sono visibili ad occhio nudo, mentre le stelle più deboli formano dei ricchissimi campi stellari, specialmente nelle costellazioni di Orione, Cane Maggiore e Poppa. Sebbene non vi sia un consenso generale sul punto esatto in cui inizia il Braccio di Orione, la massima parte degli studiosi concordano che questo braccio abbia origine da una ramificazione del Braccio del Sagittario in direzione esterna. La ramificazione avviene all'altezza della parte settentrionale della costellazione dell'Aquila o, al più, in direzione della Freccia, a seconda delle interpretazioni. Questa regione presenta delle notevoli difficoltà di osservazione, dovute alla sovrapposizione sulla linea di vista di diversi banchi di gas e polveri interstellari, che oscurano la luce degli oggetti situati al di là di essi; questi banchi nebulosi si trovano a una distanza di circa 200-300 parsec (650-980 anni luce) e formano la cosiddetta "Fenditura dell'Aquila". La parte settentrionale dell'Aquila ospita il grande complesso nebuloso molecolare W51, che costituisce una delle regioni di formazione stellare più estese della Via Lattea e si pensa che rappresenti il primo stadio della nascita di una massiccia associazione OB. La sua distanza è stata determinata in base a studi sulla parallasse trigonometrica e sulla velocità radiale di alcuni maser ad acqua in esso ospitati, con particolare riferimento alla regione denominata W51 IRS2, una delle maggiori sorgenti di radiazione infrarossa della regione; tale distanza è stata indicata come compresa fra 5100 e 5800 parsec dal sistema solare. Alcuni studi indicano questa regione come il possibile punto di inizio del Braccio di Orione, mentre secondo altri studi, W51 appartiene interamente al Braccio del Sagittario. Gli studi che negano la tesi secondo cui il Braccio di Orione si origini all'altezza di W51, indicano come punto di biforcazione la sorgente di radiazione infrarossa G59.7+0.1 (IRAS 19410+2336), posta nei pressi della nube NGC 6820; NGC 6820 è la nube più estesa visibile nella costellazione della Volpetta, legata all'associazione Vulpecula OB1. Vulpecula OB1, situata alla distanza media di 2300 parsec (7500 anni luce), è composta da circa un centinaio di stelle di grande e media massa e si estende per un diametro apparente di oltre 6°; la sua parte centrale coincide con l'ammasso NGC 6823, mentre i suoi membri si possono rinvenire su un'area ovale molto più estesa. Le nebulose associate a questa regione ospitano alcuni fenomeni di formazione stellare riguardanti in generale stelle di grande e media massa. Oltre all'estesa NGC 6820, ionizzata dalle stelle dell'ammasso NGC 6823, vi sono le piccole nubi Sh2-87 e Sh2-88, ionizzate da una stella massiccia di classe spettrale B0 fortemente oscurata e circondata dai gas delle nubi stesse; anche in queste due nubi sono attivi fenomeni di formazione stellare, come è testimoniato dalla presenza di getti bipolari, come gli oggetti HH, e di maser ad acqua. Attorno ai 2300 parsec di distanza, il bordo del Braccio di Orione rivolto verso l'esterno ricade in direzione della costellazione del Cigno; questo tratto comprende alcune brillanti associazioni OB, come Cygnus OB3 e Cygnus OB8. La prima di queste conta una quarantina di stelle massicce di classe O e B, cui si aggiungono due stelle di Wolf-Rayet catalogate come WR 134 e WR 135; le stelle dominanti sono invece la supergigante blu HD 190429 e la gigante blu HD 191456. Cygnus OB8 è la più esterna delle due ed è situata a breve distanza dalla nube Sh2-115 ed è composto da una ventina di giganti e supergiganti azzurre. A 1500 parsec di distanza il Braccio di Orione è dominato in senso assoluto dall'immenso sistema nebuloso del Complesso del Cigno; le due componenti principali del sistema sono la grande nube ionizzata Sh2-109 e la nube molecolare gigante Cygnus X, che costituiscono assieme uno dei più estesi complessi nebulosi conosciuti all'interno del Gruppo Locale di galassie. Sebbene lo studio di questa regione sia reso meno facile a causa della sovrapposizione di nubi oscure lungo la linea di vista, sono state identificate in esso ben 159 nubi distinte, delle quali sono note diverse caratteristiche come la densità, le dimensioni e la massa; a queste si aggiungono sette grandi regioni H II, tre resti di supernova, 45 stelle T Tauri, 18 getti molecolari e ben 215 sorgenti di radiazione infrarossa, coincidenti con oggetti stellari giovani e protostelle, probabilmente associate con le nubi molecolari. Il complesso sarebbe ancora in una fase iniziale della sua evoluzione, come sarebbe testimoniato dalla presenza di alcuni ammassi aperti estremamente giovani e concentrati con componenti stellari brillanti e massicce. Nella parte più remota della regione, connesso con una delle associazioni OB della zona, si trova il ben noto oggetto Cygnus X-1, una sorgente di raggi X da molti considerata come un buco nero che risucchia la materia della sua stella compagna, una supergigante blu. Fra le regioni più studiate del complesso vi è la nube DR 21, nota anche come W75; si tratta di una delle regioni di formazione stellare più massicce della Via Lattea e sarebbe composta da due nubi molecolari giganti in interazione fra loro: la regione più densa e più massiccia, localizzata in una posizione centrale, potrebbe essersi originata da un fenomeno di collasso generalizzato; in questa area ha avuto luogo la formazione di stelle calde, che hanno così illuminato i gas circostanti, trasformando la nube molecolare nella compatta regione H II che oggi è possibile osservare. DR 21 è una struttura estremamente giovane, dove le turbolenze e le pressioni originate dai corpi circostanti non hanno ancora alterato la struttura in modo da causare un rallentamento della contraione. Dai gas del complesso si sono originate tre grandi associazioni OB, note come Cygnus OB1, Cygnus OB2 e Cygnus OB9; fra queste, la più importante e maggiormente studiata è Cygnus OB2, famosa per essere una delle associazioni OB più brillanti e concentrate della Via Lattea; è formata da un gran numero di stelle supergiganti di colore blu, alcune delle quali sono anche fra le più intrinsecamente luminose conosciute, come la celebre Cygnus OB2-12. Le sue componenti sono estremamente giovani e mostrano una velocità di rotazione moderatamente ridotta. Alcuni studiosi, considerando la massa, la densità e le dimensioni dell'associazione, hanno ipotizzato che Cygnus OB2 sia in realtà un esempio di ammasso globulare in formazione: oggetti simili sono stati osservati sia nella Grande Nube di Magellano, sia nelle regioni di formazione stellare presenti in altre galassie; si è anche fatto notare che questo sarebbe il primo di questa classe di oggetti noto all'interno della nostra Galassia. Sovrapposto al Complesso del Cigno, ma a una distanza inferiore (circa 1000 parsec), si trovano le due piccole associazioni Cygnus OB4 e Cygnus OB7. A circa 800 parsec si estende la grande Fenditura del Cigno, un vasto complesso di nebulose oscure che maschera quasi completamente la retrostante regione del Complesso del Cigno; parte dei gas della Fenditura appaiono ionizzati dalle stelle dell'associazione Cygnus OB7 e diventano così visibili, formando la celebre Nebulosa Nord America e la Nebulosa Pellicano; in particolare, la principale responsabile dell'eccitazione dei gas di queste due nebulose sarebbe la sorgente 2MASS J205551.25+435224.6, coincidente con una giovane stella blu di classe spettrale O5V. Il Braccio di Orione in direzione della costellazione di Cefeo presenta una grande concatenazione di regioni di formazione stellare, la cui distanza media dal Sole si aggira sugli 800 parsec (2600 anni luce). Questo grande arco di stelle e nebulose attraversa la regione centrale del braccio, giungendo fino ai suoi bordi più esterni; la concatenazione comprende tre grandi associazioni OB visibili in direzione di Cefeo, note come Cepheus OB2, Cepheus OB3 e Cepheus OB4, prosegue in direzione di Cassiopea comprendendo Cassiopeia OB14, e termina in prossimità di Camelopardalis OB1, nella costellazione della Giraffa. La gran parte di queste regioni, in particolare quelle visibili in Cefeo, appaiono oscurate da grandi banchi di nubi oscure, che si estendono ad elevate latitudini galattiche proprio in direzione dei complessi nebulosi, estesi anch'essi a latitudini galattiche elevate, fra 0° e +30°; Nel complesso di Cefeo la formazione stellare sarebbe stata provocata, negli ultimi milioni di anni, dall'azione di diverse forze agenti: l'onda d'urto del resto di supernova in espansione che ha causato la superbolla denominata Loop III, che ha compresso il gas del mezzo circostante, sarebbe la causa principale del modellamento della nube. All'interno del complesso sono stati scoperti una gran quantità di prove dell'attività di formazione: sono infatti noti diversi oggetti stellari giovani e di stelle di pre-sequenza principale, diverse stelle T Tauri, oltre un centinaio di stelle ad emissione Hα e di sorgenti di radiazione infrarossa e una cinquantina di oggetti di Herbig-Haro. Fra gli oggetti nebulosi più notevoli della regione vi è la grande nube IC 1396; la sua luminosità è dovuta all'eccitamento dei suoi gas operato dal vento stellare della gigante blu HD 206267, appartenente all'associazione Cepheus OB2. Sembra che l'espansione di questa regione H II abbia creato un ampio anello di gas molecolare dal raggio di circa 12 parsec, in un lasso di tempo di almeno 3 milioni di anni. La struttura ad anello si estende per circa 3° ed è circondata da un gran numero di globuli scuri, al cui interno probabilmente avviene la formazione di nuove stelle a causa della compressione ad opera della ionizzazione, del fronte dell'onda d'urto dei venti stellari e della pressione di radiazione; i globuli maggiori si trovano sul lato nord-occidentale della regione nebulosa. Fra questi globuli spicca il famoso bozzolo soprannominato Proboscide d'elefante. Fra le nubi meno appariscenti spicca Sh2-140, una regione H II situata sul bordo sudoccidentale della nebulosa oscura LDN 1204, nella Bolla di Cefeo, a una distanza di circa 900 parsec (2900 anni luce) dal Sole. La Bolla di Cefeo è una struttura situata nei pressi di Cepheus OB2, causata probabilmente dall'esplosione di più supernovae. A questa nube si aggiungono le nebulose a riflessione NGC 7129 e NGC 7023; al centro di quest'ultima si trova un piccolo ammasso aperto di stelle che mostrano delle linee di emissione Hα variabili, più quattro stelle T Tauri; secondo alcuni studi, la stella variabile PV Cephei, situata circa 10 parsec ad ovest della nube, sarebbe stata espulsa dalla nube stessa circa 100.000 anni fa. Fra le associazioni OB della regione di Cefeo, la più occidentale (la più prossima a Cygnus OB7) è Cepheus OB2; quest'associazione sarebbe divisa in due sottogruppi di diverse età: il più giovane, catalogato come Cepheus OB2b, coincide con l'ammasso aperto Tr 37, uno dei più giovani ammassi conosciuti, con un'età stimata sui 3,7 milioni di anni; a questo sottogruppo apparterrebbe anche la famosa μ Cephei, la Stelle Granata di Herschel. Il secondo sottogruppo, Cepheus OB2a, contiene un gran numero di stelle massicce evolute che si sono sparse in una vasta area compresa fra le latitudini galattiche 100°-106° e longitudini +2°-+8°; la sua età è stimata sugli 8 milioni di anni e contiene al suo interno l'ammasso NGC 7160. Cepheus OB2a è circondato da una struttura nebulosa ad anello, la Bolla di Cefeo, forse ciò che resta dell'esplosione di un'antica supernova; questa esplosione potrebbe essere stata la causa dell'avvio dei processi di formazione stellare che hanno portato alla nascita dell'associazione, come sembra essere testimoniato dalla presenza di alcune regioni H II e sorgenti di radiazione infrarossa che paiono contenere giovani stelle in formazione. Cepheus OB3 appare di dimensioni apparentemente più ridotte rispetto alla precedente, sebbene la distanza, stimata sui 725 parsec, sia paragonabile a quella del precedente; al suo interno si trovano una quarantina di stelle giovani e brillanti ed è associata alla nube Sh2-155, soprannominata talvolta Nebulosa Grotta. Anche quest'associazione è composta da due sottogruppi, distinti in base all'età delle loro componenti. Cepheus OB4 sarebbe composta invece da 42 giganti blu, poste alla distanza di 845 parsec dal Sole; queste componenti presentano un forte arrossamento a causa della loro collocazione nelle regioni interne alla nube, dove i gas agiscono da filtro impedendo alla loro luce di passare. L'età delle stelle dell'associazione sarebbe compresa fra 0,6 e 6 milioni di anni. Esternamente rispetto all'arco formato dalle precedenti associazioni, a una distanza di circa 1100 parsec (3600 anni luce), si trova l'associazione Cassiopeia OB14, composta da quattro stelle supergiganti estremamente luminose, fra le quali spicca κ Cassiopeiae; l'intensa radiazione di questa stella sarebbe, secondo alcuni studi, la responsabile dell'avvio di alcuni fenomeni di formazione stellare nelle nubi ad essa adiacenti. In corrispondenza di Cepheus OB2, ma ad una latitudine galattica differente, si osserva la regione di Lacerta OB1, un piccolo complesso di nebulose a riflessione e ionizzate legate ad un'associazione OB piuttosto giovane e poco estesa. Nonostante la scarsa luminosità delle sue componenti, Lacerta OB1 è una delle associazioni OB più vicine al sistema solare, essendo situata a circa 370 parsec (1200 anni luce). Il bordo interno del Braccio di Orione, ossia quello rivolto verso il centro galattico, presenta una lunga serie di nubi molecolari che dalle nubi della Fenditura del Cigno si estendono fino a meno di 200 parsec dal sistema solare; questa catena nebulosa è ben evidente anche ad occhio nudo come una lunghissima scia oscura che taglia longitudinalmente la Via Lattea boreale dalla costellazione del Cigno a quella dell'Aquila, si allarga in direzione dell'Ofiuco e devia verso le alte latitudini galattiche. queste stesse nubi sono anche le responsabili dell'oscuramento del complesso di W51, come visto in precedenza. La lunga sequenza di nebulose oscure termina in direzione della parte settentrionale dello Scorpione, dove una parte del gas viene illuminato dalla radiazione di giovani e brillanti stelle azzurre, come la massiccia ρ Ophiuchi; da questa stella prende il nome l'intera nebulosa, nota proprio come Nube di Rho Ophiuchi. Con una distanza media di appena 130 parsec (420 anni luce), la Nube di Rho Ophiuchi è di una delle regioni di formazione stellare più vicine in assoluto al sistema solare e rappresenta un laboratorio d'eccellenza per lo studio dei fenomeni di formazione stellare di grande, media e piccola massa. Il corpo principale della nube, indicato con la sigla LDN 1688, si colloca presso la stella ρ Ophiuchi, che lo illumina parzialmente diventando così visibile anche otticamente come nebulosa a riflessione e ad emissione; la radiazione ultravioletta di questa stella e il suo colore bluastro imprime ai gas della nube un colore marcatamente azzurrognolo. La nube si estende in direzione sud e SSE, verso la brillante supergigante rossa Antares; parte dei gas vengono illuminati direttamente da questa stella, come è ben evidente dal colore rossastro assunto dalla nube in questa regione. Altre stelle poste poco a sud di ρ Ophiuchi sono invece responsabili dell'illuminazione di varie sezioni della nube, come vdB 105. Ad est della nube si estendono due lunghi filamenti periferici, indicati con le sigle LDN 1709, a nordest, e LDN 1704, in direzione nord; la nube secondaria, situata a sudest rispetto alla principale, è indicata come LDN 1689; ad essa è connesso un filamento orientato verso nordest, noto come LDN 1712. L'insieme di questi filamenti oscuri, costituenti due evidenti correnti parallele, sono indicate anche con le sigle B44 e B45, rispettivamente quella di sudest e quella di nordest. Le principali responsabili del riscaldamento diretta dei gas e delle polveri del complesso nebuloso sono le stelle di classe spettrale B, ossia le stelle blu di grande massa, poste all'interno della nube stessa, mentre le regioni più occidentali risentono dell'influenza di HD 147889, un astro di settima magnitudine situata a sud di ρ Ophiuchi. In totale, il complesso nebuloso possiede una massa pari a 3000 M⊙, oltre la metà della quale è concentrata nella nube LDN 1688. Parte dei gas della nube riceve l'intensa radiazione della supergigante rossa Antares, situata nelle vicinanze, assumendo così una colorazione rosso-arancione. A poche decine di parsec dalla Nube di Rho Ophiuchi giace la brillante associazione Scorpius OB2, ben visibile anche ad occhio nudo in quanto composta dalle stelle che formano la "testa" dello Scorpione; Scorpius OB2 conta 120 astri di grande massa dispersi su una regione di 35 parsec e fa parte della vastissima associazione Scorpius-Centaurus, che comprende quasi tutte le stelle blu che compongono le costellazioni del Lupo e del Centauro. La regione dell'Associazione Scorpius-Centaurus rappresenta un ottimo esempio di esito di processi formativi su media scala, in cui una nube molecolare gigante, dopo avere generato stelle di grande massa (riunite in un'associazione OB) e di massa inferiore, si disgrega, mentre il vento stellare degli stessi astri che ha generato ed eventuali esplosioni delle stelle più massicce come supernovae, accumulano, compattano ed erodono gas e polveri residue dando origine a marginali fenomeni di formazione stellare. Il cosiddetto Complesso Scorpius-Centaurus, legato all'Associazione Scorpius-Centaurus, comprende infatti un gran numero di piccole nubi minori, tutte localizzate ai bordi della stessa associazione stellare: le nubi più occidentali, orientate secondo l'inclinazione del gruppo stellare rispetto alla Via Lattea, comprendono la Nube del Camaleonte e la Nebulosa Sacco di Carbone, mentre all'estremità orientale, sulla stessa linea di vista del bulge galattico, comprende la Nube del Lupo, la Nube della Corona Australe e la Nube di Rho Ophiuchi, fino ad arrivare alla Nebulosa Pipa. In tutte queste regioni, ad eccezione di alcune nubi in direzione della Mosca, sono attivi dei fenomeni di formazione stellare generanti stelle di piccola massa e ad un ritmo relativamente poco sostenuto. L'associazione Scorpius-Centaurus viene tradizionalmente suddivisa in tre gruppi, che mostrano età e caratteristiche leggermente diverse gli uni dagli altri. La sezione settentrionale, coincidente con Scorpius OB2, è denominata Scorpione superiore (Upper Scorpius, abbreviata con la sigla US) e comprende tutte le stelle azzurre costituenti la parte nordoccidentale dello Scorpione, compresa Antares; la sezione centrale, la più estesa, è denominata Centauro superiore-Lupo (Upper Centaurus-Lupus, abbreviazione UCL) e comprende quasi tutte le stelle del Lupo e gran parte delle stelle settentrionali e centrali del Centauro. La parte più meridionale dell'associazione è indicata come Centauro inferiore-Croce (Lower Centaurus-Crux, sigla LCC); questa sezione giace sulla scia della Via Lattea e comprende la parte meridionale del Centauro con l'eccezione di α Centauri, e la Croce del Sud, esclusa γ Crucis. L'estremità sudoccidentale dell'associazione coincide col brillante ammasso delle Pleiadi del Sud, visibile nella costellazione della Carena. Nella fascia mediana compresa fra la Fenditura del Cigno e la biforcazione del braccio in direzione della Poppa e delle Vele giace il nostro sistema solare; di conseguenza, la gran parte degli oggetti visibili ad occhio nudo nei cieli notturni terrestri sono compresi in questa regione galattica. L'associazione Scorpius-Centaurus costituisce una parte di una vastissima struttura ad anello incompleto formata da stelle relativamente giovani e massicce, orientato su un piano inclinato rispetto al piano galattico; questo semicerchio, identificato da Benjamin Gould nel 1879, è noto col nome di Cintura di Gould e comprende gran parte delle stelle luminose visibili nelle costellazioni di Cassiopea, Perseo, Toro, Orione, Cane Maggiore (eccetto la stella Sirio), ex Nave Argo (Poppa, Carena e Vele), Croce del Sud, Centauro, Lupo e Scorpione. Gli astronomi tendono ad assegnare a questa struttura dinamica un'età di circa 20-30 milioni di anni, e prevedono che le stelle in essa contenute possano vivere ancora per un periodo di 60 milioni di anni; il suo processo di creazione non è del tutto chiarito e ci sono in merito diverse teorie. Vari scenari ipotizzati assumono che il passaggio di una nube ad alta velocità attraverso il braccio della Via Lattea causò un incremento della formazione stellare, a cui seguirono molte esplosioni di supernovae (starburst); successivamente a ciò si sarebbe formata la cintura. Il punto più probabile in cui avrebbe avuto luogo il fenomeno di formazione che fece scattare la serie di supernovae è quello del gruppo Perseus OB3. Secondo alcuni studi, circa 50 milioni di anni fa si originarono alcune grandi associazioni OB, oggi in parte dissolte; a quella generazione di stelle appartengono anche due associazioni superstiti, l'Ammasso di Alfa Persei (Mel 20) e Cepheus OB6. L'azione combinata del vento stellare e le esplosioni di supernovae generate dalle stelle più massicce di queste associazioni avrebbero prodotto una potente onda d'urto che avrebbe spazzato via eventuali nubi interstellari, generando così una superbolla del raggio di 200-500 parsec. Il gas si sarebbe così accumulato ai bordi di questa struttura, dove si sarebbero innescati fenomeni di formazione stellare che hanno infine portato alla nascita di molte delle associazioni OB osservabili attorno al Sole, che costituiscono il grande anello della Cintura di Gould. Il gas residuo, disposto attorno alla Cintura di Gould, viene chiamato Anello Lindblad, dal nome del suo scopritore. All'interno dell'anello formato dalla Cintura di Gould si trova la Bolla Locale, una regione del mezzo interstellare con una densità più bassa rispetto alle zone circostanti; il nome è dovuto al fatto che al suo interno si trova il nostro sistema solare e tutte le stelle situate entro un raggio di alcune decine di anni luce di distanza dal Sole. La fascia mediana del Braccio di Orione in questo tratto, ossia la parte situata in direzione opposta al centro galattico rispetto alla posizione del Sole, contiene una seconda sequenza di nubi molecolari giganti, che producono un forte oscuramento della scia della Via Lattea visibile in direzione di Perseo, della Giraffa e del Toro. Gli oggetti più notevoli visibili sul bordo di queste nubi oscure sono l'Associazione di Alfa Persei (Perseus OB3), l'ammasso delle Iadi e quello delle Pleiadi; gli oggetti retrostanti appaiono fortemente oscurati. I grandi complessi di nebulose oscure della Giraffa giacciono a circa 300 parsec di distanza, mentre l'Associazione di Alfa Persei è posta a 200 parsec; la sequenza nebulosa prosegue in direzione del Toro, dove, a latitudini galattiche meridionali, si trova la grande Nube del Toro, che trovandosi a soli 140 parsec di distanza risulta essere una delle nubi molecolari giganti più vicine in assoluto al sistema solare. All'interno della Nube del Toro è presente una ricca popolazione di stelle di pre-sequenza principale, fra cui le famose stelle T Tauri e la stessa stella prototipo di questa classe, T Tauri; queste stelle possiedono una variabilità dell'emissione luminosa e appartengono alle classi spettrali G, K e M, con forti linee di emissione dell'idrogeno neutro e del calcio ionizzato. Nel corso di varie osservazioni condotte a più lunghezze d'onda sono state scoperte tre popolazioni di stelle giovani; queste stelle giovani, note come protostelle, sono otticamente invisibili e raggiungono il picco di emissione fra il medio e il lontano infrarosso. Nelle regioni più centrali del complesso è stato osservato che molte delle stelle pre-sequenza principale presenti qui si trovano nei pressi delle nubi più dense e oscure, come B7, B18 e B22, mentre altre stelle appaiono proiettate lungo le sottili venature scure che collegano i vari bozzoli. Poiché queste stelle sono spesso più vecchie, le stelle T Tauri di questa regione appaiono meno concentrate nelle nubi oscure rispetto alle classiche stelle T Tauri. Non essendo presenti in prossimità della regione stelle di classe spettrale O e B, ossia giganti blu, le nubi oscure sono composte prevalentemente da gas non ionizzato e dunque non luminoso, la cui massa complessiva si aggira fra le 30.000 e le 40.000 M☉. Tramite osservazioni condotte alle linee del CO a vari isotopi e all'OH è stata confermata la natura filamentosa osservabile nella banda della luce visibile e nel vicino infrarosso; all'interno di queste strutture le osservazioni alle onde radio hanno permesso di scoprire alcuni raddensamenti di gas molecolare con masse di 1-100 M☉. Una seconda grande nube oscura che si estende quasi in parallelo alla Nube del Toro è la Nube di Perseo, ben nota presso gli astronomi per essere una delle regioni di formazione stellare meglio studiabili della volta celeste. Questa nube è costituita da un grande addensamento di polveri oscure e gas ed è situata a circa 300 parsec dal sistema solare, dunque a una distanza maggiore rispetto alla precedente. Al suo interno sono presenti alcune regioni in cui è stata attiva in tempi astronomicamente recenti (pochi milioni di anni fa) la formazione stellare; ciò è testimoniato dalla presenza di una dozzina di stelle di classe spettrale O e B, molto giovani e di grande massa, che vanno a costituire l'associazione Per OB2, dell'estensione di 50 parsec (circa 160 anni luce). Fra le stelle formatesi in questa nube vi è la brillante ξ Persei, una stella fuggitiva la cui radiazione è la principale responsabile dell'illuminazione della Nebulosa California. La massa totale della nube è di circa 104 M⊙, dunque si tratta di una nube relativamente piccola rispetto alle grandi regioni di formazione stellare galattiche; tuttavia la sua grande vicinanza ne consente uno studio molto approfondito, in particolare per quanto riguarda i fenomeni di formazione di stelle di piccola e media massa, dato che le sue dimensioni favoriscono la nascita di questo tipo di stelle. La sua struttura si presenta di natura filamentosa, con lunghe colonne di polveri non illuminate che si estendono per decine di primi d'arco e anche più; le parti più dense di questi filamenti coincidono con delle strutture più larghe, osservabili nella banda del CO. Nella Nube di Perseo sono distinguibili due generazioni di stelle: la più antica è quella che ha dato origine all'associazione Per OB2, e comprende anche il sito della nube IC 348, in cui i fenomeni di formazione stellare hanno avuto luogo fino a 2-4 milioni di anni fa; la seconda generazione è invece ancora in atto ed è evidente nella porzione occidentale della Nube, in particolare nel giovanissimo ammasso NGC 1333, associato a nebulose brillanti e contenente 150 stelle giovanissime. In aggiunta a queste due nubi, fisicamente situate fra le due vi sono alcuni bozzoli oscuri, catalogati come B1, LDN 1448 e LDN 1455, cui sono associate alcune piccole nebulose a riflessione catalogate da Sidney van den Bergh negli anni sessanta. La parte più orientale è invece catalogata come B5. Alla Nube di Perseo sono associate alcune piccole nebulose brillanti, come NGC 1333 e IC 348. Le componenti stellari più massicce della regione sono invece raggruppate nell'associazione Perseus OB2, che costituisce il prodotto della prima generazione di stelle formatesi nei pressi della nube circa 6 milioni di anni fa; tramite la parallasse determinata dal satellite Hipparcos sono stati identificati 41 membri dell'associazione, gran parte delle quali hanno una classe spettrale B e A. Le componenti sono tutte sulla sequenza principale e mancano stelle di grande massa, come giganti e supergiganti blu. Secondo i dati dell'Hipparcos, la stella con la massa maggiore è la 40 Persei, una stella bianco-azzurra di classe B0.5V. Estendendo il censimento anche alle stelle di massa inferiore, fino a 17 M⊙, si arriva a ottenere una popolazione di oltre 800 membri, tutti racchiusi entro una regione dal diametro di circa 50 parsec; se si estende il conto fino alle stelle con massa pari a un decimo di quella solare si arriva invece a circa 20.000 componenti. Al di là della Nube di Perseo si estende una vasta regione priva sia di stelle particolarmente luminose, sia di grandi complessi nebulosi; questo spazio, dominato dai due ammassi M34 e NGC 752, termina con la debole associazione Camelopardalis OB1, situata a 1010±210 parsec (3292±685 anni luce). La regione locale del Braccio di Orione contiene anche un complesso nebuloso in cui è attiva la formazione di stelle di grande massa; questo complesso è posto entro un raggio di 300 parsec dalla Nube di Perseo e dalla Nube del Toro e a circa 500 parsec dal sistema solare ed è visibile in direzione della costellazione di Orione. Essendo la caratteristica dominante della regione locale, nonché la regione di formazione stellare più luminosa ed estesa visibile dalla Terra, da essa prende il nome l'intero braccio di spirale in cui giace, ossia il Braccio di Orione. Il complesso nebuloso molecolare di Orione è la grande regione di formazione stellare più studiata; i suoi fenomeni e le sue dinamiche hanno consentito agli astronomi di tracciare un quadro sempre più preciso di come evolvono le nubi molecolari, come e perché avviene la formazione di nuove stelle, come il loro vento stellare interagisce coi gas circostanti e come agisce l'effetto di questo vento quando le stelle più calde sono raggruppate in associazioni OB. Questo complesso di gas, ben osservabile nelle fotografie sensibili all'infrarosso, ricopre per intero la costellazione di Orione, addensandosi in alcuni punti, come nei pressi della Cintura di Orione e nella Spada, ad nordest della Cintura e a nord del grande rettangolo di stelle brillanti che caratterizza la costellazione, mentre il campo di fondo è permeato da una tenue nebulosità diffusa attraversata da vene oscure. La parte più cospicua e interessante dal punto di vista astronomico è la struttura chiamata Orion A: essa racchiude tutti i sistemi nebulosi presenti lungo l'asterismo della Spada di Orione, fra cui la celeberrima Nebulosa di Orione, e la nube NGC 1977 che assieme alle sue stelle di quinta e sesta grandezza rappresentano la parte settentrionale della Spada. La parte settentrionale di Orion A è anche la regione di formazione stellare più attiva compresa entro un raggio di 500 parsec (circa 1600 anni luce) dal Sole ed è anche una delle più studiate; tuttavia, la massima parte delle osservazioni si concentra nella sezione meridionale, dove risplende la Nebulosa di Orione e le sue aree circostanti. La regione compresa fra i due estremi è occupata da alcune piccole nubi e da filamenti di gas eccitati dalla luce delle stelle vicine, prive però dell'intensa radiazione ultravioletta che caratterizza l'ambiente della Nebulosa di Orione.[59] La regione possiede un aspetto cometario e con delle creste di gas molto compatto sul bordo settentrionale (il cosiddetto "integral shaped filament") e delle code di gas in evaporazione diretto nella direzione opposta al centro dell'associazione Orion OB1. La regione situata sull'estremo sudorientale della Cintura di Orione è chiamata Orion B (o LDN 1630); con una distanza di circa 410 pc (1340 al), viene a trovarsi anche fisicamente molto vicina alla struttura precedente e comprende le più tenui nebulose NGC 2024 (nota anche come Nebulosa Fiamma), NGC 2023, NGC 2071 e M78. Le prime due sono situate nel settore sudoccidentale della regione e presentano un'elevata attività dei fenomeni di formazione stellare. Verso est è presente una rete di filamenti gassosi e di polveri, spazzati via dall'azione del vento dell'associazione Orion OB1. L'oggetto più famoso facente parte del complesso è la Nebulosa di Orione (nota anche come M 42), una delle nebulose diffuse più brillanti del cielo notturno. È perfettamente distinguibile ad occhio nudo come un oggetto di natura non stellare ed è posta a sud del famoso asterismo della Cintura di Orione;[61] appare come una "stella" un po' nebulosa al centro della Spada di Orione, un asterismo composto da tre stelle disposte in senso nord-sud, visibile poco a sud della Cintura di Orione. Tale caratteristica nebulosità è ben accentuata vista attraverso binocoli o telescopi amatoriali. La Nebulosa di Orione possiede una forma grosso modo circolare, la cui massima densità si trova in prossimità del centro; la sua temperatura si aggira mediamente sui 10.000 K, ma scende notevolmente lungo i bordi della nebulosa. Diversamente dalla distribuzione della sua densità, la nube mostra una variazione di velocità e turbolenza in particolare nelle regioni centrali. I movimenti relativi superano i 10 km/s, con variazioni locali fino ai 50 km/s, e forse superiori. Gli attuali modelli astronomici della nebulosa mostrano che la regione è centrata sulla stella θ1 Orionis C, nell'ammasso del Trapezio, la stella responsabile della gran parte della radiazione ultravioletta osservata. Questa regione è circondata da un'altra nube ad alta densità, di forma concava e irregolare, ma più neutra, con campi di gas neutro che giacciono all'esterno della concavità. A pochi primi in direzione nord-ovest da questa stella si trova uno dei complessi nebulosi molecolari più notevoli dell'intera nebulosa; in quest'area, nota come OMC-1, il processo di formazione stellare è notevolmente accelerato, sia per la densità dei banchi di gas e polveri, sia per la radiazione ed il vento stellare di θ1 Orionis C. La nebulosa si trova in una regione centrale del complesso e contiene un giovanissimo ammasso aperto, noto come Trapezio a causa della disposizione delle sue stelle principali; due di queste possono essere risolte nelle loro componenti binarie nelle notti propizie. Il Trapezio potrebbe essere parte del grande Ammasso della Nebulosa di Orione, un'associazione di circa 2000 stelle con un diametro di 20 anni luce. Fino a due milioni di anni fa questo ammasso potrebbe aver ospitato quelle che ora sono note come le stelle fuggitive, ossia AE Aurigae, 53 Arietis e μ Columbae, le quali si dirigono in direzioni opposte all'ammasso con una velocità superiore ai 100 km/s. A partire dal settore meridionale del Trapezio si estende per alcuni gradi in direzione sudest una nube oscura catalogata come LDN 1641; contiene al suo interno una ricca popolazione stellare ancora avvolta nei gas, le cui componenti sono osservabili specialmente nella banda dell'infrarosso. La sezione settentrionale, LDN 1641 nord, è in particolare oggetto di studio a causa della presenza di un'estesa popolazione di protostelle e stelle T Tauri: in questo settore le stelle meno giovani sono due giganti gialle la cui età si aggira sui 6 milioni di anni, a cui si aggiungono una decina di astri dall'età inferiore ai 2 milioni di anni. Le altre nebulose brillanti facenti parte del complesso si trovano a nord della Nebulosa di Orione e fanno quasi tutte parte della nube Orion B; fra queste vi è la Nebulosa Fiamma, una grande regione H II visibile poco ad est della brillante Alnitak; la sua caratteristica fisica principale è una grande banda scura di polveri che l'attraversa da nord a sud, allargandosi progressivamente e conferendo alla parte brillante della nebulosa una forma a fiamma; la sorgente illuminante non è, come potrebbe sembrare, Alnitak, poiché questa stella si trova a circa in primo piano a una distanza quasi dimezzata rispetto alla nebulosa. La fonte potrebbe essere un giovane ammasso di circa 300 stelle scoperte nella parte meridionale della nube nel corso degli anni novanta, le cui componenti possiedono una magnitudine apparente che arriva fino alla tredicesima, o anche meno luminose; oltre a queste sono note alcune sorgenti nel lontano infrarosso, di cui due sono associate a protostelle di classe 0. Un'altra struttura molto famosa è IC 434, una regione H II che si estende a sud di Alnitak, sul bordo sudoccidentale della grande nube Orion B; presenta una forma molto allungata in senso nord-sud e riceve il vento ionizzante direttamente dalla stella σ Orionis, un brillante membro della grande associazione Orion OB1. La nebulosa raggiunge i 70' di lunghezza e si mostra con facilità nelle foto a lunga posa o nelle riprese CCD, sebbene il suo spessore sia di pochi primi d'arco. La sua fama è dovuta alla presenza di una piccola protuberanza della vicina nube oscura LDN 1630 che si sovrappone alla scia chiara della nube IC 434, formando una delle nebulose oscure più celebri e fotografate del cielo, B 33, meglio nota come Nebulosa Testa di Cavallo. Al complesso appartiene anche M78 (nota anche come NGC 2068), famosa per essere la nebulosa a riflessione più luminosa del cielo; emette un colore bluastro caratteristico per questo genere di oggetti, in quanto la fonte di luce è una stella di colore azzurro. Nella nube sono note 45 stelle giovani con forti emissioni Hα, più una candidata protostella di classe 0, catalogata come LBS 17-H. Le stelle massicce originatesi nella regione del complesso di Orione sono raggruppate nella grande e brillante Associazione Orion OB1, una delle associazioni OB meglio conosciute della volta celeste. Orion OB1 è suddivisibile in base alla sua evoluzione e alla dislocazione delle sue componenti in quattro sottogruppi principali; il più antico è definito Orion OB1a: le stelle di questo sottogruppo sono dislocate a nordovest della Cintura di Orione e possiedono un'età compresa fra 8 e 12 milioni di anni. Il secondo gruppo per età è Orion OB1b, che corrisponde alle stelle di fondo della Cintura e possiede un'età compresa fra 1,7 e 8 milioni di anni, sebbene fra queste ricadano anche le tre supergiganti che fanno parte della Cintura stessa, con un'età compresa attorno ai 5 milioni di anni. Orion OB1c coincide invece con le stelle visibili nella Spada di Orione e che si addensano attorno e davanti alla Nebulosa di Orione; di questo sottogruppo fanno parte pure due associazioni stellari poco concentrate, catalogate come NGC 1980 e NGC 1981, rispettivamente ai limiti meridionali e settentrionali dell'asterismo della Spada. La loro età è compresa fra i 2 e i 6 milioni di anni. Di questo sottogruppo non fanno parte le stelle più giovani direttamente avvolte nel sistema nebuloso di OMC-1, OMC-2 e OMC-3 e nella stessa Nebulosa di Orione, che invece compongono il sottoinsieme Orion OB1d. L'azione combinata del vento stellare e l'esplosione di supernovae avvenuta nel complesso hanno generato una grande superbolla che si estende fino ad oltre la metà della distanza fra il Sole e il complesso stesso; i bordi di questa superbolla arrivano fino a lambire la Nube del Toro e sono visibili come dei lunghi filamenti nebulosi anche nella banda dell'infrarosso. Il più spesso di questi filamenti è l'Anello di Barnard, che descrive una grande semicirconferenza nebulosa sul lato orientale del complesso; le propaggini della superbolla poste alle latitudini galattiche più elevate sono delineate dai tenui filamenti visibili nella costellazione di Eridano, da cui deriva il nome "Bolla di Eridano". Alla regione di Orione appartiene anche la Regione di Lambda Orionis, un'estesa nube di gas ionizzato legata a una piccola associazione OB. Al di là del complesso di Orione, il bordo esterno del Braccio di Orione è ben delineato da una sequenza di grandi regioni nebulose ben visibili fra le costellazioni dell'Unicorno e del Cane Maggiore. Il primo di questi complessi nebulosi si trova a circa 760 parsec di distanza dal Sole e a 400 parsec dal complesso di Orione; di esso fa parte la celebre Nebulosa Cono e la brillante associazione Monoceros OB1. Il complesso nebuloso molecolare di Monoceros OB1 è uno dei più studiati della volta celeste, sia a causa della sua relativa vicinanza, sia a causa della sua somiglianza col complesso di Orione: entrambe le regioni infatti sono ben osservabili senza l'anteposizione di banchi di polveri oscure che ne mascherano la vista, entrambe presentano una ricchissima e giovane popolazione stellare ed entrambe generano stelle di grande massa, sebbene nel complesso di Mon OB1 la formazione di tali stelle sia inferiore a quella della regione di Orione. Nel complesso sono contenute oltre mille componenti, raggruppate in giovani ammassi aperti e associazioni di stelle massicce, gruppi di stelle di piccola e media massa e un gran numero di stelle di pre-sequenza principale. La stella dominante è la S Monocerotis, una stella blu di sequenza principale di classe spettrale O7V, che possiede diverse stelle compagne di massa inferiore; la radiazione di questa e delle stelle vicine illumina e ionizza i gas della nube circostante, compresa quella davanti a cui si staglia la piramide oscura della Nebulosa Cono. La regione centrale è costituita dalla nube ionizzata da S Monocerotis, la stessa Nebulosa Cono e le regioni a nord della stella; attorno alla regione centrale si raggruppano una ventina di nubi molecolari relativamente dense, legate all'associazione OB che domina la regione e a cui appartengono tutte le stelle massicce originatesi dai gas del complesso, l'associazione Monoceros OB1 (Mon OB1). Le componenti più orientali dell'associazione Mon OB1 illuminano dei frammenti di gas che brillano per riflessione, emettendo a loro volta una luce bluastra, ricevuta dalle stelle vicine. Nella regione meridionale del complesso si estende un gran numero di archi nebulosi, posizionati in uno spazio fra il Braccio di Orione e quello di Perseo, dove si trova la Nebulosa Rosetta; molte di queste strutture ad arco si posizionano ad oriente della nube centrale, costituendo alcune piccole regioni di formazione stellare. L'associazione Monoceros OB1 coincide fondamentalmente con l'ammasso NGC 2264, ben noto anche col nome proprio Albero di Natale a causa del suo aspetto se osservato dall'emisfero australe; è dominata da S Monocerotis, una stella di grande massa di classe O7V con forti linee di emissione, posta nella parte centro-settentrionale dell'associazione stessa e responsabile dell'illuminazione dei gas attorno alla Nebulosa Cono.[81] A S Mon si aggiungono 27 stelle di classe B, fra le quali 3-4 giganti blu e diverse stelle azzurre di sequenza principale tutte comprese fra la settima e la decima magnitudine, cui si aggiunge una gigante di classe A nota come HD 45827, di sesta magnitudine. Sei delle stelle centrali dell'associazione OB sono binarie o multiple, compresa la stessa S Mon, mentre HD 47755, di classe B5V, è una variabile a eclisse catalogata anche come V641 Mon. A circa 200 parsec da Monoceros OB1 e a 830 parsec dal Sole si estende un altro complesso nebuloso, le cui dimensioni sono paragonabili al precedente;[84] il complesso di Monoceros R2 possiede un'ampia sequenza di nebulose a riflessione, estesa fino a 2° sulla volta celeste; queste nebulose sono illuminate da un gruppo di stelle giovani e molto calde, di grande massa e di classe spettrale B e A, che costituiscono un'associazione stellare; le è stata assegnata la sigla R2 poiché fu la seconda associazione OB scoperta nella costellazione dell'Unicorno che appare associata a delle nebulose a riflessione, dopo Mon R1, facente parte di Mon OB1. La regione centrale del complesso nebuloso si trova in coincidenza delle nubi vdB 67 e vdB 69, in cui sono attivi dei fenomeni di formazione stellare. Le stelle dell'associazione sono in prevalenza di classe B, ossia stelle dal colore azzurro; la loro età si aggira sui 6-10 milioni di anni e rappresentano la generazione stellare più massiccia che abbia avuto luogo nella regione. Queste stelle illuminano le stesse nubi da cui si sono formate; infatti data la loro giovane età, il loro vento stellare non ha ancora disperso i banchi di gas attorno ad esse. Il complesso ha subito due ondate di fenomeni di formazione stellare. Il primo, risalente a circa 6 milioni di anni fa, è quello che ha generato le stelle di grande massa osservabili nella regione e costituenti l'associazione Mon R2, responsabili dell'illuminazione delle nebulose a riflessione; l'età di queste stelle è paragonabile a quella della superbolla in espansione. La seconda ondata invece è ancora in atto ed è testimoniata dalla presenza all'interno delle nubi oscure di piccole regioni di idrogeno ionizzato, maser e oggetti HH; secondo i modelli evolutivi, la seconda ondata di formazione stellare sarebbe stata causata dall'azione combinata del vento stellare delle giovani giganti della prima ondata, che avrebbe compresso ulteriormente i gas delle nubi attorno a loro. La prima ondata di formazione stellare sarebbe avvenuta invece circa 6 milioni di anni fa, a seguito della compressione dei gas del complesso causata dall'espansione di un'enorme superbolla denominata GSH 238+00+09, che si sarebbe originata in una regione intermedia fra gli attuali complessi nebulosi di Orione e della Nebulosa di Gum, influenzandole e favorendo il collasso in più punti delle due nubi; l'origine di questa grande superbolla potrebbe essere l'associazione stellare denominata Cr 121, visibile in direzione del Cane Maggiore. A 1000 parsec da sistema solare, probabilmente non lontano dal punto in cui avviene la diramazione del Braccio di Orione, giace la Nebulosa Gabbiano (IC 2177), situata a cavallo fra le costellazioni dell'Unicorno e del Cane Maggiore. La Nebulosa Gabbiano presenta una forma arcuata con la cavità aperta verso est; si tratta di una regione di idrogeno ionizzato molto allungata in senso nord-sud e costituisce la parte più brillante di un complesso nebuloso molecolare non illuminato che comprende le regioni oscure LDN 1657 e LDN 1658, poste rispettivamente ad ovest e ad est della nube luminosa. Associate a questa nube vi è un gran numero di nebulose a riflessione, legate fisicamente al complesso e illuminate dalle stelle calde e blu dell'associazione Canis Major OB1; queste nebulose a riflessione presentano delle forti emissioni del lontano infrarosso, in particolare nei pressi di alcune delle stelle più massicce dell'associazione, come HD 53367, Z CMa e HD 53623. Alcune delle stelle avvolte nelle nebulose a riflessione presentano dei dischi protoplanetari. La forma arcuata di questa nebulosa potrebbe essere stata causata dall'esplosione di una supernova, esplosione che ha anche favorito i più recenti fenomeni di formazione stellare avvenuti in essa; quest'ipotesi è suffragata da diversi indizi, come la forma a semicerchio ben evidente osservando la Nebulosa Gabbiano e la sua vicina LBN 1036, che formano due lati di una cavità aperta sul lato meridionale. Le ultime stime dell'età della bolla causata dalla supernova indicano 1,5 milioni di anni, in seguito all'analisi dei dati ottenuti tramite il satellite Hipparcos, che hanno rivelato l'esistenza di stelle fuggitive come HD 57682. Il Braccio di Orione in direzione della Poppa e delle Vele è dominato dalla presenza dell'immensa e tenue Nebulosa di Gum, generato da una supernova esplosa nei pressi di un'antica regione H II. Secondo alcuni studi, una delle stelle che avrebbero dato origine a questa nebulosa è stata una compagna fisica della stella Naos (ζ Puppis) che, esplodendo come supernova, avrebbe alterato il moto di quest'ultima facendola accelerare, diventando così una stella fuggitiva. L'espansione della Nebulosa di Gum avviene in modo disomogeneo nelle sue differenti porzioni: la parte rivolta verso il Sole si espanderebbe infatti a una velocità superiore rispetto alla parte opposta, dove potrebbe essere ostacolata dalla presenza di altri complessi nebulosi, come il Vela Molecular Ridge. La distanza media della Nebulosa di Gum è di circa 450 parsec, la stessa della brillante associazione Vela OB2. L'onda d'urto causata dall'espansione della Nebulosa di Gum e l'intensa radiazione ultravioletta delle stelle di grande massa della regione hanno eroso e compresso i gas delle nubi circostanti, favorendo in molti casi i fenomeni di formazione stellare; questi fenomeni riguardano in particolare la nascita di stelle di piccola e media massa. Attorno alla nebulosa sono presenti infatti alcune piccole nubi di polveri e gas neutri, composti da un nucleo denso e da una lunga chioma; queste strutture sono note come globuli cometari e si sono generati a causa dell'erosione di nubi molecolari indipendenti ad opera dell'intensa radiazione delle stelle giganti presenti nella regione, in particolare γ Velorum e la stessa ζ Puppis. Leggermente in primo piano rispetto alla Nebulosa di Gum giace la celebre Nebulosa delle Vele, un resto di supernova di dimensioni nettamente inferiori, i cui filamenti sono visibili a sudest della Nebulosa di Gum. Oltre la Nebulosa di Gum avverrebbe la diramazione del Braccio di Orione; il ramo più interno, quello che segue l'andamento degli altri bracci di spirale della Via Lattea, si allunga in direzione della costellazione delle Vele ed è dominato dal grande complesso nebuloso del Vela Molecular Ridge (VMR). Al Vela Molecular Ridge appartengono tradizionalmente quattro nubi maggiori, indicate con le lettere A-B-C-D, dalla più orientale alla più occidentale; tre di queste, A, C e D, si trovano a circa 700-1000 parsec di distanza e costituiscono un unico sistema nebuloso, mentre la nube B si trova in una posizione più remota, a circa 2000 parsec di distanza. La nube D e ha ospitato i primi fenomeni generativi in un periodo compreso fra 1 e 10 milioni di anni fa; successivamente questi fenomeni, sia a causa dell'espansione di una bolla causata dal vento stellare delle giovani stelle calde, sia probabilmente a causa della stessa azione della radiazione di queste stelle, si sono estesi alle regioni Gum 14 e forse Gum 17, dove si osservano diverse popolazioni di stelle T Tauri. Tali fenomeni si sono infine estesi alla nube C e in particolare a Gum 20. Alle nubi situate a 700 parsec è legata l'associazione Vela R2; fra le stelle appartenenti ad essa è presente una gran quantità di gas e polveri interstellari, in parte illuminata per la riflessione della luce delle stelle. La sua età è stimata fra poche centinaia di migliaia di anni e pochi milioni di anni.[101] Alla nube B invece sarebbe legata la grande associazione Vela OB1, che conta diverse decine di stelle di grande massa, fra le quali due supergiganti gialle. Gran parte di queste stelle appare però oscurata dalle polveri interstellari che si frappongono sulla linea di vista. Le restanti regioni di formazione stellare situate nel Braccio di Orione visibili in questa direzione sono comprese entro una distanza di circa 2500 parsec; le regioni più estreme si collocano nelle vicinanze della sorgente Puppis A, un antico resto di supernova visibile al confine fra Poppa e Vele, e l'estesa associazione Turner 5, un gruppo di stelle bianco-azzurre molto disperso situato fra le Vele e la Macchina Pneumatica. La ramificazione del Braccio di Orione in direzione del Cane Maggiore e della Poppa, a circa l=240° e b=-7°, sarebbe testimoniata dalla presenza di una regione apparentemente sovrappopolata di stelle; questo addensamento è stato a volte messo in relazione alla presenza di una galassia satellite cannibalizzata dalla Via Lattea, la cosiddetta Galassia Nana Ellittica del Cane Maggiore, il cui centro, disgregato, compone l'addensamento stesso. Tuttavia, alcuni studi mostrano che questo addensamento non dovrebbe appartenere ad una galassia cannibalizzata, dal momento che la sua posizione giace sullo stesso piano del disco della Via Lattea. È stata così introdotta l'idea che questo addensamento sia imputabile alla presenza di una sezione del Braccio di Orione, visibile in questa direzione in senso longitudinale, che interseca il Braccio di Perseo e raggiunge il Braccio Esterno. A supporto di questa teoria vi sarebbe anche la scoperta all'interno dell'addensamento di stelle con un'età inferiore a 100 milioni di anni, che indicherebbe un evento di formazione stellare notevolmente più recente rispetto a quelli che si suppone essere avvenuti nella Nana del Cane Maggiore, datati 1-2 miliardi di anni. Queste stelle sono per altro inquadrate all'interno di ammassi aperti situati presso i due bracci di spirale maggiori sopra citati, come NGC 2302, NGC 2362 e NGC 2477. Fra gli oggetti situati in questa ramificazione si estende Sh2-310, una delle nubi singole di gas ionizzato più grandi conosciute, situata a circa 1500 parsec dal sistema solare; questa nube, che rappresenta quasi un proseguimento della sequenza di complessi nebulosi visibili fra Unicorno e Cane Maggiore, si estende per oltre 200 parsec e riceve la radiazione delle stelle supermassicce τ Canis Majoris e UW Canis Majoris, entrambe doppie. Nella regione sono presenti diverse stelle di classe spettrale O e B, delle supergiganti azzurre raggruppate in parte nel brillante ammasso aperto NGC 2362. Sh2-310 si trova in uno stadio molto avanzato della sua evoluzione, in cui ha già avuto luogo la massima parte dei fenomeni di formazione stellare che la nube stessa poteva ospitare; l'esito più evidente di questi fenomeni è la nascita del brillantissimo ammasso aperto NGC 2362, composto da una quarantina di stelle blu molto massicce e luminose, estremamente concentrate. L'età media delle componenti dell'ammasso si aggira sui 5 milioni di anni; le stelle T Tauri in esso contenute avrebbero un'età stimata sui 1,8 milioni di anni, o, a seconda dei modelli, fino a 5 milioni di anni. 

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