L'esplorazione spaziale

L'esplorazione dello spazio è la più grande sfida che l'uomo si sia mai posto. I modelli matematici ci danno sicuramente un grandissimo aiuto nell'indagine sul funzionamento del cosmo, ma spesso è necessario vedere con i nostri occhi i fenomeni celesti. Da questa necessità nasce l'esplorazione spaziale. Seguiteci su Eagle sera per scoprire chi sono i grandi protagonisti dell'esplorazione spaziale. 


L'esplorazione spaziale

L'esplorazione spaziale è l'esplorazione materiale dello spazio eseguita mediante veicoli spaziali, con o senza equipaggio a bordo. Rientra all'interno dell'astronautica. Le motivazioni ideali all'origine dei viaggi spaziali e dell'astronautica sono state molteplici e variabili nelle diverse epoche storiche. L'esplorazione dell'ignoto, il progresso scientifico, quello tecnologico, e la competizione internazionale tra le potenze del nostro pianeta sono stati i motori più forti nella storia dell'esplorazione spaziale. Un potente motore allo sviluppo tecnologico necessario ad effettuare i primi viaggi spaziali partì dalla ricerca di prestigio e dalla necessità di supremazia tecnologica da parte di alcuni stati, motivi per cui nacque la corsa allo spazio dagli anni cinquanta del XX secolo. Attualmente tuttavia gli scopi prevalenti delle missioni robotiche nello spazio sono scientifici: astrofisica, astronomia, osservazione della Terra e monitoraggio delle risorse del pianeta, geofisica e geodesia, controllo del territorio, navigazione assistita, studio del sistema Solare, telecomunicazioni televisive ed internet. L'astronautica attuale, con il lavoro di astronauti in orbita attorno alla terra spazia in settori che vanno dagli ambiti medici, dalla scienza dei materiali, della propulsione, del comportamento ed altri ancora. Nel corso della storia l'interesse e lo studio dello spazio extraterrestre da parte umana risale comunque a epoche remote e difficilmente identificabili. Fin dalle prime testimonianze relative ad epoche preistoriche l'uomo ha osservato e rappresentato elementi celesti, ma solamente dalla seconda metà del XX secolo, con l'evoluzione delle tecnologie aerospaziali, si è potuto fisicamente iniziare l'esplorazione spaziale. Le stelle sono sempre state sotto osservazione di studio da parte degli uomini antichi e di molte civiltà come gli aztechi, cinesi, indiani, gli arabi, i popoli della Mesopotamia e dell'Antica Grecia attraverso i vari eventi come le eclissi lunari e solari riuscirono a mantenere i loro calendari precisi. I due più grandi astronomi dell'antichità furono Ipparco e Tolomeo. Queste prime osservazioni astronomiche furono fatte completamente ad occhio nudo e quindi con risultati bassi. Successivamente con l'invenzione del telescopio c'è stato un grande impulso ed ampliamento dell'astronomia mediante l'osservazione del cielo. L'invenzione del telescopio ha un'origine molto controversa, ma generalmente viene attribuita a Hans Lippershey, un produttore di lenti olandese, che lo costruì nel 1608. L'anno successivo, nel 1609, l'astronomo italiano Galileo Galilei ha introdotto uno dei primi telescopi registrati nella storia ottenendo diverse osservazioni astronomiche che lo portarono a proporre il sistema eliocentrico. Le osservazioni di Galileo includono la scoperta delle Macchie solari, maggiori dettagli della Luna e la scoperta dei principali satelliti di Giove. Molto prima della reale possibilità di affrontare i viaggi spaziali, la questione venne affrontata da scrittori di fantascienza come Jules Verne e H. G. Wells. L'inizio pratico dell'astronautica si ha con l'invenzione dei missili con motori a razzo a propellente liquido. Il primo razzo a propellente liquido venne progettato e costruito da Pedro Paulet. Il motore pesava 2,5 kg, aveva una spinta di 200 libre ed alimentato da un componente costituito da perossido di idrogeno e benzina. Successivamente il professore americano Robert Goddard nel 1912 e lo scienziato tedesco Hermann Julius Oberth nel 1923 migliorarono i motori sperimentali basati sulla concezione iniziale di Paulet[11]. Tra le persone che hanno contribuito maggiormente allo sviluppo dell'astronautica nella sua fase iniziale vi sono prima di tutti Konstantin Tsiolkovsky, che teorizzò molti aspetti del volo spaziale e della propulsione missilistica. Esso viene considerato il padre del volo spaziale umano e il primo uomo a concepire l'ascensore spaziale. Il suo lavoro più famoso fu Исследование мировых пространств реактивными приборами; (Issledovanie mirovych prostranstv reaktivnymi priborami, L'esplorazione dello Spazio cosmico per mezzo di motori a reazione), che pubblicò nel 1903, il primo trattato accademico sulla missilistica. Robert Goddard, Hermann Oberth, Sergej Korolëv furono altri personaggi fondamentali, e applicativamente sopra tutti Wernher von Braun, padre della missilistica prima tedesca e poi statunitense. Le basi tecnologiche dell'astronautica moderna arrivano dallo studio e dall'applicazione, principalmente a scopo bellico, da parte della Germania nazista dei missili balistici. Durante la seconda guerra mondiale, lo scienziato tedesco Wernher Von Braun realizzò i missili V2 che furono i primi oggetti, durante un test, a riuscire a lasciare l'atmosfera terrestre il 3 ottobre 1942. Durante voli preliminari a scopo scientifico, nel 1944, a Peenemuende effettuarono voli di test entrando nella termosfera e raggiungendo un apogeo di 189 km con un prototipo di razzi sonda per una futura versione con carichi scientifici del razzo allo scopo di misurare raggi cosmici, flusso meteorico, eccetera. L'arrestarsi dei successi militari tedeschi e la conseguente spinta a esclusivi fini militari della ricerca missilistica, che peraltro fece rischiare a Von Braun il carcere per comportamento antipatriottico dato il progredire dei suoi esperimenti ai fini dell'esplorazione spaziale e la successiva sconfitta bellica della Germania, interruppero il progresso del progetto a fini scientifici. La prima immagine ottenuta dallo spazio fu presa durante un volo suborbitale dove gli Stati Uniti d'America lanciarono appunto un vettore tedesco V2 il 24 ottobre 1946, in grado di scattare una fotografia ogni 1,5 secondi. Il primo oggetto lanciato in orbita attorno alla Terra è stato lo Sputnik 1 nel 1957 dall'Unione Sovietica. Gli strumenti a bordo dello Sputnik 1 rimasero funzionanti per 21 giorni. Infine, esso bruciò durante il rientro in atmosfera il 3 gennaio 1958 dopo circa 1.400 orbite e 70.000.000 km. Seguirono ad esso i primi voli con equipaggi animali. La celebre cagnetta Laika, lanciata nello spazio nel secondo volo orbitale terrestre il 3 novembre 1957, divenne il primo essere vivente a entrare in orbita, o comunque il primo essere vivente superiore, considerando il fatto che sullo Sputnik 1 vi fossero sicuramente microorganismi. I cani Belka e Strelka trascorsero un giorno nello spazio a bordo del Korabl-Sputnik-2 (Sputnik 5) il 19 agosto 1960 prima di tornare a Terra. Erano accompagnati da un coniglio grigio, 42 topi, 2 ratti, mosche e un certo numero di piante e funghi; tutti i passeggeri sono sopravvissuti. Erano le prime creature terrestri ad andare in orbita e ritornare vivi. Sempre nell'ambito del programma sovietico il 12 aprile 1961 il cosmonauta Jurij Gagarin fu il primo essere umano a volare nello spazio esterno, mentre Valentina Vladimirovna Tereškova è stata la prima donna ad andare nello spazio, il 16 giugno 1963, e l'unica fino alla prima missione di Svetlana Evgen'evna Savickaja. La prima attività extraveicolare (EVA) della storia fu fatta dal cosmonauta Aleksej Archipovič Leonov, durante la missione Voschod 2, il 18 marzo 1965. La prima donna fu invece la stessa Svetlana Evgen'evna Savickaja, il 25 luglio 1984, mentre era a bordo della stazione spaziale Salyut 7. Gagarin al suo rientro venne "battezzato" cosmonauta (marinaio dell'universo), mentre gli Stati Uniti, in occasione del volo suborbitale Mercury-Redstone 3 di Alan Shepard, crearono il termine astronauta (marinaio delle stelle); entrambi i termini derivano dalla lingua greca. Non sono note con precisione le numerose vite umane tributate nella corsa allo spazio ma, in particolare nella storia della gara russo-americana, si crearono molti tragici eventi. Quando l'Apollo 15 lasciò la superficie lunare, venne lasciato sul posto un "monumento", una statuetta chiamata Fallen Astronaut, e una targa con incisi quattordici nomi di astronauti e cosmonauti di entrambe le nazioni, otto americani e sei sovietici, che persero la vita nell'impresa spaziale. Il 23 marzo 1961, durante un allenamento in atmosfera di ossigeno puro, morì il cosmonauta Valentin Bondarenko. Dopo 6 anni da questa tragedia, analogamente, in America il 27 gennaio 1967 durante le prove a terra dell'Apollo 1 ci fu un incendio che uccise i tre i membri dell'equipaggio - Virgil Grissom, Edward White e Roger Chaffee. Nella cabina vi era ossigeno puro, in genere utilizzato dagli americani a pressione ridotta in modo da riottenerne la stessa pressione parziale anche in fase operativa, mentre i sovietici utilizzavano aria (queste differenze tecniche causarono qualche difficoltà nell'incontro russo-americano del Programma test Apollo-Sojuz). Il 24 aprile 1967 sulla Soyuz-1, Vladimir Komarov morì durante l'atterraggio a causa di un malfunzionamento del paracadute del modulo di discesa. Il 30 giugno 1971 al momento dello sbarco della Soyuz-11 si verificò una depressurizzazione del lander. Morirono tutti e tre i membri dell'equipaggio - Georgij Dobrovol'skij, Vladislav Volkov, Viktor Patsayev. 15 novembre 1967 il pilota del razzo X-15 Michael Adams raggiunse una quota di 81 km, ma il velivolo si distrusse durante la discesa e il pilota rimase ucciso. Robert Lawrence, Clifton Williams, Charles Bassett, Elliot C e Theodore Freeman morirono in velivoli da addestramento. I loro nomi sono immortalati sul "Mirror Space"; stranamente, non c'era Joseph A. Walker. Dal 1971 fino alla fine della corsa allo spazio non vi furIl passaggio della sonda Luna 1 in prossimità dell'orbita lunare, ed il rilevamento dello scarso o nullo campo magnetico selenita, entrando successivamente in orbita solare, segna l'inizio dell'esplorazione lunare, che ufficialmente si vuole collocare con l'allunaggio del 1969, quando la sonda sovietica Luna 2 impattò con la superficie lunare. Nello stesso anno, il 7 ottobre, la missione Luna 3 trasmise a Terra fotografie dell'allora mai vista faccia nascosta della Luna. Fu l'inizio di una serie decennale di esplorazioni lunari condotte da sonde automatiche. Luna 9 il 3 febbraio 1966 eseguì il primo atterraggio morbido sulla Luna; Luna 10 divenne il primo velivolo spaziale ad orbitare intorno alla Luna il 3 aprile 1966. Il Programma Zond nel 1964 riuscì ad effettuare un sorvolo ravvicinato in orbita lunare, e successivamente, ad inviare e a far rientrare sulla terra un equipaggio animale composto da diverse specie, tra cui alcune tartarughe. L'esplorazione sovietica della luna, anche in anni successivi si effettuò sempre con sonde automatiche o comandate da terra, come il robot Lunochod della missione Luna 17. Le missioni umane furono condotte solo dagli USA. ono più vittime. Due incidenti si sono poi verificati alle navette, space shuttle (Challenger nel 1986 e Columbia nel 2003). Altri astronauti morirono in missioni non spaziali, come i quattro americani che persero la vita nell'incidente del velivolo T-38 Talon (1982 Thunderbirds Indian Springs Diamond Crash) e il sovietico Yuri Gagarin, il primo uomo a raggiungere lo spazio, che incontrò la morte nello schianto del suo aereo MiG-15 nel 1968. Lo Space Mirror Memorial, o Astronaut Memorial, è un altro monumento sito al John F. Kennedy Space Center Visitor Complex a Merritt Island, in Florida, che commemora vittime di missioni americane. In risposta ai successi del programma sovietico di esplorazione spaziale, il presidente degli Stati Uniti d'America John F. Kennedy dichiarò al Congresso il 25 maggio 1961: "io credo che questa nazione debba impegnarsi per raggiungere entro la fine del decennio l'obiettivo di portare un uomo sulla Luna e riportarlo sulla Terra". Nello stesso anno le autorità sovietiche annunciano pubblicamente la volontà di portare un equipaggio sulla Luna e di installarvi una base. Nell'ambito del programma Apollo gli astronauti Neil Armstrong e Buzz Aldrin, nel 1969, attesi da Michael Collins sul modulo di comando in orbita intorno al satellite, furono i primi ad atterrare sulla luna e camminare sulla sua superficie, poi seguiti da altri dieci uomini nel periodo compreso tra il 1969 e il 1972. Nel 1971 la stazione spaziale russa Saljut 1 fu il primo presidio permanente al di fuori dell'atmosfera, sostituita successivamente da altre stazioni, le sovietiche Saljut 2, Saljut 3, Saljut 4, Saljut 5, Saljut 6, Saljut 7, lo Skylab statunitense, la stazione spaziale Mir, ancora sovietica, poi russa, la Stazione Spaziale Internazionale (siglata ISS, progetto canadese (CSA), europeo (ESA), giapponese (JAXA), russo (RKA), statunitense (NASA)) e la Tiangong 1 cinese, già in pieno XXI secolo. Il 1º marzo 1966 la sonda Venera 3 fu la prima ad atterrare su un altro pianeta, anche se non fu un atterraggio morbido. Dieci sonde sovietiche hanno effettuato un atterraggio morbido sulla superficie venusiana, con più di 110 minuti di comunicazioni dalla superficie. Le finestre di lancio (ogni 19 mesi), dal 1962 al 1985 vennero tutte sfruttate per il lancio di sonde. Le Venera, Венера o Venusik nei Paesi occidentali, furono una serie di sonde spaziali sviluppate in Unione Sovietica per esplorare e raccogliere dati sul pianeta Venere. Furono il primo oggetto costruito dall'uomo a entrare nell'atmosfera di un altro pianeta, atterrare dolcemente, reinviare immagini ed effettuare una scansione radar ad alta risoluzione della superficie, permettendo studi approfonditi sulla conformazione geologica del globo. Il primo atterraggio con successo fu effettuato da Venera 7 il 15 dicembre 1970, trasmettendo dati sulla temperatura per 23 minuti mentre Venera 8 atterrò il 22 luglio 1972, mostrando che le nubi del pianeta formavano uno strato che terminava 35 chilometri sopra la superficie e analizzando la composizione chimica della crosta attraverso uno spettrometro a raggi gamma. La sonda Venera 9 entrò in orbita il 22 ottobre 1975 diventando il primo satellite artificiale di Venere. Una serie di camere e spettrometri inviarono a Terra informazioni sulle nubi, sulla ionosfera, magnetosfera ed effettuò misure radar della superficie; il veicolo di discesa si separò dalla sonda e atterrò sul pianeta, scattando le prime foto della superficie e analizzando il terreno con uno spettrometro a raggi gamma e un densimetro. Durante la discesa vennero misurate la pressione e la temperatura, oltre a rilevazioni fotometriche e della densità delle nubi attraverso un nefelometro. Si scoprì che esse erano formate da tre strati distinti. Un simile programma scientifico fu effettuato anche dalla sonda Venera 10, che arrivò sul pianeta il 25 ottobre. La NASA inviò su Venere due sonde Pioneer Venus, composte da due componenti lanciati separatamente: un orbiter e una multisonda. Quest'ultima trasportava tre piccole sonde atmosferiche e una sonda più grande, che venne lanciata il 16 novembre 1978 e fu seguita da quelle minori il 20 novembre. Esse entrarono nell'atmosfera venusiana il 9 dicembre, seguite dal veicolo che le trasportava. Anche se non era previsto che sopravvivessero alla discesa, esse continuarono ad operare per 45 minuti dopo aver raggiunto il suolo. Nel 1978 le sonde Venera 11 e Venera 12 volarono verso Venere, rilasciando moduli di discesa; i lander trasportavano camere a colori, analizzatore per il terreno, nefelometro, spettrometro di massa, gas cromatografo e un analizzatore chimico basato sulla fluorescenza X che rivelò una grande quantità di cloro nelle nuvole, oltre allo zolfo. Venne anche rilevata una forte attività di fulmini. Nel 1981 la sonda Venera 13 inviò la prima immagine a colori della superficie e analizzò un campione di terreno con la fluorescenza X, Nello stesso anno Venera 14 rilevò anche una possibile attività sismica. Nel 1985 l'Unione Sovietica, sfruttando l'opportunità di combinare una missione su Venere con il passaggio della cometa di Halley, lanciò due sonde Vega, Vega 1 e Vega 2, lanciarono un pallone ad elio ad una altezza di 50 km dalla superficie. I lander trasportarono esperimenti per studiare la composizione e la struttura dell'aerosol delle nubi. Le sonde Vega continuarono la missione raggiungendo la cometa di Halley nove mesi dopo. Le missioni spaziali sovietiche Mars 2 e Mars 3 consistevano nel lancio di sonde gemelle, entrambe costituite da un orbiter e da un lander[29] Mentre il modulo di atterraggio della missione precedente precipitò sulla superficie di Marte, il lander di Mars 3 toccò con successo il suolo del pianeta rosso, divenendo così il primo veicolo costruito dall'uomo a giungere integro sulla superficie marziana. L'URSS aveva un pregresso e ebbe un successivo ampio programma marziano, avendo cominciato nel 1960 con il programma Mars 1M (a volte chiamato Marsnik nei media occidentali), il primo programma di esplorazione spaziale interplanetario senza pilota. Nel 1976 le due sonde Viking della NASA entrarono nell'orbita di Marte e entrambe inviarono un lander che effettuò con successo un atterraggio morbido sulla superficie del pianeta. Queste due missioni inviarono le prime immagini a colori e dettagliati dati scientifici. Nel 1988 l'Unione Sovietica lanciò le sonde Phobos 1 e 2; Phobos 2 riuscì a fotografare Marte e Phobos, tuttavia la missione fallì poco prima di inviare due lander sulla superficie di Phobos. La sonda Mars Pathfinder, atterrò il 4 luglio 1997. La zona di atterraggio era un'antica pianura fluviale nell'emisfero nord chiamata Ares Vallis, che è tra le zone più rocciose del pianeta. La sonda comprendeva un piccolo rover controllato da remoto chiamato Sojourner, che viaggiò per alcuni metri attorno al sito di atterraggio studiando le rocce. Il rover esplorò la superficie di Marte in un modo che era stato eseguito precedentemente solo dai due rover Lunochod russi sulla Luna 30 anni prima. Fino al momento dell'ultima trasmissione il 27 settembre 1997, il Mars Pathfinder inviò 16500 immagini dal lander e 550 immagini dal rover, oltre a 16 analisi chimiche delle rocce e del suolo e dettagliati dati sui venti e altri fattori meteorologici. Questi dati suggerirono agli scienziati che in qualche momento del passato il pianeta potrebbe essere stato caldo e umido, e potrebbe aver posseduto acqua allo stato liquido e un'atmosfera più densa. Dopo i successi del Global Surveyor e del Pathfinder, tra il 1998 e il 1999 ci fu un'altra serie di fallimenti: l'orbiter giapponese Nozomi, il Mars Climate Orbiter, il Mars Polar Lander e i penetratori Deep Space 2 della NASA non portarono a termine la missione. L'episodio riguardante il Mars Climate Orbiter è particolarmente famigerato, dovuto alla mancanza di conversione tra unità di misura del sistema metrico decimale e del sistema imperiale. In questo modo vennero generati dati errati che fecero bruciare la sonda durante l'ingresso nell'atmosfera marziana. Non sono mai stati fisicamente raggiunti sulla loro superficie, nel XX secolo, altri pianeti, sia per le difficoltà tecniche come condizioni fisiche quali temperatura e pressione elevate, sia per la loro distanza estrema. I giganti gassosi Giove e Saturno non possiedono una definita superficie analoga a quella dei pianeti rocciosi. Comete ed asteroidi, ed i satelliti naturali di alcuni pianeti si prestano al contrario a missioni volte a raggiungere e a percorrere la loro superficie. Una flotta di sonde come la Giotto dell'ESA, le sonde Vega 1 e Vega 2 dell'URSS che andarono incontro alla Cometa di Halley nel 1986, si limitarono ad osservazioni ravvicinate, mentre la missione Stardust del gennaio 1999, che ha incontrato la cometa Wild 2 nel gennaio 2004, ha impattato solo del materiale che, raccoltolo, è rientrato sulla Terra nel 2006. La missione Deep Impact del febbraio 2005, una sonda spaziale della NASA progettata per studiare la composizione dell'interno di una cometa sarà la prima che, nel secolo successivo, con parte della sonda impatterà con successo il nucleo di Tempel 1 il 4 luglio 2005. A causa dei costi, poche sonde sono state destinate ad uscire dal Sistema Solare. Al momento ce ne sono solo 5: Le sonde gemelle Voyager, le sonde Pioneer e infine la sonda New Horizons[36][37][38]. A partire dai primi anni del XXI secolo molti stati hanno annunciato di aver rilanciato l'esplorazione lunare per sfruttare le risorse del satellite. la quantità esatta di elio-3 depositato dal vento solare nelle rocce non è nota, e potrebbe non essere comunque redditizio estrarlo. Il Cosmochimico e geochimico Ouyang Ziyuan dell'Accademia delle Scienze cinese, a capo del Programma Chang'e per l'esplorazione della Luna, ha affermato che uno dei principali obiettivi del programma è ottenere una fonte di elio-3 da cui trarre il combustibile per la generazione di energia tramite tre voli annuali. Nel gennaio 2006 la compagnia spaziale russa RKK Energiya ha annunciato di prevedere di poter estrarre elio-3 dalla Luna entro il 2020. Al 2020 l'uomo continua ad essere presente nello spazio grazie alla Stazione Spaziale Internazionale. Oltre all'invio di sonde sul nostro satellite, sono state inviate sonde su tutti i pianeti del sistema solare con lo scopo di avere maggiori informazioni scientifiche. Al 2020, le sonde Voyager 1, Voyager 2, Pioneer 10 e Pioneer 11, sono gli unici quattro artefatti prodotti dall'umanità usciti dal Sistema solare, mentre la sonda New Horizons è il quinto oggetto artificiale come distanza dalla Terra. Sviluppata dalla NASA per l'esplorazione di Plutone, pianeta nano scoperto nel 1930 da Clyde Tombaugh e della sua doppia componente Caronte. Attualmente la sonda più veloce è la Voyager 1 con la velocità di 17,042 km/s (61351 Km/h, 3,595 UA all'anno). Prima del lancio della sonda, il capo missione S. Alan Stern, ha confermato che a bordo c'era una parte delle ceneri di Clyde Tombaugh facendo così diventare i suoi resti, al termine della missione, gli unici resti umani ad aver lasciato il Sistema Solare. Il lancio è avvenuto il 19 gennaio 2006 dalla base di Cape Canaveral ed ha raggiunto le vicinanze di Giove il 28 febbraio 2007 e l'orbita di Urano nel marzo 2011. La sonda ha raggiunto Plutone e il suo satellite Caronte il 14 luglio 2015. Ogni sonda Pioneer possiede una placca metallica che identifica il loro luogo e il loro tempo d'origine, per beneficiare altri viaggiatori spaziali che potranno ritrovare le placche in un lontano futuro, mentre per le sonde Voyager la NASA ha voluto anche inserire un messaggio omnicomprensivo a bordo di Voyager 1 e Voyager 2, una sorta di capsula temporale con l'intenzione di comunicare la storia del nostro mondo ad eventuali forme di vita extraterrestri. Un altro tentativo dell'uomo di comunicare con altre forme di vita extraterrestri, nonostante ora non si hanno ancora prove certe della loro esistenza, è stato quello d'inviare un messaggio radio trasmesso nello spazio dal Radiotelescopio di Arecibo, in Porto Rico, il 16 novembre 1974. Il messaggio è stato indirizzato verso l'ammasso globulare di Ercole M13, a 25.000 anni luce di distanza. Siccome il messaggio impiegherà 25.000 anni per raggiungere la sua destinazione (oltre a ulteriori 25.000 anni per una eventuale risposta) il messaggio di Arecibo è più una dimostrazione delle conquiste tecnologiche raggiunte dal genere umano che un reale tentativo di tenere una conversazione con una razza aliena. Solamente in un caso, il 15 agosto 1977 il SETI ha registrato un segnale dallo spazio profondo. Questo segnale soprannominato Segnale Wow, nonostante i primi scetticismi, è stato riconosciuto, dopo lunghi studi e diverse prove, come non terrestre. Molti scettici considerano il suono come un rumore "naturale" prodotto dallo spazio o dalla collisione di qualche corpo celeste, mentre altri credono che sia di origine artificiale in quanto il messaggio viaggia su una determinata frequenza radio e contiene rumori meccanici e quasi regolari. L'orbiter, o satellite orbitale o anche modulo orbitante è un veicolo spaziale che orbita attorno ad un pianeta o ad un satellite naturale senza atterrarvi sopra, ma studiando la superficie del corpo celeste da distanza. Sono solitamente chiamati orbiter anche le parti di navicelle spaziali che rimangono in orbita mentre un lander, o modulo d'atterraggio si sgancia per scendere sulla superficie di oggetto celeste (pianeti, satelliti naturali, comete o asteroidi). Un lander, o veicolo d'atterraggio, è un tipo di navicella spaziale che effettua la discesa e sosta sulla superficie di un corpo celeste. Per i corpi provvisti di atmosfera, l'atterraggio è chiamato rientro, e il lander si definisce veicolo di rientro[47][48]. All'inizio del XXI secolo sono stati inviati tre rover: Spirit, Opportunity e Curiosity. Uno dei rover più importanti lanciati verso Marte è stato Mars Science Laboratory (MSL), nominato Curiosity, lanciato il 26 novembre 2011 ed atterrato su Marte il 6 agosto 2012. Subito dopo l'atterraggio, effettuato con successo usando un metodo più preciso delle missioni precedentemente inviate sul pianeta, il rover ha cominciato ad inviare delle immagini dalla superficie. La durata della missione è prevista in almeno un anno marziano (circa due anni terrestri) e lo scopo sarà quello di investigare sulla passata e presente capacità di Marte di sostenere la vita. Per consentire analisi più approfondite, Curiosity trasporta strumenti scientifici, forniti dalla comunità internazionale, più avanzati rispetto a quelli di qualunque altra missione precedente sul pianeta rosso; è inoltre circa cinque volte più pesante e due volte più lungo dei rover Spirit e Opportunity arrivati sul pianeta nel 2004. Il 5 Maggio 2018 è stata lanciata la sonda Insight (Interior Exploration using Seismic Investigations, Geodesy and Heat Transport) ed è atterrata sulla superficie di Marte il 26 Novembre 2018 dopo 7 mesi di viaggio e dopo aver percorso 2,28 × 108 km. New Horizons è stata la prima sonda spaziale lanciata verso Plutone e il suo satellite Caronte il 19 gennaio 2006. Progettata e sviluppata dalla NASA ha raggiunto con successo plutone e il suo sistema di lune il 14 luglio 2015. Con una velocità di 58536 km/h (circa 16,26 km/s), raggiunta allo spegnimento del terzo stadio, era l'oggetto artificiale più veloce che abbia mai abbandonato la Terra, battuto dalle tre sonde lanciate verso il Sole rispettivamente: Helios-1, Helios-2 e Parker Solar Probe (che ha raggiunto nel 2020 la velocità di circa 370.000 km/h). La missione continuerà il suo viaggio dirigendosi verso la fascia di Kuiper. L'obiettivo primario è di studiare la geologia e la morfologia del pianeta nano Plutone e del suo satellite Caronte, creare una mappa della superficie dei due corpi celesti e analizzarne l'atmosfera. Altri obiettivi sono lo studio dell'atmosfera dei due corpi celesti al variare del tempo, l'analisi ad alta risoluzione di alcune zone di Plutone e Caronte, l'analisi della ionosfera e delle particelle cariche, la ricerca di atmosfera attorno a Caronte, lo studio dei due satelliti minori Notte e Idra, la ricerca di eventuali satelliti o anelli sconosciuti e possibilmente l'analisi di un ulteriore oggetto della fascia di Kuiper. Nel 2004 il presidente degli Stati Uniti George W. Bush ha annunciato gli obiettivi del nuovo programma spaziale statunitense che prevede il ritorno dell'uomo sulla Luna e la messa in servizio della nuova navetta della NASA Orion. Il passo successivo sarà la missione umana su Marte che però probabilmente non avverrà prima del 2030. L'amministrazione Obama ha però rivisto questi obiettivi. Anche Russia e ESA progettano una missione verso la Luna e Marte. Roscosmos sta lavorando al razzo Yenisei, la controparte russa dello statunitense Space Launch Sistem, che porterà verso la Luna navetta Orel e volerà entro il 2028. Dal punto di vista degli obiettivi dell'esplorazione spaziale ci sono la ricerca di forme di vita extraterrestre, la colonizzazione (e lo sfruttamento) di corpi celesti e lo sviluppo di nuove tecnologie che trovano poi un più vasto campo applicativo anche in altri settori. L'esplorazione spaziale è sempre stato oggetto di fantasie da parte di scrittori e registi. Fin dagli albori della letteratura e cinematografia di fantascienza l'uomo è sempre stato affascinato da spedizioni esplorative verso mondi lontani, un esempio è il film Le voyage dans la Lune del 1902 dove un gruppo di astronomi vengono sparati assieme alla loro capsula con un cannone in direzione della Luna. Risalente a un secolo e mezzo prima, il racconto Micromega narra dell'omonimo protagonista proveniente da Sirio che compie un viaggio attraverso il sistema solare; ne Le avventure di Ettore Servadac del 1877 di Jules Verne, Ettore compie un'odissea tra i pianeti del sistema solare. La letteratura del primo e del secondo dopoguerra è ricca di racconti fantascientifici che narrano di viaggi spaziali, grazie agli avanzamenti tecnologici che permisero più accurate osservazioni astronomiche. Molti di questi racconti venivano pubblicati in riviste come Amazing Stories e negli anni sono stati raccolti in libri come Cronache marziane di Ray Bradbury, che parla delle prime spedizioni umane su Marte e le successive fasi della colonizzazione, sempre con un velo di horror. Nella fantascienza moderna sono da citare 2001: Odissea nello spazio e l'omonimo film di Stanley Kubrick, il lungometraggio Interstellar di Christopher Nolan, nel quale un gruppo di astronauti viaggia attraverso wormhole per raggiungere un'altra galassia e cercare una nuova casa per l'umanità, e Sopravvissuto - The Martian di Ridley Scott dove un astronauta (Matt Damon) della fittizia missione spaziale Ares III subisce un incidente e rimane bloccato su Marte. Tra i videogiochi e i simulatori che hanno come soggetto l'esplorazione spaziale si possono menzionare No Man's Sky, Astroneer, Kerbal Space Program e Mars Horizon.


Telescopi spaziali

Lo Hubble Space Telescope (HST) è un telescopio spaziale che venne lanciato in orbita terrestre bassa nel 1990 ed è attualmente operativo. Nonostante esso non sia stato il primo telescopio spaziale, lo Hubble è uno dei più grandi e versatili, ed è ben conosciuto come strumento di ricerca di estrema importanza oltre che vessillo delle scienze astronomiche nell'immaginazione collettiva. L'HST è stato chiamato in onore dell'astronomo Edwin Hubble, ed è uno dei Grandi Osservatori della NASA, assieme al Compton Gamma Ray Observatory, il Chandra X-ray Observatory e il Telescopio spaziale Spitzer. Con uno specchio di 2,4 metri di diametro, i 5 strumenti principali dell'Hubble osservano nel vicino ultravioletto, nel visibile e nel vicino infrarosso. L'orbita esterna del telescopio, al di fuori dalla distorsione dell'atmosfera terrestre, gli permette di ottenere immagini a risoluzione estremamente elevata, con un disturbo contestuale sostanzialmente inferiore rispetto a quello che affligge i telescopi a Terra. L'Hubble ha registrato alcune delle più dettagliate immagini nella luce visibile, permettendo una visuale profonda nello spazio e nel tempo. Molte osservazioni dell'HST ebbero dei riscontri in astrofisica, per esempio determinando accuratamente il tasso di espansione dell'Universo. Lo Hubble venne costruito dalla NASA, con contributi da parte dell'ESA. Lo Space Telescope Science Institute (STScI) seleziona gli obiettivi del telescopio e processa i dati ottenuti, mentre il Goddard Space Flight Center controlla il veicolo. Già nel 1923 vennero proposti diversi telescopi spaziali. Lo Hubble venne finanziato negli anni settanta, con un lancio proposto nel 1983, ma che venne rimandato a causa di ritardi tecnici, i problemi di budget e il disastro del Challenger, nel 1986. Una volta lanciato nel 1990, venne scoperto un problema allo specchio primario, il quale era stato scavato erratamente, compromettendo le capacità del telescopio. Le ottiche vennero portate alla loro qualità prevista da una missione di servizio nel 1993. Hubble è l'unico telescopio ad esser stato progettato per essere modificato in orbita da astronauti. Dopo il lancio con lo Space Shuttle Discovery nel 1990, 5 missioni dello Space Shuttle ripararono, aggiornarono e rimpiazzarono sistemi sul telescopio, inclusi tutti e 5 i suoi strumenti principali. La quinta missione venne cancellata a seguito del disastro del Columbia nel 2003, ma dopo un'animata discussione pubblica, l'amministratore della NASA Mike Griffin approvò la quinta missione di servizio, completata nel 2009. Il telescopio è al 2020 operativo e secondo le stime potrà funzionare fino al 2030-2040. Il suo successore, il James Webb Space Telescope (JWST), dovrebbe essere lanciato- salvo ulteriori slittamenti- entro ottobre 2021. Nel 1923 Hermann Oberth, considerato un padre dell'ingegneria aerospaziale moderna, assieme a Robert H. Goddard e Konstantin Ciolkovski, pubblicò il Die Rakete zu den Planetenräumen (Il razzo nello spazio interplanetario), nel quale menzionava il trasporto di un telescopio dalla Terra in orbita attraverso un razzo. La storia del telescopio spaziale Hubble può essere fatta risalire a un'opera del 1946 dell'astronomo Lyman Spitzer, I vantaggi astronomici di un osservatorio extraterrestre[6]. In essa, egli discusse i 2 principali vantaggi che un osservatorio spaziale avrebbe rispetto ai telescopi a Terra. Innanzi tutto, la risoluzione angolare (la più piccola separazione alla quale gli oggetti possono essere chiaramente distinti) sarebbe limitata solo dalla diffrazione, mentre nell'atmosfera sarebbe influenzata dalla turbolenza che causa il pulsare delle stelle. A quell'epoca i telescopi a Terra erano limitati a risoluzioni di 0,5 - 1,0 arcosecondi, comparati alla risoluzione teorica di un sistema limitato dalla diffrazione di circa 0,05 arcosecondi, per un telescopio con uno specchio di 2,5 metri di diametro. Inoltre, un telescopio spaziale potrebbe osservare sia nella luce infrarossa che in quella ultravioletta, lunghezze d'onda fortemente assorbite dall'atmosfera. Spitzer passò la maggior parte della sua carriera premendo sullo sviluppo di un telescopio spaziale. Nel 1962, un rapporto della National Academy of Sciences raccomandò lo sviluppo di un telescopio spaziale e nel 1965 Spitzer venne messo a capo di una commissione per determinarne gli obiettivi scientifici.[7] L'astronomia basata nello spazio iniziò su scala veramente bassa durante la Seconda guerra mondiale, quando gli scienziati vi applicarono i propri sviluppi nell'ambito della tecnologia vettoriale. Il primo spettro agli ultravioletti del Sole venne ottenuto nel 1946, e la NASA lanciò nel 1962 l'Orbiting Solar Observatory (OSO), per ottenere spettri a raggi ultravioletti, ai raggi X, e ai raggi gamma. Un telescopio solare orbitante venne lanciato nel 1962 dal Regno Unito come parte del Programma Ariel, e nel 1966 la NASA promosse la missione Orbiting Astronomical Observatory (OAO). Le batterie dell'OAO-1 si scaricarono 3 giorni dopo il lancio, terminando la missione. Venne seguita dall'OAO-2, che condusse osservazioni nell'ultravioletto di stelle e galassie dal suo lancio nel 1968 fino al 1972, andando ben oltre la sua vita prevista di un anno. Le missioni OSO e OAO dimostrarono il ruolo importante che le osservazioni basate nello spazio potevano avere sull'astronomia, e nel 1968 la NASA sviluppò i primi piani aziendali per un telescopio spaziale riflettore con uno specchio di 3 metri di diametro, conosciuto provvisoriamente col nome di Large Orbiting Telescope o Large Space Telescope (LST), con un lancio previsto nel 1979. Questi piani enfatizzarono il bisogno di missioni di manutenzione per il telescopio per assicurarsi che un così costoso programma avesse una vita operativa lunga, e il concomitante sviluppo di piani per il riutilizzabile Space Shuttle indicò che la tecnologia per realizzare ciò sarebbe stata disponibile entro poco tempo. Il continuativo successo del programma OAO incoraggiò la NASA incrementando i forti consensi da parte della comunità astronomica, alimentata dal fatto che il LST sarebbe stato un grande obiettivo. Nel 1970 la NASA stabilì 2 commissioni, una per pianificare il lato ingegneristico del progetto del telescopio spaziale, e un'altra per determinare gli obiettivi scientifici della missione. Una volta stabiliti, il prossimo passo per la NASA sarebbe stato quello di ottenere fondi per gli strumenti, che sarebbero stati ben più costosi rispetto a quelli di un qualsiasi telescopio a Terra. Il Congresso degli Stati Uniti forzò tagli al budget per gli stadi di pianificazione, che a quel tempo consistevano in studi molto dettagliati per i potenziali strumenti e l'hardware per il telescopio. Nel 1974 le spese pubbliche spinsero il Congresso a tagliare tutti i fondi diretti verso il progetto dello stesso. In risposta a ciò, venne costituita un'associazione a livello nazionale di astronomi. Molti di essi incontrarono di persona senatori e deputati, e vennero organizzate campagne di invio di lettere su larga scala. La National Academy of Sciences pubblicò un report enfatizzando il bisogno di un telescopio spaziale, e finalmente il Senato accettò di fornire metà del budget inizialmente approvato dal Congresso. I problemi di finanziamenti portarono a una riduzione in scala del progetto, e il diametro dello specchio primario passò da 3 a 2,4 m, sia a causa dei tagli al budget, che per permettere una configurazione più compatta e funzionale dell'hardware del telescopio. Un precursore da 1,5 m inizialmente proposto per testare i sistemi da usare nel telescopio finale venne annullato, e per gli stessi motivi venne richiesta anche la partecipazione dell'Agenzia Spaziale Europea. L'ESA accettò di fornire finanziamenti, assieme a uno dei suoi strumenti di prima generazione, le celle solari che lo avrebbero alimentato, e uno staff per lavorare direttamente negli Stati Uniti, con in ritorno per gli astronomi europei di almeno il 15% delle osservazioni sul telescopio. Il Congresso infine approvò il finanziamento di 36 milioni di dollari nel 1978[13] e il disegno del LST iniziò seriamente, mirando a una data di lancio nel 1983. Nel 1983 il telescopio venne chiamato in onore di Edwin Hubble, il quale fece una delle più importanti scoperte del ventesimo secolo, quando scoprì che l'Universo è in espansione. Una volta ottenuto il via libera al progetto del telescopio spaziale, il lavoro sul programma venne diviso tra molte istituzioni. Il Marshall Space Flight Center (MSFC) aveva la responsabilità per il design, lo sviluppo e la costruzione del telescopio, mentre il Goddard Space Flight Center era incaricato del controllo degli strumenti scientifici e della missione. Il MSFC commissionò le ottiche costituienti l'Optical Telescope Assembly (OTA) e i Fine Guidance Sensors alla Perkin-Elmer. Lockheed venne incaricata di costruire e integrare il veicolo nel quale sarebbe stato ospitato il telescopio. Otticamente, l'HST è un riflettore Cassegrain con un disegno Ritchey-Chrétien, come per i più grandi telescopi professionali. Questo disegno, con due specchi iperbolici, è conosciuto per le sue buone performance fotografiche in una visuale a campo ampio, con lo svantaggio che gli specchi avrebbero avuto forme difficili da costruire. Lo specchio e i sistemi ottici del telescopio avrebbero determinato le sue performance finali, e per questo vennero disegnati con specifiche estremamente accurate. I telescopi ottici tipicamente hanno degli specchi levigati con un'accuratezza di circa un decimo della lunghezza d'onda della luce visibile, ma l'Hubble doveva essere usato per osservazioni dal visibile fino all'ultravioletto (con lunghezze d'onda inferiori) e doveva limitare la diffrazione, sfruttando tutti i vantaggi dell'ambiente spaziale. Per questo, il suo specchio avrebbe avuto bisogno di una levigazione a 10 nm, o circa 1/65 della lunghezza d'onda della luce rossa. L'OTA non era dunque disegnato per le migliori osservazioni nell'infrarosso, in quanto gli specchi sarebbero stati mantenuti a circa 15° C, limitando di fatto le performance dell'Hubble nell'infrarosso. La Perkin-Elmer pensò di usare macchinari di levigazione estremamente sofisticati costruiti apposta per portare lo specchio alla forma richiesta. Tuttavia, nel caso in cui la loro tecnologia di taglio fosse risultata problematica, la NASA assegnò un subcontratto alla Kodak per costruire uno specchio di riserva usando tecniche di levigazione tradizionali. (Anche il team di Kodak e Itek offrì di eseguire il lavoro di levigazione originale. L'offerta includeva inoltre controlli incrociati tra le due aziende sugli specchi realizzati cosa che avrebbe sicuramente evitato l'errore di levigazione causa dei problemi successivi.) Lo specchio della Kodak è attualmente in mostra permanente al National Air and Space Museum. Lo specchio Itek è ora usato nel telescopio di 2,4 m del Magdalena Ridge Observatory. La costruzione dello specchio Perkin-Elmer iniziò nel 1979 a partire da un banco di vetro ad ultrabassa espansione costruito dalla Corning. Per ridurre al minimo il peso dello specchio (818 kg) esso ha una struttura a panino: due piatti dello spessore di circa 25 mm che contengono una struttura di supporto a nido d'ape spessa circa 25,4 cm. La Perkin-Elmer simulò la microgravità supportando lo specchio da dietro usando 130 vie che esercitarono quantità variabili di forze. Ciò assicurò la forma finale, presumibilmente corretta e secondo specifiche, dello specchio. La levigazione dello stesso continuò fino al maggio 1981, quando la NASA chiese alla Perkin-Elmer le strutture di direzione, facendo slittare la lavorazione oltre la data prevista per il lancio e il budget. Per risparmiare denaro, la NASA arrestò i lavori sullo specchio di riserva e impostò la data di lancio del telescopio per ottobre 1984. Lo specchio venne ultimato a fine 1981; era stato lavato con 9100 litri di acqua calda e deionizzata, e successivamente venne rivestito di una placcatura da 65 nm di alluminio e da un'ulteriore, spessa 25 nm, in fluoruro di magnesio. Continuarono ad essere espressi dubbi riguardo alla competenza della Perkin-Elmer in un progetto di tale importanza, con l'aumentare dei costi e dell'allungarsi della timeline per produrre il resto dell'OTA. In risposta, la NASA descrisse la data di lancio come incerta e in continua evoluzione, spostandola ad aprile 1985. I piani della Perkin-Elmer continuarono a slittare ad un ritmo di circa un mese per trimestre e i ritardi si accumulavano giorno per giorno. La NASA quindi venne forzata a spostare la data di lancio da marzo a settembre 1986. A quel punto, il budget totale del progetto era salito a 1,175 miliardi di dollari. Il veicolo nel quale sono ospitati lo specchio e gli strumenti fu un'altra grande sfida ingegneristica. Sarebbe stato resistente ai passaggi dalla luce diretta del Sole all'oscurità dell'ombra terrestre, che avrebbero causato significativi sbalzi termici, mentre avrebbe mantenuto la sua forma stabile per consentire un puntamento del telescopio estremamente accurato. Un telo multi-strato di isolamento mantiene stabile la temperatura del telescopio e circonda un guscio in alluminio leggero nel quale si trovano lo specchio e gli strumenti. All'interno dello scudo, un telaio in fibra di carbonio mantiene la strumentazione rigidamente al suo posto. Siccome i composti della grafite sono igroscopici, c'era il rischio che il vapore acqueo assorbito dal telaio nella "camera bianca" della Lockheed evaporasse successivamente nel vuoto dello spazio: di conseguenza gli strumenti del telescopio si sarebbero ricoperti di ghiaccio. Per ridurre il rischio, venne eseguita una pulizia con azoto prima del lancio. Durante la costruzione del veicolo nel quale sarebbero stati ospitati il telescopio e gli strumenti, le cose andarono un po' più liscie rispetto all'OTA, nonostante la Lockheed fosse anch'essa affetta da slittamenti nel budget e nella pianificazione (nell'estate del 1985 la costruzione del veicolo era del 30% fuori budget con 3 mesi di ritardo nella tabella di marcia). Un report del MSFC affermò che Lockheed tendeva a fare affidamento sulle indicazioni della NASA piuttosto che agire di propria iniziativa. I primi 2 computer primari dell'HST furono un DF-224 a 1,25 MHz, costruito da Rockwell Autonetics, che conteneva 3 CPU ridondanti, e 2 NSSC-1 (NASA Standard Spacecraft Computer, Model 1), sviluppati da Westinghouse e dal GSFC utilizzando transistor a diodi logici (DTL). Un co-processore per il DF-224 venne aggiunto durante la missione di servizio 1 nel 1993; questo consisteva in 2 processori ridondanti basati sull'Intel 80386, con un co-processore matematico 80387.[32] Il DF-224 e il suo coprocessore 386 vennero sostituiti da un Intel 80486 da 25 MHz durante la missione di servizio 3A nel 1999. Inoltre, alcuni degli strumenti scientifici avevano propri sistemi di controllo basati su microprocessori. I componenti MATs (Multiple Access Transponder), MAT-1 e MAT-2, utilizzano microprocessori Hughes Aircraft CDP1802CD. La Wide Field and Planetary Camera (WFPC) ha anche utilizzato un RCA 1802. La WFPC-1 venne sostituita dalla WFPC-2 durante la missione di servizio 1 nel 1993,[35] la quale fu a sua volta sostituita dalla Wide Field Camera 3 durante la missione di servizio 4 nel 2009. Quando lanciato, l'HST trasportò 5 strumenti scientifici: la Wide Field and Planetary Camera (WF/PC), il Goddard High Resolution Spectrograph (GHRS), l'High Speed Photometer (HSP), la Faint Object Camera (FOC) e il Faint Object Spectrograph (FOS). La WF/PC era un dispositivo fotografico ad alta risoluzione che venne inteso per osservazioni ottiche. Venne costruita dal Jet Propulsion Laboratory e incorporava un set di 48 filtri isolando le linee spettrali di particolare interesse astrofisico. Lo strumento conteneva 8 sensori CCD divisi in 2 fotocamere, ciascuna con 4 CCD. Ogni CCD aveva una risoluzione di 0,64 megapixel. La "wide field camera" (WFC) copriva un grande campo angolare alle spese della risoluzione, mentre la "planetary camera" (PC) riprendeva immagini a una lunghezza focale più grande ed effettiva rispetto a quella dei chip della WF, conferendole maggiore potenza.[37] Il GHRS era uno spettrometro disegnato per operare nell'ultravioletto. Venne costruito dal Goddard Space Flight Center e poteva ottenere una risoluzione spettrale di 90000. La FOC e il FOS erano anch'essi ottimizzati per osservazioni nell'ultravioletto, e offrivano la maggiore risoluzione spaziale disponibile sull'Hubble. Questi 3 strumenti adottavano DigiCon a contatori di fotoni, migliori rispetto ai sensori CCD. La FOC venne costruita dall'ESA, mentre l'University of California, a San Diego, e Martin Marietta Corporation costruirono il FOS. Lo strumento finale era l'HSP, disegnato e costruito all'Università del Wisconsin-Madison. Venne ottimizzato per osservazioni nel visibile e nell'ultravioletto di stelle variabili e altri oggetti astronomici che variavano la loro luminosità. Era capace di condurre fino a 100000 misurazioni al secondo con un'accuratezza del 2% o maggiore.[39] Il sistema di guida dell'HST può anch'esso essere usato come uno strumento scientifico. I suoi 3 Fine Guidance Sensor (FGS) sono primariamente usati per mantenere il telescopio accuratamente puntato durante un'osservazione, ma possono anche eseguire astrometria estremamente accurata; vennero ottenute misurazioni con un'accuratezza di 0,0003 arcosecondi. Lo Space Telescope Science Institute (STScI) è responsabile per le operazioni scientifiche del telescopio e dell'invio dei dati prodotti agli astronomi. Il STScI è operato dall'Association of Universities for Research in Astronomy (AURA) ed è fisicamente localizzato a Baltimora, nel Maryland, dentro all'Homewood campus della Johns Hopkins University, una delle 39 università statunitensi e dei 7 affiliati internazionali facenti parte del consorzio AURA. Il STScl è stato stabilito nel 1981 a seguito di una battaglia tra la NASA e la comunità scientifica; la NASA infatti voleva mantenere per sé la funzione di controllo, ma gli scienziati vollero basare il telescopio su un'armatura accademica. La Space Telescope European Coordinating Facility (ST-ECF), stabilita a Garching bei München, vicino a Monaco, nel 1984, offrì un supporto simile per gli astronomi europei fino al 2011, quando le sue attività vennero trasferite all'European Space Astronomy Centre. Un'operazione piuttosto complessa curata dal STScI è la pianificazione delle osservazioni del telescopio. L'Hubble è in orbita terrestre bassa per permettere le missioni di servizio, ma ciò significa che la maggior parte dei target astronomici vengono occultati dalla Terra per leggermente meno della metà di ogni orbita. Le osservazioni non possono avere luogo mentre il telescopio passa attraverso l'anomalia del sud atlantico a causa degli elevati livelli di radiazione, e ci sono anche considerevoli zone di esclusione attorno al Sole (precludendo osservazioni di Mercurio), la Luna e la Terra. L'angolo di evitazione del Sole è di circa 50° per evitare di illuminare qualsiasi parte dell'OTA. Evitare la Terra e la Luna mantiene la luminosità fuori dai FGS, e mantiene la luce sparpagliata lontano dall'ingresso negli strumenti. Se i FGS fossero spenti, tuttavia, la Luna e la Terra potrebbero essere osservate. Osservazioni del nostro pianeta vennero usate all'inizio del programma per generare campi piatti per lo strumento WF/PC. C'è anche una zona di visualizzazione continua (CVZ), approssimativamente a 90° rispetto al piano orbitale dell'Hubble, nel quale i target non vengono occultati per lunghi periodi. A causa della precessione dell'orbita, la locazione del CVZ si muove lentamente in periodi di 8 settimane. A causa della presenza costante della Terra in 30° del CVZ, la luminosità diffusa potrebbe essere elevata per lunghi periodi. L'Hubble orbita nell'atmosfera superiore ad un'altitudine di approssimativamente 547 km e un'inclinazione di 28,5°. La posizione della sua orbita cambia nel tempo in modo non prevedibile. La densità dell'atmosfera superiore varia a seconda di molti fattori, e ciò significa che una posizione prevista dell'Hubble in 6 settimane può avere un errore di massimo 4000 km. Le pianificazioni delle osservazioni sono tipicamente finalizzate solo alcuni giorni prima, dato che un periodo di tempo maggiore potrebbe portare all'inosservabilità dei target previsti. Il supporto ingegneristico per l'HST è fornito dalla NASA, il cui personale è al Goddard Space Flight Center di Greenbelt, in Maryland, 48 km a sud del STScI. Le operazioni dell'Hubble sono monitorate 24 ore al giorno dai 4 team di volo che formano il Flight Operations Team. A inizio 1986, la data di lancio pianificata per quell'ottobre venne giudicata fattibile, ma il disastro dello Space Shuttle Challenger portò a una battuta d'arresto del programma spaziale americano, bloccando a terra gli Space Shuttle e forzando lo spostamento del lancio dell'Hubble per diversi anni. Si dovette tenere il telescopio in una camera bianca, acceso e pulito con azoto, fino a quando non si poté stabilire una nuova pianificazione. Questa costosa situazione (circa 6 milioni di dollari al mese) spinse l'aumento dei costi complessivi del progetto. Tuttavia, questo ritardo diede tempo agli ingegneri per eseguire ulteriori test, cambiare una batteria eventualmente soggetta a errori, e apportare altri miglioramenti.[48] Inoltre, il software a terra per controllare l'Hubble non era pronto nel 1986, e infatti fu a malapena pronto per il lancio nel 1990.[49] Finalmente, grazie alla risurrezione dei voli dello Shuttle nel 1988, il lancio del telescopio venne programmato per il 1990. Il 24 aprile 1990, la missione STS-31 vide il lancio del Discovery con a bordo l'HST, che raggiunse l'orbita prevista con successo. Dal suo costo previsto di circa 400 milioni di dollari, il telescopio costò 4,7 miliardi di dollari al momento del suo lancio. I suoi costi cumulativi sono stimati a 10 miliardi di dollari al 2010, 20 anni dopo il lancio.[51] Dopo settimane dal lancio del telescopio, le immagini ottenute indicarono un serio problema nel sistema ottico. Nonostante le prime fotografie fossero apparse più chiare di quelle ottenute da telescopi a terra, l'Hubble non riuscì a ottenere la precisa focalizzazione desiderata e la migliore qualità fotografica, con risultati drasticamente inferiori al previsto. Le fotografie delle sorgenti puntate soffrivano di una diffusione su un raggio maggiore di un arcosecondo, anziché avere una funzione di diffusione del punto (PSF) concentrata entro un cerchio di 0,1 arcosecondi di diametro, come specificato dai criteri del design. Le analisi delle immagini diffuse mostrarono che la causa del problema risiedeva nello specchio primario che era stato levigato in maniera errata. Infatti, nonostante la qualità delle fotografie scattate, lo specchio era liscio per circa 10 nanometri, ma al perimetro era eccessivamente piatto per circa 2,2 micrometri. La differenza fu catastrofica, introducendo diverse aberrazioni sferiche, difetti nei quali la luce viene riflessa all'esterno del margine dello specchio, focalizzandola in un punto differente. L'effetto dell'imprecisione cadde sulle osservazioni scientifiche particolari; effettivamente il nucleo dell'aberrato PSF era sufficientemente liscio da permettere osservazioni in alta risoluzione di oggetti brillanti, e la spettroscopia dei target era affetta solamente da una perdita di sensibilità. Ma la perdita di luce nel grande alone fuori fuoco ridusse gravemente l'utilità del telescopio per oggetti deboli o a elevato contrasto. Ciò significava che quasi tutti i programmi cosmologici erano essenzialmente impossibili, poiché essi richiedevano l'osservazione di oggetti eccezionalmente deboli.[55] La NASA e il telescopio divennero oggetto di numerose burle, e il progetto venne popolarmente preso come un elefante bianco. Per esempio, nella commedia del 1991 The Naked Gun 2½: The Smell of Fear, l'Hubble era raffigurato col Titanic, l'Hindenburg, e l'Edsel. Ciò nonostante, durante i primi 3 anni della missione dell'Hubble, prima delle correzioni ottiche, il telescopio ottenne un gran numero di osservazioni produttive di target meno richiesti.[57] L'errore venne ben localizzato e stabilito, permettendo agli astronomi di compensarli parzialmente dello specchio attraverso sofisticate tecniche di elaborazione fotografica, come per esempio la deconvoluzione.[58] Per far fronte a tale problema fu istituita una commissione ad hoc presieduta da Lew Allen, direttore del Jet Propulsion Laboratory. La commissione Allen scoprì che il principale correttore nullo, un dispositivo di test utilizzato per ottenere uno specchio ben levigato non sferico, era stato assemblato male - in effetti una lente era fuori posizione di 1,3 mm. Durante le prime rettificazioni e levigazioni sullo specchio, Perkin-Elmer analizzò la sua superficie con due correttori nulli convenzionali. Tuttavia, per gli stadi finali della costruzione, passò ad un correttore nullo costruito appositamente, e disegnato esplicitamente per incontrare tolleranze estremamente piccole. L'assemblaggio scorretto del dispositivo comportò una lavorazione veramente precisa dello specchio, ma con la forma errata. Ci fu anche un errore di valutazione: infatti, per ragioni tecniche alcuni dei test finali necessitavano l'uso di 2 correttori nulli convenzionali che riportarono correttamente un'aberrazione sferica, ma vennero dismessi in quanto considerati imprecisi. La commissione ha incolpato soprattutto la Perkin-Elmer. Le relazioni tra la NASA e la compagnia ottica erano state gravemente tese durante la costruzione del telescopio, a causa dei frequenti ritardi e aumenti dei costi. La Perkin-Elmer non revisionò o supervisionò adeguatamente la costruzione dello specchio, non assegnò i migliori scienziati ottici nel progetto (come aveva fatto per il prototipo), e in particolare non coinvolse i designer ottici nella costruzione e verifica dello specchio. Mentre la commissione criticò pesantemente la Perkin-Elmer per questi fallimenti gestionali, la NASA l'ha anche criticata per carenze sul controllo della qualità, affidandosi totalmente ad un unico strumento. La realizzazione del telescopio aveva sempre previsto missioni di servizio, e gli astronomi avevano immediatamente iniziato ad analizzare potenziali soluzioni al problema che potevano essere applicate alla prima missione di servizio, prevista nel 1993. Mentre Kodak aveva costruito uno specchio di backup per l'Hubble, esso sarebbe stato impossibile da sostituire in orbita e riportare il telescopio a Terra per una sostituzione sarebbe stato antieconomico. Invece, il fatto che lo specchio fosse stato levigato così precisamente nella forma errata portò al disegno di nuovi componenti ottici con esattamente lo stesso errore ma nel senso opposto, da aggiungere al telescopio nella SM1, correggendo l'aberrazione sferica. Il primo passo era la caratterizzazione precisa dell'errore nello specchio primario. Lavorando sulle immagini delle sorgenti puntate, gli astronomi determinarono che la costante conica dello specchio era di −1,01390±0,0002, anziché -1,00230.[64][65] Lo stesso numero venne ottenuto analizzando il correttore nullo usato da Perkin-Elmer per ispezionare lo specchio, analizzando anche interferogrammi ottenuti durante il testing a terra. A causa del modo con cui gli strumenti dell'HST vennero disegnati, 2 differenti set di correttori erano richiesti. Il disegno della Wide Field and Planetary Camera 2, pianificato per rimpiazzare l'esistente WF/PC, includeva specchi di deviazione per inviare la luce direttamente nei 4 CCD costituendo le sue 2 fotocamere. Un errore inverso avrebbe cancellato completamente l'aberrazione dell'OTA. Tuttavia, gli altri strumenti mancarono di superfici intermedie che potessero risolvere in tal modo il problema, dunque era richiesto un dispositivo di correzione esterno.[67] Il Corrective Optics Space Telescope Axial Replacement (COSTAR) era disegnato per correggere l'aberrazione sferica da FOC, FOS e GHRS. Consisteva in 2 specchi nel cammino della luce con un blocco per correggere l'aberrazione. Per inserire il sistema COSTAR nel telescopio, uno degli altri strumenti doveva essere rimosso, e gli astronomi scelsero di sacrificare l'High Speed Photometer. Nel 2002 tutti gli strumenti che originariamente necessitavano del COSTAR vennero sostituiti da altri con ottiche correttive proprie, portando alla rimozione e trasporto a terra del COSTAR nel 2009, per essere esibito al National Air and Space Museum. L'area precedentemente occupata dal COSTAR è ora occupata dal Cosmic Origins Spectrograph. L'Hubble venne disegnato per essere sottoposto ad aggiornamenti regolari. La NASA fece volare 5 missioni di servizio, numerate SM 1, 2, 3A, 3B e 4, attraverso gli Space Shuttle, la cui prima avvenne del dicembre del 1993 e l'ultima nel maggio 2009. Le missioni di servizio furono operazioni delicate che iniziavano con manovre di intercettazione del telescopio in orbita per poi fermarlo con l'aiuto del braccio meccanico dello Shuttle. I lavori venivano eseguiti attraverso diverse EVA lunghe 4 o 5 giorni. Dopo un'ispezione visiva del telescopio, gli astronauti conducevano riparazioni e sostituzioni di componenti rotti o degradati, aggiornavano l'equipaggiamento e installavano nuovi strumenti. Una volta completato il lavoro, il telescopio veniva ridispiegato, tipicamente dopo averlo spostato in un'orbita più alta per reindirizzare il decadimento orbitale causato dall'attrito atmosferico. Dopo la scoperta del problema allo specchio primario, la prima missione di servizio dell'Hubble assunse una grande importanza, facendo lavorare duramente gli astronauti per installare le ottiche correttive. I 7 della missione vennero addestrati con un centinaio di strumenti specializzati. La Missione di servizio 1 volò a bordo dell'Endeavour nel dicembre del 1993, e coinvolse diversi strumenti ed equipaggiamenti da installare in oltre 10 giorni. Fondamentalmente, l'High Speed Photometer venne sostituito dalle ottiche correttive COSTAR, e la WFPC venne rimpiazzata dalla Wide Field and Planetary Camera 2 (WFPC2) con un sistema correttivo preintegrato. Vennero sostituiti anche i pannelli solari con relative elettroniche di guida, assieme ai 4 giroscopi del sistema di puntamento, le 2 unità di controllo elettriche e 2 magnetometri. I computer di bordo vennero aggiornati con coprocessori supplementari, e l'orbita dell'HST venne rialzata. Il 13 gennaio 1994 la NASA dichiarò che la missione era stata un pieno successo divulgando le prime immagini, più chiare rispetto al passato. La missione è stata una delle più complesse mai fatte fino ad allora, coinvolgendo 5 lunghe EVA. Il suo successo fu un vantaggio per la NASA, ma anche per gli astronomi che avrebbero finalmente avuto a disposizione un telescopio spaziale più capace. La Missione di servizio 2, volata dal Discovery nel febbraio 1997, sostituì il GHRS e il FOS con lo Space Telescope Imaging Spectrograph (STIS) e il Near Infrared Camera and Multi-Object Spectrometer (NICMOS), oltre ad aver rimpiazzato il registratore tecnico-scientifico a nastro con uno nuovo a stato solido, e ad aver riparato l'isolamento termico. Il NICMOS conteneva un radiatore ad azoto solido per ridurre il rumore termico proveniente dallo strumento, ma dopo poco un'espansione termica imprevista portò al suo contatto con un deflettore ottico, che portò a una riduzione della sua vita prevista da 4,5 a 2 anni. La Missione di servizio 3A, portata in orbita dal Discovery, ebbe luogo nel dicembre 1999, ed era stata separata dalla Missione di servizio 3 dopo che 3 dei 6 giroscopi a bordo si ruppero. Un quarto giroscopio cessò di funzionare alcune settimane dopo la missione, rendendo il telescopio incapace di eseguire osservazioni scientifiche. La missione sostituì tutti i giroscopi, assieme a un Fine Guidance Sensor e al computer, installando anche un kit di miglioramento della tensione e della temperatura (VIK) per evitare un sovraccarico delle batterie, e sostituendo i banchi di isolamento termico. Il nuovo computer era 20 volte più rapido, con una memoria 6 volte più grande. Aumentò il throughput trasferendo alcune operazioni computazionali dalla terra al veicolo risparmiando denaro e con l'utilizzo di linguaggi di programmazione moderni. La Missione di servizio 3B, eseguita dal Columbia nel marzo del 2002, vide l'installazione di un nuovo strumento, la Advanced Camera for Surveys (ACS), sostituendo la FOC; di tutti gli strumenti originariamente lanciati con l'Hubble rimasero solamente i Fine Guidance Sensors, usati solo per astrometria. Ciò significava che il COSTAR non era più necessario, dato che tutti gli strumenti ora integravano ottiche correttive proprie per correggere l'aberrazione sferica. La missione fece inoltre tornare operativo il NICMOS installando un raffreddatore a ciclo chiuso e rimpiazzando per la seconda volta i pannelli solari con dei nuovi, fornendo il 30% in più di energia. I piani prevedevano una missione di servizio per l'Hubble nel febbraio 2005, tuttavia a seguito del disastro del Columbia nel 2003, nel quale l'orbiter venne disintegrato al rientro atmosferico, ci furono gravi ripercussioni sul programma del telescopio spaziale Hubble. L'amministratore della NASA Sean O'Keefe decise che tutte le successive missioni dello Space Shuttle avrebbero raggiunto la ISS in caso di problemi in volo. Siccome nessuno Shuttle era capace di raggiungere sia l'HST che la ISS durante la stessa missione, tutte le missioni di servizio con equipaggio vennero cancellate. Questa decisione venne assaltata da numerosi astronomi, i quali credevano nell'Hubble come un telescopio per cui valesse la pena rischiare delle vite umane.[80] Il successore scientifico dell'HST, il James Webb Space Telescope (JWST), sarebbe stato pronto non prima del 2018. Di conseguenza, la maggiore preoccupazione di molti astronomi era la possibilità di un vuoto nelle osservazioni nella transizione generazionale del JWST, a seguito del grande impatto scientifico che l'Hubble aveva provocato. Il fatto che il James Webb non sarebbe stato allocato in orbita terrestre bassa non lo avrebbe reso nemmeno facilmente aggiornabile o riparabile in caso di un fallimento iniziale, e ciò avrebbe reso questo problema ancor più serio. D'altra parte, molti astronomi credettero che se per riparare l'Hubble fossero stati necessari fondi provenienti dal budget del JWST, allora la SM4 non avrebbe dovuto prendere luogo. Nel gennaio del 2004, O'Keefe disse che avrebbe rivalutato la sua decisione di cancellare l'ultima missione di servizio all'HST a causa delle proteste e delle richieste anche da parte del Congresso. La National Academy of Sciences convocò un pannello ufficiale nel quale raccomandò a luglio 2004 di preservare l'HST da rischi apparenti. Il suo report sollecitò la NASA a non prendere azioni che precluderebbero una missione di servizio dello Space Shuttle verso il telescopio spaziale Hubble.[82] Nell'agosto 2004 O'Keefe domandò al Goddard Space Flight Center di preparare una proposta di missione di servizio robotica dettagliata. Questi piani vennero successivamente cancellati, e la missione robotica venne giudicata non fattibile. A fine 2004, diversi membri del Congresso, guidati dal senatore Barbara Mikulski, presero le lamentele pubbliche e portarono a una guerra con un gran supporto (incluse migliaia di lettere di bambini provenienti da tutte le scuole della nazione) per far riconsiderare all'Amministrazione Bush e alla NASA la decisione di cancellare piani per una missione di recupero dell'Hubble. La nomina nell'aprile 2005 di un nuovo amministratore della NASA con un grado ingegneristico maggiore rispetto al precedente, Michael D. Griffin, cambiò la situazione, dato che Griffin dichiarò che avrebbe considerato una missione di servizio con equipaggio. Dopo poco il suo appunto, Griffin autorizzò il Goddard a procedere con i preparativi di un volo di manutenzione dell'Hubble, affermando che avrebbe preso la decisione finale dopo i successivi 2 voli dello Shuttle. Nell'ottobre del 2006 Griffin diede il via libera finale, e la missione da 11 giorni dell'Atlantis venne stabilita nell'ottobre 2008. L'unità principale di gestione dei dati sull'Hubble si danneggiò nel settembre di quell'anno, fermando la trasmissione dei dati scientifici fino a che non venne attivata l'unità di backup, il 25 ottobre 2008. Siccome il fallimento di questa avrebbe reso l'HST inutile, la missione di servizio venne spostata a quando sarebbe stato disponibile un ricambio per l'unità primaria. La Missione di servizio 4, tenuta dall'Atlantis nel maggio 2009, fu l'ultima missione dello Shuttle ad essere impegnata nell'HST. La SM4 installò un rimpiazzo per l'unità di gestione dei dati, riparò i sistemi dell'ACS e dello STIS, installò nuove batterie al nichel-idrogeno e sostituì altri componenti. La SM4 installò anche 2 nuovi strumenti di osservazione - la Wide Field Camera 3 (WFC3) e il Cosmic Origins Spectrograph (COS); venne montato anche un Soft Capture and Rendezvous System, che permetterà future operazioni di rendezvous, cattura e smaltimento sicuro dell'Hubble in caso di missione robotica o con equipaggio. Eccetto il canale ad alta risoluzione dell'ACS, il quale non era riparabile, i lavori eseguiti durante la SM4 permisero al telescopio di tornare ad essere pienamente funzionale, continuando tutt'oggi ad essere pienamente operativo.[94] Dall'avvio del programma, l'Hubble lavorò in cooperazione con altri osservatori, come il Chandra X-ray Observatory e il Very Large Telescope, conduncendo grandi osservazioni. Anche se l'HST è alla fine della sua missione estesa, sono stati programmati ancora molti progetti. Un esempio è il nascente programma Frontier Fields, ispirato dai risultati delle osservazioni profonde di Abell 1689. In una conferenza stampa risalente ad agosto 2013, il CANDELS venne definito il più grande progetto nella storia dell'Hubble, dato che l'investigazione mirava ad esplorare l'evoluzione galattica del primo Universo attraverso lo studio dei primi semi della struttura cosmica attuale, a meno di un miliardo di anni dopo il Big Bang. Il sito del CANDELS descrive gli obiettivi del progetto come segue: «Il Cosmic Assembly Near-IR Deep Extragalactic Legacy Survey è stato pensato per documentare il primo terzo dell'evoluzione delle galassie a z = 8 o 1,5 fotografando più di 250000 galassie lontane attraverso la WFC3 agli infrarossi e l'ACS. Troverà anche la prima galassia di tipo Ia SNe a z > 1,5. Sono state selezionate 5 regioni celesti principali; ciascuna ha già dei dati ottenuti in più spettri utilizzando lo Spitzer e altre attrezzature. Lo studio di 5 campi estremamente lontani mitigherà la variazione cosmica e migliorerà la resta statistica, completando il campionamento di galassie da 109 masse solari e z ~ 8.». Il programma, ufficialmente denominato "Hubble Deep Fields Initiative 2012" punta ad avanzare le conoscenze sulla formazione delle prime e più deboli galassie, studiando quelle fortemente spostate verso il rosso, in campi vuoti, con l'aiuto della diffusione gravitazionale.[97] Gli obiettivi del Frontier Fields sono:

  • rilevare galassie a z = 5-10 da 10 a 50 volte più deboli rispetto a qualsiasi altro oggetto conosciuto;
  • provare le attuali conoscenze sulle masse stellari e sulla formazione delle stelle appartenenti alle galassie di classe L;
  • fornire la prima caratterizzazione morfologica statisticamente significativa delle stelle appartenenti a galassie a z > 5;
  • trovare galassie a z > 8 sufficientemente lontane da ammassi per capire la loro struttura interna, e/o risaltate dalla diffusione di ammassi per un seguito spettroscopico.

Chiunque può impiegare tempo sul telescopio; non ci sono restrizioni di nazionalità o accademia, ma i fondi per le analisi sono disponibili solo grazie alle istituzioni statunitensi. La competizione per il telescopio è intensa, dato che solo un quinto delle proposte viene poi accettato. Le proposte sono a cadenza annuale, allocando tempo ad ogni ciclo, ciascuno di circa un anno. Le proposte sono divise in diverse categorie; le osservazioni generali sono le più comuni, dato che coprono le osservazioni di routine. Nelle osservazioni "snapshot", invece, i target occupano 45 minuti del tempo del telescopio, incluse le procedure di preparazione. Queste osservazioni vengono fatte per coprire i vuoti nella pianificazione del telescopio che non potrebbero essere coperti da programmi generali. Gli astronomi possono anche fare proposte di target opportunistici, per le quali le osservazioni vengono pianificate durante eventi transitori in cui altri target sono oscurati. Inoltre, fino al 10% del tempo sul telescopio è a discrezione del direttore (DD). Gli astronomi possono usare il DD in ogni momento dell'anno, dopo la sua assegnazione per lo studio di fenomeni transitori inaspettati come la supernovae. Altri usi del DD includono osservazioni nell'Hubble Deep Field e Ultra Deep Field nel primo dei 4 cicli del tempo del telescopio; queste ultime sono eseguite da astronomi amatori. Il primo direttore dell'STScI, Riccardo Giacconi, annunciò nel 1986 l'intenzione di impiegare una parte del DD in osservazioni amatoriali. Pur essendo in realtà solo poche ore a orbita, l'annuncio sollevò grande interesse, portando alla formulazione di molte proposte, assegnando il tempo a quelle con merito scientifico, senza copiare le proposte fatte dai professionisti, e che richiedevano le capacità offerte al momento dal telescopio. Tra il 1990 e il 1997 vennero selezionate 13 proposte. La prima della serie, chiamata "A Hubble Space Telescope Study of Posteclipse Brightening and Albedo Changes on Io", venne pubblicata sull'Icarus, un giornale dedicato a studi nel Sistema solare. Assieme a esso venne pubblicato anche un altro studio. Successivamente, le restrizioni al budget del STScI resero impossibile il supporto del lavoro degli astronomi amatoriali, così il programma venne sospeso, nel 1997. Nei primi anni ottanta, la NASA e l'STScI istituirono 4 pannelli per discutere i progetti chiave, scientificamente importanti e molto dispendiosi, dell'Hubble; il telescopio infatti avrebbe speso molto tempo su ciascuno di essi, e la loro pianificazione avvenne durante la prima fase della missione dell'HST, onde evitare il mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati a causa di malfunzionamenti che avrebbero portato a una conclusione anticipata della missione. I pannelli identificarono 3 obiettivi da raggiungere:

  • lo studio del mezzo intergalattico medio, per determinarne le proprietà, e del contenuto gassoso delle galassie e degli ammassi costituiti da esse, esaminando le linee di assorbimento dei quasar;[109]
  • lo studio approfondito del mezzo intergalattico impiegando solamente la Wide Field Camera;[110]
  • il calcolo della costante di Hubble riducendo al 10% l'errore relativo, sia esterno che interno, nella calibrazione della scala delle distanze.

L'Hubble aiutò a risolvere diversi problemi astronomici, ma per spiegare alcune osservazioni fu necessaria la formulazione di nuove teorie. Tra i target della sua missione primaria era previsto il calcolo della distanza tra le variabili cefeidi, più accuratamente rispetto al passato; da ciò derivò uno scontro con il valore della costante di Hubble, ovvero il rapporto con cui l'universo si sta espandendo, legato alla sua età. Prima del lancio del telescopio, questo valore era affetto da un errore tipico del 50%, ma grazie alle misurazioni compiute dall'Hubble sulle variabili cefeidi nell'ammasso della Vergine e di altri distanti ammassi galattici si arrivò al calcolo di un valore con errore relativo del ±10%, un valore ben più preciso rispetto al passato. Da ciò derivò che l'età dell'Universo, precedentemente stimata tra 10 e 20 miliardi di anni, si poté correggere a circa 13,7 miliardi di anni. Pur avendo raffinato l'età dell'universo, l'Hubble mise in dubbio le teorie sul suo futuro. Gli astronomi dell'High-z Supernova Search Team e del Supernova Cosmology Project, osservando supernovae lontane attraverso telescopi a terra congiunti all'HST, scoprirono l'evidenza che, anziché decelerare sotto l'influenza della gravità, l'espansione dell'Universo stava accelerando. Tre dei membri di questi gruppi ricevettero in seguito il premio Nobel per la loro scoperta. La causa di ciò rimane tuttora sconosciuta; la spiegazione più accreditata prevede l'esistenza dell'energia oscura. Gli spettri e le immagini ad alta risoluzione forniti dall'Hubble produssero anche misurazioni più precise riguardo al numero di buchi neri presenti nei centri galattici vicini. Dopo diverse teorie e osservazioni tra gli anni sessanta e anni ottanta del Novecento, i lavori seguiti dal telescopio mostrarono una certa diffusione dei buchi neri nei centri di tutte le galassie. Inoltre l'HST stabilì l'esistenza di un rapporto tra le masse nucleari dei buchi neri e le proprietà delle galassie, nelle quali sono ospitati. La collisione della cometa Shoemaker-Levy 9 con Giove nel 1994 avvenne fortunatamente poche settimane dopo la Missione di servizio 1, grazie alla quale vennero ripristinate le performance ottiche dell'Hubble. Le sue immagini del pianeta furono ben più chiare di quelle ottenute dal passaggio del Voyager 2 nel 1979, e furono cruciali per lo studio della dinamica collisionale di una cometa con Giove, un evento che si ripete come minimo una volta al secolo. Altre scoperte fatte grazie ai dati dell'Hubble includono i dischi protoplanetari nella nebulosa di Orione, la presenza dei pianeti extrasolari, e il comportamento dei misteriosi lampi gamma (GRB). Inoltre l'HST venne usato per studiare gli oggetti ai limiti del Sistema solare, inclusi Plutone ed Eris, pianeti nani della fascia di Kuiper. L'Hubble Deep Field, Hubble Ultra-Deep Field e l'Hubble Extreme Deep Field costituirono due finestre sull'Universo, uniche nel loro genere; sfruttando la sensibilità nel visibile dell'HST si ottennero immagini di piccoli campioni di cielo, i più profondi mai ottenuti in questa lunghezza d'onda. I campi includevano galassie a miliardi di anni luce, e generarono una gran quantità di dati scientifici sull'inizio dell'Universo. La Wide Field Camera 3 migliorò la veduta di questi campi nell'infrarosso e nell'ultravioletto, permettendo la scoperta di alcuni degli oggetti più distanti mai osservati, come MACS0647-JD. Nel febbraio del 2006 l'Hubble scoprì SCP 06F6, un oggetto astronomico non classificato, con magnitudine massima 21; tra giugno e luglio 2012 venne scoperta una quinta luna di Plutone. Nel marzo 2015, venne annunciato che misurazioni sulle aurore di Ganimede avevano rivelato l presenza di un oceano sotto la superficie del satellite mediceo. Grazie all'Hubble si capì che una gran quantità di acqua salata era capace di sopprimere l'interazione tra il campo magnetico gioviano e quello di Ganimede. L'oceano ha una profondità stimata di 100 km, intrappolato sotto una crosta ghiacciata di 150 km. L'11 dicembre 2015 l'Hubble catturò l'immagine della prima riapparizione programmata di una supernova, soprannominata Refsdal; questa venne calcolata attraverso la deformazione della sua luce, causata dalla gravità esercitata da un vicino ammasso galattico. Refsdal era stata precedentemente osservata nel novembre del 2014 dietro l'ammasso galattico MACS J1149.5+2223 come parte del programma Frontier Fields. La supernova venne immortalata in 4 immagini separate all'interno di un arrangiamento, noto come la croce di Einstein. La luce proveniente dall'ammasso aveva impiegato circa 5 miliardi di anni per raggiungere la Terra, mentre la supernova esplose 10 miliardi di anni fa. Il rilevamento di Refsdal fu utile a testare i nuovi modelli di distribuzione della massa, specialmente oscura, dentro agli ammassi galattici. Il 3 marzo 2016 venne annunciata la scoperta della galassia più lontana dalla Terra mai rilevata: GN-z11. Le osservazioni dell'Hubble ebbero luogo l'11 febbraio e il 3 aprile 2015, come parte dei programmi CANDELS e GOODS. L'Hubble, come dimostrato dai numerosi target misurati, ebbe un grande impatto sull'astronomia. Negli anni vennero pubblicati oltre 9000 report basati sui dati del telescopio spaziale, e ci furono molte altre apparizioni in varie conferenze. A differenza di un terzo di tutti i report astronomici, solo il 2% di quelli dell'HST non hanno citazioni. In media, un report precedente all'Hubble ha la metà delle fonti di quelle successive al lancio del telescopio, e al giorno d'oggi (2017) il 10% dei 200 report pubblicati ogni anno sono basati sui dati dell'HST. Nonostante l'aiuto dato dall'Hubble nella ricerca astronomica, i suoi costi finanziari furono molto ampi. Si stima che l'HST abbia generato 15 volte i dati ottenuti da un telescopio a Terra da 4 m, come, per esempio, il William Herschel Telescope, ma con un costo di costruzione e mantenimento maggiore di circa 100 volte. Scegliere tra l'impiego di un telescopio a Terra o uno spaziale è difficile. Prima dell'Hubble, diversi telescopi a Terra, attraverso tecniche specifiche, come l'interferometria, ottennero immagini ottiche e nell'infrarosso a risoluzione più elevata di quelle che l'Hubble avrebbe potuto scattare, ma avrebbe potuto osservare solo target 108 volte più luminosi di quelli più deboli osservabili dal telescopio spaziale. Per migliorare le capacità dei telescopi a Terra nella fotografia IR di oggetti deboli vennero sviluppate ottiche adattabili, ma la loro scelta era spesso messa da parte per un telescopio spaziale dati i particolari dettagli richiesti per rispondere a certe domande astronomiche. Nelle bande del visibile queste ottiche possono correggere solamente un campo ristretto, mentre l'HST è capace di scattare immagini ottiche ad alta risoluzione in un campo ampio. Infine, solo una piccola frazione degli oggetti astronomici è accessibile ai telescopi a terra, mentre l'Hubble può eseguire osservazioni ad alta risoluzione di qualsiasi porzione del cielo notturno, inclusi oggetti estremamente deboli. Assieme ai suoi risultati scientifici, l'Hubble ha anche apportato significativi contributi all'ingegneria aerospaziale e sulle performance di sistemi in orbita terrestre bassa: attraverso la sua lunga vita, la strumentazione e il ritorno di componenti a Terra fu possibile l'analisi delle prestazioni del telescopio. In particolare, l'Hubble contribuì allo studio del comportamento nel vuoto delle strutture in grafite composita, la contaminazione ottica proveniente dai gas residui e dalla manutenzione umana, i problemi elettrici e sensoriali dovuti alle radiazioni, e il comportamento a lungo termine dell'insolazione multi-strato. Inoltre venne scoperto che l'impiego di ossigeno pressurizzato per distribuire i fluidi sospesi nei giroscopi causava rotture per corrosione nelle condutture elettriche; per questo attualmente viene usato azoto pressurizzato nell'assemblaggio di giroscopi. I dati dell'Hubble venivano inizialmente archiviati sul veicolo, il quale era equipaggiato con dei vecchi registratori a nastro, che vennero sostituiti con attrezzature a stato solido durante le SM 2 e 3A. Circa 2 volte al giorno l'Hubble Space Telescope trasmette i dati raccolti a un satellite del Tracking and Data Relay Satellite System (TDRSS), che li trasmetterà a Terra con una delle 2 antenne ad alto guadagno da 18 m della White Sands Test Facility. Da qui vengono mandati al Telescope Operations Control Center del Goddard Space Flight Center, per poi finalmente raggiungere lo Space Telescope Science Institute per l'archiviazione. Ogni settimana, l'HST raccoglie circa 140 Gbit di dati. Tutte le immagini dell'Hubble sono in scala di grigi e/o monocromatiche, ma le fotocamere integrate possiedono diversi filtri, ciascuno sensibile a specifiche lunghezze d'onda. Per questo possono essere create immagini a colori, sovrapponendo immagini monocromatiche separate, ottenute con filtri diversi. Questo processo può però dare origine a immagini a falsi colori nei canali dell'infrarosso e ultravioletto, frequenze tipicamente renderizzate soprattutto nel rosso e nel blu, rispettivamente. Tutti i dati dell'Hubble vengono resi pubblici attraverso il Mikulski Archive for Space Telescopes (MAST) dell'STScI, del CADC e dell'ESA/ESAC. Inoltre sono generalmente sottoposti a licenze proprietarie per un anno dalla loro cattura; in questo periodo sono disponibili solo al principal investigator e agli astronomi prestabiliti, anche se in alcune circostanze questo periodo può essere esteso o ridotto dal direttore dell'STScl. Le osservazioni condotte attraverso il tempo a discrezione del direttore sono esonerate dal periodo proprietario, e sono rese pubbliche immediatamente, assieme ai dati di calibrazione, i campi piatti e gli scatti neri. Tutti i dati archiviati sono in formato FITS, adatto ad analisi astronomiche ma non all'uso pubblico. L'Hubble Heritage Project processa e rilascia al pubblico le foto più importanti in formato JPEG e TIFF. I dati astronomici ottenuti con i CCD devono sottostare a diverse procedure di calibrazione prima delle analisi astronomiche. L'STScI ha sviluppato diversi software sofisticati che calibrano automaticamente i dati, usando i migliori metodi disponibili. Questo processo di calibrazione di grandi quantità di dati "al volo" può impiegare un giorno o più, ed è noto come "riduzione in pipeline", comune a tutti i maggiori osservatori. Gli astronomi, se vogliono, possono ricevere i file da calibrare per condurre da sé le riduzioni in pipeline.[149] I dati dell'Hubble possono essere analizzati in numerosi modi differenti. L'STScl usa lo Space Telescope Science Data Analysis System (STSDAS), contenente tutti i programmi necessari ad eseguire riduzioni in pipeline dei dati raw, e molti altri strumenti di analisi di immagini astronomiche, modellati sui bisogni dell'Hubble. Il software è basato sull'IRAF, un popolare programma di riduzione dei dati astronomici. La cattura dell'immaginazione pubblica è da sempre un punto fondamentale della vita dell'Hubble, dato il grande contributo finanziario sostenuto dalle tasse. I primi anni furono molto difficili per via dello specchio difettoso, ma la prima missione di servizio permise il suo ritorno a piena operatività, producendo alcune delle immagini più importanti mai scattate nell'arco della sua lunga carriera. Diverse iniziative hanno aiutato a mantenere il pubblico informato riguardo alle attività del telescopio. Negli Stati Uniti, l'informazione è gestita da un ufficio apposito dell'STScI, stabilito nel 2000 per mostrare i benefici portati dal programma del telescopio spaziale, attraverso il sito HubbleSite.org. L'Hubble Heritage Project, esterno all'STScI, fornisce al pubblico immagini d'alta qualità degli oggetti più interessanti. Il team è composto da astronomi amatoriali e professionisti e persone esterne all'astronomia; esso enfatizza la natura estetica delle immagini dell'Hubble, e ha una piccola quantità di tempo dedicata all'osservazione di oggetti che non possono essere sviluppate a pieni colori per via della loro debolezza in alcune lunghezze d'onda. Dal 1999, la sensibilizzazione in Europa è gestita dall'Hubble European Space Agency Information Centre (HEIC),[151] un ufficio della Space Telescope European Coordinating Facility a Monaco, in Germania, che si basa sulle richieste dell'Agenzia Spaziale Europea. Il lavoro è incentrato sulla produzione di notizie e foto riguardanti i più interessanti risultati europei ottenuti dall'Hubble. L'ESA produce materiale educativo, tra cui serie di videocast chiamati Hubblecast disegnati per condividere le novità scientifiche di classe mondiale con il pubblico. L'Hubble Space Telescope ha vinto 2 Space Achievement Awards della Space Foundation, per le sue attività di sensibilizzazione, nel 2001 e nel 2010. C'è una replica dell'Hubble Space Telescope nei giardini del tribunale di Marshfield, nel Missouri, la città natale dell'omonimo Edwin P. Hubble. L'Hubble Space Telescope celebrò il suo 20º anniversario il 24 aprile 2010. Per l'occasione, la NASA, l'ESA, e lo Space Telescope Science Institute (STScI) rilasciarono un'immagine della Nebulosa della Carena. Per commemorare il 25º anniversario dell'Hubble, il 25 aprile 2015 l'STScI rilasciò immagini dell'ammasso Westerlund 2, a circa 20000 anni luce dalla costellazione della Carena, attraverso il suo sito web. L'agenzia spaziale europea creò una pagina di anniversario nel suo sito web. Nell'aprile 2016, in occasione del 26º compleanno, venne pubblicata anche un'immagine speciale della Nebulosa Bolla. Il telescopio ha una massa di circa 11 t, è lungo 13,2 m, ha un diametro massimo di 2,4 m ed è costato 2 miliardi di dollari. Si tratta di un riflettore con due specchi in configurazione Ritchey-Chrétien. Lo specchio primario è uno specchio iperbolico concavo di 2,4 m di diametro, che rinvia la luce su uno specchio iperbolico convesso di circa 30 centimetri di diametro. La distanza fra i vertici dei due specchi è di 4,9 m. Approssimando i due specchi come sferici, si può calcolare il punto di formazione del fuoco Cassegrain, ottenendo che l'immagine si forma circa 1,5 m dietro il primario. Due pannelli solari generano l'elettricità, che serve principalmente per alimentare le fotocamere e i tre giroscopi usati per orientare e stabilizzare il telescopio. In 20 anni di carriera Hubble ha ripreso più di 700 000 immagini astronomiche. Le missioni di servizio passate sostituirono gli strumenti con degli altri nuovi, per evitare danneggiamenti ed estendere le capacità scientifiche del veicolo. Senza di esse l'Hubble avrebbe inequivocabilmente smesso di funzionare. Nell'agosto del 2004 il sistema di alimentazione dello Space Telescope Imaging Spectograph (STIS) si ruppe, rendendo lo strumento inutilizzabile. Le elettroniche originarie erano pienamente ridondanti, ma il primo set di queste si ruppe nel maggio del 2001, rendendone necessaria la sostituzione nel maggio 2009. Analogamente, l'elettronica della fotocamera principale dell'Advanced Camera for Surveys (ACS) si ruppe nel giugno 2006, seguita da quella di backup il 27 gennaio 2007. Attraverso le elettroniche del lato 1 era possibile utilizzare solo il Solar Blind Channel (SBC). Durante la missione di servizio 4 venne aggiunto un nuovo sistema di alimentazione per il canale ad ampio angolo, anche se test successivi rivelarono che ciò non avrebbe permesso il ritorno alle funzionalità del canale ad alta risoluzione. Così solo il Wide Field Channel (WFC) tornò in servizio grazie alla STS-125 nel maggio 2009. L'HST usa giroscopi per rilevare e misurare qualsiasi rotazione e stabilizzarsi in orbita per puntare accuratamente target astronomici. Normalmente sono richiesti 3 giroscopi per le operazioni, nonostante sia possibile effettuarne con soli 2, su un campo celeste ristretto, in modo particolarmente complesso in presenza di obiettivi molto accurati. È possibile eseguire le osservazioni anche con un solo giroscopio, ma senza sarebbe impossibile. Nell'agosto 2005 venne stabilito il passaggio regolare alla modalità a 2 giroscopi, estendendo di fatto la durata della missione, lasciando 2 giroscopi di riserva e 2 inoperabili. Un altro giroscopio si ruppe nel 2007,[164] portando alla sostituzione di tutti i 6 giroscopi nel maggio 2009 (riparandone uno). Gli ingegneri a terra scoprirono che le rotture erano state causate dalla corrosione dei cavi elettrici che alimentavano il motore originariamente inizializzato via ossigeno pressurizzato. Così il successivo modello di giroscopio venne assemblato adottando azoto pressurizzato al suo posto, aumentandone l'affidabilità. Il 5 ottobre 2018 Hubble è entrato temporaneamente in una modalità protetta di sicurezza a causa del guasto di uno dei giroscopi. L'Hubble orbita la Terra nella tenue atmosfera superiore, decadendo lentamente a causa dell'attrito. Per questo, esso rientrerà nell'atmosfera terrestre in alcuni decenni a seconda dell'attività del Sole e del suo impatto sull'atmosfera superiore. In caso di rientro, alcune componenti del telescopio, come lo specchio primario con annessa struttura di supporto sopravviverebbero, potendo potenzialmente arrecare danni a persone o cose. Nel 2013, il responsabile del progetto James Jeletic affermò che Hubble sarebbe potuto sopravvivere fino al 2020, ma basandosi sull'attività solare e l'attrito atmosferico un rientro atmosferico avverrà tra il 2028 e il 2040. Nel giugno 2016 la NASA estese il contratto in servizio dell'Hubble fino al 2021. I piani originari della NASA per deorbitare in sicurezza l'Hubble consistevano nel riportarlo a terra usando uno Space Shuttle, per poi essere esposto alla Smithsonian Institution. Ciò non è più possibile a causa del ritiro della flotta, ma sarebbe stato comunque improbabile visti il costo della missione e i rischi per l'equipaggio, preferendo l'ipotesi di aggiunta di un modulo di propulsione addizionale per permettere un rientro controllato. Tra tutti questi progetti, l'unico effettivamente realizzato è il Soft Capture and Rendezvous System, che faciliterebbe missioni robotiche o con equipaggio. Non c'è un sostituto diretto all'Hubble nelle frequenze dell'ultravioletto e del visibile, dato che i telescopi spaziali a breve termine non replicano la sua copertura (dall'ultravioletto vicino all'infrarosso vicino), concentrandosi su bande infrarosse ben più lontane. Queste bande sono più adatte a studiare il redshift accentuato e oggetti a bassa temperatura, oggetti generalmente più vecchi e più lontani nell'Universo. Queste lunghezze d'onda sono anche difficili o impossibili da studiare a terra, giustificando le spese per un telescopio spaziale. I grandi telescopi a terra possono fotografare alcune delle lunghezze d'onda dell'Hubble, talvolta sfidando l'HST in termini di risoluzione utilizzando ottiche adattive (AO), riuscendo a raccogliere ben più luce in fotografie elaborabili più facilmente, ma senza poter battere l'eccellente risoluzione dell'Hubble in un ampio campo di visuale nell'oscuro spazio. I piani per un successore dell'Hubble si materializzarono nel progetto del Next Generation Space Telescope, che culminò nel James Webb Space Telescope (JWST), il successore formale dell'Hubble. Molto differente rispetto a un Hubble ingrandito, è disegnato per operare nel punto L2 ben più distante e freddo rispetto all'orbita terrestre bassa, dove l'interferenza ottica e termica della Terra e della Luna è d'intralcio. Non è progettato per essere completamente manutenuto (attraverso, per esempio, strumenti rimpiazzabili), ma il disegno include un anello di attracco per permettere visite da parte di veicoli spaziali. Un obiettivo scientifico primario del JWST è quello di osservare i più remoti oggetti nell'Universo, oltre il confine degli strumenti esistenti. È prevista la localizzazione delle stelle nel primo Universo, approssimativamente 280 milioni di anni più vecchie di quelle attualmente visibili dall'HST. Il telescopio è una collaborazione internazionale tra NASA, ESA e CSA dal 1996, e il suo lancio è pianificato a bordo di un Ariane 5. Sebbene il JWST sia principalmente uno strumento infrarosso, la sua copertura parte dai 600 nm, circa l'arancione nello spettro visibile. Un tipico occhio umano può vedere fino a circa 750 nm di lunghezza d'onda, di conseguenza c'è una leggera sovrapposizione con le bande di luce visibile a maggior lunghezza d'onda, inclusi l'arancione e il rosso. Un telescopio complementare, capace di osservare a lunghezze d'onda maggiori rispetto all'Hubble e il JWST, era l'Herschel Space Observatory dell'ESA, lanciato il 14 maggio 2009. Come il JWST, l'Herschel non era disegnato per essere modificato dopo il lancio, e aveva uno specchio sostanzialmente più ampio di quello dell'Hubble, ma osservava solo nell'infrarosso e nel submillimetrico. Aveva bisogno di raffreddamento all'elio, le cui riserve terminarono il 29 aprile 2013, concludendo la missione. Alcuni concetti di telescopi spaziali avanzati nel ventunesimo secolo includono l'Advanced Technology Large-Aperture Space Telescope, un telescopio ottico concettualizzato con uno specchio tra gli 8 e i 16 metri di diametro che se realizzato potrebbe essere un successore diretto all'HST, capace di osservare e fotografare oggetti astronomici nel visibile, ultravioletto, e infrarosso, Avrebbe una risoluzione sensibilmente superiore rispetto all'Hubble o lo Spitzer Space telescope, e verrebbe realizzato tra 2025 e 2035. 

Il telescopio spaziale Spitzer (Spitzer Space Telescope o SST, chiamato, precedentemente, Space Infrared Telescope Facility o SIRTF), fu un osservatorio spaziale che osservava nell'infrarosso. Costruito dalla NASA, dal Jet Propulsion Laboratory e dal California Institute of Technology, e lanciato il 25 agosto 2003, questo telescopio spaziale, costato 670 milioni di dollari statunitensi, fu il quarto del progetto Grandi Osservatori della NASA. La sua missione è finita il 30 gennaio 2020. Il telescopio è stato rinominato il 18 dicembre 2003 dopo che le prime osservazioni avevano dimostrato la sua efficienza; dopo un concorso internazionale a cui hanno partecipato oltre 7000 saggi il nome scelto è stato quello di Lyman Spitzer, uno dei più influenti astrofisici del XX secolo, il primo a proporre la costruzione di un telescopio nello spazio. Il periodo di durata della missione era 2,5 anni, almeno fino a quando non si fosse esaurito l'elio, liquido che serviva per raffreddare il telescopio e necessario a mantenere basse le temperature della maggioranza degli strumenti. L'efficienza del telescopio ha fatto durare la missione principale molto di più, ovvero 5 anni e mezzo, fino a quando nel 2009 non si esaurì l'elio. Alcuni strumenti divennero inutilizzabili, tuttavia, i due moduli a lunghezza d'onda corta della camera IRAC sono rimasti sensibili come prima dell'esaurimento dell'elio, e il telescopio da quel momento è utilizzato per la missione denominata Spitzer Warm Mission. La strumentazione è stata riconfigurata per continuare le osservazioni "a caldo", e gli strumenti, che operano comunque a meno di 30 K, permettono ancora buone osservazioni nel vicino infrarosso, ovvero lunghezza d'onda da 0,7 a 10 μm. Ad agosto 2016 la NASA ha prolungato la sua missione, definita "beyond", a partire da Ottobre 2016 per altri 2 anni e mezzo estendendola sino al lancio del telescopio spaziale James Webb. Ad ottobre 2017 la NASA ha inoltrato una richiesta pubblica di informazioni per valutare l'affidamento scientifico dell'osservatorio a istituti privati statunitensi successivamente alla cessazione del supporto finanziario. Il telescopio ha uno specchio primario di 85 cm di diametro, raffreddato a 5,5 Kelvin, temperatura necessaria per abbattere la sua stessa emissione termica, che andrebbe a sovrapporsi alla radiazione infrarossa che si vuole osservare. La radiazione infrarossa raccolta viene misurata da tre strumenti: IRAC, IRS e MIPS.

  • IRAC (InfraRed Array Camera) è una camera infrarossa per ottenere immagini (256×256 pixel) e misure fotometriche in 4 bande nel vicino e medio infrarosso (a 3,6, 5,8, 4,5 e 8,0 micron). Le due bande a lunghezza d'onda più corte sono rimaste operative dopo il 2009 per la seconda missione del telescopio, denominata Spitzer Warm Mission.
  • IRS (InfraRed Spectrograph) è uno spettrografo che può osservare a media o bassa risoluzione spettrale dai 5,2 ai 38 micron.
  • Infine MIPS (Multiband Imaging Photometer for Spitzer) è un fotometro che permette di ottenere immagini e misure fotometriche in 3 bande del medio e lontano infrarosso (24, 70, e 160 micron).

La maggior parte del tempo di osservazione è riservata agli istituti che hanno partecipato alla costruzione e sviluppo di SST per grandi progetti di ricerca, ma il resto del tempo di osservazione è a disposizione dell'intera comunità scientifica, e gli astronomi di tutto il mondo potranno avanzare proposte di osservazione. Gli obiettivi della missione sono molteplici: planetologia, studio del processo di formazione stellare, del mezzo interstellare della Via Lattea, ma anche osservazione delle altre galassie fino ad arrivare a quelle più distanti e ancora in formazione. Precedenti osservazioni infrarosse sono state fatte sia da terra che dallo spazio. L'atmosfera terrestre, però, assorbe efficacemente la radiazione infrarossa, da qui la necessità di osservare dallo spazio. Tra i precedenti satelliti per osservazioni infrarosse, si ricordano IRAS (Infrared Astronomical Satellite) della NASA, che operò negli anni ottanta, e ISO (Infrared Space Observatory), dell'Agenzia Spaziale Europea, attivo negli anni novanta. SST segna un importante avanzamento rispetto a IRAS e ISO soprattutto per il grande miglioramento della sensibilità degli strumenti. Altre due importanti telescopi infrarossi spaziali sono stati lanciati: il telescopio spaziale Herschel (dell'ESA, lanciato il 14 maggio 2009) e ASTRO-F (della ISAS, ente spaziale giapponese, lanciato il 21 febbraio 2006). Diverse sono state le osservazioni del SST degne di nota: una delle più rilevanti fu nel 2005, quando per la prima volta fu direttamente catturata la luce di due pianeti extrasolari, i giganti gassosi HD 209458 b e TrES-1b. Prima di allora, la presenza di pianeti era stata dedotta solo dal comportamento della stella e delle variazione della velocità radiale. Sempre nel 2005, il telescopio Spitzer scoprì un disco circumstellare attorno alla giovane stella T Tauri CoKu Tau/4. Inoltre in quell'anno, 400 ore di osservazioni con Spitzer, permisero agli astronomi di affermare che la struttura della Via Lattea è più marcatamente barrata di quanto creduto in precedenza. Nel maggio del 2007 grazie a Spitzer, gli astronomi hanno mappato per la prima volta la temperatura atmosferica di un esopianeta, il gioviano caldo HD 189733 Ab, rilevando tra l'altro molecole di vapore acqueo. Nell'agosto del 2009, rilevamenti del telescopio Spitzer attorno alla stella HD 172555 e al suo disco circumstellare, permisero di scoprire che in passato era avvenuta una catastrofica collisione ad alta velocità tra due pianeti rocciosi, delle dimensioni di Mercurio e della Luna, che ha portato alla vaporizzazione del più piccolo e notevoli danni al più grande, formando il disco di detriti attorno alla stella. Nell'ottobre del 2009, il telescopio Spitzer ha individuato l'anello più grande del sistema solare appartenente al pianeta Saturno. Nel 2012, Spitzer ha catturato direttamente, per la prima volta, la quantità di luce infrarossa emanata da una super Terra, 55 Cancri e.

CoRoT (francese "Convection, Rotation et Transits planétaires", inglese COnvection ROtation and planetary Transits) è stata una missione dell'agenzia spaziale francese (CNES) in cooperazione con Agenzia Spaziale Europea, Austria, Belgio, Germania, Spagna e Brasile. Obiettivi principali della missione sono stati:

  • L'esecuzione di misure di astrosismologia, utili per ricavare informazioni sulla struttura interna delle stelle. Tale programma consiste nell'esaminare come le stelle, soggette alla propria gravità, pressione e forza di Coriolis, oscillino a specifiche frequenze. Dall'analisi della frequenza, della lunghezza d'onda e della durata delle oscillazioni si possono ottenere informazioni su struttura interna, età, dimensioni e composizione chimica della stella studiata.
  • La ricerca di pianeti extrasolari, in particolare di pianeti di tipo terrestre, con il metodo dei transiti. Questo programma ricerca periodici cali di luminosità delle stelle osservate dovuti a pianeti in transito di fronte ad esse. Il metodo dei transiti consente di determinare raggio e periodo orbitale del pianeta individuato.

Entrambi gli studi sono stati condotti valutando minime variazioni nella luminosità della stella oggetto di osservazione nel tempo. Per eseguire tali misurazioni la sonda monta un telescopio da 27 cm di diametro senza focale con quattro CCD. COROT è la prima missione spaziale dedicata alla ricerca di pianeti extrasolari transitanti. Il 6 marzo 2009 la NASA ha lanciato la sonda Kepler, che esegue lo stesso tipo di ricerca con una precisione ancora maggiore. Nel novembre del 2012 il satellite ha improvvisamente interrotto le comunicazioni con la Terra, durante un attraversamento dell'Anomalia del Sud Atlantico. Ripetuti tentativi di ristabilire le comunicazioni occorsi nei mesi successivi non hanno condotto ad esito favorevole e la missione è stata dichiarata conclusa nel giugno del 2013. Il satellite è stato deorbitato il 17 giugno 2014. Il nome del satellite è stato scelto in onore del pittore francese Jean-Baptiste Camille Corot. Il satellite pesava 668 kg, è lungo 4,1 m e aveva un diametro di 2,0 m. Era alimentato da due pannelli fotovoltaici. È stato lanciato il 27 dicembre del 2006 a bordo di un vettore russo dal cosmodromo di Bajkonur ed attualmente si trova in un'orbita circolare polare a 827 km di altezza. Ha effettuato la prima luce tecnica il 18 gennaio 2007 e, dopo un periodo di calibrazione degli strumenti a bordo, ha iniziato le osservazioni scientifiche il 2 febbraio 2007. La missione principale doveva durare due anni e mezzo, ma è stata estesa per altri 3 anni fino al 31 marzo 2013. L'orbita prevista avrebbe garantito al telescopio spaziale circa 150 giorni di osservabilità continua per un medesimo campo stellare. Le osservazioni avvenivano in direzione perpendicolare al piano orbitale, in modo da non avere occultazioni da parte della Terra. Il satellite, senza gli effetti di distorsione dovuti all'atmosfera terrestre, era in grado di rilevare pianeti extrasolari relativamente piccoli, grandi circa il doppio della Terra. COROT monitorava la luminosità delle stelle, alla ricerca delle minime variazioni che si ripetono ad intervalli regolari quando un pianeta transita sul disco del proprio sole. Inoltre il satellite aveva il compito di effettuare misure di astrosismologia analoghe a quelle che SOHO esegue sul Sole. COROT rilevava le variazioni di luminosità associate con le pulsazioni acustiche delle stelle. Questo tipo di analisi permette la determinazione di massa, età e composizione chimica dell'astro, consentendo il confronto tra il Sole e le altre stelle. Per il programma di astrosismologia in ogni campo visivo venivano analizzate 10 stelle (un obiettivo principale e nove secondari) con magnitudine inferiore a 9. Per la ricerca di transiti vengono invece osservate 12000 stelle per ogni campo, con magnitudine in banda R compresa tra 11 e 16. Infatti stelle più luminose (magnitudine<11) saturerebbero i CCD dedicati alla ricerca di esopianeti, rendendo impossibile ottenere dati fotometrici affidabili, mentre stelle più fioche (magnitudine>16) non fornirebbero dati con adeguata risoluzione per essere di utilità scientifica. Per rilevare gli esopianeti, COROT rilevava i transiti almeno un paio di volte di fronte alla propria stella: quindi quasi tutti i pianeti scoperti avrebbero avuto un periodo orbitale inferiore ai 75 giorni. Sebbene tali mondi intorno a stelle di tipo solare siano troppo caldi per essere abitabili, esopianeti potrebbero scoperti intorno a più deboli nane rosse, dove potrebbero trovarsi nella zona abitabile dei loro sistemi stellari. L'8 marzo 2009 si è verificata la perdita del collegamento con la Data Processing Unit #1, dedicata all'elaborazione dei dati fotometrici provenienti da una delle due catene fotometriche di COROT. Da allora la sonda ha continuato le sue osservazioni con la sola catena fotometrica collegata alla Data Processing Unit #2, ancora funzionante. In conseguenza il campo stellare osservato si è ridotto a metà, sia per la ricerca di esopianeti che per il programma di astrosismologia. La perdita della Data Processing Unit #1 sembra essere permanente. Il 2 novembre 2012 il satellite ha avuto un guasto al computer tale da impedire il ricevimento dei dati dalla Terra, durante un attraversamento dell'Anomalia del Sud Atlantico. Fabienne Casoli, dell'agenzia spaziale francese (CNES) definì il problema piuttosto serio, affermando che sarebbe stato tentato un ultimo tentativo di ripristino nel mese di dicembre 2012, e che se questo fosse fallito, sarebbe stata posta la parola fine alla missione di COROT. Dopo che i tentativi di ristabilire il controllo del satellite non hanno dato esito favorevole, il CNES ha dichiarato conclusa la missione il 20 giugno 2013[1][2]. Corot ha effettuato le sue osservazioni in 2 regioni separate del cielo: durante l'estate boreale, il telescopio era diretto verso la costellazione del Serpente, verso il Centro Galattico, mentre durante l'inverno boreale verso la costellazione dell'Unicorno, nell'anticentro galattico. I campi di osservazione sono stati scelti in modo da evitare che la luce del Sole potesse interferire nelle misurazioni. Durante i 30 giorni rimanenti tra i due periodi di osservazione principali, COROT puntava verso altre aree del cielo. Le regioni osservate sono state scelte dopo un lungo periodo di osservazioni preliminari durato dal 1998 al 2005. In ognuno dei campi si sono definite le stelle da osservare per il programma di astrosismologia, oltre ad accertarsi che la densità di stelle fosse accettabile per il programma di ricerca di transiti planetari: infatti se la densità di stelle è troppo bassa, il numero di candidati è troppo basso, mentre se è troppo elevata le immagini delle stelle vicine si sovrappongono, inquinando l'osservazione. Nel programma iniziale, i periodi di osservazione da 150 giorni erano considerati ideali per ricercare pianeti piccoli e/o con lungo periodo orbitale, mentre le brevi sessioni di 3-4 settimane sono eseguite per poter osservare un maggior numero di stelle per il programma di astrosismologia. La strategia osservativa, dopo la perdita della Data Processing Unit #1, prevedeva periodi medi di osservazione di circa tre mesi, per ovviare al minor numero di stelle che è possibile osservare contemporaneamente. Le regioni osservate finora sono di seguito riportate:

  • IRa01, dal 18 gennaio 2007 al 3 aprile 2007 - 9879 stelle osservate;
  • SRc01, dal 3 aprile 2007 al 9 maggio 2007 - 6975 stelle osservate;
  • LRc01, dal 9 maggio 2007 al 15 ottobre 2007 - 11408 stelle osservate;
  • LRa01, dal 15 ottobre 2007 al 3 marzo 2008 - 11408 stelle osservate;
  • SRa01, dal 3 marzo 2008 al 31 marzo 2008 - 8150 stelle osservate;
  • LRc02, dal 31 marzo 2008 all'8 settembre 2008 - 11408 stelle osservate;
  • SRc02, dall'8 settembre 2008 al 6 ottobre 2008 - 11408 stelle osservate;
  • SRa02, dal 6 ottobre 2008 al 12 novembre 2008 - 10265 stelle osservate;
  • LRa02, dal 12 novembre 2008 al 30 marzo 2009 - 11408 stelle osservate;
  • LRc03, dal 30 marzo 2009 al 2 luglio 2009 - 5661 stelle osservate;
  • LRc04, dal 2 luglio 2009 al 30 settembre 2009 - 5716 stelle osservate;
  • LRa03, dal 30 settembre 2009 al 1º marzo 2010 - 5289 stelle osservate;
  • SRa03, dal 1º marzo 2010 al 2 aprile 2010;
  • LRc05, dal 2 aprile 2010 al 5 luglio 2010;
  • LRc06, dal 5 luglio 2010 al 27 settembre 2010;
  • LRa04, dal 27 settembre 2010 al 16 dicembre 2010;
  • LRa05, dal 16 dicembre 2010 al 5 aprile 2011;
  • LRc07, dal 5 aprile 2011 al 30 giugno 2011;
  • SRc03, dal 1º luglio 2011 al 5 luglio 2011 - per riosservare il transito di COROT-9b;
  • LRc08, dal 6 luglio 2011, in corso.

Le curve di luce di queste sessioni osservative sono rese pubbliche dal team di Corot dopo un anno circa dal loro ottenimento. Prima dell'inizio della missione, il team scientifico ha annunciato che COROT sarebbe stato in grado di individuare pianeti alcune volte più grandi della Terra, le cosiddette superterre, e che il satellite non era specificatamente progettato per trovare pianeti abitabili. I primi dati inviati a terra dalla sonda hanno rivelato che gli strumenti a bordo forniscono prestazioni migliori rispetto a quelle previste, tanto che la precisione delle curve di luce raccolte raggiungerà una parte su 20000 al termine dell'elaborazione dei dati, mentre i dati di astrosismologia hanno già raggiunto la precisione di una parte su un milione, la massima possibile per il telescopio a bordo. In conseguenza a questa maggiore sensibilità anche pianeti delle dimensioni della Terra molto vicini alla propria stella potrebbero essere rivelati. COROT riuscirà ad individuare solo una piccola percentuale dei pianeti esistenti all'interno della sua area di indagine. Infatti, solo una piccola percentuale di questi si troverà in condizioni tali da permettere l'osservazione dal nostro Sistema solare di ripetuti transiti. La probabilità che l'orbita di un pianeta sia allineata con il punto d'osservazione di COROT è pari al rapporto fra il diametro della stella ed il diametro dell'orbita, quindi pianeti in orbite ravvicinate alla propria stella hanno probabilità maggiori di essere scoperti. Poiché i pianeti di uno stesso sistema planetario tendono ad avere orbite complanari, c'è la possibilità di rilevare transiti di più pianeti intorno alla stessa stella. Inoltre è possibile che la sonda riesca a rilevare per alcuni dei pianeti scoperti dettagli come anelli e lune. In specifiche circostanze Corot potrebbe anche essere in grado di rilevare la luce riflessa dai pianeti in transito, dando così un'indicazione della loro composizione chimica. Importanti risultati sono attesi anche per lo studio di stelle binarie ad eclisse. Corot rileverà facilmente anche nane brune, corpi celesti con caratteristiche intermedie fra pianeti giganti e piccole stelle. La scoperta di pianeti transitanti è frenata dalla necessità di ottenere conferme con la tecnica della velocità radiale dei candidati ottenuti dall'analisi delle curve di luce ottenute da COROT. Rilevare una periodica variazione di luminosità infatti non è una prova decisiva per l'esistenza di un pianeta, dato che altri fenomeni, come stelle binarie o multiple, possono produrre questi eventi. Inoltre il metodo della velocità radiale permette di ottenere la massa del pianeta. Dalla conoscenza di raggio e massa si può caratterizzare il pianeta, calcolandone densità media e sviluppando modelli sulla sua struttura. Il team di Corot un programma di osservazioni complementari dalla Terra, operante in diversi osservatori sparsi per il mondo. La strategia prevede, laddove sia possibile, di confermare il transito con altri osservatori, e quindi di eseguire misurazioni della velocità radiale. Una volta confermata la natura planetaria del transito, si misura ad alta risoluzione lo spettro della stella per ricavarne i parametri fisici (massa, raggio, temperatura, età e distanza approssimata) necessari per derivare con precisione quelli del pianeta scoperto. Queste osservazioni, necessarie per caratterizzare il pianeta scoperto, possono anche richiedere un intero anno. Per confermare che il transito avvenga sulla stella osservata e non, ad esempio, su una debole stella di sottofondo vicina alla stella target, vengono impiegati telescopi ottici, fra cui il CFHT alle Hawaii, la Euler Camera in Cile, il Wise Observatory in Israele, l'osservatorio di Tautenburg in Germania e l'osservatorio dell'Istituto Astrofisico delle Isole Canarie. Talvolta il transito registrato da COROT è talmente debole da non poter essere chiaramente confermato dai telescopi a Terra, ma questi possono escludere che il transito avvenga sulle altre deboli stelle nelle vicinanze. Le misurazioni di velocità radiale vengono eseguite con i migliori spettrografi attualmente disponibili, fra cui SOPHIE in Francia, HIRES del telescopio Keck I alle Hawaii, UVES, CORALIE ed HARPS in Cile. Molte delle stelle che presentano transiti sono fioche - magnitudine apparente>12 - e lontane - in genere molte centinaia di anni luce - e richiedono un grande sforzo osservativo per ottenere dati che permettano di stabilire la natura dei candidati. Il metodo della velocità radiale inoltre è molto sensibile alla natura delle stelle madri: stelle con alte velocità di rotazione permettono solo una medio-bassa precisione, stelle giovani perturbano le misurazioni con la loro attività magnetica e superficiale, mentre le stelle subgiganti hanno spettri che rendono quasi impossibili tali misurazioni. Di conseguenza restano alcuni casi insoluti. COROT ottiene da ogni campo stellare migliaia curve di luce stellare. Dallo studio nel dominio del tempo e della frequenza di queste curve gli scienziati possono studiare i molti modi in cui le stelle variano, la rotazione differenziale delle superfici stellari, la presenza di macchie, brillamenti ed attività superficiali. Se da un lato molte di queste curve di luce presentano un'evoluzione simile a quella già vista sul Sole od a quelle previste dalle teorie, altre hanno un andamento strano dovuto probabilmente a fenomeni fisici ancora sconosciuti che avvengono sulle superfici delle stelle. Per migliaia di stelle sarà possibile calcolare il periodo di rotazione. Corot fornirà dati fotometrici ad alta qualità per lo studio delle stelle variabili: a luglio 2008 il team ha riportato che circa il 10% delle stelle osservate ha un comportamento da variabile. Per lo studio delle oscillazioni stellari in ognuna delle regioni ricercate vengono analizzate 10 stelle che vengono studiate approfonditamente allo scopo di determinarne con precisione massa, dimensioni, età, composizione chimica e struttura interna. Oscillazioni simili a quelle rilevate sul Sole sono già state rilevate su stelle di tipo solare, ma con ampiezze differenti da quelle previste dalle teorie correnti[14]; per le stelle più brillanti la qualità dei dati raccolti permetterà di testare modelli sulla loro struttura interna. Per la prima volta COROT permette precisamente di misurare oscillazioni su stelle massicce, aprendo un nuovo settore di ricerca astrofisico. Ad ottobre 2008 il team ha presentato due pubblicazioni sui dati di astrosismologia: il primo riguarda la stella HD 49933 osservata nel corso dell'osservazione iniziale IRa01, che presenta oscillazioni simili a quelle registrate su Sole; la seconda tratta delle stelle HD181420, HD181906 ed ancora HD49933, sempre osservate nelcorso di IRa01. Queste stelle, più massicce e calde del Sole, hanno oscillazioni 1,5 volte più ampie di quelle del Sole, il 25% in meno di quello previsto dalle teorie correnti[16]. Il 5 maggio 2007 è stata riportata la scoperta del primo esopianeta di COROT - un Giove caldo in orbita intorno ad una stella di tipo spettrale G0V, leggermente meno massiccia del Sole e situata a 1500 anni luce di distanza. Il pianeta, denominato CoRoT-1 b, ha un raggio stimato in circa 1,49 volte quello di Giove, una massa 1,03 volte quella di Giove, ed un periodo di rivoluzione di 1,5 giorni. Il pianeta è stato scoperto durante l'osservazione iniziale IRa01. Lo studio della curva di luce ha permesso di rivelare le fasi di luce riflessa del pianeta mentre orbita intorno alla propria stella: è stato così confermato che CoRoT-1 b rivolge sempre la stessa faccia al proprio Sole, ha una bassa albedo ed una temperatura di 2250 °C sulla parte illuminata e di 1250 °C sulla parte al buio. Il 20 dicembre 2007 il team di COROT ha annunciato la scoperta di un altro pianeta gigante, CoRoT-2 b, trovato intorno ad una stella di tipo spettrale K0V con massa appena inferiore a quella solare, situata a 980 anni luce di distanza. Il nuovo pianeta ha un periodo orbitale di 1,74 giorni, un diametro 1,46 volte maggiore di quello di Giove ed una massa 3,31 volte più grande di quella gioviana. Il pianeta è stato individuato nel corso dell'osservazione LRc01. Le osservazioni dalla Terra hanno consentito di misurare il cosiddetto effetto Rossiter-McLaughlin, che ha permesso di conoscere l'angolo compreso fra l'asse orbitale del pianeta e la linea di rotazione della superficie della stella, stimato in circa 7,2 gradi. Dall'analisi della curva di luce il team di Corot ha potuto ottenere importanti informazioni sulla stella attorno a cui orbita, che è risultata molto attiva, con in superficie due differenti gruppi di macchie separate longitudinalmente di circa 180° - ruotanti rispettivamente con periodi di 4,52 e 4,55 giorni, mentre il resto della fotosfera appare ruotare più lentamente con un periodo di circa 28,9 giorni. Il 22 maggio 2008 sono stati annunciati altri tre corpi celesti transitanti: CoRoT-3 b, una nana bruna compatta con una massa 21,66 volte quella gioviana e con raggio 1,01 volte quello di Giove. La sua densità media è maggiore di quella del platino e la sua natura resta ambigua, presentando caratteristiche intermedie fra un pianeta gigante ed una stella. Questo corpo celeste, individuato nel corso dell'osservazione LRc01, orbita ogni 4,25 giorni intorno ad una stella di tipo spettrale F3V con una massa del 37% maggiore di quella del Sole, situata a circa 2220 anni luce dalla Terra. Il periodo di rotazione della stella attorno a cui orbita è stato stimato in circa 4,6 giorni, compatibile con l'ipotesi di una sincronizzazione dovuta alle forze di marea esercitate dal pianeta sugli strati superiori della stella. CoRoT-4 b è un pianeta gigante scoperto nel corso dell'osservazione IRa01; ha una massa 0,72 volte quella di Giove ed un raggio 1,19 volte quello gioviano; orbita intorno alla sua stella, di tipo spettrale F0V e del 10% più massiccia del Sole, ogni 9,2 giorni[24]. Dall'analisi della curva di luce il team di Corot ha potuto dedurre che, come CoRoT-3 b, la stella ha un periodo di rotazione simile al periodo orbitale del pianeta e compatibile con l'ipotesi di sincronizzazione[25]. Questa scoperta ha lasciato perplessi gli scienziati, in quanto secondo i modelli attuali CoRoT-4 b è troppo lontano e non abbastanza massiccio per causare una tale sincronizzazione; il team di Corot ha ipotizzato che intensi campi magnetici generati dal pianeta concorrano a questo fenomeno, ma non vi è una spiegazione definitiva. CoRoT-5 b è un altro pianeta gigante, con raggio 1,28 volte quello di Giove ma con solo il 46% della sua massa; orbita ogni 4,03 giorni intorno alla propria stella, di tipo spettrale F9V e con massa simile a quella solare. Il 3 febbraio 2009, nel corso della prima conferenza internazionale dedicata alla presentazione dei risultati scientifici di Corot, è stata annunciata la scoperta della prima super-terra transitante: denominata CoRoT-7 b, orbita ogni 20 ore intorno alla sua stella, di tipo K0V, leggermente meno massiccia del Sole, distante 457 anni luce dalla Terra. CoRoT-7b, confermato dopo un anno di osservazioni complementari dalla Terra, ha un raggio 1,58 volte quello della Terra ma la sua massa resta poco definita, a causa dell'intensa attività magnetica della stella madre che perturba le misure di velocità radiale: una prima analisi ha assegnato al pianeta una massa pari a 4,8 masse terrestri[31], individuando anche un secondo pianeta non transitante, CoRoT-7c, con una massa 8,4 volte quella della Terra, con un'orbita di 3,7 giorni. L'analisi di altri due gruppi, impiegando modalità differenti di filtraggio dell'attività stellare, ha fornito risultati differenti: un team ha pesato la massa di CoRoT 7-b pari a 6,9 masse terrestri[32], trovando segni riguardo alla presenza di un terzo pianeta nel sistema, CoRoT 7-d, di massa simile a quella di Nettuno su un'orbita di 9 giorni; un secondo team ha calcolato invece la massa di CoRoT 7-b come 8,5 masse terrestri e di CoRoT 7-c come 13,5 masse terrestri. Un terzo studio ha messo in evidenza come gli errori sistematici nelle misure di velocità radiale possano essere stati sottostimati, e che la massa di CoRoT 7-b sia, con grande probabilità statistica, compresa solo fra 1 e 4 masse terrestri. Quest'ultimo studio inoltre mette in dubbio la presenza degli altri pianeti nel sistema rilevati negli studi precedenti. L'ampia incertezza sulla massa di CoRoT 7-b preclude studi approfonditi sulla sua composizione e struttura interna. Nel corso della stessa conferenza è stato presentato anche CoRoT-6b, un pianeta gigante di 3,3 masse gioviane, con raggio 1,15 volte quello di Giove, in orbita intorno ad una stella di tipo solare ogni 8,89 giorni. Nell'ottobre 2009 la missione COROT è stata protagonista di una "special feature" della prestigiosa rivista Astronomy and Astrophysics illustrante i primi risultati scientifici conseguiti. Numerose pubblicazioni con risultati di astrosismologia, variabilità stellare, performance del satellite e ricerca di transiti sono liberamente accessibili. Il 18 marzo 2010 è stata annunciata la scoperta di CoRoT-9 b, un pianeta gigante gassoso con l'80% della massa di Giove orbitante ogni 95 giorni intorno alla sua stella, molto simile al Sole. È il secondo pianeta più lontano dalla sua stella ad essere osservato in transito, dopo l'eccentrico HD 80606 b. Osservazioni complementari per rilevare le caratteristiche dell'atmosfera e cercare di rilevare la presenza di eventuali lune di questo Giove "temperato" sono pianificate con il telescopio spaziale Spitzer. Il 14 giugno 2010 sono stati annunciati da Corot ben 6 nuovi pianeti: CoRoT-8 b, CoRoT-10 b, CoRoT-11 b, CoRoT-12 b, CoRoT-13 b, CoRoT-14 b. CoRoT-8 b è un pianeta più piccolo di Saturno, con un raggio pari a 0,57 volte quello di Giove e solo il 22% della sua massa. Orbita ogni 6,2 giorni intorno alla sua stella, più piccola del Sole. CoRoT-10 b è un pianeta gigante con una massa 2,57 volte quella gioviana a raggio leggermente inferiore. Orbita intorno alla propria stella ogni 13,24 giorni in modo molto eccentrico, tale che il livello d'insolazione fra il punto della sua orbita più vicino alla propria stella e quello più lontano varia di 10,6 volte[41]. CoRoT-11 b è un altro pianeta gigante (2,33 masse di Giove ed un raggio 1,43 volte quello gioviano) orbitante ogni 3 giorni intorno alla propria stella, molto attiva e più grande del Sole. CoRoT-12 b è un pianeta con bassa densità media, con il 92% della massa di Giove ma raggio del 44% superiore. Orbita ogni 2,83 giorni intorno ad una stella di tipo solare[43]. CoRoT-13 b è invece un pianeta gigante caratterizzato da una massa del 30% maggiore a quella gioviana ma con raggio del 10% inferiore. Ruota intorno alla sua stella, simile al Sole ma con elevato contenuto di Litio, ogni 4,04 giorni[44]. CoRoT-14 b è un pianeta gigante massiccio, con massa 7,6 volte quella di Giove ed un raggio del 9% superiore, in orbita ogni giorno e mezzo intorno ad una stella più grande del Sole. Oltre ad essi, si è riferito della scoperta di una seconda nana bruna, CoRoT-15 b, con una massa 63 volte quella di Giove ma diametro solo del 12% superiore. È stata scoperta orbitante ogni 3,06 giorni intorno ad una stella del 32% più massiccia del Sole[46]. Il 14 giugno 2011, nel corso della secondo conferenza internazionale dedicata alla missione COROT, sono stati annunciati altri 10 esopianeti[47]: sette di questi, CoRoT-16 b, CoRoT-17 b, CoRoT-18 b, CoRoT-19 b, CoRoT-20 b, CoRoT-21 b e CoRoT-23 b, sono di dimensioni e massa simili a Giove, sebbene con variabili caratteristiche di densità media ed eccentricità. La stella CoRoT-24 diventa il primo sistema planetario multiplo rilevato da COROT, con la scoperta di due pianeti transitanti di raggio paragonabile a quello di Nettuno in orbite di 5,1 ed 11,8 giorni: CoRoT-24 b e CoRoT-24 c. Risalta inoltre la scoperta di CoRoT-22 b, un esopianeta con massa inferiore di metà a quella di Saturno. A giugno 2011 risultano ancora da verificare con osservazioni dalla Terra 401 candidati pianeti. 

Arkyd è il nome di una serie di telescopi spaziali progettati da Planetary Resources. Il progetto è stato finanziato mediante il crowdsourcing, tramite la piattaforma kickstarter. Nel 2013, è stata organizzata una raccolta di fondi per la realizzazione del progetto. L'obiettivo prefissato era di un milione di dollari, ma la quota è stata abbondantemente superata. Il grande successo della raccolta fondi è dovuto principalmente alla possibilità di coinvolgimento nel progetto a seconda del contributo dato, che può andare da un minimo di 10$ per l'accesso alla comunità, fino a 10.000$ e la possibilità di dare un nome ad un eventuale asteroide scoperto col telescopio finanziato. Il satellite è molto piccolo, uno dei più piccoli oggetti lanciati nello spazio dall'uomo: circa 40 cm di lunghezza per un peso di 15 chili. Nonostante le sue dimensioni, la qualità delle immagini sarà notevolmente superiore rispetto ad un pari telescopio posizionato sulla terra, per via dell'assenza degli effetti disturbativi dell'atmosfera. Il telescopio ha un'apertura di 200mm, una capacità di risoluzione di un arcosecondo e sarà in grado di effettuare osservazioni nello spettro tra 200 e 1100 nanometri. Il lancio del prototipo A3 era previsto per il 2014 col trasferimento sulla ISS e la messa in orbita dal modulo Kibō. Il razzo vettore incaricato del trasporto sulla ISS è però esploso 10 secondi dopo il lancio, distruggendo il prototipo (oltre ai rifornimenti programmati per l'equipaggio della stazione spaziale). Il primo prototipo è arrivato ad aprile 2015 e verrà immesso in orbita per la validazione della tecnologia. A maggio del 2016, come conseguenza di un calo di interesse e di fondi per continuare, Planetary Resources ha deciso di chiudere il progetto e rimborsare tutti quelli che hanno contribuito allo sviluppo dei prototipi.  

Il telescopio spaziale James Webb (JWST o Webb) è un telescopio spaziale per l'astronomia a raggi infrarossi il cui lancio è previsto, a seguito di successivi slittamenti, per ottobre 2021, con partenza dallo spazioporto di Arianespace a Kourou, nella Guiana Francese, trasportato in orbita solare da un razzo Ariane 5. Il telescopio è il frutto di una collaborazione internazionale tra NASA, Agenzia Spaziale Europea (ESA) e Agenzia spaziale canadese (CSA). Il JWST, in fase di realizzazione, noto come "Next Generation Space Telescope" (NGST, da qui anche, la nomea di "successore di Hubble"), nel 2002 è stato titolato a James Webb, amministratore della NASA durante i programmi Gemini, Mercury e Apollo e fautore del centro di controllo del Johnson Space Center (JSC) di Houston, Texas. Il telescopio Webb aprirà nuovi orizzonti per l'astronomia a raggi infrarossi grazie a tecnologie di progettazione d'avanguardia. Sarà il più grande telescopio mai inviato nello spazio, e amplierà i percorsi aperti nell'universo dal telescopio Hubble. Le innovazioni rispetto ai precedenti telescopi spaziali sono il grande specchio primario di 6,5 metri, per studiare lunghezze d'onda nella banda infrarossa, e la presenza di un ampio scudo termico multistrato per il mantenimento di una temperatura operativa molto bassa per bloccare le interferenze da sorgenti di calore non oggetto di studio quali ad esempio il Sole, la Luna, la struttura e la strumentazione stessa del telescopio. Diversamente da Hubble, Webb orbiterà intorno al Sole a 1,5 milioni di km dalla Terra al punto L2 di Lagrange, orbita già utilizzata per le missioni WMAP, Herschel e Planck; che terrà il telescopio Webb allineato con l'orbita terrestre[11] consentendo allo scudo di proteggere il telescopio dalla luce e dal calore di Sole, Terra e Luna e garantendo comunicazioni continue con il centro di controllo e un'ininterrotta raccolta di dati non essendo ostacolato dall'interferenza oscuratrice dell'orbita lunare. Per il JWST sono state sviluppate diverse tecnologie innovative. Le più importanti includono uno specchio primario costituito da 18 specchi esagonali in berillio ultraleggero che dispiegandosi dopo il lancio comporranno un'unica grande superficie di raccolta. Un'altra caratteristica del JWST è l'ampia schermatura romboidale a cinque strati (separati dal vuoto) in Kapton, un materiale plastico in film che, come un parasole, attenua il calore e garantisce stabilità alle notevoli escursioni termiche a cui gli strumenti saranno sottoposti. Lo studio di metrologie estremamente precise nei test acustici e ambientali ha contribuito allo sviluppo di strumenti di precisione (interferometria laser dinamica) nell'ordine dei picometri. Il Webb è fornito di un impianto criogenico (cryocooler) per il raffreddamento (7 K) dei rilevatori nel medio infrarosso e di micro-otturatori innovativi progettati dal Goddard che, come piccole tapparelle programmabili consentono di selezionare determinati spettri di luce durante la simultanea di una osservazione, permettendo di analizzare sino a 100 oggetti contemporaneamente nello spazio profondo con un'ampiezza visuale di 3,2 x 3,3 minuti d'arco JWST è il prodotto di una collaborazione tra la NASA, l'ESA e l'Agenzia Spaziale Canadese (CSA ). Il NASA Goddard Space Flight Center ha gestito le fasi di sviluppo. I principali partner industriali privati sono Northrop Grumman e Orbital ATK per lo scudo termico; lo Space Telescope Science Institute (STScI) gestirà le operazioni di ricerca, raccolta ed elaborazione dei dati del Webb successive al lancio. L'osservatorio è la componente spaziale del sistema JWST (che comprende anche i sistemi a terra) ed è composto da tre elementi: la strumentazione scientifica integrata (ISIM, integrated Science Instrument Module); il telescopio ottico (OTE, Optical Telescope Element) che comprende gli specchi e la montatura di supporto; il sistema navicella , che comprende la navicella (Spacecraft Bus) e lo schermo solare. L'OTE è l'occhio dell'osservatorio. Raccoglie la luce proveniente dallo spazio e la invia agli strumenti scientifici situati nel modulo ISIM. La montatura portante (Backplane) supporta la struttura ottica. Lo schermo solare (Sunshield) separa la parte del telescopio direttamente colpita e riscaldata dalla luce solare (l'intero osservatorio) dai componenti elettronici (ISIM) che, elaborando frequenze dell'infrarosso, devono operare a bassa temperatura. La temperatura di esercizio è mantenuta dal sistema criogenico sotto i 50 K (-223 °C o -370 °F). La navicella fornisce le funzioni di supporto per il funzionamento dell'osservatorio e integra i principali sottosistemi necessari al funzionamento del veicolo spaziale: il sistema di energia elettrica, il sistema di controllo dell'assetto, il sistema di comunicazione, il sistema di comando e gestione dei dati, il sistema di propulsione e il sistema di controllo termico. I blocchi logici sono, nel dettaglio:

  • il sistema ottico (OTE, Optical Telescope Element):
    • Specchio primario e struttura portante (Backplane)
    • Specchio secondario e struttura portante
    • sottosistema ottico (AFT)
  • la strumentazione scientifica integrata (ISIM, Integrated Science Instrument Module) costituita da quattro strumenti:
    • MIRI (Mid-Infrared Instrument)
    • NIRSpec (Near-Infrared Spectrograph)
    • NIRCam (Near-Infrared Camera)
    • Fine Guidance Sensor / Near InfraRed Imager e slitless Spectrograph (FGS/NIRISS)
  • il sistema navicella
    • Schermo solare (Sunshield)
    • Sottosistema navigatore (Spacecraft Bus)
    • Pannelli solari, antenna di comunicazione ad alto guadagno e altri strumenti di controllo e orientamento del telescopio.

La strumentazione scientifica è collegata e nel contempo distanziata dal sistema ottico da un braccio telescopico (Deployable Tower Assembly, DTA) realizzato in materiale composito grafite-epossidico, che garantisce stabilità a dispetto delle notevoli escursioni termiche. Tale torretta oltre a proteggere ulteriormente l'ottica dalle eventuali vibrazioni e dal calore dissipato presente sul blocco strumenti ISIM consentirà in fase di dispiegamento nello spazio, che i movimenti automatici dei vari componenti non li facciano entrare in contatto. Il lancio del telescopio spaziale James Webb è previsto per il 31 ottobre 2021, su un razzo Ariane 5 dalla rampa di lancio ELA-3 di Arianespace, complesso situato nei pressi di Korou, in Guiana Francese, fornito dall'ESA. La vicinanza equatoriale e la rotazione terrestre contribuiscono ad una spinta ulteriore del razzo vettore. Il JWST orbiterà intorno al secondo punto di Lagrange (L2) lungo un asse Terra-Sole, distante 1.500.000 km dalla Terra. Il punto di equilibrio L2 consentirà un tempo ridotto per compiere un'orbita completa, pur essendo più distante dell'orbita terrestre. Il telescopio si attesterà sul punto L2 in un'orbita halo, inclinato rispetto al piano dell'eclittica. Poiché L 2 è un punto di equilibrio instabile in cui le accelerazioni gravitazionali esercitate da Sole e Terra costituiscono delle accelerazioni centripete il cui mutuo annullamento è necessario al telescopio per compiere l'orbita determinata, la sonda seguirà una traiettoria chiusa intorno al punto di Lagrange nel suo moto di rivoluzione intorno al Sole. La particolarità di questa orbita è che consente al telescopio di essere allineato su un asse teorico consentendo allo scudo termico del satellite di proteggere il telescopio dalla luce e dal calore di Sole, Terra e Luna. La posizione di JWST presso L2 rende le comunicazioni con la Terra continue, effettuate attraverso il Deep Space Network (DSN), del JPL utilizzando tre antenne radio situate in Australia, Spagna e California. Durante le operazioni di routine, JWST effettuerà sequenze in uplink di comandi e dati di downlink fino a due volte al giorno, attraverso il DSN. L'osservatorio è in grado di eseguire sequenze di comandi (controlli e osservazioni) in modo autonomo. Lo Space Telescope Science Institute, gestore delle ricerche e dei dati, trasferirà i dati settimanalmente ed effettuerà le opportune correzioni giornalmente. Successivamente al lancio, il raggiungimento dell'orbita consta di programmate fasi in cui verranno effettuate circa 200 operazioni tra correzioni di rotta, assestamenti e controlli delle apparecchiature:

  • Primo giorno: decollo. Il razzo Ariane fornirà la spinta per circa 8 minuti. Webb si separerà dal vettore Ariane V mezz'ora dopo il lancio e successivamente spiegherà il pannello solare e altri sistemi; spiegamento dell'antenna ad alto guadagno, superamento dell'orbita lunare e prima manovra correttiva.
  • Nella prima settimana: seconda manovra correttiva. Apertura completa dello scudo termico e tensione degli strati isolanti dello schermo solare. Spiegamento specchio secondario e apertura della ali dello specchio primario.
  • Nel primo mese: inizializzazione software e correzione definitiva dell'orbita di volo. Raggiungimento orbita L2; sollecitazioni elettroniche del modulo ISIM.
  • Nel secondo mese: accensione Fine Guidance Sensor, NIRCam e NIRSpec. Test NIRCam di prima immagine; primo allineamento segmenti specchio primario.
  • Nel terzo mese: allineamento definitivo segmenti specchio primario, attivazione MIRI e prime immagini scientifiche. Assestamento finale al punto di orbita L2.
  • Dal quarto al sesto mese: ottimizzazione NIRCam e calibratura di tutti gli altri strumenti.
  • Dopo sei mesi: Webb inizierà la sua missione scientifica.

L'opacità dell'atmosfera terrestre, causata da elementi come vapore acqueo e anidride carbonica, ostacola la visualizzazione dei telescopi ottici a terra in quanto la luce proveniente dallo spazio viene bloccata o alterata da questi elementi, nonostante le recenti innovazioni dovute all'ottica adattiva che corregge le sfocature in campi ridotti e in presenza di stelle luminose. Il telescopio spaziale Hubble ha ovviato a queste implicazioni, orbitando oltre l'atmosfera. La polvere cosmica e i gas delle nubi interstellari sono però un limite anche per i telescopi ottici spaziali. Inoltre, poiché l'Universo è in costante espansione, la luce dei corpi nello spazio profondo in allontanamento tende anch'essa a spostarsi, giungendo quindi a noi con ridotta frequenza (spostamento verso il rosso). Questi oggetti sono perciò rilevabili più facilmente se osservati con strumenti ottimizzati per lo studio delle frequenze nell'infrarosso. Le osservazioni a raggi infrarossi consentono lo studio di oggetti e di regioni dello spazio altrimenti oscurate dai gas e dalle polveri nello spettro visibile. Le nubi molecolari feconde di formazioni stellari, i dischi protoplanetari, e i nuclei di galassie attive sono tra gli oggetti relativamente freddi (rispetto alle temperature stellari) che emettono radiazioni prevalentemente nell'infrarosso e quindi studiabili da un telescopio a infrarossi. JWST è un telescopio general-purpose, diversamente da missioni quali Gaia, Spitzer, Fermi, finalizzate a studi settoriali specifici. Le ricerche spazieranno ampi settori di astronomia, astrofisica, cosmologia. Le osservazioni del Webb, anche a seguito della scoperta dell'ultra deep field di Hubble, saranno incentrate su alcuni temi principali, grazie ai diversi strumenti progettati e dedicati allo studio di lunghezze d'onda differenti:

  • Il JWST consentirà di studiare la struttura a grande scala dell'Universo, che si espande o contrae sotto l'influenza della gravità della materia al suo interno. Tramite l'osservazione di remote supernove con luminosità nota, si potrà stimarne le dimensioni e la struttura geometrica, approfondendo gli studi teorici sulla natura e la densità della materia oscura e dell'energia oscura. Rilevando sottili distorsioni nelle forme delle galassie più lontane causate dalle deformazioni gravitazionali di masse invisibili sarà possibile studiare la distribuzione della materia oscura, il suo rapporto con la materia ordinaria e l'evoluzione di galassie come la via Lattea. Mediante campagne osservative nel vicino infrarosso e successive analisi in follow-up a bassa risoluzione spettroscopica e fotometrica nel medio infrarosso verrà approfondito lo studio delle galassie più antiche.
  • Con il JWST si potrà approfondire la teoria sulla reionizzazione, il periodo primordiale dell'Universo in cui l'idrogeno neutro sarebbe reionizzato in seguito alla crescente radiazione delle prime stelle massicce. Successivamente al raffreddamento dell'universo i protoni e neutroni si combinarono in atomi ionizzati di idrogeno e deuterio, quest'ultimo ulteriormente fuso in elio-4 e conseguente costituzione delle prime stelle massicce ad opera della forza di gravità e in seguito esplose come supernovae.
  • La capacità di JWST di sondare la regione infrarossa dello spettro ad altissima sensibilità permetterà di superare i limiti dei telescopi ottici e catturare la luce debole, spostata verso il rosso, degli oggetti più antichi e lontani. Il JWST consentirà di indagare sulla presenza di buchi neri nella maggior parte delle galassie e la loro percentuale di massa, rispetto alla materia visibile.
  • Webb sarà in grado di vedere i cluster delle prime stelle formatesi in seguito al raffreddamento dell'idrogeno e alla costituzione degli elementi chimici più pesanti, necessari alla formazione dei pianeti e della vita Inoltre osserverà le fasi costitutive dell'Universo, a seguito dell'esplosione successiva delle prime stelle in supernove che hanno formato le prime galassie nane ricche di gas, progenitrici delle galassie attuali che hanno formato la struttura cosmica oggi conosciuta. JWST, analizzando le spettrografie delle singole stelle nelle regioni affollate, studierà la conformazione, il rigonfiamento dei dischi centrali delle galassie, le stelle più antiche, le analogie con la via Lattea, la distribuzione della materia passata e presente e le relazioni di questa materia con la formazione stellare.
  • JWST sarà in grado di penetrare le nubi di polvere nei dischi proto-stellari, studiando i parametri che definiscono la massa di una stella in formazione e oggetti di massa minore, nane brune e pianeti delle dimensioni di Giove (gioviani), che non raggiungono uno stato aggregativo tale da consentire una formazione stellare.
  • Mediante la tecnica dei transiti, della velocità radiale e con osservazioni di follow-up supportate da telescopi a terra verranno stimate le masse di esopianeti e studiate le loro atmosfere cercando eventuali biofirme. I coronografi e lo studio spettroscopico consentiranno la visualizzazione diretta in banda infrarosso di esopianeti vicino a stelle luminose, comprese eventuali differenze stagionali, la possibile vegetazione, la rotazione, il clima. La spettroscopia, analizzando la luce riflessa degli esopianeti e separandola in lunghezze d'onda distinte permetterà di identificare i loro componenti chimici per determinarne le componenti atmosferiche. Webb potrà cercare biomarcatori chimici, come ozono e metano, generati da processi biologici. L'ozono si forma quando l'ossigeno prodotto da organismi fotosintetici (quali alberi e fitoplancton) sintetizzano la luce. Poiché l'ozono è fortemente legato alla presenza di organismi Webb lo cercherà in atmosfere planetarie come possibile indicatore di vita elementare. JWST, a causa della luce solare non potrà essere rivolto verso i corpi interni al sistema quali Luna, Venere e Mercurio ma potrà caratterizzare tutti i corpi esterni a Marte, gli asteroidi Near-Earth, comete, lune planetarie e corpi ghiacciati del sistema solare esterno.

I blocchi logici dell'osservatorio James Webb sono tre: il sistema ottico (OTE, Optical Telescope Element) che include lo specchio primario e la struttura di sostegno; la strumentazione scientifica (ISIM, Integrated Science Instrument Module), il sistema navicella, che comprende il bus navicella (Spacecraft Bus) e lo scudo termico (Sunshield). La struttura portante (backplane) dello specchio primario è costituita da uno scheletrato di grafite composita, titanio e Invar, fornito dall'azienda Orbital ATK. Sostiene i 18 segmenti esagonali dello specchio e il modulo degli strumenti scientifici. È costituita da tre sezioni. una centrale (Pathfinder) che sorregge 12 specchi e le due ali laterali pieghevoli verticali supportanti ciascuna 3 specchi. Questa conformazione si è resa necessaria in quanto la larghezza dello specchio è superiore alla capacità di stiva del razzo Ariane. Il piano della struttura è convesso in modo da ridurre al minimo le correzioni da effettuarsi per avere come risultante un piano focale. Frontalmente alla struttura è collocato lo specchio secondario.

La struttura è progettata per garantire stabilità termica a temperature inferiori a -240 °C ( -400 °F) con una tolleranza d'errore sotto i 32 nanometri. Lo specchio primario è costituito da 18 elementi esagonali in berillio affiancati a nido d'ape. Ogni singolo specchio, delle dimensioni di 1,4 metri, è ricoperto da una lamina d'oro spessa 1000 Angstrom (100 nanometri), che riflette meglio la luce infrarossa. La lamina d'oro è a sua volta ricoperta da un sottile strato di SiO2 amorfo (vetro) per proteggerla da graffi in caso di manipolazione o piccole particelle. In fase di lancio lo specchio primario è compattato in 3 sezioni e stivato nel razzo; successivamente è dispiegato con micromotori. La tecnologia ottica del JWST consta di tre specchi anastigmatici. In questa configurazione, lo specchio primario è concavo, il secondario è convesso e funziona leggermente fuori asse; lo specchio terziario rimuove l'astigmatismo risultante e appiattisce anche il piano focale. Ciò consente anche un ampio campo di vista per produrre immagini senza aberrazioni ottiche. Il sistema di specchi comprende un ulteriore specchio piatto (fine steering mirror) per convogliare la luce agli strumenti. Il gruppo ottico è fornito da Ball Aerospace & Technologies Corp, azienda contraente di Northrop Grumman Aerospace Systems. Gli strumenti scientifici sono il cuore del JWST e sono contenuti all'interno del modulo scientifico integrato, ISIM (Integrate Science Instrument Module). L'ISIM fornisce energia elettrica, risorse di calcolo, raffreddamento e stabilità strutturale al telescopio Webb. È realizzato con un legante composito di grafite epossidica fissato al lato inferiore della struttura del telescopio del Webb. L'ISIM contiene quattro strumenti scientifici e una macchina fotografica guida. La Near Infrared Camera (NIRCam) è la camera principale del Webb. Coprirà la gamma di lunghezze d'onda in infrarosso da 0,7 a 4.8 micron, adiacente alle frequenze del visibile. NIRCam consentirà di studiare il processo di formazione delle prime galassie; la popolazione di stelle in galassie vicine; giovani stelle negli oggetti della Via Lattea e della Cintura di Kuiper. NIRCam è dotata di coronografi, che consentono di effettuare fotografie di oggetti molto deboli attorno a corpi luminosi, determinando le caratteristiche dei sistemi stellari in esame. I coronografi di NIRCam bloccano la luce degli oggetti luminosi, consentendo di visualizzare il corpo oscurato nelle vicinanze. NIRCam servirà anche come sensore di fronte d'onda dell'osservatorio[30], necessario per le attività di rilevamento e di controllo. NIRCam è stato sviluppato dall'università dell'Arizona e dal centro di tecnologie avanzate della Lockheed-Martin di Palo Alto, California. Il Near Infrared Spectrograph (NIRSpec) è uno spettrografo operante nel vicino infrarosso ad un intervallo di lunghezze d'onda da 0,6 a 5 micron con una durata di utilizzo minima stimata in 5 anni. Lo strumento è stato progettato e costruito dall'ESA all'ESTEC, Paesi Bassi. mentre i sottosistemi sono stati sviluppati al Goddard Space Flight Center. Il NIRSpec ha tre modalità operative: a bassa, media e alta risoluzione e a seconda della modalità, per la spettroscopia verrà utilizzato un prisma o uno spettroscopio in modalità long-slit (a lunga fenditura). La commutazione delle modalità viene effettuata grazie ad una tecnologia usata con successo sul foto polarimetro dell'Infrared Space Observatory, il telescopio spaziale ad infrarossi che l'ESA, la NASA e la JAXA lanciarono con successo nel 1995. Uno spettrografo (o spettrometro) viene usato per scindere la luce di un oggetto in uno spettro. Analizzando lo spettro di un oggetto si studiano le sue proprietà fisiche, tra cui la temperatura, la massa e la composizione chimica. Al fine di raccogliere la debole luce spettrale dei corpi lontani, NIRSpec è stato progettato per osservare 100 oggetti contemporaneamente mediante un sistema innovativo di micro-otturatori che campionano e selezionano la luce in entrata nel NIRSpec. Questi otturatori possono essere controllati singolarmente per visualizzare o bloccare determinate porzioni di cielo e la luce interferente dei corpi più vicini e luminosi. MIRI è composta da una macchina fotografica e da uno spettrografo che rileva la luce nella regione del medio infrarosso dello spettro elettromagnetico, coprendo lunghezze d'onda da 5 a 28 micron. I suoi sensibili rilevatori permetteranno di vedere la luce shiftata di galassie lontane, stelle di nuova formazione, deboli comete e oggetti nella fascia di Kuiper. La fotocamera di MIRI fornirà una visualizzazione a largo campo come quella di Hubble. Lo spettrografo consentirà una spettroscopia a media risoluzione, fornendo accurati dettagli fisici dei corpi osservati. MIRI opera sotto i 6 Kelvin, temperatura garantita da un refrigeratore meccanico ad elio situato sul lato caldo dello scudo termico. MIRI è stata costruita dal Consorzio MIRI. NIRISS, un spettrografo visualizzatore nel vicino infrarosso, sarà usato per il test di prima luce, rilevamento e caratterizzazione di esopianeti e spettroscopia per transiti planetari. FGS/NIRISS ha una lunghezza d'onda di 0,8 a 5,0 micron con tre camere, fornendo così un terzo livello di ridondanza nei dati. Ognuna delle fotocamere analizza una lunghezza d'onda separata. Il sensore di orientamento è utilizzato per stabilizzare il percorso ottico (line-of-sight) dell'osservatorio durante le osservazioni scientifiche. Le rilevazioni del FGS sono utilizzate per controllare l'orientamento della navicella ed effettuare le micro correzioni per la stabilizzazione delle immagini. Insieme al FGS è montato il NIRISS, uno spettrografo slitless per la visualizzazione astronomica in lunghezza d'onda a 0,8-5 micrometri. I due strumenti sono gestiti dall'agenzia spaziale canadese NIRCam e MIRI dispongono di coronografi per bloccare la luce stellare per l'osservazione di oggetti deboli quali pianeti extrasolari, caratterizzare loro atmosfere e dischi circumstellari molto vicino a stelle luminose. La gestione e il trasferimento dei dati tra le varie componenti del modulo ISIM vengono effettuati tramite tecnologia SpaceWire, uno standard di gestione avanzato dei dati nei sistemi di comunicazione spaziali. Il bus navicella (Bus Spacecraft) fornisce le funzioni di supporto necessarie per il funzionamento dell'osservatorio. Alloggia i seguenti sottosistemi:

  • Sistema di controllo dell'assetto
  • Sistema di gestione e comando dei dati
  • Sistema di propulsione
  • Sistema di controllo termico
  • Sistema di comunicazione
  • Sistema elettrico di alimentazione

Il sistema di controllo dell'assetto comanda l'orientamento dell'osservatorio mantenendolo in un'orbita stabile, e fornisce un primo puntamento per l'area del cielo oggetto di studio, a cui segue un controllo più mirato ad opera del FGS: controlla il momento della navicella elaborando i dati dai sensori dei giroscopi e inviando i comandi necessari alle ruote di reazione o ai propulsori. Il sistema di gestione e comando dei dati (C & DH, Command & Data Handling) è il cervello del bus navicella. Elabora la telemetria (CTP) del sistema di comunicazione sollecitando lo strumento appropriato e dispone di una memoria a stato solido (Solide State Recorder, SSR) per i dati dell'osservatorio. Il CTP controllerà l'interazione tra gli strumenti scientifici, la SSR e il sistema di comunicazione. Il sistema di propulsione contiene i serbatoi es i razzi che, quando richiesto dal controllo di assetto del sistema, vengono avviati per mantenere l'orbita. Il sistema di controllo termico mantiene stabile la temperatura di funzionamento del bus navicella. Il sistema di comunicazione riceve i comandi dal centro operativo di controllo a terra (OOC) e vi trasmette i dati scientifici e di stato. Il sistema elettrico di alimentazione converte la luce dei pannelli solari in energia elettrica per azionare i sottosistemi del bus e la strumentazione scientifica del modulo ISIM. Il Bus è collegato al sottosistema ottico tramite una torretta telescopica che viene protesa in fase di posizionamento dell'osservatorio. La sua struttura, costituita essenzialmente in grafite composita, pesa circa 650 kg e supporta il peso del telescopio, 6,5 ton. Il bus può garantire un puntamento di un secondo d'arco e isola le vibrazioni fino a due milliarcosecondi. Lo schermo termico (Sunshield) consentirà al telescopio un raffreddamento passivo e una temperatura stabile inferiore a 50 Kelvin (-223 °C). Gli strumenti Near Infrared (NIRCam, NIRSpec, FGS / NIRISS) operano a circa 39 K (-234 °C). La ( MIRI ) nel medio infrarosso funziona ad una temperatura di 7 K (-266 °C), utilizzando un sistema criogenico ad elio.. Il raffreddamento consente anche ai segmenti dello specchio primario di rimanere correttamente allineati quando cambia l'orientamento rispetto al Sole Lo scudo termico consta di 5 strati di Kapton, ognuno dei quali è separato da vuoto isolante che dissipa il calore mantenendo ogni strato più freddo del precedente. Gli strati dello scudo sono rivestiti con alluminio e silicio drogato per le loro proprietà ottiche, conduttive e durata nell'ambiente spaziale. L'alta emissività del silicio dissipa buona parte del calore del Sole e della luce preservando gli strumenti e la superficie di alluminio altamente riflettente disperde l'energia residua verso i bordi dello scudo termico. Lo spessore degli strati varia da 0,05 millimetri per quello rivolto verso il Sole a 0,25 mm per i restanti. Gli spessori dei rivestimenti di alluminio e silicio sono rispettivamente di 50 nanometri (nm) e di 100 nm.[34] La Space Telescope Science Institute (STScI), con sede a Baltimora, Maryland nel campus Homewood della Johns Hopkins University, è responsabile della ricerca scientifica e della divulgazione dei dati alla comunità astronomica. I dati saranno trasmessi dal JWST a terra tramite il Deep Space Network, del JPL, NASA, elaborati e distribuiti via internet alle comunità astronomiche. Come per Hubble, lo STScI valuterà le proposte della comunità scientifica per successive campagne osservative. Ogni anno i comitati di astronomi potranno valutare in peer review le proposte presentate per selezionare i programmi di osservazione degli anni successivi. La conversione dei dati scientifici da analogico a digitale (ADC) viene eseguita dal ASIC SIDECAR. Osservazioni a tempo garantito (GTO, Guaranteed Time Observers) vengono assegnate ai gruppi di studio selezionati che ne avranno fatto richiesta. Per massimizzare il ritorno scientifico, i progetti GTO vengono programmati in anticipo e ufficializzati entro i primi due anni di attività del telescopio. Ogni ciclo GTO viene definito attraverso l'Astronomer's Proposal Tool (APT), un pacchetto software messo a disposizione della comunità astronomica per presentare in peer review le proposte per il JWST, nel rispetto delle policy a protezione di ricerche già effettuate. A giugno 2017 è stato annunciato il primo ciclo[37] di GTO costituito da circa 8700 ore di osservazioni, circa un anno. Queste osservazioni studieranno i pianeti solari esterni, la fascia di Kuiper, le prime galassie e i pianeti extrasolari. I satelliti naturali Europa ed Encelado saranno tra gli obiettivi del primo ciclo di osservazioni. Poiché il primo ciclo di indagini è stato riservato ai ricercatori direttamente coinvolti nello sviluppo del telescopio e i dati delle ricerche non dovrebbero essere resi pubblici entro i primi tre anni, la comunità astronomica ha sollecitato e ottenuto[41] un programma di ricerche che si sovrapporrà al primo ciclo. Questo programma, chiamato Early Release Science (ERS) avrà circa il 10% del tempo disponibile del Webb, circa 460 ore. Il 13 novembre 2017 è stata resa pubblica la selezione finale dei 13 programmi scientifici di questo mini ciclo, che verranno eseguiti nei primi cinque mesi di operatività del JWST e la cui fattibilità e ordine temporale di esecuzione potrebbe risentire a seguito dello slittamento della data di lancio e anche perché il telescopio non può essere orientato nella parte di volta celeste illuminata dal Sole.

La missione Kepler è stata una missione spaziale della NASA parte del programma Discovery, il cui scopo era la ricerca e conferma di pianeti simili alla Terra in orbita attorno a stelle diverse dal Sole, tramite l'utilizzo del telescopio spaziale Kepler. Il veicolo spaziale, chiamato in onore dell'astronomo tedesco del diciassettesimo secolo Johannes Kepler, è stato lanciato con successo il 7 marzo 2009. Il telescopio Kepler è stato "specificatamente progettato per monitorare una porzione della nostra regione della Via Lattea e scoprire dozzine di pianeti simili alla Terra vicino o nella zona abitabile e determinare quante delle miliardi di stelle della nostra galassia posseggano pianeti". Per fare ciò, un fotometro ha monitorato costantemente la luminosità di più di 145 000 stelle della sequenza principale nel suo campo di vista fissato, presso le costellazioni del Cigno, della Lira e del Drago. I dati erano trasmessi a terra, dove sono stati analizzati in cerca di periodiche diminuzioni di luminosità delle stelle causate da pianeti extrasolari che transitano di fronte alla loro stella. Nell'aprile 2013 il team di Kepler aveva individuato 2 740 candidati pianeti e confermato altri 121. Nel gennaio 2013 un gruppo di astronomi dell'Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics ha stimato dai dati di Kepler che nella Via Lattea risiedano "almeno 17 miliardi" di esopianeti simili alla Terra. Il programma Discovery, di cui Kepler faceva parte, consiste in missioni scientifiche di basso costo focalizzate su obiettivi precisi. La costruzione del telescopio e le operazioni iniziali sono state gestite dal Jet Propulsion Laboratory, insieme alla Ball Aerospace, responsabile dello sviluppo del sistema di volo. L'Ames Research Center è stato invece responsabile dello sviluppo dei sistemi a Terra, delle operazioni di missione dal dicembre 2009 e dell'analisi dei dati scientifici. Il tempo previsto per la missione è stato inizialmente di 3,5 anni, ma è stato ripetutamente esteso fino a concludersi ufficialmente ad ottobre del 2018 con la disconnessione dal centro di controllo a terra il mese successivo. Durante i suoi oltre nove anni e mezzo di servizio, Kepler ha osservato 530 506 stelle e rilevato 2 662 pianeti. Il telescopio possedeva una massa di 1039 kg ed era costituito da uno specchio primario di 1,4 m di diametro e con un'apertura di 0,95 m. Lo strumento aveva un campo di vista di 115 gradi quadrati (circa 12° in diametro), equivalente all'area sottesa da un pugno a braccio teso, 105 dei quali utili per dati di qualità scientifica e con meno dell'11% di vignettatura. Il fotometro aveva un effetto di soft focus, per ottenere così misurazioni fotometriche eccellenti piuttosto che immagini nitide. L'obiettivo aveva una precisione fotometrica differenziale combinata (combined differential photometric precision o CDPP) di 20 ppm per una stella di magnitudine 12 di tipo solare e per un periodo di integrazione di 6,5 ore, anche se le osservazioni non hanno raggiunto questo obiettivo. Il transito di un pianeta terrestre produce una variazione di luminosità di 84 ppm e dura circa 13 ore. Il piano focale della fotocamera del telescopio era costituito da una matrice di 42 sensori CCD, ciascuno con una dimensione di 2200 × 1024 pixel. La fotocamera possedeva quindi una risoluzione totale di 95 megapixel, il che la rende la più grande all'epoca mai lanciata nello spazio. I sensori erano raffreddati da condotti termici (Heat pipe) connessi a un radiatore esterno. I sensori CCD erano letti ogni 6 secondi, per limitarne la saturazione, e le immagini erano generate a bordo dello strumento sommando per 30 minuti tali letture. Nonostante al lancio Kepler possedesse il più alto tasso di produzione di dati di qualsiasi altra missione NASA, l'immagine somma dei 95 milioni di pixel per 30 minuti costituisce più informazione di quanta possa essere memorizzata e trasmessa a Terra. Pertanto il team preselezionava i pixel associati a ciascuna stella di interesse, vale a dire il 5% del totale. I dati da questi pixel erano in seguito riquantificati, compressi e memorizzati, insieme a dati ausiliari, nell'unità di memoria a stato solido da 16 GB di bordo. I dati memorizzati e scaricati a Terra comprendevano le immagini delle stelle del progetto, lo striscio, il livello di nero, il fondo e il pieno campo. Lo specchio primario di Kepler misurava 1,4 metri di diametro ed era stato alleggerito dell'86% rispetto a uno specchio solido delle stesse dimensioni, utilizzando una struttura di supporto a nido d'ape. Il supporto in vetro dello specchio è stato realizzato dalla fabbrica di vetri Corning Inc., utilizzando vetro ad espansione ultra bassa (Ultra Low-Expansion glass o vetro ULE). Siccome il telescopio aveva bisogno di una sensibilità fotometrica molto elevata per rivelare pianeti piccoli come quelli obiettivo della missione, era richiesto un rivestimento dello specchio estremamente riflettente, per eliminare ogni possibile effetto negativo da parte di imperfezioni della superficie. Utilizzando la deposizione fisica da vapore tramite fascio di elettroni, la Surface Optics Corp. ha applicato un rivestimento protettivo di 9 strati di argento e nitruri per aumentare la riflessione e un rivestimento dielettrico a interferenza per minimizzare la formazione di macchie di colore e assorbimento da umidità atmosferica. Nel gennaio 2006 il lancio del telescopio è stato ritardato di otto mesi per via di tagli al bilancio della NASA e di altri quattro mesi nel marzo dello stesso anno per problemi fiscali. In questo periodo è stato cambiato il design dell'antenna ad alto guadagno, rinunciando alla sospensione cardanica e collegandola direttamente al telaio del veicolo spaziale, così da ridurre costi e complessità, al costo di un giorno di osservazione al mese perso. Il telescopio spaziale Kepler è stato lanciato il 7 marzo 2009 alle 03:49:57 UTC (6 marzo ore 10:49:57 pm EST) a bordo di un lanciatore Delta II dalla Cape Canaveral Air Force Station, Florida. Il lancio è stato un successo completo e tutte e tre le fasi erano complete alle 04:55 UTC. La copertura del telescopio è stata espulsa il 7 aprile e le immagini di prima luce sono state scattate il giorno successivo. Il 20 aprile 2009 il team scientifico di Kepler ha annunciato che ulteriori rifiniture del fuoco avrebbero incrementato notevolmente la qualità dei dati di ritorno. Il 23 aprile seguente è stato annunciato come il fuoco fosse stato ottimizzato con successo, muovendo lo specchio primario di 40 micrometri verso il piano focale e inclinandolo di 0,0072 gradi. Il 13 maggio 2009 alle ore 01:01 UTC Kepler ha completato con successo la fase di preparazione e ha cominciato la sua ricerca di pianeti extrasolari. Il 19 giugno 2009 il veicolo spaziale ha trasmesso con successo i suoi primi dati scientifici a Terra. Si è scoperto che il 15 giugno Kepler è entrato in "safe mode" (modalità di sicurezza), e una seconda volta il 2 luglio. Entrambi gli eventi sono stati innescati da un "reset del processore". Il telescopio è ritornato ad operare normalmente il 3 luglio e i dati raccolti dal 19 giugno sono stati trasmessi a Terra quel giorno. Il 14 ottobre 2009 si è determinato che la causa di questi eventi di "messa in sicurezza" del telescopio era un generatore di potenza a bassa tensione, che alimentava il processore RAD750. Il 12 gennaio 2010 una porzione del piano focale ha trasmesso dati anomali, indicando un problema con il piano focale del modulo MOD-3, che controlla 2 dei 42 CCD di Kepler. Kepler trasmette a terra circa 12 gigabyte di dati all'incirca una volta al mese, un esempio di tale download è quello del 22-23 novembre 2010. Il 14 luglio 2012 una delle quattro ruote di reazione utilizzate per il puntamento fine del telescopio si è guastata. Seppur Kepler richiedeva solo tre delle ruote di reazione per posizionarsi accuratamente, il guasto ad un'altra di queste avrebbe reso la sonda incapace di continuare la sua missione e mettendo a repentaglio la missione estesa. Il 17 gennaio 2013 la NASA ha annunciato che una delle tre ruote di reazione rimanenti, la numero 4, mostrava segni di aumento dell'attrito e che Kepler avrebbe operato in modo discontinuo per 10 giorni come possibile soluzione al problema. Se anche la seconda ruota si fosse guastata la missione sarebbe stata terminata. Il 29 gennaio la NASA ha annunciato il ritorno con successo alla normale modalità di raccolta dati, nonostante la ruota di reazione continuasse ad esibire livelli di frizione elevati e saltuari. Il 29 aprile 2013 un manager update ha riportato che la quarta ruota di reazione continuava a mostrare segni di frizione e deterioramento e che il team stava valutando le misure da prendere nel caso la ruota dovesse fallire completamente, eventualmente passando al controllo dell'orientamento tramite propulsori. Un contatto il 3 maggio successivo ha mostrato che il telescopio era entrato in modalità di sicurezza, ma sembra che la cosa non sia correlata con il malfunzionamento delle ruote di reazione. Il telescopio è successivamente ritornato alla normale modalità di presa dati il 6 maggio successivo Il 15 maggio 2013 è stato annunciato che la ruota di reazione 4 aveva definitivamente cessato di funzionare. Il telescopio si trovava in una modalità di sicurezza controllata dai propulsori, probabilmente per la perdita dell'orientamento, e stava lentamente girando su se stesso. Al comando di fermare la rotazione il team ha scoperto il fallimento della quarta ruota di reazione, probabilmente per il cedimento strutturale del cuscinetto stesso. A seguito di ciò il telescopio è stato messo in modalità PRS (Point Rest State), di puntamento a riposo, una nuova modalità studiata per l'evenienza che permetteva il contatto continuo con la Terra. Nelle settimane successive il team ha cercato di ripristinare la funzionalità del telescopio, tentando sia il riutilizzo della prima ruota di reazione fallita sia il controllo tramite propulsori. Il 19 agosto 2013 la NASA ha annunciato che si è rivelato impossibile riparare il telescopio, per cui non è potuto tornare ad essere operativo per la ricerca di esopianeti. Il sistema di stabilizzazione, formato da quattro dispositivi simili a giroscopi ed essenziale per ottenere la precisione necessaria, non era riparabile. La NASA ha previsto di poter ancora usare il telescopio per scopi diversi da quello della ricerca di pianeti extrasolari potenzialmente in grado di ospitare la vita. In termini di prestazioni fotometriche Kepler ha lavorato bene, meglio di qualsiasi telescopio terrestre, seppure inferiormente all'obiettivo di progetto. Tale obiettivo era di una precisione fotometrica differenziale combinata (CDPP) di 20 ppm per una stella di magnitudine 12 in 6,5 ore di integrazione: questa stima era stata calcolata considerando una variabilità delle stelle di 10 ppm, all'incirca il valore di variabilità solare. L'accuratezza ottenuta invece per questo tipo di osservazione ha una vasta gamma di valori, in dipendenza dalla stella e dalla sua posizione sul piano focale, con una mediana di 29 ppm. Molto del rumore addizionale era dovuto a una maggiore variabilità delle stelle stesse, circa 19,5 ppm, mentre il resto era dovuto a fonti di rumore strumentale maggiori di quanto previsto. Si sta lavorando per comprendere meglio il rumore strumentale ed eliminarlo. Siccome il segnale di un pianeta terrestre transitante è molto vicino al livello di rumore (circa 80 ppm), l'aumento di questo implica per ogni singolo evento di transito un livello di significatività di 2,7 σ, invece del 4 σ di progetto. Questo a sua volta significa che più transiti dovevano essere necessariamente osservati per essere sicuri di una rivelazione di pianeta. Le stime scientifiche avevano indicato in 7-8 anni il tempo necessario alla missione per trovare tutti i pianeti terrestri transitanti, contro i 3,5 originalmente pianificati. Il 4 aprile 2012 è stata approvata la missione estesa di Kepler fino all'anno fiscale 2016. Kepler era su un'orbita eliocentrica, che evitava occultazioni da parte della Terra, luce diffusa, perturbazioni gravitazionali e momenti torcenti associati alle orbite terrestri. Il fotometro puntava il suo campo visivo verso le costellazioni del Cigno, della Lira e del Dragone, ben lontane dal piano dell'eclittica, così che la luce del Sole non entrasse mai nel fotometro durante la sua orbita. Il campo inoltre non era oscurato né dalla fascia di Kuiper né da quella principale. Questa è inoltre la stessa direzione del moto del Sistema Solare attorno al centro della Galassia. Di conseguenza le stelle osservate da Kepler sono all'incirca alla stessa distanza dal centro galattico del Sole e altrettanto vicine al piano galattico. Questa condizione potrebbe essere importante se l'abitabilità dipendesse dalla posizione nella Galassia, come suggerito dall'ipotesi della rarità della Terra. L'orbita di Kepler è stata definita dalla NASA come di trascinamento terrestre, poiché il periodo di rivoluzione di 372,5 giorni, più lungo di quello terrestre, fa sì che lentamente il telescopio rimanga indietro rispetto alla Terra. Kepler era gestito dal Laboratory for Atmospheric and Space Physics (LASP), Boulder (Colorado). I pannelli solari del telescopio erano ruotati verso il Sole ogni solstizio ed equinozio, per ottimizzare l'angolo di incidenza dei raggi solari e per mantenere il radiatore puntato verso lo spazio profondo. Il LASP controllava il telescopio insieme ai suoi costruttori, il Ball Aerospace & Technologies Corp., da un centro di controllo di missione situato nel campus dell'Università del Colorado. Il LASP controllava la pianificazione di base della missione e la raccolta e distribuzione iniziale dei dati. Il costo del ciclo iniziale della missione è stato previsto essere di 600 milioni di dollari, incluso il finanziamento per 3,5 anni di operatività, quest'ultima estesa dalla NASA nel 2012 fino al 2016 e successivamente fino al 2018. La NASA comunicava con il telescopio spaziale usando il collegamento in Banda X due volte a settimana, per l'invio di comandi e il controllo dello status. I dati scientifici invece erano scaricati una volta al mese utilizzando il collegamento in Banda Ka, con un rateo massimo di trasferimento di circa 550 kBps. Lo stesso Kepler conduceva a bordo le prime parziali analisi scientifiche e trasmetteva solo i dati ritenuti necessari alla missione, ai fini di risparmiare banda. I dati scientifici di telemetria raccolti durante le operazioni di missione al LASP erano inviati per il processamento al Kepler Data Management Center (DMC), situato allo Space Telescope Science Institute, nel campus della Johns Hopkins University in Baltimora (Maryland). I dati erano decodificati e processati dal DMC in formato FITS e successivamente inviati al Science Operations Center (SOC), parte del NASA Ames Research Center, per la calibrazione e il processamento finale. Il SOC aveva sviluppato e utilizzato gli strumenti necessari all'elaborazione dei dati per il loro uso da parte del Kepler Science Office (SO). Di conseguenza, il SOC sviluppava il software di processamento della pipeline di elaborazione dati, basandosi sugli algoritmi scientifici sviluppati dal SO. Durante le operazioni, il SOC:

  1. Riceveva i dati calibrati dal DMC;
  2. Applicava gli algoritmi di analisi per produrre le curve di luce per ciascuna stella;
  3. Ricercava gli eventuali eventi di transito per l'individuazione dei pianeti (eventi di soglia di transito o "threshold-crossing events" (TCE));
  4. Validava i dati dei candidati pianeti testandone la consistenza per eliminare i falsi positivi.

Il SOC valutava anche le prestazioni fotometriche su base continuativa e forniva i dati ottenuti al SO e al Mission Management Office. Infine il SOC sviluppava e manuteneva i database scientifici del progetto, inclusi i cataloghi e i dati processati. In ultimo luogo il SOC rimandava i prodotti dei dati calibrati e i risultati scientifici al DMC per l'archiviazione e distribuzione agli astronomi del mondo, attraverso il Multimission Archive at STScI (MAST). Kepler aveva un campo visivo fissato: il diagramma sulla destra mostra le coordinate celesti dell'area e come erano disposti i sensori della sua fotocamera, insieme alla posizione di alcune stelle brillanti. Il sito della missione forniva un calcolatore che determina se un dato oggetto ricade nel campo d'osservazione di Kepler e dove questo apparirebbe nei dati prodotti, in base anche al periodo di osservazione. I dati dei pianeti extrasolari candidati erano raccolti dal Kepler Follow-up Program, ai fini di condurre le osservazioni finali di conferma. Il campo visivo di Kepler copriva 115 gradi quadrati, circa lo 0,28% della volta celeste: sarebbero serviti quindi circa 400 telescopi come Kepler per coprirla interamente. Gli obiettivi scientifici di Kepler erano l'esplorazione della struttura e della diversità dei sistemi planetari. Il telescopio ha osservato quindi un campione di circa 140 000 stelle con i seguenti obiettivi chiave:

  • Determinare quanti pianeti terrestri e superterre esistono nella zona abitabile, anche chiamata Zona Goldilocks,[56] di una grande varietà di stelle.
  • Determinare l'intervallo di grandezza e forma delle orbite di tali pianeti.
  • Stimare quanti pianeti si trovano in sistemi stellari multipli.
  • Determinare l'intervallo di grandezza delle orbite, di luminosità, dimensioni, massa e densità dei gioviani caldi.
  • Identificare ulteriori membri di ciascun sistema scoperto tramite l'impiego di altre tecniche oltre al transito.
  • Determinare la proprietà delle stelle che ospitano sistemi planetari.

La gran parte dei pianeti extrasolari scoperti precedentemente alla messa in opera di Kepler dagli altri progetti erano pianeti giganti gassosi, in gran parte delle dimensioni di Giove o maggiori. Kepler era stato progettato apposta per trovare pianeti da 30 a 600 volte meno massicci, nell'ordine di grandezza della Terra (Giove è 318 volte più massiccio di essa). Il metodo utilizzato, quello del transito, consta nella osservazione ripetuta dei transiti dei pianeti di fronte alle loro stelle. Ciò causa una diminuzione della magnitudine apparente della stella, dell'ordine dello 0,01% per un pianeta grande come la Terra. L'entità della diminuzione di luminosità della stella permette di calcolare il raggio del pianeta, conoscendo quello stellare, mentre l'intervallo tra i transiti fornisce una misura diretta del periodo orbitale dell'oggetto. Da questo si possono calcolare le stime del semiasse maggiore dell'orbita, utilizzando la terza legge di Keplero, e della temperatura del pianeta. La probabilità che una orbita planetaria casuale cada lungo la linea di vista con la stella si ottiene dividendo il diametro della stella per quello dell'orbita. Per un pianeta terrestre che orbita a 1 UA dalla stella la probabilità di transitare di fronte a una stella simile al Sole è dello 0,465%, circa una su 215. A 0,72 UA (la distanza orbitale di Venere) la probabilità è leggermente maggiore, circa lo 0,65%. Questi ultimi sarebbero simili alla Terra se la stella ospite fosse più fredda del Sole, come Tau Ceti. Oltretutto siccome i pianeti in un dato sistema tendono ad orbitare su di un piano grossomodo comune, le probabilità di osservare sistemi multipli sono maggiori. Per esempio, se una missione simile a Kepler condotta da osservatori esterni osservasse la Terra transitare il Sole, ci sarebbe un 12% di possibilità che osservi anche i transiti di Venere. Il campo visivo di Kepler di 115 gradi quadrati forniva al telescopio molte più possibilità di rilevare pianeti terrestri rispetto a Hubble, che ha un campo visivo di soli 10 arcominuti quadrati. In più Kepler era dedicato al rilevamento di transiti planetari, mentre il telescopio Hubble è impiegato in una vasta gamma di osservazioni scientifiche e raramente osserva un campo stellare continuamente. Delle circa 500 000 stelle nel campo visivo di Kepler circa 140 000 sono state selezionate per lo studio, e sono state osservate simultaneamente, prendendo una misurazione di luminosità ogni 30 minuti. Ciò forniva probabilità maggiori di vedere un transito. La probabilità di 1/215 di osservare un pianeta terrestre orbitante a 1 UA transitare di fronte alla stella significa che, se tutte le stelle studiate possedessero lo stesso diametro del Sole e un pianeta terrestre di questo tipo, Kepler sarebbe stato in grado di scoprirne fino a circa 465. Se solo il 10% delle stelle possedesse un tale pianeta il numero di pianeti rilevabili scende a circa 46. La missione era quindi adatta a determinare la frequenza di questi pianeti terrestri di lungo periodo in orbita attorno ad altre stelle. Siccome servono almeno tre transiti per confermare la natura planetaria dei segnali osservati nella curva di luce della stella e siccome pianeti più grandi forniscono un segnale più facile da elaborare gli scienziati si aspettavano che i primi risultati fossero relativi a grandi pianeti gioviani in orbite molto strette, i cosiddetti gioviani caldi. Infatti i primi di questa categoria sono stati scoperti dopo solo pochi mesi di osservazione. Pianeti più piccoli o più lontani dalla stella hanno richiesto più tempo per essere confermati e la scoperta di questi non era attesa almeno nei primi tre anni di osservazioni. Quando il telescopio Kepler osservava un qualcosa di simile ad un transito era necessario valutare la possibilità che fosse un falso positivo con osservazioni successive, come la spettroscopia Doppler dalla Terra, prima della conferma definitiva. Nonostante Kepler fosse stato progettato per la fotometria, si è notato come sia stato anche in grado di eseguire misure di astrometria e tali misurazioni avessero potuto aiutare a confermare o escludere i candidati. In aggiunta ai transiti, i pianeti che orbitano attorno alle loro stelle mostrano una variazione nella quantità di luce riflessa, esattamente come la Luna e le sue fasi. Kepler non poteva risolvere i pianeti dalle stelle, ma ne osservava la luminosità combinata, che varia periodicamente ogni orbita del pianeta. Nonostante l'effetto sia piccolo anche per pianeti gioviani in orbite molto strette, comparabile alla precisione richiesta per un pianeta come la Terra, essi erano rilevabili da Kepler. Nel tempo questo metodo ha potuto aiutare a trovare persino più pianeti che con il transito, perché la luce riflessa in dipendenza dalla fase orbitale è in gran parte indipendente dall'inclinazione orbitale e non richiede che il pianeta passi di fronte al disco stellare. In più la funzione di fase di un pianeta gigante è anche funzione delle sue proprietà termiche e atmosferiche. Quindi la curva di fase può aiutare a dedurre altre proprietà planetarie, come la distribuzione e la dimensione delle particelle nell'atmosfera. In questo campo Kepler agisce come CoRoT. I dati raccolti da Kepler sono stati anche utilizzati per lo studio di stelle variabili di vari tipi e per la conduzione di studi di astrosismologia, particolarmente per stelle che mostrano oscillazioni simili a quelle solari. Come era atteso le prime scoperte sono state tutte di pianeti appartenenti alla classe dei gioviani caldi, pianeti grandi e molto vicini alla loro stelle, fattori che ne rendono l'individuazione più facile. Con il proseguire della missione si sono scoperti gradualmente i pianeti con periodi più lunghi e dimensioni minori. Il 6 agosto 2009 la NASA ha tenuto una conferenza per discutere i primi risultati della missione Kepler. A questa conferenza stampa è stato rivelato come Kepler avesse confermato l'esistenza del già conosciuto pianeta transitante HAT-P-7 b e che il telescopio funzionava bene ed era in grado di scoprire pianeti terrestri. Siccome la scoperta di pianeti da parte di Kepler dipende da cambi molto piccoli nella luminosità delle stelle, le stelle che sono di conto loro variabili non sono utili nella sua ricerca. Già dai primi pochi mesi di dati gli scienziati del team Kepler hanno scoperto che circa 7 500 delle stelle monitorate erano stelle variabili. Sono state quindi eliminate dalla lista degli obiettivi, per essere sostituite da nuove candidate. Il 4 novembre 2009 il progetto Kepler ha distribuito al pubblico le curve di luce delle stelle scartate. Il 4 gennaio 2010 gli scienziati del team di Kepler hanno annunciato alla convention della American Astronomical Society i primi risultati scientifici del telescopio spaziale. Nelle sole prime sei settimane di dati il telescopio ha individuato circa 100 candidati pianeti e ne ha effettivamente scoperti cinque, precedentemente sconosciuti e tutti molto vicini alle loro stelle. Il primo è simile a Nettuno come dimensioni e densità, rendendolo così un nettuniano caldo. Gli altri quattro sono invece dei gioviani caldi molto grandi (tra 1,3 e 1,5 RJ), tra cui Kepler-7 b che con una densità di 0,17 g/cm³, simile a quella del polistirene, era all'epoca il pianeta meno denso mai scoperto. Un articolo del 31 gennaio ha analizzato due candidati pianeti, KOI-74 e KOI-81, dalle insolite proprietà. I due oggetti infatti mostravano dai dati di avere temperature superficiali più elevate persino delle loro stelle, pur possedendo una massa substellare. Un articolo successivo, del 26 aprile ha mostrato che tali dati erano da spiegarsi con il fatto che i due oggetti sono delle nane bianche, prodotte da processi di trasferimento di massa in sistemi binari stretti. Il 15 giugno 2010 il team della missione ha distribuito al pubblico i dati di quasi tutte le circa 156 000 stelle studiate. In questi primi dati, che coprono solo 33,5 giorni, 706 stelle mostravano di possedere candidati esopianeti validi, con dimensioni che variavano da quelle della Terra a più grandi di Giove. Sono stati inoltre distribuiti i dati di 312 esopianeti in orbita attorno a 306 di queste candidate stelle:[74] tra di essi infatti figurano 5 sistemi multiplanetari, mentre è stato comunicato che i dati per le restanti 400 venivano trattenuti per ulteriori analisi e che sarebbero stati pubblicati nel febbraio dell'anno successivo[76] (vedi la sezione successiva). I risultati di Kepler quindi, in base alla lista dei candidati del 2010, implicavano che la gran parte dei pianeti scoperti possedessero un raggio medio pari a circa la metà di quello di Giove e che tra i pianeti dal periodo orbitale inferiore ai 30 giorni quelli più piccoli fossero molto più frequenti di quelli grandi. Ciò significa che le scoperte dalla Terra stavano campionando solo la coda di grande massa della distribuzione di tali pianeti di corto periodo. Ciò entrava in contraddizione con le teorie precedenti, secondo le quali i pianeti di piccole dimensioni e simili alla Terra fossero relativamente rari. Secondo i dati di Kepler infatti si poteva fare una prima stima realistica dei pianeti abitabili nella nostra galassia, risultata pari a circa 100 milioni. Il 2 febbraio 2011 il team di Kepler ha annunciato i risultati dell'analisi dei primi quattro mesi di dati, presi tra il 2 maggio e il 16 settembre 2009. Il team ha scoperto 1 235 candidati pianeti in orbita attorno a 997 stelle e analisi indipendenti indicano che almeno il 90% di questi potrebbero essere pianeti reali. I candidati si dividono in 68 pianeti di dimensioni terrestri, 288 superterrestri, 663 nettuniani, 165 gioviani e 19 fino a due volte più grandi di Giove. In contrasto con i lavori precedenti, all'incirca il 74% dei pianeti sono più piccoli di Nettuno, probabilmente perché i pianeti più grandi sono stati scoperti subito in quanto facilmente individuabili. Di questi 1 235 pianeti annunciati a febbraio ben 54 orbitano nella fascia abitabile delle loro stelle, inclusi 6 pianeti grandi meno di due volte la Terra. Questi sono KOI-326.01, KOI-701.03, KOI-268.01, KOI-1026.01, KOI-854.01 e KOI-70.03. Uno studio successivo ha mostrato come KOI-326.01 non sia in realtà di dimensioni terrestri. Prima di questa pubblicazione erano conosciuti solo due pianeti ritenuti orbitare nella fascia abitabile, quindi queste nuove scoperte hanno portato a un'enorme espansione del numero dei pianeti con tale caratteristica. Tutti i 54 candidati pianeti nella fascia abitabile scoperti orbitano attorno a stelle significativamente più piccole e fredde del Sole (candidati abitabili attorno a stelle simili al Sole richiederanno molti altri anni di raccolta dati per accumulare i tre transiti richiesti per la conferma). Basandosi su questi primi dati si è stimata la frequenza dei vari tipi di pianeti: il 5,4% delle stelle ospita pianeti di dimensione terrestre, il 6,8% ospita superterre, il 19,3% nettuniani e il 2,5% pianeti di dimensioni gioviane. I sistemi multiplanetari sono comuni: infatti il 17% delle stelle ospiti possiede sistemi con più candidati e il 33,9% di tutti i pianeti si trovano in sistemi multipli. Il 5 dicembre il team di Kepler ha annunciato una nuova release di dati, portando il numero di candidati planetari a 2326. Questi si dividono in 207 di dimensioni terrestri, 680 superterrestri, 1181 nettuniani, 203 gioviani e 55 più grandi di Giove. In confronto alla distribuzione dei pianeti annunciati a febbraio il numero delle terre e delle superterre è aumentato rispettivamente del 200% e del 140%. Invece i candidati in fascia abitabile si sono ridotti a 48, a seguito dell'adozione di criteri più stringenti. Il 20 dicembre il team Kepler ha annunciato la scoperta dei primi pianeti extrasolari di dimensioni terrestri, Kepler-20 e Kepler-20 f, in orbita attorno a una stella simile al Sole, Kepler-20. Basandosi sulle scoperte di Kepler, l'astronomo Seth Shostak ha stimato che "entro un migliaio di anni luce dalla Terra ci sono almeno 30 000 pianeti abitabili. Sempre in base alle scoperte il team di Kepler ha stimato che ci sono "almeno 50 miliardi di pianeti nella Via Lattea e che almeno 500 milioni di questi sono nella fascia abitabile". Nel marzo 2011 gli astronomi del Jet Propulsion Laboratory della NASA hanno affermato che "ci si aspetta che tra l'1,4% e il 2,7% di tutte le stelle simili al Sole ospiti pianeti simili alla Terra nelle rispettive fasce di abitabilità". Ciò significa che ci sono almeno "due miliardi" di pianeti simili alla Terra solo nella nostra Via Lattea. E considerando che ci sono almeno 50 miliardi di galassie nell'universo osservabile. il totale dei pianeti abitabili potenziali sale a 100 miliardi di miliardi. Tra i pianeti scoperti notevoli c'è il sistema di KOI-55, una stella morente i cui pianeti sono stati individuati non tramite transito ma utilizzando la luce riflessa dagli stessi e la sua variazione durante la loro orbita. Nel gennaio 2012 un team internazionale di astronomi ha comunicato che ogni stella della Via Lattea mediamente ospita almeno 1,6 pianeti e ciò implica che nella nostra sola galassia esistano oltre 160 miliardi di pianeti in sistemi planetari. Kepler nella sua attività di monitoraggio della luminosità delle stelle selezionate non solo ha registrato i transiti dei pianeti ma anche i brillamenti di queste stelle. Alcuni di questi brillamenti sono stati fino a 10 000 volte più potenti del più grande brillamento solare mai registrato, l'evento di Carrington nel 1859. Una spiegazione per tali superflare è che siano dovute all'interazione con dei pianeti gioviani caldi, molto massicci e vicini alla superficie della stella. Durante il 2012 la tecnica delle Transit Timing Variation (TTV), utilizzata per la conferma di Kepler-9 d, ha cominciato ad essere usata in modo estensivo, confermando sempre più pianeti tramite le analisi della perturbazione della periodicità dei transiti, dovute a pianeti non transitanti. Il 16 ottobre è stato scoperto il primo pianeta in un sistema stellare quadruplo, Kepler-64, ed è anche il primo pianeta individuato dal sito planet hunters. Nel 2012 il catalogo dei pianeti candidati ha subito solo un aggiornamento, senza notevoli espansioni, con l'eliminazione di 5 candidati (da 2326 a 2321). Il 7 gennaio 2013 il team della missione Kepler ha pubblicato una nuova versione del catalogo dei candidati, aggiungendone 461 ed eliminandone 42, facendo così salire il totale a 2 740 candidati in orbita attorno a 2 036 stelle. I candidati sono suddivisi in 351 pianeti di dimensione terrestre, 816 superterre, 1 290 nettuniani, 202 gioviani e 81 più grandi di Giove. Anche in questa release viene confermata la tendenza di quelle precedenti verso un aumento dei candidati più piccoli, in quanto le terre hanno visto un aumento del 43%, le superterre del 21%, mentre quelli maggiori hanno subito un aumento nettamente minore. Probabilmente perché più facili da vedere e ormai già tutti scoperti. Più il tempo passa più Kepler sarà in grado di confermare pianeti piccoli e con orbite molto larghe. Tra questi nuovi candidati spicca KOI-172.02, una superterra di poco più grande del nostro pianeta e nella fascia abitabile della sua stella, probabilmente il primo pianeta scoperto ad essere "un buon candidato per ospitare la vita extraterrestre". Il pianeta è stato successivamente confermato e inserito nella lista ufficiale come Kepler-69 c il 18 aprile, insieme ad altri due pianeti molto simili alla Terra, Kepler-62 e e Kepler-62 f. Uno studio degli astronomi del Caltech, sempre di gennaio, ha formulato una nuova stima dei pianeti presenti nella Via Lattea, portandola un valore compreso tra 100 e 400 miliardi. Lo studio è basato sul sistema di Kepler-32 e suggerisce che i sistemi multipli potrebbero essere la norma nella nostra galassia. Il 26 febbraio 2014 viene annunciata la scoperta, grazie ai dati di Kepler, di 715 nuovi pianeti intorno a 305 stelle; quattro di questi orbitano nella zona abitabile. Il 17 aprile viene annunciata la scoperta del pianeta più simile alla Terra finora scoperto a cui viene dato il nome di Kepler-186f. Questo è più grande del 10% rispetto al nostro pianeta ed orbita intorno ad una nana rossa distante circa 500 anni luce da noi. Il pianeta dista dalla sua stella circa 58 milioni di chilometri e compie un'orbita in 130 giorni. Tutti questi fattori hanno spinto i ricercatori della NASA ad ipotizzare che questo pianeta abbia le caratteristiche per mantenere l'acqua allo stato liquido in superficie, così da poter consentire la nascita della vita. L'8 gennaio 2015 viene annunciata la scoperta di due pianeti molto simili alla terra, denominati "Kepler-438 b" e "Kepler-442 b", che sono di dimensioni leggermente superiori alla Terra e si trovano rispettivamente a 475 e 1100 anni luce di distanza dal sistema solare; in particolare Kepler-438b potrebbe avere una superficie rocciosa e temperatura ideale per possedere acqua allo stato liquido, ed è stato definito dalla NASA il pianeta più simile alla terra mai scoperto. Il 26 gennaio viene data notizia dalla NASA della scoperta di un sistema costituito da 5 pianeti rocciosi di dimensione inferiori a Venere, attorno alla nana arancione Kepler-444, la cui età è stata stimata in 11,2 miliardi di anni (l'80% dell'età dell'universo). Il 23 luglio viene annunciata ufficialmente la scoperta dalla NASA del pianeta Kepler-452 b. Si tratta di un esopianeta che orbita attorno a Kepler-452, una stella di classe G nella costellazione del Cigno, distante 1400 anni luce dal sistema solare. Il pianeta è il primo oggetto dalle dimensioni simili a quelle terrestri ad essere stato scoperto orbitante nella zona abitabile di una stella molto simile al Sole. Il pianeta impiega circa 385 giorni terrestri per eseguire una rivoluzione, è più grande e si è formato prima del nostro pianeta. A giugno 2017 la NASA ha pubblicato un aggiornamento del catalogo planetario dei pianeti osservati da Kepler, con 219 nuovi pianeti candidati, dieci dei quali di dimensioni simili alla Terra ed orbitanti nella relativa fascia di abitabilità. A seguito di tale aggiornamento, l'ottavo della missione e l'ultimo che caratterizza la costellazione del Cigno, son stati identificati 4034 esopianeti candidati. A giugno 2017 la NASA ha pubblicato un aggiornamento del catalogo planetario dei pianeti osservati da Kepler, con 219 nuovi pianeti candidati, dieci dei quali di dimensioni simili alla Terra ed orbitanti nella relativa fascia di abitabilità. A seguito di tale aggiornamento, l'ottavo della missione e l'ultimo che caratterizza la costellazione del Cigno, son stati identificati 4034 esopianeti candidati. A marzo 2018 è stato dichiarata la scarsità del propellente (Idrazina) che alimentava i propulsori e consentiva alle ruote di reazione di puntare il satellite. Poiché Kepler non era in un'orbita pericolosa per eventuali cadute sulla Terra o su corpi del sistema solare con conseguente rischio contaminazione, la missione è stata sfruttata sino ad esaurimento del combustibile Il 6 luglio 2018 la NASA ha dichiarato di avere posto il telescopio in uno stato di ibernazione al fine di potere orientare il telescopio verso la Terra per poter scaricare gli ultimi dati acquisiti con la 18 esima campagna osservativa. La missione è stata conclusa il 30 ottobre 2018 con comunicato della NASA in cui è avvenuta la conferma che il carburante era esaurito.

Sonde spaziali

  • Giove (9 luglio 1979)
  • Saturno (26 agosto 1981)
  • Urano (24 gennaio 1986)
  • Nettuno (25 agosto 1989)
Obiettivi primari
  • Esaminare la geologia globale e la morfologia di Plutone e Caronte
  • Mappare le composizioni chimiche delle superfici di Plutone e Caronte
  • Descrivere l'atmosfera non ionizzata di Plutone
Obiettivi secondari
  • Descrivere la variabilità dell'atmosfera e della superficie di Plutone
  • Riprendere aree selezionate in stereoscopia
  • Mappare il terminatore in alta risoluzione
  • Mappare le composizioni chimiche di aree selezionate in alta risoluzione
  • Descrivere la ionosfera di Plutone e la sua interazione con il vento solare
  • Ricercare alcuni composti neutri come idrogeno, acido cianidrico, idrocarburi e altri
  • Ricercare un'eventuale atmosfera di Caronte
  • Mappare le temperature superficiali
Obiettivi terziari
  • Esaminare le particelle energetiche attorno a Plutone e Caronte;
  • Raffinare le misurazioni dei parametri e delle orbite;
  • Cercare ulteriori satelliti naturali e anelli.
  • Mappatura della geologia della superficie per imparare come si è formata ed evoluta
  • Misurazione della temperatura della superficie
  • Mappatura 3D della topografia e della composizione della superficie per capire in che modo è simile e diversa rispetto a comete come 67P/Churyumov-Gerasimenko e pianeti nani come Plutone
  • Ricerca di qualsiasi segno di attività, come una chioma con aspetto di nuvola
  • Ricerca e studio di satelliti o anelli
  • Misurazione della massa
  • capire le proprietà strutturali e la dinamica generale del pianeta attraverso la misurazione della massa e delle dimensioni del nucleo, dei campi gravitazionale e magnetico;
  • misurare la composizione dell'atmosfera gioviana (in particolare le quantità di gas condensabili come H2O, NH3, CH4 e H2S), il profilo termico, il profilo di velocità dei venti e l'opacità delle nubi a profondità maggiori di quelle raggiunte dalla sonda Galileo;
  • investigare sulla struttura tridimensionale della magnetosfera dei poli.
  • MWR (Microwave radiometer): l'obiettivo principale del radiometro sarà sondare la profonda atmosfera di Giove a onde radio tra 1,3 cm e 50 cm usando sei radiometri separati per misurare l'emissione termica del pianeta. Questo strumento è stato costruito dal Jet Propulsion Laboratory e l'investigatore principale sarà Mike Janssen.
  • JIRAM (Jovian Infrared Auroral Mapper): l'obiettivo principale del JIRAM sarà sondare gli strati superiori dell'atmosfera gioviana fino a una pressione tra 5 e 7 bar, nelle lunghezze d'onda dell'infrarosso tra 2 e 5 micrometri, usando una fotocamera e uno spettrometro. Questo strumento è stato costruito dall'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e la Selex-Galileo Avionica. L'investigatore principale per la missione sarebbe stata Angioletta Coradini, che però è deceduta il 5 settembre 2011, un mese dopo il lancio della sonda Juno.
  • FGM (Fluxgate Magnetometer): gli studi del campo magnetico avranno tre obiettivi: mappare il campo magnetico, determinare le dinamiche del nucleo di Giove, e determinare la struttura 3D della sua magnetosfera polare. Questo strumento è stato costruito dal Goddard Space Flight Center, della NASA, e l'investigatore principale sarà Jack Connerney.
  • ASC (Advanced Stellar Compass): l'obiettivo dell'ASC sarà permettere a Juno di orientarsi, in base a complesse e precise osservazioni stellari. Questo strumento è stato costruito dal Goddard Space Flight Center, della NASA e l'investigatore principale sarà Jack Connerney.
  • JADE (Jovian Auroral Distribution Experiment): JADE studierà la struttura del plasma intorno alle aurore di Giove, misurando la posizione, l'energia e la distribuzione per composizione delle particelle cariche della magnetosfera polare di Giove. Questo strumento è stato costruito dal Southwest Research Institute, e l'investigatore principale sarà David McComas.
  • JEDI (Jovian Energetic particle Detector Instrument): JEDI misurerà l'energia e la distribuzione angolare dell'idrogeno, l'elio, l'ossigeno, lo zolfo e altri ioni nella magnetosfera polare di Giove. Questo strumento è stato costruito dall'Applied Physics Laboratory e l'investigatore principale per la missione sarà Barry Maulk.
  • WAVES (Radio and Plasma Wave Sensor): questo strumento identificherà le regioni delle correnti presenti nelle aurore, per riuscire a definire le emissioni radio di Giove e l'accelerazione che subiscono le particelle presenti nell'aurora, misurando lo spettro radio e plasma nella regione dell'aurora. Questo strumento è stato costruito dall'Università dell'Iowa e l'investigatore principale sarà William Kurth.
  • UVS (Ultraviolet Imaging Spectrograph): UVS registrerà la lunghezza d'onda, la posizione e il tempo d'arrivo dei fotoni ultravioletti. Usando un rilevatore con un canale a 1024x256 micron, riuscirà a ottenere immagini spettrali delle emissioni delle aurore nella magnetosfera polare. Questo strumento è stato costruito dal Southwest Research Institute e l'investigatore principale sarà G. Randall Gladstone.
  • GSE (Gravity Science Experiment): lo scopo primario di questo strumento sarà studiare la struttura interna di Giove, ottenendo misurazioni dettagliate del suo campo gravitazionale da una posizione di orbita polare. Sarà un esperimento di radio-scienza che userà i sistemi di telecomunicazioni per rispedire dati sulla Terra riguardo alla posizione precisa di Juno rispetto a Giove. La distribuzione della massa nel nucleo di Giove dovrebbe causare variazioni locali nella sua gravità, e queste saranno rilevate grazie all'effetto doppler nello spettro radio delle onde X e Ka. Questo strumento è stato costruito da Thales Alenia Space-I e l'investigatore principale sarà Luciano Iess.[13]
  • JCM (JunoCam): una fotocamera/telescopio che includerà un carico scientifico per facilitare il coinvolgimento del pubblico e per scopi educativi. Opererà per soltanto 7 orbite intorno a Giove dato che la radiazione del campo magnetico di Giove è talmente forte da proibire l'uso prolungato. Questo strumento è stato costruito dal Malin Space Science Systems e l'investigatore principale sarà Michael C. Malin.
  • un magnetometro montato su un braccio lungo 11 metri per minimizzare le interferenze della sonda
  • uno strumento per rilevare particelle cariche a bassa energia del plasma, un rilevatore di onde di plasma generate dalle particelle
  • un rilevatore di particelle cariche ad alta energia
  • un rilevatore di polvere cosmica
  • un contatore di ioni pesanti
  • rilevatore per ultravioletto estremo accoppiato ad uno spettrometro UV
  • il sistema di camere
  • lo spettrometro all'infrarosso vicino per riprendere immagini multispettrali nell'analisi chimica della superficie e dell'atmosfera dei satelliti
  • uno spettrometro all'ultravioletto per studiare i gas
  • un foto-polarimetro radiometro per misurare l'energia irradiata e riflessa.
  • atmospheric structure instrument group per la misurazione della temperatura, la pressione e la decelerazione
  • neutral mass spectrometer
  • helium-abundance interferometer per gli studi sulla composizione atmosferica
  • nefelometro per le osservazioni delle nubi
  • net-flux radiometer per la misurazione delle differenze nel flusso di energia irradiata ad una certa altitudine
  • lightning/radio-emission instrument assieme ad un rilevatore di particelle energetiche per misurare le emissioni di luce e radio associate ai fulmini e alle particelle cariche nelle fasce di radiazione del pianeta.
  • La sonda effettuò la prima osservazione di nubi di ammoniaca nell'atmosfera del pianeta.
  • Fu confermata una estesa attività vulcanica su Io, circa 100 volte maggiore a quella presente sulla Terra. Il calore e la frequenza delle eruzioni ricordano quelle che forse erano presenti sulla Terra primordiale.
  • Sono presenti complesse interazioni del plasma nell'atmosfera di Io che creano immense correnti elettriche
  • La sonda fornì diverse prove a sostegno della tesi della presenza di oceani liquidi sotto la superficie ghiacciata di Europa
  • Su Ganimede venne rilevato un campo magnetico, il primo satellite a possederne uno.
  • Vennero fornite le prove che Europa, Ganimede e Callisto possiedono un sottile strato di atmosfera.
  • Il sistema di anelli di Giove si formò dalla polvere sollevata dallo scontro di un meteorite con uno dei satelliti interni. L'anello più esterno è composto in realtà da due anelli, uno situato dentro l'altro.
  • È stata identificata la struttura globale e la dinamica della magnetosfera del gigante gassoso.
  • forte assorbimento di luce nell'estremità rossa dello spettro visibile (in particolare sopra i continenti), causata dall'assorbimento della clorofilla durante la fotosintesi delle piante.
  • assorbimento nello spettro dell'ossigeno molecolare, come risultato dell'attività delle piante.
  • assorbimento nello spettro dell'infrarosso provocato dal metano in quantità di 1 micromole per mole.
  • trasmissione di onde radio modulate a banda stretta, che non possono provenire da alcuna sorgente naturale
  • caratterizzazione del nucleo;
  • determinazione delle componenti chimiche presenti;
  • studio delle attività della cometa e dei suoi tempi di sviluppo.
  • Primo sorvolo della Terra (marzo 2005)
  • Sorvolo di Marte (febbraio 2007)
  • Secondo sorvolo della Terra (novembre 2007)
  • Sorvolo dell'asteroide 2867 Šteins (5 settembre 2008)
  • Terzo sorvolo della Terra (novembre 2009)
  • Sorvolo dell'asteroide 21 Lutetia (10 luglio 2010)
  • Ibernazione nello spazio profondo (luglio 2011 - gennaio 2014)
  • Avvicinamento alla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko (gennaio-maggio 2014)
  • Mappatura della cometa / caratterizzazione (agosto 2014)
  • Atterraggio sulla cometa (12 novembre 2014)
  • Inseguimento della cometa intorno al Sole (novembre 2014 - dicembre 2015)
  • schianto sulla cometa (30 settembre 2016)

La sonda spaziale Voyager 1 è una delle prime esploratrici del sistema solare esterno, tuttora in attività benché abbia raggiunto l'eliopausa. Il lancio è avvenuto nell'ambito del Programma Voyager della NASA il 5 settembre 1977 da Cape Canaveral a bordo di un razzo Titan IIIE, pochi giorni dopo la sua sonda gemella Voyager 2, in un'orbita che le avrebbe permesso di raggiungere Giove per prima. Obiettivo principale della missione era il sorvolo dei due pianeti giganti Giove e Saturno, e in particolare del satellite Titano, per studiarne i campi magnetici, gli anelli e fotografarne i rispettivi satelliti. Dopo il sorvolo di Saturno nel 1980 la missione della sonda è stata estesa proseguendo così a raccogliere dati sulle regioni esterne del sistema solare. Nell'agosto del 2012 la Voyager 1 ha oltrepassato l'eliopausa diventando il primo oggetto costruito dall'uomo ad uscire nello spazio interstellare. La sonda sta operando e comunicando dati da più di 43 anni e 1 mese e si trova alla distanza di oltre 150 UA (22 miliardi e 550 milioni di km) dal Sole, facendone l'oggetto artificiale più lontano dalla Terra. È previsto che continuerà ad operare fino al 2025, quando gli RTG smetteranno di fornire abbastanza energia elettrica. Missione primaria della Voyager 1 era studiare Giove e Saturno. La Voyager 1 iniziò a fotografare Giove nel gennaio 1979. La sonda passò vicino a Giove il 5 marzo 1979, e continuò a fotografare il pianeta fino ad aprile. Poco tempo dopo fu la volta della sonda sorella Voyager 2. Le due Voyager fecero numerose scoperte su Giove e i suoi satelliti. La più sorprendente fu la scoperta di vulcani di zolfo su Io, che non erano mai stati osservati né dalla Terra né dal Pioneer 10 o dal Pioneer 11. La sonda proseguì il suo viaggio verso Saturno. Il punto di massimo avvicinamento fu raggiunto il 12 novembre 1980, quando passò ad una distanza di poco più di 120000 km dal pianeta. La sonda fotografò le complesse strutture degli anelli di Saturno, e studiò l'atmosfera di Saturno e di Titano. La sua orbita, progettata per studiare Titano da vicino, la portò fuori dal piano dell'eclittica, impedendole di visitare altri pianeti. Dopo aver oltrepassato Saturno e le sue lune, la sonda si è progressivamente allontanata dal Sole, dirigendosi verso i confini del Sistema solare. Nel novembre 2003 è stato annunciato che secondo l'analisi dei dati registrati la Voyager 1 avrebbe passato il "termination shock" (il confine dove le particelle del vento solare vengono rallentate a velocità subsoniche) nel febbraio 2004. Altri scienziati hanno espresso dubbi in proposito (discussi nella rivista Nature il 6 novembre). Probabilmente serviranno altre analisi, rese difficili anche dal fatto che i rivelatori di vento solare a bordo del Voyager 1 hanno smesso di funzionare nel 1990. Le ultime dichiarazioni indicano che la sonda avrebbe attraversato il termination shock nel dicembre 2004. Dati del dicembre 2012 inviati dalla sonda dimostrano nuove e sensazionali scoperte dei confini del sistema solare. La sonda è entrata in una "autostrada magnetica" che collega il sistema solare allo spazio interstellare. Questa "autostrada" sembrerebbe essere un mezzo di collegamento fra il campo magnetico del sole ed il campo magnetico interstellare. Tutto ciò permette alle particelle cariche all'interno dell'eliosfera di uscire fuori e alle particelle cariche dell'esterno di riversarsi dentro. Pertanto il Voyager 1 sta analizzando particelle cariche provenienti dall'esterno del sistema solare. Gli esperti ritengono però che i dati sul campo magnetico non facciano pensare che sia già nello spazio interstellare, in quanto la direzione delle linee del campo magnetico dovrebbero mutare, quando invece non lo stanno facendo. La sonda si sarebbe immessa sull'autostrada magnetica il 28 luglio 2012 e da allora questa regione si è allontanata e riavvicinata ad essa molte volte. La sonda vi è infine rientrata il 25 agosto 2012. Mentre la sonda sta viaggiando verso lo spazio interstellare, i suoi strumenti continuano a studiare l'ambiente del sistema solare. Gli scienziati del Jet Propulsion Laboratory della NASA stanno usando gli strumenti a bordo per cercare il punto esatto dell'eliopausa. Il 13 dicembre 2010 è stato dichiarato che nel giugno 2010, a una distanza di circa 114 UA (circa 17 miliardi di km) dal Sole, la Voyager 1 ha rilevato che la velocità del vento solare è diminuita fino a zero, perciò la sonda potrebbe aver raggiunto l'eliopausa, tuttavia sono in corso ulteriori analisi per averne la certezza. Il 13 settembre 2013 è stato dichiarato che il 25 agosto del 2012, a una distanza di circa 121 UA dal Sole, avrebbe superato il confine dell'eliopausa. Ad indicarlo fu una nuova misurazione della densità del plasma di particelle a bassa energia che circondano la sonda, che mostrò un brusco incremento compatibile con le previsioni teoriche. Gli strumenti hanno rivelato una brusca diminuzione dei raggi cosmici solari, la cui intensità è scesa verso valori vicini allo zero. Il 14 giugno 2012 la NASA ha dichiarato che, per effetto del flusso di particelle cosmiche, gli strumenti della sonda hanno registrato segnali nuovi completamente diversi da quelli registrati sinora, per tale ragione si ritiene che la Voyager 1 sia vicina all'ingresso nello spazio interstellare. Successivamente il 3 agosto 2012 la NASA ha dichiarato che due dei tre segnali chiave (che era stato previsto che sarebbero dovuti cambiare nel momento in cui la sonda fosse entrata nello spazio interstellare) sono cambiati rapidamente come non accadeva da 7 anni. Il 12 settembre 2013 la NASA ha confermato che il 25 agosto del 2012 la Voyager 1, a una distanza di circa 121 UA dal Sole, è entrata ufficialmente nello spazio interstellare. La Voyager 1 è ancora funzionante ed è l'oggetto costruito dall'uomo più distante dalla Terra avendo superato la sonda Pioneer 10. Nel 2013 la Voyager 1 ha raggiunto lo spazio interstellare e al 22 ottobre 2020 si trova ad una distanza di 150,826 UA (equivalenti a 20,906 ore luce o 22,563 miliardi di km) dal Sole. La sonda si sta allontanando dal sistema solare a una velocità di 16,9995 km/s, pari ad oltre 3,5 UA all'anno; è in leggerissimo rallentamento a causa dell'attrazione solare. Nel 2018 sono stati attivati dei propulsori nuovamente funzionanti dopo 37 anni di inattività che saranno in grado di estendere la missione. La Voyager 1 è alimentata da una batteria RTG che le permetterà di funzionare, seppure in modo limitato, fino al 2025 quando avrà raggiunto oltre 25 miliardi di chilometri di distanza dalla Terra. In base alle previsioni, la Voyager 1 potrebbe raggiungere e analizzare l'ipotetico muro d'idrogeno (situato tra l'eliopausa e il bow shock), però sarà impossibile che la sonda sia ancora funzionante quando raggiungerà il bow shock situato a circa 230 UA dal Sole; nell'ipotesi che viaggi all'attuale velocità, si può stimare il raggiungimento di tale zona nel 2042, ma in realtà occorrerà più tempo a causa del progressivo leggero rallentamento della sonda. Fra 30 000 anni circa, la Voyager 1 uscirà completamente dalla Nube di Oort ed entrerà nel campo di attrazione gravitazionale di un'altra stella. La sonda si sta dirigendo in direzione della costellazione dell'Ofiuco e tra circa 38 000 anni passerà ad una distanza di circa 1,7 anni luce dalla stella Gliese 445 situata nella costellazione della Giraffa. Il sistema di comunicazione radio di Voyager 1 è stato progettato per essere usato oltre il limite del sistema solare. Il sistema di comunicazione include un'antenna parabolica di 3,7 m di diametro per mandare e ricevere onde radio attraverso le tre "Deep space network" sulla Terra. Quando Voyager 1 non ha la possibilità di comunicare direttamente con la Terra, il suo nastro digitale può registrare circa 64 kB di dati, per trasmetterli in un secondo momento. Attualmente, i segnali che partono dalla sonda impiegano 21 ore per raggiungere la Terra. Voyager 1 ha tre generatori termoelettrici a radioisotopi (RTGs). Ogni MHW-RTG contiene 24 sfere di ossido di plutonio-238. Gli RTGs generavano, al momento del lancio, circa 470 W di potenza elettrica. La rimanente potenza è dissipata come calore residuo. Nonostante il decadimento del plutonio, gli RTGs della navicella continueranno a renderla operativa fino il 2025. Il "computer command Subsystem" (CCS) controlla le macchine fotografiche. Il CCS contiene inoltre programmi per la decodifica dei comandi, correzione delle routine e rilevamento degli errori, routine di puntamento dell'antenna. Questo computer è una versione migliorata di quello che fu usato nel Viking Orbiters. "The attidude and articulation control Subsystem" (AACS) controlla l'orientamento della navicella. Mantiene l'antenna puntata verso la terra, controlla i cambiamenti di assetto e punta le piattaforme di scan. Il Voyager Golden Record è un disco registrato placcato in oro contenente immagini e suoni della Terra, che la sonda, così come il Voyager 2, porta con sé. I contenuti della registrazione furono selezionati da un comitato presieduto da Carl Sagan. Le istruzioni per accedere alle registrazioni sono incise sulla custodia del disco, nel caso "qualcuno lo trovasse". Lanciata il 5 settembre del 1977 Voyager 1 è la sonda spaziale di NASA che ha contribuito (assieme al programma omonimo) a cambiare in maniera radicale le conoscenze scientifiche e l'interesse del grande pubblico per l'esplorazione del Sistema Solare. Dotata di un generatore a energia atomica (con 24 sfere pressate di plutonio-238), Voyager 1 vanta il record di oggetto prodotto dall'uomo attualmente più distante dalla Terra. La sonda ha superato le 150 unità astronomiche (AU) dal pianeta di origine, e ora viaggia nello spazio esterno al Sistema Solare noto come "medium interstellare". A oltre 40 anni di distanza dal lancio, Voyager 1 e Voyager 2 continuano a funzionare e a comunicare con il team di controllo NASA presso il JPL (Jet Propulsion Laboratory) grazie alle gigantesche antenne terrestri del Deep Space Network. NASA offre un vero e proprio "stato di missione" sulle due sonde, aggiornato in tempo quasi-reale e accessibile liberamente dal pubblico a questa pagina Web. Il Mission Status delle due Voyager include il tempo di missione intercorso dal lancio, la distanza dalla Terra e dal Sole (in miglia e AU) la velocità in relazione al Sole (in miglia orarie), lo stato degli strumenti di bordo. Particolarmente interessante è poi la riproduzione tridimensionale del "viaggio" delle due Voyager, con i dati sulla posizione di Voyager 1 e Voyager 2 in relazione ai pianeti e agli altri oggetti celesti aggiornati in tempo reale. Voyager 1 e il programma Voyager rappresentano una delle imprese spaziali più solide e iconiche di NASA, un monumento all'ingegno e alla voglia di esplorazione del genere umano che continua ad animare dibattiti e celebrazioni a più di quattro decenni dall'avvio della missione. Appena sei giorni fa, Voyager 1 ha festeggiato il superamento dei 14 miliardi di miglia (22,5 miliardi di chilometri) di distanza dalla Terra. La sonda spaziale Voyager 2 è stata una delle prime esploratrici del sistema solare esterno, ed è ancora in attività. Fu lanciata il 20 agosto 1977 dalla NASA da Cape Canaveral, a bordo di un razzo Titan III, poco prima della sua sonda sorella, la Voyager 1, in un'orbita che l'avrebbe portata più tardi a visitare i pianeti. Le due sonde appartengono allo stesso programma Voyager e sono identiche. L'orbita in cui fu immessa la sonda la portò a sfiorare i due pianeti giganti, Giove e Saturno. Durante il viaggio, i tecnici si resero conto che potevano sfruttare un allineamento planetario piuttosto raro per far proseguire la sonda verso Urano e Nettuno. Dalla Voyager 2 vengono la maggior parte delle informazioni che abbiamo su questi due pianeti. Il 5 novembre 2018 la sonda Voyager 2 ha oltrepassato l'eliopausa diventando il secondo oggetto costruito dall'uomo ad uscire nello spazio interstellare, preceduto dalla Voyager 1. La Voyager 2 ha visitato quattro pianeti:

Passando accanto ai primi due, la Voyager 2 integrò le immagini e gli studi fatti dalla Voyager 1. I passaggi vicino a Urano e Nettuno furono invece i primi (e a tutt'oggi gli unici) incontri ravvicinati con questi due pianeti. Da allora la sonda si sta allontanando dal Sole, a velocità inferiore rispetto alla Voyager 1. Dopo aver superato Nettuno, la sonda si è progressivamente allontanata dal Sole, dirigendosi verso i confini del sistema solare. L'11 dicembre 2007 è stato comunicato che la sonda ha attraversato il termination shock, una zona di spazio dopo la quale il campo magnetico del Sole non ha più influenza; anche la Voyager 1 ha attraversato la stessa zona circa 3 anni prima, però non si avevano a disposizione dati certi a causa del rilevatore di vento solare non funzionante. La Voyager 2 è stata quindi la prima sonda ad avere rilevato e misurato il termination shock. Le ultime informazioni indicano che la Voyager 2 avrebbe attraversato il termination shock nel settembre 2007. La Voyager 2 è ancora funzionante ed è il terzo oggetto costruito dall'uomo più distante dalla Terra, dopo la sonda Voyager 1 e Pioneer 10; la Voyager 2 non sorpasserà mai la prima, mentre dovrebbe sorpassare la seconda nel 2023, anno stimato non considerando il diverso progressivo leggero rallentamento delle due sonde. Il 13 agosto 2012 la Voyager 2 ha superato il record di longevità detenuto fino ad allora dalla sonda Pioneer 6 con 34 anni e 340 giorni di servizio. Il 5 novembre 2018 lo strumento ha rilevato un brusco calo della velocità del vento solare e da quella data non ha più rilevato alcun flusso nell'ambiente circostante. La conferma dell'uscita dall'eliosfera, compiuta il 5 novembre 2018, è stata fornita dallo strumento Plasma Science Experiment, che utilizza la corrente elettrica del plasma solare per rilevare la velocità, la densità, la temperatura, la pressione e il flusso del vento solare. Il 15 settembre 2019 la Voyager 2 si trovava nello spazio interstellare alla distanza di 121,367 UA (equivalenti a 16,822 ore luce o 18,214 miliardi di km) dal Sole. La sonda si sta allontanando dal Sole alla velocità di 15,374 km/s, pari a 3,241 UA all'anno; la sua velocità è in leggerissimo rallentamento. La Voyager 2 è alimentata da una batteria RTG che le permetterà di funzionare, seppure in modo limitato, fino al 2025. Secondo le previsioni, dopo aver raggiunto ed analizzato l'eliopausa pochi anni dopo la Voyager 1, che l'ha raggiunta nell'agosto 2012, dovrebbe in seguito raggiungere e analizzare anche lo spazio interstellare e l'ipotetico muro d'idrogeno (situato tra l'eliopausa e il bow shock), però sarà impossibile che la sonda sia ancora funzionante quando raggiungerà il bow shock situato a circa 230 UA dal Sole; nell'ipotesi che viaggi all'attuale velocità, si può stimare il raggiungimento di tale zona nel 2052, ma in realtà occorrerà più tempo a causa del progressivo leggero rallentamento della sonda. Tra circa 40.000 anni passerà a circa 1,7 anni luce dalla stella Ross 248, distante dal Sole 10,32 anni luce, situata nella costellazione di Andromeda (a quell'epoca Ross 248 sarà la stella più vicina al Sole, a circa 3 anni luce); inoltre, tra circa 296.000 anni passerà a circa 4,3 anni luce dalla stella Sirio, distante dal Sole 8,6 anni luce. La sonda Voyager 2 della Nasa risponde dallo spazio interstellare: i responsabili della missione le hanno inviato un segnale e la sonda ha confermato di aver ricevuto la "chiamata" ed ha eseguito i comandi senza problemi. Lanciata nel 1977, la sonda ha lasciato il Sistema Solare nel 2018 e ora si trova a più 18,8 miliardi di chilometri dalla Terra. E' stata contattata per testare i nuovi componenti recentemente installati sulla Deep Space Station 43, l'unica antenna al mondo in grado di inviarle comandi. L'antenna si trova a Canberra, in Australia, e fa parte del Deep Space Network (Dsn) della Nasa, una rete di antenne radio utilizzate per comunicare con veicoli spaziali che operano oltre la Luna. Da marzo scorso l'antenna non era operativa per un aggiornamento tecnico che ha riguardato una serie di apparecchiature, compresi due nuovi trasmettitori radio. Uno di questi, che viene utilizzato per comunicare con Voyager 2, non era stato sostituito da oltre 47 anni. Il Deep Space Network è costituito da tre antenne radio che si trovano a Canberra; Goldstone in California, e Madrid in Spagna. La posizione delle tre antenne garantisce che quasi tutti i veicoli spaziali con una linea di vista verso la Terra possano comunicare con almeno una delle strutture in qualsiasi momento. Voyager 2 è la rara eccezione. Per fare un sorvolo ravvicinato della luna di Nettuno Tritone nel 1989, la sonda ha sorvolato il polo nord del pianeta. Quella traiettoria l'ha deviata verso sud rispetto al piano dei pianeti, e da allora si è diretta in quella direzione. Ora è così a sud che non ha una linea di vista con le antenne radio nell'emisfero settentrionale. L'antenna di Canberra è l'unica parabola nell'emisfero australe che ha un trasmettitore abbastanza potente e che trasmette la giusta frequenza per inviare comandi alla sonda lontana. L'aggiornamento tecnico, secondo la Nasa, andrà a beneficio anche di altre missioni, incluso il rover Mars Perseverance, che dovrebbe atterrare sul pianeta rosso il 18 febbraio 2021, e la missione Artemis della Nasa che intende riportare l'uomo sulla Luna. Cassini-Huygens è stata una missione robotica interplanetaria congiunta NASA/ESA/ASI, lanciata il 15 ottobre 1997 con il compito di studiare il sistema di Saturno, comprese le sue lune e i suoi anelli. La sonda si componeva di due elementi: l'orbiter Cassini della NASA e il lander Huygens dell'ESA. La sonda ha concluso la sua missione con il suo "gran finale" il 15 settembre 2017 dopo che, come programmato, è stata fatta rientrare nell'atmosfera di Saturno e così disintegrata. La sonda è andata distrutta circa alle 10:31 UTC e l'ultimo segnale è stato ricevuto alle 11:55 UTC. Cassini è stata la prima sonda ad essere entrata nell'orbita di Saturno, il 1º luglio 2004 (ore 04:12 GMT), e solo la quarta ad averlo visitato (prima della Cassini erano già passate la Pioneer 11 e le Voyager 1 e 2). Il 25 dicembre 2004 la sonda Huygens si è separata dalla nave madre e si è diretta verso la principale luna di Saturno, Titano. Il 14 gennaio 2005 Huygens è scesa nell'atmosfera del satellite e durante la corsa ha raccolto dati sull'atmosfera, immagini della superficie, rumori dall'ambiente circostante. Ha toccato il suolo dopo una discesa di 2 h e 30 m ed ha poi continuato a trasmettere il suo segnale per altri 90 minuti. L'orbiter Cassini prende il nome dall'astronomo italiano Giovanni Domenico Cassini che, verso la fine del Seicento, ebbe un ruolo di primaria importanza nello studio di Saturno e dei suoi anelli. Il lander Huygens prende il nome dall'astronomo olandese del XVII secolo Christiaan Huygens che, utilizzando il proprio telescopio, scoprì Titano. Sviluppata dalla NASA in collaborazione con l'ESA (l'Agenzia spaziale europea) e con l'ASI (l'Agenzia spaziale italiana), la sonda Cassini è un prodigio della tecnologia spaziale del XX secolo, costituita da due componenti distinte: un orbiter e una sonda secondaria (Huygens). Alta 7 metri e larga 4, questa sonda da 6 tonnellate (orbiter, sonda Huygens e propellente compreso) era dotata di un'antenna parabolica larga poco meno di 4 metri, un'asta-magnetometro lunga 13 metri, 22.000 connessioni elettriche, 12 chilometri di cavi elettrici, ottantadue unità di riscaldamento a radioisotopi, sedici motori di assetto ("thrusters") a idrazina, e la maggior parte dei sistemi era "ridondata", ovvero affiancata da un analogo sistema di riserva, per minimizzare le probabilità di guasti, che non avrebbero avuto possibilità di essere riparati: la sonda si trovava nel 2007 a più di un miliardo di chilometri dalla Terra e i suoi segnali radio, pur viaggiando alla velocità della luce (299792,458 km/s) impiegarono circa 60 minuti per raggiungere la Terra. Cassini è stata l'ultima delle grandi missioni spaziali della NASA. Ne ha tutte le caratteristiche tipiche: grandi dimensioni, grande abbondanza di apparecchiature, lungo tempo di sviluppo e costo elevatissimo: circa 5 miliardi di dollari, comprensivi delle operazioni durante la vita della sonda. Dopo lo sviluppo della sonda Cassini, la NASA passò alla filosofia faster, better, cheaper (più veloce, migliore, più economico), con alterni risultati. Considerando la distanza di Saturno dal Sole i raggi solari non potevano essere sfruttati come fonte di energia. Per generare abbastanza energia i pannelli solari avrebbero dovuto essere molto grandi e di conseguenza pesanti. Per questo motivo l'orbiter è stato alimentato da tre generatori termoelettrici a radioisotopi (RTG). Al momento del lancio i generatori atomici della sonda Cassini provocarono numerose polemiche da parte di ambientalisti che sottolineavano il rischio di contaminazione ambientale in caso di incidente. I generatori atomici della sonda Cassini erano unità RTG passive: non avevano reattori atomici, ma sfruttavano semplicemente il calore prodotto dal decadimento radioattivo di una piccola quantità di plutonio per produrre corrente elettrica. In termini semplici, è stato usato un piccolo contenitore di scorie nucleari per produrre energia. Nel peggiore dei casi un incidente avrebbe potuto comportare lo spargimento del plutonio nell'atmosfera. La NASA sottolineò come le unità RTG fossero rinchiuse in un contenitore progettato appositamente per sopravvivere anche all'esplosione totale del razzo e, se pure esso si fosse rotto, la quantità di plutonio sarebbe stata così piccola da fare aumentare a malapena il livello di radioattività rispetto al fondo di radioattività naturale già presente nella zona. La questione venne messa a tacere dal lancio, che risultò perfetto. È da notare che, in una missione precedente, un'unità RTG simile a quella della sonda Cassini uscì effettivamente intatta dall'esplosione del razzo che la conteneva. L'unità fu recuperata e le sue condizioni erano talmente buone da essere imbarcata in una missione successiva. Alla fine degli undici anni nominali della missione gli RTG saranno ancora in grado di produrre fra i 600 e i 700 Watt di potenza elettrica. L'orbiter viene alimentato da tre generatori atomici, ed è la parte principale della sonda, quella, cioè, che è stata messa in orbita attorno a Saturno e che ha compiuto il viaggio dalla Terra. Ha un peso di oltre 2 tonnellate ed è dotato di dodici differenti strumenti scientifici, due registratori digitali di dati, due computer primari e cinquanta computer secondari. La sua strumentazione di bordo comprende camere per immagini operanti sia in luce visibile, che nell'infrarosso e nell'ultravioletto. Le immagini ottenute da questi strumenti sono fondamentali per fornire un'esatta morfologia dei corpi osservati e saranno integrate anche dai dati raccolti dai radar di bordo per costruire una mappa dettagliata della superficie di Titano. La sonda possiede inoltre alcuni spettrografi utili per lo studio della temperatura e della composizione chimica della superficie di Saturno, della sua atmosfera, nonché dei suoi celebri anelli. Altri strumenti, infine, permettono di analizzare le proprietà e il comportamento del gas ionizzato all'interno della magnetosfera del pianeta e di risalire, quindi, alle sue caratteristiche e all'intensità del campo magnetico. Cassini comunica con la Terra principalmente tramite una grande antenna parabolica, costruita per conto dell'Agenzia Spaziale Italiana dall'azienda italiana Alenia Spazio; con un diametro di quattro metri e assistita da un complesso sistema elettronico di bordo, essa gestisce quattro bande di frequenze: X, Ka, S, Ku. Montata all'interno dell'orbiter è presente una sonda secondaria (le sue dimensioni non superano i 3 metri di diametro per 350 kg di peso), Huygens. Prende il nome dall'astronomo olandese del XVII secolo Christiaan Huygens, che utilizzando il proprio telescopio scoprì Titano. Si è staccata dalla sonda principale il 25 dicembre 2004, ed è atterrata su Titano il 14 gennaio 2005. Dopo la fase di avvicinamento è entrata nel campo gravitazionale di Titano e ha iniziato la discesa guidata attraverso la sua atmosfera rallentata da un paracadute (solo nella prima fase) e da razzi frenanti. In questa fase (della durata di circa due ore) una speciale telecamera ha effettuato una prima ripresa della superficie di Titano, fondamentale per poterne studiare la geologia. Parallelamente i sensori di bordo hanno provveduto ad una costante misurazione della temperatura delle nubi, mentre gli spettrografi hanno misurato la loro composizione chimica e le caratteristiche fisico-chimiche delle particelle di polvere in sospensione nell'atmosfera. Un ulteriore esperimento condotto durante la fase di discesa è stata la misurazione della velocità dei venti sulla superficie di Titano (attraverso tecniche Doppler). Al momento dell'atterraggio (in una zona di Titano denominata Xanadu - ma era stato previsto anche l'ammaraggio in un eventuale oceano di Titano) la sonda aveva energia appena sufficiente per effettuare una seconda volta tutte queste misure. Mezz'ora dopo si è spenta definitivamente. Nella più ottimistica delle previsioni il piccolo robot della capsula Huygens avrebbe dovuto inviare informazioni per quindici minuti al massimo, invece ha continuato a fare sentire la sua voce per altre due ore, fino a che Cassini non è tramontato dietro al pianeta. Tramite i radiotelescopi di tutto il mondo il suo segnale è stato raccolto per un'altra ora. New Horizons è una sonda spaziale sviluppata dalla NASA per l'esplorazione di Plutone e del suo satellite Caronte. Il lancio è avvenuto il 19 gennaio 2006 dalla base di Cape Canaveral e il sorvolo di Plutone ha avuto luogo il 14 luglio 2015, alle 13:49:57 ora italiana. L'obiettivo primario è studiare la geologia e la morfologia del pianeta nano Plutone e del suo satellite Caronte, creare una mappa della superficie dei due corpi celesti e analizzarne l'atmosfera. Altri obiettivi sono lo studio dell'atmosfera dei due corpi celesti al variare del tempo, l'analisi ad alta risoluzione di alcune zone di Plutone e Caronte, l'analisi della ionosfera e delle particelle cariche, la ricerca di atmosfera attorno a Caronte, lo studio dei quattro satelliti minori Stige, Notte, Cerbero e Idra, la ricerca di eventuali satelliti o anelli sconosciuti. La missione prevede inoltre che la sonda continui il viaggio nella fascia di Kuiper per inviare dati sulla fascia alla Terra. Il primo gennaio 2019, la sonda ha incrociato l'orbita dell'asteroide 486958 Arrokoth (anche noto come Ultima Thule) nella fascia di Kuiper, sorvolandolo ad una distanza minima di circa 3500 km. Con una velocità di 58 536 chilometri all'ora (16 260 m/s), raggiunta allo spegnimento del terzo stadio, è l'oggetto artificiale che ha raggiunto la velocità maggiore nel lasciare la Terra. La sonda contiene una parte delle ceneri di Clyde Tombaugh, l'astronomo che nel 1930 scoprì Plutone, un cd-rom con i nomi di 434 000 persone che si sono iscritte al progetto, due monete, due bandiere degli Stati Uniti e un francobollo del 1991 che recita: «Plutone: non ancora esplorato». Il lancio di New Horizons era pianificato per il 17 gennaio 2006 con una finestra di lancio di 07:06-09:06 (UTC) (2:06-4:06 EST), ma le avverse condizioni meteo spinsero il controllo missione a rinviare il lancio. La sonda è stata lanciata il 19 gennaio 2006 alle 14:00 EST dalla piattaforma 41 della Cape Canaveral Air Force Station, Florida, a sud del complesso di lancio Space Shuttle n. 39, con un terzo stadio Star 488 aggiunto per fornire la necessaria potenza per raggiungere la velocità richiesta. Erano state previste altre opportunità di lancio nel febbraio del 2006 e nel febbraio del 2007, ma solo i primi 23 giorni della finestra del 2006 avrebbero permesso il sorvolo di Giove. Qualsiasi lancio al di fuori di quel periodo avrebbe obbligato la sonda a seguire una traiettoria più lenta direttamente verso Plutone, ritardando l'incontro con il pianeta nano di 2-4 anni. La sonda ha quindi fatto rotta per Giove, che è stato raggiunto nel febbraio del 2007 e il cui campo gravitazionale è stato sfruttato per una manovra di fionda gravitazionale. Il sorvolo ravvicinato del pianeta è stato anche sfruttato per eseguire osservazioni scientifiche, in particolare un rapido monitoraggio dell'atmosfera gioviana e dell'attività vulcanica su Io. La campagna osservativa è durata quattro mesi e ha quindi preceduto e seguito l'incontro. Inoltre sono state coinvolte nell'osservazione a distanza altre sonde in missione nello spazio profondo, tra cui la sonda europea Rosetta. Il viaggio della sonda verso Plutone prevede una traiettoria che esce dal piano dell'eclittica formando con questo un angolo di 2,5 gradi. Era stata anche avanzata l'ipotesi di sorvolare Centauro durante la fase di viaggio ed era stato indicato il 2010 come periodo probabile per l'incontro che a ogni modo non ha avuto luogo. Nella fase di avvicinamento a Plutone la sonda è transitata in prossimità del punto lagrangiano L5 dell'orbita di Nettuno che ospita degli asteroidi troiani. L'attraversamento del sistema di Plutone è avvenuto nel luglio 2015. Le osservazioni sono iniziate sei mesi prima del sorvolo di Plutone e per 150 giorni hanno permesso di ottenere una risoluzione superiore a quella del telescopio Spaziale Hubble. Le osservazioni sono continuate per due settimane dopo che la sonda ha oltrepassato il pianeta nano. Le analisi includeranno la mappatura di Plutone e di Caronte a lungo raggio a 40 km di risoluzione, che avverrà 3,2 giorni dopo il sorvolo degli oggetti. Durante le osservazioni, sfruttando la rotazione dei due corpi, si potrà ottenere una mappa priva di zone d'ombra. È previsto che l'avvicinamento a Plutone avvenga a 11 km/s fino ad una distanza di 9600 km, mentre quello di Caronte avverrà a 27000 km; questi parametri possono tuttavia subire modifiche durante la missione. Durante il sorvolo le strumentazioni riprenderanno le immagini con una risoluzione massima di 25 m/pixel, a quattro colori, una mappa globale con risoluzione di 1,6 km, nella banda dell'infrarosso una mappa da 7 km/pixel globalmente o localmente di 0,6 km/pixel, per poter definire l'atmosfera dei pianeti. Dopo il passaggio nel sistema di Plutone la New Horizons ha continuato a dirigersi verso la fascia di Kuiper con lo scopo di incontrare uno o più oggetti dal diametro di 50/100 km su cui svolgerà misure simili a quelle svolte su Plutone. Con limitate possibilità di manovra, la sonda il 1º gennaio 2019 ha raggiunto il primo di questi oggetti intersecando l'orbita dell'asteroide 486958 Arrokoth, che si è rivelato essere un asteroide binario. Dopo l'incontro con 486958 Arrokoth viene confermato che la sonda avrà sufficiente potenza perché gli strumenti siano operativi fino al 2030. Negli anni 2020 si cercheranno altri oggetti nel bordo esterno della fascia di Kuiper abbastanza vicino alla traiettoria della sonda. Infine la New Horizons scatterà una foto della Terra dalla fascia di Kuiper, ma dopo aver completato tutti i fly-by previsti, questo perché puntata verso la Terra, la fotocamera rischia di danneggiarsi a causa della luce solare. Il 28 e il 30 gennaio 2006 i controllori di missione guidarono la sonda attraverso la prima correzione di rotta (Trajectory Correction Maneuver - TCM), suddivisa in due fasi. La prima correzione tuttavia fu sufficientemente precisa da evitare la seconda. Durante la settimana del 20 febbraio, i controllori iniziarono alcuni test dei tre strumenti scientifici di bordo: lo spettrometro a ultravioletti Alice, il sensore PEPSSI e la camera LORRI. Non vennero riprese immagini o misurazioni, ma furono controllati solo i sistemi elettronici ed elettromeccanici per lo spettrometro Alice, che risultarono correttamente funzionanti. Il 9 marzo, alle 17:00 UTC venne effettuata la terza correzione di rotta prevista con una accensione dei propulsori durata 76 s. Il 7 aprile 2006 alle 10:00 UTC la sonda passò l'orbita di Marte a una velocità di circa 21 km/s alla distanza di 243 milioni di km dal Sole. Venne compiuto un sorvolo a lunga distanza dell'asteroide 132524 APL, precedentemente noto con il suo nome provvisorio 2002 JF56. Il massimo avvicinamento, pari a 101867 km, è stato raggiunto alle 04:05 UTC del 13 giugno 2006. La stima migliore del diametro di questo corpo celeste è di circa 2,3 km e lo spettro ottenuto mostra che è un asteroide di tipo S. La sonda tracciò con successo l'asteroide tra il 10 ed il 12 giugno 2006 in modo da permettere al team della missione di compiere un test sulla capacità della sonda di seguire oggetti che sono in rapido movimento. Le immagini furono ottenute attraverso il telescopio Ralph. La camera LORRI riprese le prime immagini di Giove il 4 settembre 2006 e nel dicembre 2006 la sonda iniziò a studiare ulteriormente il sistema gioviano. La New Horizons effettuò la manovra di fionda gravitazionale sfruttando il campo gravitazionale di Giove con un avvicinamento massimo il 28 febbraio 2007 alle 5:43:40 UTC. È stata la prima sonda lanciata direttamente verso Giove dopo la sonda Ulysses nel 1990. L'incontro ravvicinato ha incrementato la velocità di circa 4 km/s, inserendo la sonda in una traiettoria più veloce verso Plutone, con inclinazione di 2,5 gradi rispetto all'eclittica. Mentre era nei pressi del gigante gassoso, gli strumenti hanno migliorato le misurazioni delle orbite dei satelliti interni, in particolare quella di Amaltea. Le camere hanno monitorato i vulcani di Io e hanno compiuto osservazioni degli altri tre satelliti galileiani e dei satelliti Imalia ed Elara. Sono state anche effettuate analisi della piccola macchia rossa, della magnetosfera e il sistema di anelli. Le prime immagini di Plutone sono state riprese tra il 21 e il 24 settembre 2006 durante il test del Long Range Reconnaissance Imager e pubblicate il 28 novembre. Le immagini riprendono il pianeta nano a una distanza di 4,2 miliardi di km e hanno confermato le capacità dei sistemi di bordo di seguire oggetti distanti, capacità indispensabili per effettuare le manovre verso il pianeta e gli altri oggetti della fascia di Kuiper. La fase di avvicinamento a Plutone ebbe inizio 6 mesi prima del punto di massimo avvicinamento al pianeta e durante questa fase furono effettuate delle osservazioni a lungo raggio. I dati ricavati dalle osservazioni di LORRI durante sette settimane prima del luglio 2015 non hanno evidenziato nubi di polveri, piccole lune o anelli che potessero danneggiare la sonda, per cui il 1º luglio 2015 la NASA decide di proseguire lungo la traiettoria ottimale prestabilita. Dopo 9 anni, 5 mesi e 25 giorni di viaggio nello spazio, il 14 luglio 2015 alle 11:49:57 UTC (13:49:57 ora italiana), New Horizons ha raggiunto il punto di massimo avvicinamento a Plutone, a 12500 km dalla superficie del pianeta e ad una velocità relativa di 11 km/s; la sonda inoltre ha effettuato il sorvolo di Caronte ad una distanza di 27000 km dalla superficie. Durante il fly-by, la sonda è riuscita ad ottenere immagini ad alta risoluzione della superficie di Plutone e Caronte, permettendo di vederli in dettaglio per la prima volta dalla loro scoperta; vennero inoltre effettuati vari esperimenti scientifici. A causa, però, della limitata disponibilità di energia utilizzabile istantaneamente, gli strumenti furono fatti funzionare a turno durante la manovra. La distanza di 33 UA dalla Terra (circa 4,5 ore/luce) è stata tale da creare un ritardo nelle comunicazioni (tra andata e ritorno) di 9 ore. La trasmissione dei risultati scientifici avvenne in un periodo di 9 mesi dopo il sorvolo. Il 22 ottobre 2015 venne effettuata una manovra di correzione di 16 minuti che mise New Horizons sulla rotta verso la Fascia di Kuiper, per la precisione verso l'oggetto denominato 486958 Arrokoth. Altre manovre di correzione sono state effettuate il 25, il 28 ottobre e il 4 novembre dello stesso anno, ponendo la sonda lungo una rotta che ne ha permesso l'incontro con 486958 Arrokoth per i primissimi giorni del 2019. Durante il viaggio sono state effettuate delle misurazioni con gli strumenti di bordo simili a quelle avvenute durante il viaggio verso Plutone. Il 1º gennaio 2019, alle 06:33 ora italiana, la sonda ha sorvolato 486958 Arrokoth (nel frattempo soprannominato anche Ultima Thule), il corpo cosmico più lontano e mai esplorato dall'umanità, distante oltre 6,4 miliardi di chilometri dalla Terra. La sonda ha la forma di un triangolo con un RTG cilindrico che sporge da un lato del triangolo e un'antenna parabolica da 2,5 metri di diametro posizionata sul triangolo. La sonda comunicherà utilizzando la banda X e da Plutone potrà trasmettere alla velocità di 768 bit/s mentre da Giove trasmetterà a 38 kBit/s. I segnali verranno ricevuti dal Deep Space Network. L'RTG fornirà i 190 Watt previsti almeno fino al 2015. Come propellente viene utilizzata l'idrazina, che fornisce 290 m/s di delta-v dopo il lancio. La sonda è dotata di stabilizzatori lungo i tre assi e lungo le tre possibili rotazioni, coadiuvati da due fotocamere astronomiche, prodotte da Galileo Avionica, per il controllo di precisione dell'assetto; le fotocamere sono montate su un lato della sonda. Il peso totale della sonda, incluso il propellente, è di 470 kg. Viceversa, nel caso in cui non si fosse voluto sfruttare il sorvolo di Giove, la massa massima consentita per la sonda sarebbe stata di 445 kg. Tuttavia ciò avrebbe comportato una minor quantità di propellente disponibile per le operazioni successive nella Fascia di Kuiper. La sonda ha sette strumenti. Il Long Range Reconnaissance Imager (LORRI), una fotocamera digitale ad alta risoluzione nel campo del visibile. Il Pluto Exploration Remote Sensing Investigation (PERSI) consistente in due strumenti, Ralph telescopio con diverse lunghezze d'onda analizzabili, un CCD per le lunghezze d'onda visibili (MVIC), uno spettroscopio per l'infrarosso (LEISA) e uno spettroscopio per l'ultravioletto (Alice). Le particelle ad alta energia sono analizzate dallo strumento (PAM) consistente in SWAP un analizzatore toroidale elettrostatico e PEPSSI un misuratore della vita di volo degli ioni e sensore di elettroni. Il Radio Science Experiment (REX) utilizza un oscillatore molto stabile per effettuare analisi radio sul pianeta nano. Lo student-built dust counter (SDC) è un misuratore di polvere solare installato a bordo della sonda. Il costo totale previsto della missione è di 650 milioni di dollari. Il preventivo include anche la gestione a terra della sonda. La sonda rimpiazza la missione cancellata Pluto Kuiper Express. Per risparmiare propellente in vista di eventuali incontri con oggetti della fascia di Kuiper in seguito al sorvolo di Plutone non sono stati pianificati incontri con oggetti della fascia degli asteroidi. Dopo il lancio il team scientifico ha analizzato la traiettoria della sonda per determinare se per coincidenza potesse avvicinarsi a sufficienza a qualche asteroide per effettuare osservazioni. Nel maggio 2006 venne scoperto che la sonda sarebbe passata vicino al piccolo asteroide 132524 APL il 13 giugno 2006. Il punto di avvicinamento minimo è avvenuto alle 4:05 UTC ad una distanza di 101 867 km e l'oggetto venne ripreso dallo strumento Ralph che permise di testare le capacità dello strumento e misurare la composizione dell'asteroide. Non era possibile utilizzare LORRI a causa della vicinanza al Sole. Il sorvolo avvenne a circa 32 raggi gioviani (3 milioni di km) e fu al centro di una campagna osservativa intensiva durata 4 mesi. Giove è un soggetto interessante e sempre in cambiamento, osservato ad intermittenza dalla fine della missione della Sonda Galileo. New Horizons possiede strumentazione con tecnologia più avanzata rispetto alla sonda Galileo, soprattutto nelle camere. L'incontro con Giove ha funzionato anche come anteprima di quello con Plutone. A causa della distanza inferiore dalla Terra, le telecomunicazioni hanno permesso di trasmettere molti più dati di quelli che sono stati trasmessi da Plutone. Le riprese di Giove sono iniziate il 4 settembre 2006. Gli obiettivi primari dell'incontro includevano la dinamica delle nubi del pianeta, che si erano notevolmente ridotte dalla conclusione della missione della sonda Galileo, e lo studio della magnetosfera gioviana. Per una fortunata coincidenza la traiettoria di allontanamento dal pianeta seguita dalla New Horizons ha permesso di studiare la coda della magnetosfera gioviana per mesi. La sonda ha anche esaminato il lato notturno del pianeta per rilevare aurore e fulmini. New Horizons inoltre ha permesso le prime osservazioni ravvicinate della "Piccola Macchia Rossa" (ufficialmente chiamata Ovale BA), una tempesta che viene seguita da anni, che precedentemente si presentava di colore chiaro e che ha cambiato colore dopo il sorvolo della sonda Cassini-Huygens del 2000. I satelliti galileiani erano in cattive posizioni, poiché il punto di destinazione della manovra di fionda gravitazionale si trovava a milioni di km da qualunque satellite maggiore, tuttavia gli strumenti della sonda sono stati progettati per studiare oggetti piccoli, quindi si sono rivelati utili scientificamente. Su Io LORRI ha ricercato vulcani e pennacchi, LEISA ha misurato le temperature notturne e gli hotspot mentre Alice ha studiato il toro di particelle magnetiche alimentato dal satellite. Sono state studiate le composizioni chimiche di Europa e le varie atmosfere e aurore. È stato possibile raffinare i dati sulle orbite di satelliti minori come Amaltea. La traiettoria di New Horizons è passata nelle vicinanze del punto di Lagrange di Nettuno "L5", dove sono stati recentemente scoperti diversi asteroidi troiani. Alla fine del 2013, la New Horizons è passata a 1,2 UA da 2011 HM102, che era stato identificato dal gruppo della New Horizons durante la ricerca di oggetti più distanti da intercettare dopo l'incontro con Plutone del 2015. In quel momento l'asteroide sarebbe stato abbastanza luminoso da essere rilevabile dallo strumento LORRI della sonda, tuttavia il team della New Horizons alla fine decise che non si sarebbero occupati di 2011 HM102 perché i preparativi per l'approccio di Plutone avevano la precedenza. Il sorvolo di Plutone alla distanza minima di 12 472 km dalla superficie alla velocità di 49000 km/h è avvenuto con successo alle 11:49 UTC del 14 luglio 2015, per poi passare vicino a Caronte a 12:13 UTC, a una distanza minima di 26 926 km; la telemetria di conferma è arrivata sulla terra alle 02:52 del 15 luglio 2015, dopo circa 22 ore di silenzio radio programmato iniziato alcune ore prima del passaggio ravvicinato, in quanto il puntamento degli strumenti verso il sistema di Plutone impediva il puntamento dell'antenna verso la Terra. L'ultima immagine inviata a Terra prima della chiusura dei contatti radio è stata scattata a una distanza di 768 000 km il 13 luglio 2015, e ha una risoluzione di circa 3,5 km/pixel, a fronte di una risoluzione massima di 0,076 km/pixel per le foto scattate al massimo avvicinamento. Le telemetrie indicano che tutti i sistemi della sonda erano in perfetto stato dopo il sorvolo; era stata calcolata una probabilità di 1:10.000 che durante il sorvolo a bassa quota New Horizons potesse impattare con dei detriti che, danneggiandolo o distruggendolo, avrebbero impedito di ricevere a Terra i dati e le foto del sorvolo. Le osservazioni di Plutone, effettuate con LORRI e Ralph, sono iniziate 6 ore prima del punto di avvicinamento minimo ed erano mirate al rilevamento di eventuali anelli o ulteriori satelliti fino ad un diametro di 2 km, così da coordinare le manovre e la pianificazione delle osservazioni. Le riprese a lungo raggio includevano la mappatura di Plutone e Caronte alla risoluzione di 40 km per 3,2 giorni. Le osservazioni sono state ripetute per cercare cambiamenti dovuti alle nevi o al criovulcanismo. Da un'ora e mezza a due ore prima del sorvolo, Ralph effettuò una seconda mappatura della composizione della superficie alla risoluzione di 5-7 km/pixel. Altre mappe pancromatiche e a colori di Plutone e Caronte ad alta risoluzione e nell'infrarosso furono realizzate appena prima del sorvolo del pianeta. Durante il sorvolo ci si aspettava che LORRI fosse in grado di ottenere immagini selezionate con risoluzione di 60 m/px e il MVIC ha ottenuto mappe del lato illuminato a 4 colori con una risoluzione di 1,3 km. Entrambi gli strumenti hanno sovrapposto le aree riprese per formare immagini stereoscopiche. Nel frattempo Alice ha analizzato l'atmosfera, sia per le emissioni di molecole atmosferiche sia grazie all'occultamento delle stelle sullo sfondo. Durante e in seguito all'avvicinamento minimo, gli strumenti SWAP e PEPSSI hanno campionato l'alta atmosfera e i suoi effetti sul vento solare mentre VBSDC ha cercato polveri, ha ricavato il tasso di collisione con meteorite ed escluso la presenza di anelli. REX si è occupato delle analisi radio attive e passive: le stazioni a Terra hanno trasmesso un potente segnale radio mentre la sonda passava dietro al disco di Plutone. I sistemi di telecomunicazione della sonda hanno rilevato la perdita e la successiva riacquisizione del segnale quando essa è riemersa dall'altro lato del pianeta. Tramite la misurazione di questi tempi si è ricavata una misurazione più precisa del diametro del pianeta, della densità atmosferica e la sua composizione. Questo esperimento è stato il primo ad utilizzare un segnale proveniente dalla Terra, mentre sino a quel momento il segnale partiva dalla sonda verso la Terra, procedura impossibile in questo caso a causa della distanza. Inoltre è stata misurata la massa del pianeta e la sua distribuzione per mezzo dell'effetto Doppler del segnale radio provocato dalle modifiche all'accelerazione della sonda generate dal campo gravitazionale del pianeta. Il lato notturno è stato visibile tramite la luce solare riflessa da Caronte. Il 15 luglio sono ripresi i contatti con la sonda, dopo un silenzio radio durato 22 ore; la telemetria ha rivelato che il sorvolo è riuscito. Inizialmente sono state trasmesse delle immagini compresse, ossia di qualità bassa, che saranno selezionate dal team scientifico per la pubblicazione. La trasmissione delle immagini non compresse ha richiesto diversi mesi, in base al traffico dati presente sul Deep Space Network. Il compito immediato del veicolo spaziale era iniziare a restituire i 6,25 gigabyte di informazioni raccolte L'attenuazione di spazio libero alla distanza di 4,5 ore luce è di circa 303 dB a 7 GHz. Usando l'antenna direzionale e trasmettendo a piena potenza, la potenza irradiata efficace (EIRP) è +83 dBm, e a questa distanza il segnale che raggiunge la Terra è −220 dBm. Il livello del segnale ricevuto (RSL) che utilizza un'antenna Deep Space Network non array con 72 dBi di guadagno è di -148 dBm. A causa della RSL estremamente bassa, poteva solo trasmettere dati da 1 a 2 kilobit al secondo. Entro il 30 marzo 2016, la New Horizons aveva scaricato la metà dei dati. Il trasferimento fu completato il 25 ottobre 2016 alle 21:48 UTC, quando l'ultimo cluster di dati fu ricevuto dal Laboratorio di fisica applicata della Johns Hopkins University. A una distanza di 43 UA (6,43 miliardi di km) dal Sole e a 0,4 UA 486958 Arrokoth a novembre 2018, la New Horizons si stava dirigendo nella direzione del costellazione del Sagittario a 14,10 km/s rispetto al Sole. La luminosità del Sole dall'astronave è di magnitudine −18,5.

Nel caso del fallimento di uno di questi, la missione si sarebbe dichiarata parzialmente fallita.

La missione è ideata per effettuare il sorvolo di uno o più oggetti della fascia di Kuiper dopo aver passato Plutone. Gli oggetti dovranno essere trovati all'interno di una regione conica che si estende da Plutone e si trova all'interno di 55 UA con una ampiezza inferiore ad un grado perché la traiettoria della sonda è condizionata dal sorvolo di Plutone e dallo scarso propellente restante. A distanze maggiori la connessione dati diventerà troppo debole e la potenza dei generatori di energia sarà decaduta troppo per effettuare misure e analisi. La popolazione di questi oggetti è piuttosto grande, quindi si pensa di trovare diversi oggetti nonostante le limitazioni. Essi saranno dapprima individuati dai grandi telescopi a Terra prima del sorvolo di Plutone in modo da determinare le correzioni di traiettoria necessarie. Le osservazioni degli oggetti della fascia di Kuiper saranno simili a quelle condotte su Plutone, ma con minore disponibilità di potenza, luce e banda. Il 15 ottobre 2014 furono annunciati tre potenziali oggetti analizzabili dalla sonda, inizialmente denominati PT1, PT2 e PT3. Sono tutti e tre oggetti ghiacciati molto diversi da Plutone, il cui diametro stimato varia da 30 a 55 km e la distanza dal Sole da 43 a 44 UA. Le possibilità iniziali di raggiungerli senza dover ricorrere al carburante per correggere la rotta sono rispettivamente 100%, 7% e 97%. Il sorvolo di PT1 sarebbe preferibile per la posizione, mentre PT3 per la sua grandezza e luminosità, maggiori di quelle di PT1. Nel marzo del 2015 furono pubblicati degli aggiornamenti riguardo ai parametri orbitali di questi oggetti e sono state assegnate le denominazioni provvisorie: (486958) 2014 MU69 (denominazione ufficiale: 486958 Arrokoth), 2014 OS393, 2014 PN70 rispettivamente. Nell'agosto del 2015 486958 Arrokoth è stato selezionato come obiettivo della missione, la cui estensione è stata soggetta ad approvazione definitiva da parte della NASA nel corso del 2016. Quattro manovre, effettuate nell'ottobre e novembre 2015, sono state necessarie per mettere la sonda in traiettoria verso 486958 Arrokoth.[49] Sono le manovre più lontane dalla Terra effettuate su un dispositivo costruito dall'uomo. La trasmissione dei dati è avvenuta in modo simile a quanto fatto per il sistema di Plutone iniziando già un mese prima del sorvolo e mettendo in opera l'insieme degli strumenti di bordo. La durata della ritrasmissione dei dati raccolti dovrebbe durare venti mesi, alla velocità di 500Kb/s. Il sorvolo di 486958 Arrokoth è avvenuto il 1º gennaio 2019, alle 06:33 (ora italiana). Tra gli obiettivi scientifici del sorvolo c'erano la caratterizzazione della morfologia e della geologia di Arrokoth, e la mappatura della composizione della superficie (con la ricerca di ammoniaca, monossido di carbonio, metano, e ghiaccio). Le ricerche sono state svolte per i corpi orbitanti, una chioma di cometa, anelli, e l'ambiente circostante. Gli altri obiettivi comprendono:

Terminata la sua missione, New Horizons seguirà le sorti delle sonde Voyager 1 e 2, esplorando l'eliosfera esterna, l'elioguaina e l'eliopausa, che potrebbe raggiungere nel 2047. Comunque la New Horizons non supererà mai le sonde Voyager, anche se è partita più velocemente dalla Terra, per via della fionda gravitazionale data dai sorvoli ravvicinati di Saturno e Giove effettuati da esse. Juno è una missione della NASA che sta studiando il campo magnetico di Giove attraverso una sonda in orbita polare. È stata lanciata il 5 agosto 2011 a bordo di un razzo Atlas V dalla Cape Canaveral Air Force Station, in Florida. Il 5 luglio 2016 è arrivata a destinazione e a seguito dell'eccezionale scienza prodotta, nel 2021 la NASA ne ha esteso la missione sino alla fine del 2025 salvo eventuali imprevisti tecnici. Per evitare contaminazioni di batteri provenienti da Terra nella ricerca di una possibile vita aliena, e considerando che la luna Europa è una delle maggiori candidate dove cercarla, alla fine della missione Juno sarà intenzionalmente deviata nell'atmosfera gioviana, venendo completamente distrutta. Juno è stata sviluppata nell'ambito del Programma New Frontiers, che prevede la realizzazione di missioni spaziali altamente specializzate e a medio costo (non superiore a 700 milioni di dollari). Gli obiettivi principali sono:

Si tratta della prima missione diretta su Giove a usare pannelli solari invece di generatori termoelettrici a radioisotopi. Il lancio è avvenuto il 5 agosto 2011, a bordo di un razzo Atlas V. La traiettoria studiata per la missione ha previsto un fly-by della Terra nell'ottobre del 2013, in cui è stato sfruttato l'effetto fionda gravitazionale per fornire l'incremento di velocità necessaria a raggiungere Giove. La sonda è arrivata 5 anni dopo il lancio: martedì 5 luglio 2016. Con un'opportuna sequenza di accensione dei razzi, è stata assicurata l'inserzione in un'orbita polare, con periodo di 11 giorni. La conclusione della missione, inizialmente programmata dopo il completamento di 36 orbite attorno a Giove per il 2018, è stata estesa per ulteriori 41 mesi, sino a luglio 2021. L'estensione della missione consentirà di effettuare le 36 orbite programmate che in fase operativa sono state ridotte per garantire la sicurezza degli strumenti. La missione è stata lanciata con successo venerdì 5 agosto 2011 alle 16:25 UTC (12:25 ora locale, 18:25 ora italiana) a bordo del razzo Atlas V 551 dalla piattaforma di lancio 41 della base militare di Cape Canaveral Air Force Station, in Florida. La fase di ascesa è durata complessivamente dieci minuti circa e ha immesso la sonda in un'orbita di parcheggio approssimativamente circolare, a circa 120 km di altitudine. Dopo circa trenta minuti, una seconda accensione del lanciatore Centaur ha immesso la sonda su una traiettoria di fuga dalla Terra. A circa 54 minuti dal lancio, è avvenuta la separazione della sonda dal razzo Centaur e il dispiegamento dei pannelli solari. Sono state inoltre prese le misure necessarie al controllo dell'assetto, ponendo la sonda in rotazione a una velocità compresa tra 1 e 2 giri al minuto (rpm). La manovra di fionda gravitazionale (o gravity-assist) è stata eseguita il 9 ottobre 2013. Il massimo avvicinamento è stato raggiunto alle 19:21 UTC, quando la sonda è transitata entro 558 km dalla superficie terrestre, al di sopra dell'Africa meridionale. Tuttavia un inconveniente ha indotto la sonda a entrare in modalità di emergenza (dal momento che il fly-by è avvenuto nell'ombra terrestre, la sonda ha dovuto attingere l'energia dalle batterie di bordo dato che i pannelli solari non ricevevano più la luce del Sole. Quando il livello di carica delle batterie è sceso al di sotto di un limite pre-programmato, il computer di bordo ha rilevato l'anomalia e ha impartito alla sonda l'ordine di configurarsi nel cosiddetto "safe mode", cioè spegnendo tutto ciò non strettamente necessario e orientandosi con l'antenna verso la Terra in attesa di comandi. Si è poi appurato che il limite era stato impostato in maniera troppo conservativa. Ciò non ha impedito che la manovra fosse eseguita con successo perché il gravity-assist era passivo, non era cioè prevista l'accensione dei motori. Le osservazioni che erano state programmate tuttavia potrebbero non essere state eseguite. Durante la fase di avvicinamento, la sonda ha scattato delle immagini della Luna. Era inoltre previsto di utilizzare i dati raccolti nel corso del passaggio nel tentativo di fornire una spiegazione della cosiddetta "anomalia dei fly-by con la Terra": alcune sonde che hanno eseguito manovre di fionda gravitazionale con il nostro pianeta hanno acquisito un incremento nella velocità maggiore rispetto a quello previsto matematicamente. L'acquisizione di nuovi dati sembrerebbe essenziale per determinare se ciò possa essere dovuto a imprecisioni nei software o a fenomeni fisici non ancora individuati. Ecco gli strumenti che contiene:

Oltre a questo set di strumenti scientifici all'avanguardia, la sonda porta con sé anche una placca dedicata a Galileo Galilei, fornita dall'Agenzia Spaziale Italiana. Questa è una copia in alluminio dell'originale manoscritto in cui Galileo ha descritto per la prima volta le quattro lune galileiane di Giove. Oltre a questo porta anche tre figurine LEGO, che rappresentano Galileo, Giove e sua moglie Giunone (Juno). Dal Monte Olimpo, Giunone è riuscita a guardare attraverso le nubi e capire la vera natura di suo marito, la sonda Juno spera di riuscire a fare lo stesso con il più grande gigante gassoso del Sistema Solare. Le tre figurine sono state costruite in alluminio invece della solita plastica dei LEGO per permettere loro di durare a lungo durante il volo spaziale. Differentemente dalla sonda Galileo, per Juno è prevista l'alimentazione tramite pannelli solari (potenza di picco 428 W in orbita gioviana) invece dei generatori termoelettrici a radioisotopi. Questa scelta è stata resa possibile dal significativo miglioramento negli ultimi decenni della tecnologia delle celle solari, che ne ha comportato un aumento dell'efficienza e quindi una riduzione nelle dimensioni minime necessarie perché un pannello possa sviluppare sufficiente potenza per l'alimentazione di una sonda a una tale distanza dal Sole. Inoltre è ridotta la disponibilità di generatori termoelettrici a radioisotopi per missioni spaziali. Utilizzando energia solare, la NASA evita le proteste che negli anni passati hanno accompagnato il lancio di sonde alimentate da generatori termoelettrici a radioisotopi (dovute all'accusa, confutata dalla NASA, di essere rischiosi per la salute pubblica). Va comunque notato che la NASA ha programmato l'uso di generatori termoelettrici a radioisotopi in numerosi altri progetti e la decisione di utilizzare una fonte di energia alternativa in questa missione è stata prettamente pratica ed economica piuttosto che politica. L'Italia ha fornito alla missione due strumenti: lo spettrometro a immagine infrarosso JIRAM (Jovian InfraRed Auroral Mapper, Principal Investigator "Angioletta Coradini", dedicato all'omonima astronoma morta nel 2011, dell'INAF-IFSI, realizzato da Selex-Galileo Avionica) e lo strumento di radioscienza KaT (Ka-Band Translator, PI Luciano Iess dell'Università La Sapienza di Roma, realizzato da Thales Alenia Space-I) che rappresenta la porzione nella banda Ka dell'esperimento di gravità. Ambedue questi strumenti sfruttano importanti sinergie con gli analoghi strumenti in sviluppo per la missione BepiColombo, ottimizzando i costi e incrementando il ruolo sia scientifico sia tecnologico italiano. L'accordo NASA - ASI è stato firmato in data 21 marzo 2008. La missione prevedeva 37 orbite polari nell'arco di 20 mesi., con due orbite di 53 giorni e le successive più corte di 14 sino al termine della missione, a luglio 2018. Ad agosto 2016 si è guastato un propulsore, compromettendo la stabilità delle orbite programmate col rischio di un ulteriore guasto a discapito della Juno Cam. A ottobre un ulteriore guasto all'impianto idraulico del motore principale ha fatto entrare la sonda in safe-mode, procedura in cui tutti i sistemi non essenziali vengono disattivati e ciò ha indotto il gruppo di ricerca ad annullare l'accorciamento delle orbite, poiché l'accensione dei motori, necessaria per ridurre l'orbita, avrebbe potuto pregiudicare la missione. In tal modo son stati preservati gli obiettivi scientifici del progetto e un'eventuale estensione della missione. A luglio 2018 Juno ha quindi compiuto 20 delle 32 orbite previste intorno al gigante gassoso. Galileo è stata una sonda inviata dalla NASA per studiare il pianeta Giove e i suoi satelliti. Dedicata a Galileo Galilei, venne lanciata il 18 ottobre 1989 dallo Space Shuttle Atlantis nella missione STS-34. Giunse su Giove il 7 dicembre 1995 dopo un viaggio di 6 anni, attraverso l'ausilio gravitazionale di Venere e della Terra. Galileo effettuò il primo sorvolo di un asteroide, scoprì il primo satellite di un asteroide, fu la prima sonda ad orbitare attorno a Giove e a lanciare la prima sonda nella sua atmosfera. Il 21 settembre 2003, dopo aver trascorso 14 anni nello spazio e 8 anni di servizio nel sistema gioviano, la missione venne terminata inviando l'orbiter nell'atmosfera di Giove ad una velocità di circa 50 km/s per evitare ogni possibilità di contaminare i satelliti con dei batteri provenienti dalla Terra. Nel 2018 Il lavoro svolto dalla sonda Galileo è stato rivisto ed ha fornito le prove più consistenti sull'esistenza degli enormi getti d'acqua e vapore che si producono sulla superficie di Europa, una delle lune di Giove. Il lancio della sonda Galileo è stato rinviato a causa dalla mancanza di lanci dello Space Shuttle dopo il disastro dello Space Shuttle Challenger avvenuto nel 1986. I nuovi protocolli di sicurezza introdotti dopo l'incidente comportarono l'utilizzo di uno stadio superiore a potenza ridotta, al posto dello stadio Centaur, per l'invio della sonda dall'orbita terrestre verso Giove. La velocità necessaria per raggiungere la destinazione venne raggiunta attraverso l'effetto di fionda gravitazionale una volta attraverso il pianeta Venere e due volte attorno alla Terra (la manovra è chiamata VEEGA - Venus Earth Earth Gravity Assist maneuver). Durante il volo vennero effettuate osservazioni ravvicinate dell'asteroide 951 Gaspra il 29 ottobre 1991 e dell'asteroide 243 Ida, del quale, per la prima volta per un asteroide, si è scoperto possedere un satellite proprio, Dattilo. Nel 1994 la sonda fu nella posizione ideale per osservare lo schianto dei frammenti della cometa Shoemaker-Levy 9 su Giove, mentre i telescopi dovettero attendere che i siti di impatto fossero rivolti verso la Terra. La missione primaria era costituita da uno studio di due anni del sistema gioviano. La sonda orbitò attorno al pianeta con orbite ellittiche con periodo pari a circa 2 mesi. In base alle diverse distanze da Giove, la sonda effettuò dei campionamenti della magnetosfera gioviana e le orbite permisero di effettuare dei sorvoli ravvicinati dei satelliti maggiori. Dopo la conclusione della missione principale, iniziò una estensione della missione il 7 dicembre 1997 che comprendeva una serie di sorvoli ravvicinati di Europa e di Io, il più vicino dei quali portò la sonda a 180 km da Io il 15 dicembre 2001. Le radiazioni che lo circondano furono tuttavia dannose per i sistemi di Galileo (per questo motivo i sorvoli vennero programmati nella missione estesa, dove era maggiormente accettabile un'eventuale perdita della sonda) e il 17 gennaio 2002 furono disattivate le camere dopo essere state danneggiate irreparabilmente. Gli ingegneri della NASA furono in grado tuttavia di recuperare le elettroniche del registratore interno in modo da poter trasmettere i dati fino al termine della missione. Galileo venne costruita dal Jet Propulsion Laboratory, che gestì la missione per conto della NASA. Al lancio, la massa dell'orbiter e della sonda era di 2.564 kg e raggiungeva una altezza di 7 metri. Una sezione era posta in rotazione ad una velocità di 3 giri al minuto, mantenendo la sonda stabile e in grado di raccogliere dati attraverso sei strumenti da varie direzioni. Le altre sezioni erano fisse e contenevano le camere e altri quattro strumenti che dovevano essere puntati accuratamente mentre Galileo era in viaggio nello spazio, tra cui il sistema di controllo dell'assetto. Il software che operava nel computer di bordo e che veniva regolarmente trasmesso dalla Terra dal team della missione era costituito da 650.000 linee di codice per il calcolo dell'orbita, 1.615.000 linee per l'interpretazione della telemetria e 550.000 linee per la navigazione. La sonda era controllata da un microprocessore Cosmac RCA 1802 con un clock di 1,6 MHz fabbricato su zaffiro, che è un materiale robusto per le operazioni nello spazio. Questo processore fu il primo chip CMOS a basso costo, quasi paragonabile al modello 6502 presente sui computer Apple II. Questa CPU è stata utilizzata precedentemente a bordo delle sonde Voyager e Viking Il sistema di controllo dell'assetto fu scritto nel linguaggio di programmazione HAL/S, utilizzato anche per lo Space Shuttle. Il sottosistema di propulsione era costituito da un motore principale da 400 N e dodici propulsori da 10 N, oltre che da propellente, serbatoi pressurizzati e l'impianto idraulico. I serbatoi contenevano 925 kg di idrazina e tetrossido di diazoto. I pannelli solari non erano una soluzione pratica alla distanza di Giove dal Sole (sarebbero stati necessari un minimo di 65 metri quadrati), e le batterie sarebbero state troppo ingombranti. L'energia della sonda era fornita da due generatori termoelettrici a radioisotopi, attraverso il meccanismo del decadimento radioattivo del plutonio-238. La generazione del calore derivata da questo decadimento veniva convertito in elettricità per mezzo dell'effetto Seebeck. L'elettricità era quindi fornita da questa fonte di energia affidabile, durevole e non influenzata dal freddo ambiente spaziale e dai campi radioattivi come quelli incontrati nella magnetosfera gioviana. Ogni RTG, montato su un braccio lungo 5 metri, portava 7,8 kg di 238Pu e conteneva 18 moduli di generazione del calore, progettati per resistere a molti possibili incidenti come l'incendio o l'esplosione del veicolo, il rientro nell'atmosfera con impatto a terra o in acqua e altre situazioni. Le protezioni nel caso di un potenziale rientro erano garantite da una copertura esterna di grafite e da un rivestimento di iridio delle celle a combustibile. Al lancio i generatori producevano 570 watt, decrescendo ad un ritmo di 0,6 watt per mese fino a giungere a 493 watt all'arrivo su Giove. Prima del lancio della sonda, il movimento anti-nucleare sollecitò un'ingiunzione della corte per proibire il lancio di Galileo, considerando i propulsori nucleari un rischio inaccettabile alla sicurezza pubblica. Questi sono stati usati per anni nella esplorazione planetaria senza problemi, ma gli attivisti ricordarono l'incidente del satellite russo Cosmos 954 con propulsore nucleare in Canada nel 1978 e il disastro dello Space Shuttle Challenger ha aumentato le preoccupazioni pubbliche sull'eventualità di una esplosione. Inoltre nessun veicolo con propulsore RTG aveva mai effettuato prima un volo ravvicinato attorno alla Terra ad alta velocità, come era previsto dalla manovra VEEGA. Lo scienziato Carl Sagan disse nel 1989 che: "non c'è nulla di assurdo in entrambe le parti di questo argomento." Gli strumenti scientifici per la misurazione dei campi e delle particelle erano montati sulla sezione rotante, assieme con l'antenna principale, i generatori di energia, il modulo propulsivo e la maggior parte dell'elettronica dei computer e dei controlli della sonda. I sedici strumenti (con un peso complessivo di 118 kg) includevano:

La sezione non rotante includeva:

Il sistema fotografico permetteva la ripresa di immagini dei satelliti di Giove ad una risoluzione da 20 a 1000 volte migliore rispetto a quella della sonda Voyager, a causa della maggiore vicinanza al pianeta e alle sue lune e della maggiore sensibilità del sensore CCD. La sonda atmosferica venne rilasciata dalla Galileo cinque mesi prima dell'arrivo su Giove, nel luglio 1995, ed entrò nell'atmosfera gioviana senza l'ausilio di sistemi di aerofrenaggio. Questo tipo di ingresso atmosferico fu il più difficile mai compiuto; la sonda effettuò l'ingresso ad una velocità di 47,8 km/s e venne rallentata dall'intenso attrito con l'atmosfera fino ad una velocità subsonica in appena 2 minuti. Lo scudo termico, incaricato di proteggere gli strumenti di bordo, aveva una massa di 152 kg (circa la metà dell'intera sonda) e ne perse 80 durante la discesa. Per simulare il calore e la pressione venne creato un apposito laboratorio NASA (Giant Planet Facility). In seguito la sonda dispiegò il suo paracadute e scaricò lo scudo termico. Durante la discesa di 150 km attraverso gli strati alti dell'atmosfera del pianeta, la sonda raccolse 58 minuti di dati. Questi vennero trasmessi per mezzo di una coppia di trasmettitori operanti sulla banda L ad una velocità di 128 bit/s alla sonda Galileo che li ritrasmise verso la Terra. Gli strumenti scientifici presenti, alimentati da batterie LiSO2 che fornirono una potenza di 580 watt e una capacità di 21 ampere-ora, erano:

I dati complessivi inviati dalla sonda atmosferica furono circa 2,5 Mbit. La sonda terminò di trasmettere dati prima di raggiungere la massima distanza prevista dal collegamento; il problema fu causato probabilmente dal surriscaldamento, indicato dai sensori prima della perdita delle trasmissioni. La sonda incontrò dunque delle condizioni di temperatura e pressione superiori al previsto. Essa potrebbe essere stata infine fusa e vaporizzata al raggiungimento della temperatura critica, dissolvendosi completamente nell'atmosfera del pianeta. La sonda Galileo giunse sul pianeta il 7 dicembre 1995 e completò 35 orbite durante la missione di otto anni. I dati scientifici forniti furono molto utili per la comprensione di Giove e dei suoi satelliti da parte degli scienziati. I principali risultati scientifici sono stati i seguenti:

Lo star scanner era un piccolo telescopio ottico utilizzato per fornire alla sonda un riferimento nell'assetto. È stato comunque in grado, per effetto della serendipità, di effettuare scoperte scientifiche. La prima scoperta fu che era possibile rilevare particelle ad alta energia sotto forma di rumore. I dati vennero calibrati e mostrarono degli elettroni con energia superiore a 2 MeV che erano intrappolati nelle fasce del campo magnetico gioviano. La seconda scoperta venne effettuata nel 2000, mentre lo star scanner stava osservando un gruppo di stelle tra cui Delta Velorum, una stella di seconda magnitudine. La stella si indebolì in luminosità per 8 ore sotto alla soglia di sensibilità dello strumento. Successive analisi dei dati e attraverso il lavoro di astronomi amatoriali e professionisti si scoprì che Delta Velorum è una stella binaria a eclisse, con un massimo di luminosità superiore perfino ad Algol. Carl Sagan, meditando sulla questione se la vita terrestre potesse essere facilmente rilevata dallo spazio, progettò una serie di esperimenti nei tardi anni ottanta utilizzando gli strumenti della sonda da compiere durante il primo sorvolo della Terra della missione nel dicembre 1990. Dopo l'acquisizione e l'elaborazione dei dati, Sagan fece una pubblicazione sulla rivista Nature nel 1993 dove presentò i risultati degli esperimenti. La sonda Galileo trovò quelli che vengono chiamati i "criteri di Sagan per la vita", ovvero:

Nel dicembre 1992, durante il secondo sorvolo della Terra per la manovra gravitazionale, venne effettuato un esperimento ottico utilizzando la sonda per appurare la possibilità di effettuare comunicazioni ottiche per mezzo di impulsi di luce generati da potenti laser situati a Terra. L'esperimento venne chiamato Galileo OPtical EXperiment (GOPEX) e vennero utilizzati due siti separati per inviare impulsi laser alla sonda, uno nel Table Mountain Observatory in California e l'altro nello Starfire Optical Range nel Nuovo Messico. L'esperimento ebbe successo e i dati acquisiti potranno essere utili nel futuro per progettare connessione dati tramite laser per inviare grandi quantità di dati dalle sonde verso Terra. Questo tipo di comunicazione sarebbe stata utilizzata nella missione Mars Telecommunication Orbiter, ma la missione è stata cancellata nel 2005. Il 29 ottobre 1991, due mesi prima di entrare nella fascia degli asteroidi, la sonda incontrò per la prima volta in assoluto un asteroide passando a circa 1600 km ad una velocità relativa di 8 km/s. Vennero riprese diverse immagini di Gaspra, assieme a misurazioni effettuate con lo spettrometro NIMS per individuare la composizione e le caratteristiche fisiche. Le ultime due immagini vennero inviate a Terra nel novembre 1991 e nel giugno 1992. Questi dati rivelarono un corpo di dimensioni molto irregolari di circa 19 × 12 × 11 km con molti crateri. Ventidue mesi dopo l'incontro con Gaspra, il 28 agosto 1993 la sonda passò ad una distanza di 2400 km dall'asteroide Ida. Si scoprì che l'asteroide possiede un satellite con un diametro di 1,4 km, chiamato Dattilo, il primo satellite posseduto da un asteroide mai scoperto. Vennero effettuati i rilevamenti utilizzando la fotocamera SSI, il magnetometro e lo spettrometro NIMS. Dalle successive analisi dei dati, esso appare come un asteroide di tipo SII, differente da Ida. È stato quindi ipotizzato che Dattilo sia stato prodotto dalla fusione parziale di un corpo più grande appartenente alla famiglia Coronide. La famiglia Coronide di asteroidi, a cui appartiene Ida, è situata nella fascia principale. Per ragioni sconosciute, e che probabilmente non potranno mai essere accertate con sicurezza, la grande antenna ad alto guadagno, progettata per inviare a Terra la grande quantità di dati generata dagli strumenti della sonda, rifiutò di aprirsi e i tentativi, durati mesi, furono tutti vani. La causa fu attribuita al disseccamento del lubrificante dei meccanismi di apertura dell'antenna, avvenuta durante gli anni in cui la sonda rimase in un deposito in attesa di essere lanciata (il lancio originale era previsto per il 1986). Si dovette quindi far fronte alla situazione utilizzando la sola antenna a basso guadagno, che era molto piccola e permetteva un flusso di poche decine di bit al secondo (a differenza dei 134 kBps che sarebbero stati disponibili con l'antenna principale). Il problema fu risolto mediante nuovi algoritmi di compressione, che permisero di impacchettare i dati in meno spazio. Inoltre, una certa percentuale dei dati previsti fu tagliata. Le immagini, che occupano un'enorme quantità di spazio, subirono i tagli maggiori. Nell'ottobre 1995 il registratore digitale a quattro tracce costruito dalla Odetics Corporation rimase bloccato in modalità di riavvolgimento per 15 ore. Anche se il registratore era ancora funzionante, il malfunzionamento poteva aver danneggiato una porzione di nastro al termine della bobina. Questa porzione di nastro fu dichiarata off limits e non venne utilizzata per la registrazione dei dati. Questo problema avvenne qualche settimana prima dell'inserimento nell'orbita gioviana, e obbligò gli ingegneri a sacrificare l'acquisizione dei dati dalle osservazioni di Io e Europa durante l'inserimento in orbita, per registrare solo i dati inviati dalla discesa della sonda. Nel novembre 2002, dopo l'unico incontro della sonda con il satellite Amaltea la missione fu nuovamente ostacolata dai problemi relativi al registratore: dopo 10 minuti dal momento di minima distanza con la luna di Giove la sonda terminò improvvisamente la raccolta dei dati, spegnendo tutti gli strumenti ed entrando in modalità di sicurezza. Apparentemente questo fu causato dall'esposizione all'ambiente estremamente radioattivo attorno al pianeta. Anche se la maggior parte dei dati furono registrati, il registratore si rifiutò di riprodurre i dati. Attraverso attente analisi compiute in diverse settimane a terra su un identico registratore presente nei laboratori, venne determinato che la causa del malfunzionamento era da imputare ad una riduzione dell'emissione di luce in tre LED posizionati nell'elettronica del dispositivo. La diagnostica di bordo aveva interpretato il problema come un incorretto posizionamento della testina di codifica (motor encoder wheel). Il Team di Galileo riuscì a risolvere il problema, ripristinando il funzionamento del registratore per periodi di quattro ore. Vennero quindi riprodotti e trasmessi a Terra i dati riguardanti il satellite Amaltea. L'ambiente radioattivo di Giove provocò più di 20 anomalie di funzionamento, oltre ai problemi descritti sopra. A fronte di un superamento dei limiti di radiazione tollerate dal progetto della sonda di un fattore 3, Galileo riuscì a sopravvivere. Molti strumenti scientifici subirono un incremento di rumore mentre erano all'interno di un raggio di 700 000 km dal pianeta, e ad ogni avvicinamento a Giove i cristalli di quarzo che venivano usati per i riferimenti di frequenza subirono degli spostamenti di frequenza permanenti. Un rilevatore di rotazione entrò in avaria e i dati che provenivano dal giroscopio erano influenzati dalle radiazioni. La camera a stato solido SSI iniziò a produrre immagini totalmente bianche dopo che la sonda venne coinvolta nel 2000 da un'eccezionale espulsione di massa dalla corona solare. Gli effetti più importanti furono un reset dei computer, ma si riuscì a trovare un rimedio per ogni problema. La sonda atmosferica aprì il paracadute circa un minuto dopo il previsto, con conseguente perdita limitata nella rilevazione dei dati nell'atmosfera superiore. Dopo vari controlli delle registrazioni, venne determinato che il problema era stato provocato probabilmente da un collegamento errato nel sistema di controllo del paracadute. L'apertura fu quindi da attribuire alla fortuna. Rosetta è stata una missione spaziale sviluppata dall'Agenzia spaziale europea, lanciata nel 2004 e finita nel 2016. L'obiettivo della missione fu, dopo un cambio dovuto alla posticipazione del lancio, lo studio della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. La missione era formata da due elementi: la sonda vera e propria Rosetta e il lander Philae, atterrato il 12 novembre 2014 sulla superficie della cometa 67P/Churyumov Gerasimenko. La missione si è conclusa il 30 settembre 2016, con lo schianto programmato dell'orbiter sulla cometa e disattivazione del segnale. Nel maggio 1985 il Solar System Working Group dell'ESA propose che una delle missioni più importanti per il programma Horizon 2000 dovesse essere una missione di prelievo di campioni cometari con ritorno sulla Terra. A fine 1985 fu costituito un gruppo di lavoro misto ESA/NASA per definirne gli obiettivi scientifici. Nel 1986 l'arrivo della cometa di Halley fu seguito da diverse sonde provenienti da più nazioni, fornendo dati preziosi per la preparazione della nuova missione. La NASA si concentrò sullo sviluppo del Comet Rendezvous Asteroid Flyby detta anche missione CRAF, mentre l'ESA studiò una missione che prevedesse l'inseguimento del nucleo di una cometa e il trasporto di alcuni frammenti a terra. Entrambe le missioni erano basate sulla precedente missione Mariner Mark II in modo da ridurre i costi di sviluppo. Nel 1992 la NASA decise di eliminare il progetto CRAF per via di limitazioni impostale dal congresso degli Stati Uniti d'America. Nel 1993 si rese palese che una missione con il trasporto di campioni sulla terra sarebbe stata troppo costosa per il bilancio ESA e quindi si decise di riprogettare la missione rendendola simile alla defunta missione CRAF statunitense. La missione fu riprogettata prevedendo un'analisi in loco con l'utilizzo di un lander. La missione sarebbe dovuta partire il 12 gennaio 2003 per raggiungere la cometa 46P/Wirtanen nel 2011. Tuttavia i progetti furono modificati quando l'Ariane 5, il vettore scelto per lanciare Rosetta, fallì un lancio l'11 dicembre 2002. I nuovi progetti previdero il lancio il 26 febbraio 2004 e il raggiungimento nel 2014 della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Dopo due lanci cancellati la missione Rosetta finalmente partì il 2 marzo 2004 alle 7:17 UTC. Sebbene fosse cambiata la data del lancio lo scopo della missione restò il medesimo. La sonda Rosetta doveva entrare in un'orbita molto lenta intorno alla cometa e progressivamente rallentare la sua orbita fino ad arrestarla in modo da prepararsi alla discesa del lander. Durante questa fase, la superficie della cometa è stata mappata da VIRTIS, l'occhio principale della sonda, per individuare il luogo migliore per l'atterraggio del lander. Il lander (inizialmente chiamato temporaneamente RoLand (Rosetta Lander), mentre un altro concept era chiamato Champollion, in seguito è stato definitivamente battezzato Philae) è atterrato sulla cometa con una velocità di 1 m/s (3,6 km/h). Appena raggiunta la superficie, un sistema di arpioni avrebbe dovuto ancorarlo alla superficie in modo da impedirgli di rimbalzare nello spazio. A causa di un problema tecnico, per assicurare il lander alla cometa, sono state utilizzate invece alcune trivelle. Dopo essersi attaccato alla cometa il lander avviò alcune analisi scientifiche:

Questa è la tabella di marcia della missione, come pianificata prima del lancio:

L'obiettivo principale della missione è la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko; inizialmente avrebbe dovuto prelevare dei campioni e riportarli a terra (il nome iniziale della missione era Comet Nucleus Sample Retur), ma in seguito, come spesso accade nelle missioni spaziali per problemi di costi, tempi e tecnologia, lo scopo finale della missione è stato modificato: orbitare intorno alla cometa da agosto 2014 a dicembre 2015, rilasciando a novembre 2014 una sonda secondaria destinata ad atterrare sulla cometa per analizzarne la composizione. La sonda fu battezzata con il nome latino di Rosetta, per ricordare la stele di Rosetta, manufatto dell'antichità che riportava uno stesso testo in tre scritture per due lingue diverse, tra cui l'egizio in geroglifici, che permise a Champollion di tradurre l'antica lingua egizia, fino ad allora rimasta incomprensibile. Analogamente, la sonda Rosetta fa da anello di congiunzione tra i meteoriti, che gli scienziati possono studiare sulla Terra, e il sistema solare, che gli scienziati non possono visitare personalmente, ma che le comete attraversano continuamente. Il lander è stato battezzato Philae, dal nome latino di un'isoletta sul Nilo, File, dove Giovanni Battista Belzoni ritrovò, nel 1817, un obelisco con iscrizioni in greco e geroglifici. L'obelisco fu utile, con la stele di Rosetta, per la decifrazione dei geroglifici. Il luogo di atterraggio è stato battezzato Agilkia[4], altra isola del Nilo dove venne spostato il tempio di Iside, perennemente sommerso nell'isola di File a seguito della costruzione della vecchia diga di Assuan. La sonda Rosetta ha inviato centinaia di immagini della cometa. Il 4 novembre 2014 l'ESA ha annunciato che tutte le immagini sono disponibili al pubblico con licenza Creative Commons, permettendone così l'utilizzo libero e senza pagamento di royalties e diritti su siti e blog. Si tratta di un cambiamento notevole rispetto alle missioni precedenti, quando ESA rilasciava le immagini delle proprie missioni al pubblico in minima quantità e in genere dopo molti mesi dal completamento delle missioni stesse. Il 2014 è stato "l'anno della stampa 3D", ossia l'anno in cui la stampa 3d è diventata alla portata di tutti, grazie allo scadere di vari brevetti che fino ad allora avevano reso costosissime le stampanti 3D. Il 3 ottobre 2014 l'ESA ha rilasciato pubblicamente il modello 3D della cometa ricostruito da Rosetta tramite le varie immagini scattate a distanza ravvicinata dalle telecamere OSIRIS e NVCAM. La concomitanza dei due eventi ha reso possibile a chiunque nel mondo di stamparsi in proprio, o stampare tramite appositi servizi online, modelli in scala della cometa. Il lander Philae è stato sganciato dalla sonda Rosetta a una velocità ben precisa grazie a un particolare meccanismo di sgancio. Ha raggiunto la cometa in circa 7 ore percorrendo una traiettoria in caduta libera, guidato dalla flebile e irregolare gravità della cometa, che ruota su se stessa con un periodo di 12,7 ore. Una volta sganciato dalla sonda madre, Philae si è immesso su di un'orbita tale da impattare la cometa a una velocità compresa tra 1,1 e 1,5 m/s (4-5 km/h). Il lander è atterrato sulla cometa senza l'uso di retrorazzi: un carrello di atterraggio ammortizzato ed equipaggiato con arpioni meccanismi di ancoraggio a vite ha garantito l'adesione alla superficie nonostante la bassissima gravità della cometa (10−3 m/s², un decimillesimo dell'accelerazione di gravità sulla Terra). Durante l'operazione di aggancio, un piccolo motore a gas compresso posizionato sulla testa della sonda, dotato di capacità di spinta di 1 m/s DeltaV, avrebbe dovuto spingere la sonda verso il corpo celeste, mantenendola in posizione e impedendo eventuali rimbalzi, ma un malfunzionamento del motore ne ha reso impossibile l'utilizzo; l'attracco alla cometa doveva essere garantito da due arpioni che, purtroppo, non sono stati scagliati. Infatti, progettati per essere scagliati a velocità prossime a 400 km/h, devono essere azionati in contemporanea al motore ad idrazina per compensare il rinculo. Al momento, quindi, è precariamente agganciato grazie alle tre "trivelle da ghiaccio" posizionate sui piedini. Philae al momento si trova in una posizione dalla quale è impossibile prelevare dati dalla cometa, trovandosi in posizione orizzontale e avendo un trapano di soli 12 cm che non raggiunge la parete che è posizionata frontalmente alla sonda. A causa di ciò si è deciso di attendere fino ad agosto 2016, data in cui i raggi solari avrebbero potuto raggiungere i pannelli solari della sonda che si sarebbe potuta così riattivare e ruotare su se stessa, andando a contatto con una parete del crepaccio della cometa 67P/Churymov-Gerasimenko e riuscendo così a prelevare dei nuovi dati sulla cometa. Purtroppo le batterie di Philae non si sono potute ricaricare abbastanza per questo scopo. Il particolare carrello di atterraggio e la bassa gravità fanno sì che il lander possa atterrare con un angolo di inclinazione fino a 30°. Un volano permette di mantenere l'assetto della sonda durante il percorso da Rosetta alla cometa. Inizialmente la sonda era stata progettata per atterrare sulla cometa 46P/Wirtanen, che ha una gravità molto più bassa, per cui la velocità di atterraggio sarebbe stata quasi la metà, e l'energia cinetica della sonda sarebbe stata quasi 10 volte più bassa. Il fallimento di un razzo vettore Ariane nel 2002 causò ritardi nella missione e la perdita della finestra di lancio per 46P/Wirtanen, così fu cambiata la destinazione in 67P/Churyumov-Gerasimenko, e i progettisti dovettero adattare il carrello di atterraggio alla maggiore gravità della nuova cometa, ad esempio riducendo a +/-5° l'orientabilità della sonda una volta atterrata. Il lander Philae è dotato del sistema SD2 (Sample Drilling and Distribution), che ha lo scopo di raccogliere i campioni del suolo e di trasferirli, all'interno della sonda, ai diversi dispositivi che eseguono le analisi in-situ. SD2 include un sistema miniaturizzato di perforazione e campionamento (drill/sampler tool). Il driller/sampler è un dispositivo miniaturizzato, meccanicamente complesso, che perfora il terreno fino alla profondità di 230 mm e ricava un campione dal fondo. Il dispositivo, costruito in acciaio e titanio, è in grado di trattenere e poi rilasciare il materiale, grazie a un meccanismo coassiale interno. Il campione viene deposto in un sistema elettromeccanico (volume checker) che ne misura la quantità; infine il materiale viene messo all'interno dei vari analizzatori, tramite un meccanismo a carosello. Le capacità di perforazione tengono conto dell'ampia imprevedibilità delle reali condizioni di resistenza della superficie della cometa, che può arrivare alla consistenza del ghiaccio omogeneo, limitando comunque la forza di perforazione per evitare sollecitazioni al sistema di ancoraggio.


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