La Via Lattea

L'Universo: quale immensità ci circonda! In questo luogo incredibile vi è un piccolo gruppo di galassie, il Gruppo Locale. Qui vi è una galassia chiamata "Via Lattea", nella quale splende una stella chiamata Sole, attorno alla quale ruota un mondo che i suoi abitanti chiamano Terra. Questi esseri, detti uomini, spinti da una ben rara curiosità esplorarono dapprima il loro mondo e, poi, dopo aver imparato a conoscerlo, iniziarono a viaggiare nel loro Sistema Planetario. Oggi, prima ancora di aver scoperto tutti i segreti di quest'ultimo, cercano di svelare i misteri della loro Galassia. Se anche tu vuoi intraprendere questo viaggio attraverso i misteri della Via Lattea, seguici su Eagle sera.


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Le Galassie

Una galassia è un grande insieme di stelle, sistemi, ammassi ed associazioni stellari, gas e polveri (che formano il mezzo interstellare), legati dalla reciproca forza di gravità. Il nome deriva dal greco γαλαξίας (galaxìas), che significa "di latte, latteo"; è una chiara allusione alla Via Lattea, la Galassia per eccellenza, di cui fa parte il sistema solare. Le galassie sono oggetti vastissimi di dimensioni estremamente variabili; variano dalle più piccole galassie nane, contenenti poche centinaia di milioni di stelle, alle galassie giganti, che hanno anche mille miliardi di stelle, orbitanti attorno ad un comune centro di massa. Non tutti i sistemi massicci auto-gravitanti costituiti da stelle vengono definiti galassie; il limite dimensionale inferiore, convenzionalmente, per la definizione di galassia è un ordine di massa di 106 masse solari, criterio per cui gli ammassi globulari e gli altri ammassi stellari non sono galassie. Non è definito un limite superiore, tutte le galassie osservate comunque non superano una dimensione massima di circa 1013 masse solari. Le galassie sono state categorizzate secondo la loro forma apparente, ossia sulla base della loro morfologia visuale. Una tipologia molto diffusa è quella ellittica, che, come si può ben arguire dal nome, ha un profilo ad ellisse. Le galassie spirale possiedono invece una forma discoidale con delle strutture spiraliformi che si dipartono dal nucleo. Le galassie con forma irregolare o insolita sono dette galassie peculiari; la loro strana forma è solitamente il risultato degli effetti delle interazioni mareali con le galassie vicine. Se tali interazioni sono particolarmente intense, a causa della grande vicinanza tra le strutture galattiche, può aver luogo la fusione delle due galassie, che risulta nella formazione di una galassia irregolare. La collisione tra due galassie dà spesso origine ad intensi fenomeni di formazione stellare (in gergo starburst). Nell'universo osservabile sono presenti probabilmente più di 100 miliardi di galassie; secondo nuove ricerche, tuttavia, il numero stimato di galassie nell'universo risulterebbe più alto di almeno dieci volte e oltre il 90% delle galassie nell'universo osservabile risulterebbe non rilevabile con i telescopi di cui disponiamo oggi, ancora troppo poco potenti. Gran parte di esse ha un diametro compreso fra 1000 e 100.000 parsec e sono di solito separate da distanze dell'ordine di milioni di parsec (megaparsec, Mpc). Lo spazio intergalattico è parzialmente colmato da un tenue gas, la cui densità è inferiore ad un atomo al metro cubo. Nella maggior parte dei casi le galassie sono disposte nell'Universo organizzate secondo precise gerarchie associative, dalle più piccole associazioni, formate da alcune galassie, agli ammassi, che possono essere formati anche da migliaia di galassie. Tali strutture, a loro volta, si associano nei più imponenti superammassi galattici. Queste grandi strutture sono di solito disposte all'interno di enormi correnti (come la cosiddetta Grande Muraglia) e filamenti, che circondano immensi vuoti dell'Universo. Sebbene non sia ancora del tutto ben chiaro, la materia oscura sembra costituire circa il 90% della massa di gran parte delle galassie a spirale, mentre per le galassie ellittiche si ritiene che questa percentuale sia minore, variando fra lo 0 e circa il 50%. I dati provenienti dalle osservazioni inducono a pensare che al centro di molte galassie, sebbene non di tutte, esistano dei buchi neri supermassicci; la presenza di questi singolari oggetti spiegherebbe l'attività del nucleo delle galassie cosiddette attive. Tuttavia la loro presenza non implica necessariamente che la galassia che li ospiti sia attiva, dato che anche la Via Lattea molto probabilmente nasconde nel suo nucleo un buco nero massivo di nome Sagittarius A*. La parola "galassia" deriva dal termine greco che indicava la Via Lattea, Γαλαξίας (Galaxìas) per l'appunto, che significa "latteo", o anche κύκλος γαλακτικός (kyklos galaktikòs), col significato di "circolo galattico". Il nome deriva da un episodio piuttosto noto della mitologia greca. Zeus, invaghitosi di Alcmena, dopo avere assunto le fattezze del marito, il re di Trezene Anfitrione, ebbe un rapporto con lei, che rimase incinta. Dal rapporto nacque Eracle, che Zeus decise di porre, appena nato, nel seno della sua consorte Era mentre lei era addormentata, cosicché il bambino potesse bere il suo latte divino per diventare immortale. Era si svegliò durante l'allattamento e si rese conto che stava nutrendo un bambino sconosciuto: respinse allora il bambino e il latte, sprizzato dalle mammelle, schizzò via, andando a bagnare il cielo notturno; si sarebbe formata in questo modo, secondo gli antichi Greci, la banda chiara di luce nota come "Via Lattea". Quando William Herschel compilò il suo catalogo degli oggetti del cielo profondo, usò la locuzione nebulosa spirale per descrivere le caratteristiche di alcuni oggetti di aspetto nebuloso, come la Galassia di Andromeda; queste "nebulose" furono in seguito riconosciute, quando si iniziò a scoprirne la distanza, come immensi agglomerati di stelle estranei alla Via Lattea; ebbe così origine la teoria degli "universi-isola". Tuttavia, tale teoria cadde presto in disuso, poiché per "Universo" si intendeva la totalità dello spazio, con all'interno tutti gli oggetti osservabili, così si preferì adottare il termine galassia. Di fatto, da un punto di vista strettamente etimologico, i termini "galassia" e "Via Lattea" sono analoghi. L'osservazione amatoriale delle galassie, rispetto ad altri oggetti del profondo cielo, è resa difficoltosa da due fattori principali: A) la grandissima distanza che ci separa da esse, che fa in modo che solo le più vicine siano visibili con relativa facilità, quindi la loro luminosità superficiale, in genere molto debole. B) molte delle galassie più vicine a noi sono galassie nane di piccole dimensioni, formate solo da alcuni milioni di stelle, visibili solo con un potente telescopio (e non è un caso che molte di queste siano state scoperte solo in tempi recenti). Oltre alla Via Lattea, la galassia all'interno della quale si trova il nostro sistema solare, solo altre tre sono visibili ad occhio nudo: le Nubi di Magellano (Grande e Piccola Nube di Magellano), visibili solamente dall'emisfero australe del nostro pianeta, si presentano come macchie irregolari, quasi dei frammenti staccati della Via Lattea, la cui scia luminosa corre a breve distanza; si tratta di due galassie molto vicine, orbitanti attorno alla nostra; tra le galassie giganti invece, l'unica visibile ad occhio nudo è la Galassia di Andromeda, osservabile principalmente dall'emisfero boreale terrestre. È la galassia gigante più vicina a noi e anche l'oggetto più lontano visibile ad occhio nudo: si presenta come un alone chiaro allungato, privo di dettagli. La Galassia del Triangolo, una galassia spirale di medie dimensioni poco più lontana di Andromeda, risulta già invisibile ad occhio nudo, rivelandosi solo con un binocolo nelle notti più limpide. Tra le galassie prossime al nostro Gruppo Locale alcune degne di nota sono in direzione della costellazione dell'Orsa Maggiore (M82 e M81), ma già sono visibili solo con un telescopio amatoriale. Dopo la scoperta, nei primi decenni del XX secolo, che le cosiddette nebulose spiraliformi erano entità distinte (chiamate galassie o universi-isola) dalla Via Lattea, si sono condotte numerose osservazioni volte a studiare tali oggetti, principalmente alle lunghezze d'onda della luce visibile. Il picco di radiazione di gran parte delle stelle, infatti, ricade entro questo range; pertanto l'osservazione delle stelle che formano le galassie costituiva la quasi totalità dell'astronomia ottica. Alle lunghezze d'onda del visibile è possibile osservare in maniera ottimale le regioni H II (costituite da gas ionizzato), allo scopo di esaminare la distribuzione delle polveri all'interno dei bracci delle galassie a spirale. La polvere cosmica, presente nel mezzo interstellare, è però opaca alla luce visibile, mentre risulta già più trasparente all'infrarosso lontano, utilizzato per osservare nel dettaglio le regioni interne delle nubi molecolari giganti, sede di intensa formazione stellare, ed i centri galattici. Gli infrarossi sono anche utilizzati per osservare le galassie più lontane, che mostrano un alto spostamento verso il rosso; esse ci appaiono come dovevano presentarsi poco dopo la loro formazione, nei primi stadi dell'evoluzione dell'Universo. Tuttavia, poiché il vapore acqueo e il diossido di carbonio della nostra atmosfera assorbono una parte rilevante della porzione utile dello spettro infrarosso, per le osservazioni nell'infrarosso sono usati solamente telescopi ad alta quota o in orbita nello spazio. Il primo studio sulle galassie, in particolare su quelle attive, non basato sulle frequenze del visibile fu condotto tramite le radiofrequenze; l'atmosfera è infatti quasi totalmente trasparente alle onde radio di frequenza compresa fra 5 MHz e 30 GHz (la ionosfera blocca i segnali al di sotto di questa fascia). Grandi radiointerferometri sono stati usati per mappare i getti emessi dai nuclei delle galassie attive. I radiotelescopi sono in grado di osservare l'idrogeno neutro, includendo, potenzialmente, anche la materia non ionizzata dell'Universo primordiale collassata in seguito nelle galassie. I telescopi a raggi X e ad ultravioletti possono inoltre osservare fenomeni galattici altamente energetici. Un intenso brillamento (flare) agli ultravioletti fu osservato nel 2006 mentre una stella di una galassia distante era catturata dal forte campo gravitazionale di un buco nero. La distribuzione del gas caldo negli ammassi galattici può essere mappata attraverso i raggi X; infine, l'esistenza dei buchi neri supermassicci nei nuclei delle galassie fu confermata proprio attraverso l'astronomia a raggi X. La scoperta che il Sole è all'interno di una galassia, e che vi sono innumerevoli altre galassie, è strettamente legata alla scoperta della vera natura della Via Lattea. Prima dell'avvento del telescopio, oggetti lontani come le galassie erano del tutto sconosciuti, data la loro bassa luminosità e la grande distanza. Alle civiltà classiche poteva essere nota soltanto una macchia chiara in direzione della costellazione di Andromeda (quella che fu per lungo tempo chiamata "Grande Nube di Andromeda"), visibile senza difficoltà ad occhio nudo, ma la cui natura era del tutto ignota. Le due Nubi di Magellano, le altre galassie visibili ad occhio nudo, possedevano una declinazione troppo meridionale perché potessero essere osservate dalle latitudini temperate boreali. Furono sicuramente osservate dalle popolazioni dell'emisfero sud, ma da parte loro ci sono giunti pochi riferimenti scritti. Il primo tentativo di catalogare quelli che allora erano chiamati "oggetti nebulosi" risale all'inizio del XVII secolo, ad opera del siciliano Giovan Battista Odierna, che inserì nel suo catalogo De Admirandis Coeli Characteribus del 1654 anche alcune di quelle che in seguito sarebbero state chiamate "galassie". Verso la fine del XVIII secolo, l'astronomo francese Charles Messier compilò un catalogo delle 109 nebulose più luminose, seguito poco dopo da un catalogo, che comprendeva altre 5000 nebulose, stilato dall'inglese William Herschel. Herschel fu inoltre il primo a tentare di descrivere la forma della Via Lattea e la posizione del Sole al suo interno; nel 1785 compì un conteggio scrupoloso del numero di stelle in seicento regioni differenti del cielo dell'emisfero boreale; egli notò che la densità stellare aumentava man mano che ci si avvicinava ad una determinata zona del cielo, coincidente col centro della Via Lattea, nella costellazione del Sagittario. Suo figlio John ripeté poi le misurazioni nell'emisfero meridionale, giungendo alle stesse conclusioni. Herschel senior disegnò poi un diagramma della forma della Galassia, considerando però erroneamente il Sole nei pressi del suo centro. Nel 1845, William Parsons costruì un nuovo telescopio che gli permise di distinguere le galassie ellittiche da quelle spirali; riuscì inoltre a distinguere sorgenti puntiformi di luce (ovvero delle stelle) in alcune di queste nebulose, dando credito all'ipotesi del filosofo tedesco Immanuel Kant, che riteneva che alcune nebulose fossero in realtà galassie distinte dalla Via Lattea. Nonostante questo, le galassie non furono universalmente accettate come entità separate dalla Via Lattea finché Edwin Hubble non risolse definitivamente la questione nei primi anni venti del XX secolo. Nel 1917 Heber Curtis osservò la supernova S Andromedae all'interno della "Grande Nebulosa di Andromeda" (M31); cercando poi con accuratezza nei registri fotografici ne scoprì altre undici. Curtis determinò che la magnitudine apparente di questi oggetti era 10 volte inferiore di quella che raggiungono gli oggetti all'interno della Via Lattea. Come risultato egli calcolò che la "nebulosa" dovesse trovarsi ad una distanza di circa 150.000 parsec; Curtis divenne così sostenitore della teoria degli "universi isola", che affermava che le nebulose di forma spirale erano in realtà galassie simili alla nostra, ma separate. Nel 1920 ebbe luogo il Grande Dibattito tra Harlow Shapley e Heber Curtis sulla natura della Via Lattea, delle nebulose spiraliformi e sulle dimensioni generali dell'Universo. Per supportare l'ipotesi che la Grande Nebulosa di Andromeda fosse in realtà una galassia esterna, Curtis indicò la presenza di macchie scure, situate nel piano galattico di Andromeda, simili alle nebulose oscure osservabili nella Via Lattea, e fece notare anche il notevole spostamento della galassia secondo l'effetto Doppler. Il problema fu definitivamente risolto da Edwin Hubble nei primi anni venti, grazie all'uso del nuovo e più potente telescopio Hooker, situato presso l'osservatorio di Monte Wilson. Lo scienziato americano fu in grado di risolvere le parti esterne di alcune nebulose spiraliformi come insiemi di stelle e tra esse identificò alcune variabili Cefeidi, che lo aiutarono a stimare la distanza di queste nebulose: queste si rivelarono troppo distanti per essere parte della Via Lattea. Nel 1936 lo stesso Hubble ideò un sistema di classificazione per le galassie ancora usato ai nostri giorni: la sequenza di Hubble. Lo schema classificativo della Sequenza di Hubble si basa sulla morfologia visuale delle galassie; esse si suddividono in tre tipi principali: ellittiche, spirali e irregolari. Dato che tale sequenza si basa esclusivamente su osservazioni di tipo prettamente morfologico visivo, essa non tiene in considerazione alcune delle caratteristiche più importanti delle galassie, quali il tasso di formazione stellare delle galassie starburst e l'attività nel nucleo delle galassie attive. In astronomia, una galassia ellittica è un tipo di galassia caratterizzato dalle seguenti proprietà:

  • momento angolare assente o ridotto
  • assenza di bracci spirale
  • stelle giovani assenti
  • ammassi aperti assenti o molto ridotti
  • sono costituite principalmente da stelle di popolazione II
  • nubi di gas e polveri interstellari assenti o molto ridotte

Le galassie ellittiche variano enormemente di grandezza, e annoverano tra di esse sia galassie molto piccole (non si sa se quelle davvero microscopiche, le nane sferoidali, siano anch'esse da considerarsi galassie ellittiche), sia le più grandi galassie conosciute. M32 e M110, due satelliti della Galassia di Andromeda, sono galassie ellittiche nane. M87, la galassia principale dell'Ammasso della Vergine, è un'enorme ellittica grande forse 10 volte la nostra Via Lattea e circondata da 15.000 ammassi globulari, contro i 157 della nostra galassia. Maffei 1 è considerata, a 10 milioni di a.l. di distanza, la galassia ellittica gigante più vicina alla nostra galassia. Questo ritratto tradizionale delle galassie ellittiche le dipinge come galassie dove la formazione stellare è finita dopo i primi momenti, e che adesso risplendono solo grazie a stelle che stanno invecchiando. Si pensava che una galassia ellittica non attraversasse alcun cambiamento durante la sua vita, se non per il graduale affievolimento di luminosità. Alcune recenti osservazioni hanno però trovato ammassi aperti blu e giovani all'interno di alcune galassie ellittiche, assieme ad altre strutture che possono essere spiegate dalla fusione tra galassie. In questa nuova visione (ancora piuttosto sperimentale), le galassie ellittiche sarebbero il risultato di un lungo processo dove due o più galassie più piccole, di qualunque tipo, entrano in collisione e si fondono in un unico oggetto più grande. Questo processo di fusione a volte può protrarsi fino ad epoche contemporanee, e non è limitato alle galassie ellittiche. Per esempio, sappiamo che la nostra stessa Via Lattea è impegnata a "digerire" un paio di piccole galassie in questo istante (un istante che va misurato in milioni di anni). Studi recenti hanno evidenziato che le galassie ellittiche ruotano meno velocemente delle galassie a spirale.

Una galassia a spirale, o anche galassia spiraliforme o galassia spirale, è un tipo di galassia della sequenza di Hubble, caratterizzato dalle seguenti proprietà:

  • È composta da un bulge centrale circondato da un disco
  • Il bulge somiglia ad una piccola galassia ellittica, contenente molte stelle vecchie (la cosiddetta popolazione II), e spesso un buco nero supermassiccio al suo centro
  • Il disco è un agglomerato di stelle giovani di popolazione I, ammassi aperti e nubi di gas, piatto e rotante
  • Ha un considerevole momento angolare.

Le galassie spirali prendono il loro nome dai brillanti bracci di formazione stellare presenti nel disco, che si estendono all'incirca come una spirale logaritmica dal bulge. Questi bracci possono essere più o meno evidenti, e a volte sono difficili da vedere, ma distinguono comunque le galassie spirali da quelle lenticolari, che hanno anche loro un disco ma senza bracci. Il disco delle galassie spirali è in genere circondato da un grande alone sferoidale di stelle di popolazione II, la maggior parte delle quali sono concentrate in ammassi globulari in orbita attorno al centro galattico. La nostra Via Lattea è stata confermata essere, in tempi recenti, una spirale barrata, anche se la barra del disco galattico è difficile da osservare dalla nostra posizione. La prova più convincente che sia una galassia di questo tipo viene da osservazioni delle stelle nel centro galattico con il telescopio spaziale Spitzer. Una peculiare galassia a spirale è la cosiddetta Galassia cometa, membro dell'ammasso di galassie Abell 2667: si tratta probabilmente di una galassia osservata durante una rapida fase di trasformazione dalla forma a spirale a quella lenticolare. Uno studio pubblicato a giugno 2017 effettuato con i telescopi ALMA ed Herschel ha evidenziato che le galassie a spirale ruotano più velocemente di quelle ellittiche, con un momento angolare cinque volte maggiore di queste ultime. Lo studio si è concentrato sulle quantità dei gas che precipitano verso la regione centrale delle galassie in formazione. Nelle galassie ellittiche questo processo è molto più rapido. Tale processo di formazione viene successivamente bloccato dalle fughe di gas dovute alla esplosione di supernove, dai venti stellari sino alle energie che si sprigionano dagli eventuali buchi neri che si formano al loro interno. Il momento angolare iniziale viene così controbilanciato e dissipato. Nelle galassie a spirale il processo di addensamento dei gas nella regione centrale è più lento, in tempi comparabili a quelli dell'Universo; la formazione stellare avviene più lentamente ed il momento angolare iniziale viene in tal modo mantenuto. Tale ricerca ha evidenziato come il differente momento angolare e quindi la differenza di velocità della rotazione delle galassie sia correlata alle caratteristiche insite nelle regioni centrali delle galassie in formazione e non, come in precedenza supposto, ad eventi di fusione. Uno studio pubblicato nel 2016 ha identificato un tipo particolare di galassia a spirale denominato galassia a spirale superluminosa che si presenta insolitamente di grandi dimensioni, massiccia e luminosa al pari di una galassia ellittica gigante ma con un tasso di formazione stellare elevato, in media 30 masse solari/anno.

Una galassia a spirale barrata, o anche galassia spirale barrata, è una galassia a spirale dal cui bulbo centrale si dipartono due prolungamenti di stelle che nell'insieme ricordano una barra. In queste galassie i bracci curvi della spirale partono dalla barra, anziché dal nucleo. Si usa anche il più generico galassia barrata, in quanto la barra è presente anche in galassie di diversa morfologia. Le osservazioni col telescopio spaziale Spitzer, nel 2005, hanno fornito una prova che la Via Lattea ha una barra che passa attraverso il centro, stimata della lunghezza di circa 27.000 anni luce. Gli astronomi hanno ipotizzato che questa formazione sia temporanea e sia causata dalla forza mareale tra galassie. Nonostante ciò, molti astronomi rifiutano l'idea di una galassia a spirale barrata, e preferiscono attribuire alla Via Lattea il modello a spirale classico. Nella sequenza di Hubble questo tipo di galassie è indicata come "SB" ed è diviso in 3 sottocategorie:

  • SBa - i bracci della spirale si avvolgono fino a formare una struttura complessiva quasi circolare intorno al nucleo galattico e alla barra, posta in posizione diametrale
  • SBb - a metà strada fra le SBa e le SBc
  • SBc - le spirali sono molto più allargate e la configurazione complessiva richiama quella di una lettera "S"

Esiste inoltre un'ulteriore classificazione (introdotta nel 1959 dall'astronomo francese Gérard Henri de Vaucouleurs), che distingue le (più rare) galassie SBd; inoltre esistono galassie irregolari che presentano la struttura di una barra, classificate come SBm (la Grande Nube di Magellano ad esempio è spesso così classificata). Esistono anche galassie lenticolari che presentano barre e sono classificate come SB0. Sebbene le galassie a spirale siano molto numerose, le spirali barrate sono circa il 15% del totale delle galassie. Contando anche altri tipi di galasse barrate che non sono spirali, nel catalogo RSA (Revised Shapley-Ames Catalog of Bright Galaxies) le galassie classificate come barrate sono circa il 25% di quelle catalogate. Tuttavia ulteriori ricerche suggeriscono che in campo radio sia possibile individuare un gran numero di barre non osservate con la strumentazione ottica. Secondo questo studio, la percentuale di galassie barrate fra le spirali sarebbe di circa il 72%.

Una galassia peculiare è una galassia che presenta una forma insolita, una dimensione eccezionale o una composizione diversa dalle altre galassie. Normalmente una galassia peculiare è il risultato di un fenomeno di interazione o forze mareali di altre galassie. Può contenere una quantità insolita di polvere interstellare e gas, e possedere una luminosità superficiale più o meno alta rispetto alle galassie o getti dipolari. Le galassie peculiari sono indicate con la sigla "pec" o la lettera "p" nei vari cataloghi di galassie. Esempi di galassie peculiari sono le galassie irregolari, le galassie dello starburst e le galassie ad anello, che possiedono una struttura anulare di stelle e mezzo interstellare che circonda una barra centrale.

Per galassia nana si intende una galassia di piccole dimensioni composta da un numero di stelle variabile da 100 milioni ad alcuni miliardi, poche se confrontate con i 200/400 miliardi circa di stelle che popolano la Via Lattea, la nostra galassia. La Grande Nube di Magellano, con oltre 30 miliardi di stelle, è a volte classificata come galassia nana. Nella Sequenza di Hubble sono classificate con il prefisso d (da Dwarf, in lingua inglese "nano") che precede la categoria morfologica attribuita alla galassia. Le galassie nane orbitano normalmente intorno a galassie molto più grandi. Essendo oggetti non molto luminosi, sono note in particolare le galassie nane del Gruppo Locale, ovvero dell'ammasso di galassie di cui fanno parte la Via Lattea, la Galassia di Andromeda e la Galassia del Triangolo. Tuttavia l'avvento dei telescopi spaziali come Hubble e dei moderni telescopi terrestri, come Subaru e Keck, hanno permesso di spingersi con le osservazioni ben oltre il Gruppo Locale, identificando galassie nane estremamente remote che risalgono addirittura alle prime fasi della formazione dell'Universo, come ad esempio la galassia Abell 1835 IR1916. Fino ad oggi sono state identificate oltre 40 galassie nane, tra confermate e candidate, satelliti della Via Lattea, oltre alla scoperta di numerose correnti stellari che rappresentano quanto resta di galassie nane ormai completamente disgregate dalle forze mareali della nostra galassia. Le galassie nane si differenziano in base alla morfologia e/o in base ad altre caratteristiche peculiari:

  • Galassie nane ellittiche (dE)
  • Galassie nane sferoidali (dSph)
  • Galassie nane irregolari (dI)
  • Galassie nane spirali (dS)
  • Galassie nane di tipo magellanico (dSm)
  • Galassie nane compatte blu (BCD)
  • Galassie nane ultra-compatte (UCD)
  • Galassie nane ultra-deboli (UFD)
  • Galassie nane a bassa luminosità superficiale (LSBD)
  • Pea galaxies
  • Extreme emission-line galaxies (EELG)

Alcune galassie nane note sono quelle ellittiche del Sagittario e del Cane Maggiore. È stata scoperta recentemente una nuova tipologia: le galassie nane ultra-compatte, caratterizzate da dimensioni molto piccole: 100 - 200 anni luce di diametro. 


Che cos'è la Via Lattea

La Via Lattea (dal latino Via Lactea) è la galassia a cui appartiene il nostro sistema solare; è "la galassia" per eccellenza: il nome infatti deriva dal greco galaxias (correlato alla parola latte) utilizzato in epoca greca per designarla. In base agli studi più recenti pare che, da un punto di vista strettamente morfologico, sia una galassia a spirale barrata, ovvero una galassia composta da un nucleo attraversato da una struttura a forma di barra da cui si dipartono i bracci di spirale che seguono un andamento logaritmico; insieme alla Galassia di Andromeda, è il membro principale del Gruppo Locale, un gruppo di galassie comprendente anche la Galassia del Triangolo ed una cinquantina di galassie minori, principalmente galassie nane. Nell'astronomia osservativa, il termine designa la debole banda luminosa biancastra dall'aspetto lattiginoso che attraversa diagonalmente la sfera celeste, formata dalle stelle e dalle nebulosità situate nel disco galattico stesso. La Via Lattea è più brillante in direzione della costellazione del Sagittario, dove si trova il centro galattico che però non è visibile a causa dell'assorbimento della luce da parte delle dense polveri presenti in quella direzione. Nel corso della storia molti miti e leggende sono sorti per spiegare l'origine della Via Lattea: dal latte di Era che allatta Eracle nella mitologia greca al Gange etereo dell'India; immaginata da Democrito e dagli astronomi arabi come una scia di stelle lontane, fu riconosciuta come tale da Galileo Galilei e, in seguito, da studiosi e filosofi come Immanuel Kant, William Herschel e Lord Rosse. Secondo alcune fonti il termine "Via Lattea" va riferito esclusivamente alla scia luminosa osservabile nel cielo notturno; in campo scientifico, consuetudine radicata principalmente nei Paesi anglosassoni, per indicare la galassia nel complesso sarebbe preferibile utilizzare il termine Galassia Via Lattea (in inglese Milky Way Galaxy) o anche la Galassia, con l'iniziale maiuscola. Tuttavia anche nelle pubblicazioni scientifiche la locuzione Via Lattea resta la più diffusa, anche per indicare la galassia nel suo complesso. 

Osservazione dalla Terra

Osservando la Via Lattea dalla Terra, che giace in uno dei suoi bracci di spirale, essa appare nel cielo notturno come una fascia chiara di luce bianca che percorre trasversalmente l'intera volta celeste, dove si addensa un numero di stelle maggiore che nelle altre aree del cielo e che appare di aspetto leggermente diverso a seconda dell'emisfero in cui ci si trova. Numerose interruzioni nella sua continuità sono causate dalla presenza in più punti di nebulose oscure e polveri che oscurano la luce delle stelle più lontane. Il tratto più luminoso ricade tra le costellazioni di Ofiuco, Scorpione e Sagittario, ossia in direzione del centro galattico; numerosi altri punti brillanti si dispongono a nord e a sud del centro, in particolare il tratto costituito dal Braccio del Cigno, nell'omonima costellazione, e dal Braccio della Carena-Sagittario, nella costellazione della Carena. Relativamente all'equatore celeste, la Via Lattea passa nel suo estremo a nord nella costellazione di Cassiopea e nell'estremo a sud nella costellazione della Croce del Sud. Questa disposizione è dovuta alla grande inclinazione relativa tra il piano orbitale della Terra (l'eclittica, ovvero il piano fondamentale del Sistema Solare) e il piano equatoriale della Galassia. In realtà, a causa del fenomeno della precessione degli equinozi, questa inclinazione della Via Lattea varia sensibilmente a seconda delle epoche, aumentando o diminuendo se l'asse di rotazione terrestre si avvicina o si allontana dalla stessa scia della Via Lattea; nella nostra epoca, la sua inclinazione è in lenta ma costante crescita. Nell'epoca precessionale opposta alla nostra, 13 000 anni fa o tra 13 000 anni, l'inclinazione della Via Lattea diminuisce. A causa della diversa distribuzione delle nebulose oscure nella nostra Galassia, la sua forma vista dalla Terra appare molto irregolare e frastagliata: il tratto a nord del centro galattico, che ricade nell'emisfero boreale, appare solcato da una lunga scia scura che percorre la fascia centrale della scia luminosa per oltre una quarantina di gradi: si tratta di un complesso nebuloso noto come Fenditura del Cigno ed è una caratteristica tipica della Via Lattea del cielo boreale; vista dall'emisfero australe, nel suo ramo a sud del centro galattico, appare meno oscurata della parte boreale: l'unica nebulosa oscura di rilievo è la Nebulosa Sacco di Carbone, che si presenta come una toppa scura che si sovrappone al grande chiarore della Via Lattea dei cieli del sud. Invece in direzione opposta al centro galattico, fra le costellazioni dell'Auriga e dei Gemelli, la scia chiara appare un po' meno spessa e meno brillante. Il fatto che la Via Lattea divida il cielo notturno terrestre in due emisferi più o meno uguali indica che il Sistema Solare si trova vicino al piano galattico. La relativamente bassa luminosità superficiale della Via Lattea non le permette però di poter essere scorta dalle più grandi aree urbane o suburbane afflitte da inquinamento luminoso. 

Etimologia e credenze

Numerose cosmogonie, formulate dalle popolazioni di tutto il mondo, hanno cercato di spiegare l'origine della Via Lattea. I nomi italiano, inglese, ed europei in generale derivano dall'antico nome greco Γαλαξίας, Galaxias, che deriva a sua volta dalla parola γάλα, γάλαϰτος (gala, galaktos), ossia latte; che è pure l'origine stessa della parola galassia. Il nome deriva da un noto episodio della mitologia greca: Zeus, invaghitosi di Alcmena, dopo avere assunto le fattezze del marito, il re di Tirinto Anfitrione, ebbe un rapporto con lei e la ingravidò. Nacque Eracle che Zeus decise di porre, appena nato, al seno della moglie Era addormentata, cosicché il bambino potesse berne il latte divino e diventare così immortale. Ma Era si svegliò, s'accorse che stava nutrendo un bambino sconosciuto e lo respinse; il latte, sprizzato dalle mammelle, schizzò e bagnò il cielo notturno, originando la "Via Lattea". Nella forma latina Via Lactea, il termine fu poi utilizzato dai Romani che ricalcarono il mito greco. I Babilonesi, fondatori dell'astronomia, credevano che la Via Lattea fosse ottenuta dalla metamorfosi della coda della dea-drago Tiāmat, dopo che questa venne catturata dal dio Marduk. Gli antichi Egizi consideravano la Via Lattea come una controparte celeste del Nilo: un fiume chiaro che attraversava il cielo notturno esattamente come il Nilo attraversava le loro terre. Nell'area dell'Asia centrale, dell'Africa e in alcune culture mediterranee, il nome della Via Lattea è legato a parole indigene che significano paglia, analogamente al nome in sardo Sa bia 'e sa palgia, La via della paglia, il termine venne diffuso dagli Arabi che l'avevano mutuato dalla lingua armena. In alcune lingue uraliche, turche, ugrofinniche e baltiche, la Via Lattea è chiamata Via degli uccelli; il nome cinese Fiume d'argento (銀河) è usato in tutta l'Asia orientale, inclusi Corea e Giappone. Un nome alternativo usato nell'antica Cina, specialmente nei poemi, è Fiume etereo di Han (天汉); in giapponese invece Fiume d'argento (銀河 ginga) assume il significato generico di galassia, mentre la Via Lattea precisamente detta è chiamata Sistema del Fiume d'argento (銀河系 gingakei) o anche Fiume celestiale (天の川 ama no kawa). Nelle lingue correnti in India, sia in quelle di origine indoeuropea sia in quelle di origine dravidica, si utilizza il termine sanscrito e Hindi Akasha Ganga, il Gange celeste. In svedese è chiamata infine Vintergatan (Strada dell'Inverno), poiché le stelle della sua fascia sono usate per predire il tempo del successivo inverno. In Spagna la Via Lattea viene chiamata popolarmente Camino de Santiago perché era usata come guida dai pellegrini diretti in questo luogo. Secondo una leggenda medievale, la Via Lattea fu formata dalla polvere sollevata dai pellegrini stessi. Lo stesso termine Compostela deriverebbe da campus stellae. Aristotele descrisse la Via Lattea in una sua opera sulle Scienze della Terra, i Meteorologica (DK 59 A80), ma già prima di lui i filosofi Anassagora (circa 500-428 a.C.) e Democrito (450-370 a.C.) avanzarono l'idea che la Via Lattea fosse una lunga scia di stelle molto distanti. L'astronomo persiano Abū Rayhān al-Bīrūnī (973-1048 d.C.) fu il primo a notare che la Via Lattea è formata da un insieme di innumerevoli stelle nebulose. Una prima conferma giunse nel 1610, quando Galilei usò un cannocchiale per studiare la Via Lattea: vide in effetti che era composta da un elevatissimo numero di deboli stelline. In un trattato del 1755 Immanuel Kant, rifacendosi ad un'opera precedente di Thomas Wright, speculò correttamente che la Via Lattea fosse in realtà un corpo in rotazione formato da un numero enorme di stelle, legate dalla forza di gravità come avviene nel sistema solare, ma in scala molto maggiore; dall'interno il disco di stelle è visto come una lunga scia chiara solo per un effetto prospettico. Speculò inoltre, sempre correttamente, sul fatto che alcune delle nebulose visibili nel cielo notturno non fossero altro che delle "galassie" simili alla nostra ma molto più lontane. Il primo tentativo di descrivere la forma della Via Lattea e la posizione del Sole al suo interno fu di William Herschel nel 1785, attraverso un conteggio scrupoloso del numero di stelle in seicento regioni differenti del cielo. Disegnò in seguito un diagramma della forma della Galassia, considerando erroneamente il Sole nei pressi del suo centro. Nel 1845 Lord Rosse costruì un nuovo telescopio che gli consentì di distinguere la forma ellittica e spiraliforme di alcune delle nebulose allora conosciute; inoltre cercò di capire quale fosse il "punto sorgente individuale" in molte di queste particolari "nebulose", secondo quanto formulato in precedenza da Kant. Nel 1917 Heber Curtis osservò la supernova S Andromedae all'interno della "Grande Nebulosa di Andromeda"; cercando poi nei registri fotografici trovò altre undici stelle novae. Curtis determinò che la magnitudine apparente di questi oggetti era stata 10 volte inferiore di quella che raggiungono gli oggetti all'interno della Via Lattea. Come risultato egli calcolò che la "nebulosa" dovesse trovarsi ad una distanza di circa 150 000 parsec. Diventò così un sostenitore della teoria degli "universi isola", che affermava che le nebulose di forma spirale erano in realtà galassie separate simili alla nostra. Nel 1920 ebbe luogo il Grande Dibattito tra Harlow Shapley e Heber Curtis riguardo alla natura della Via Lattea, delle nebulose spiraliformi e sulle dimensioni dell'Universo. Per supportare l'ipotesi che la Grande Nebulosa di Andromeda fosse in realtà una galassia esterna, Curtis indicò la presenza di linee oscure simili alle nebulose oscure osservabili nella Via Lattea, come anche il notevole Effetto Doppler osservato. Il problema fu definitivamente risolto nei primi anni venti da Edwin Hubble che si servì del potente telescopio Hooker, appena costruito nell'osservatorio di Monte Wilson. Fu in grado di risolvere le parti esterne di alcune nebulose spiraliformi come insiemi di stelle e identificò alcune variabili Cefeidi, che lo aiutarono a stimare la distanza di queste nebulose: queste si rivelarono troppo distanti per essere parte della Via Lattea. Nel 1936 lo stesso Hubble ideò un sistema di classificazione per le galassie in base alla loro morfologia ancora usato ai nostri giorni, la Sequenza di Hubble. 

La Via Lattea: dimensioni, età, composizione e struttura

Il disco stellare della Via Lattea ha un diametro di circa 100 000 anni luce e uno spessore, nella regione dei bracci, di circa 1 000 anni luce. Le stime sul numero di stelle che la compongono sono varie e a volte controverse: secondo alcune fonti sarebbero circa 200 miliardi, mentre secondo altre potrebbero essere fino a 400 miliardi; In realtà il numero esatto dipende dalla quantità delle stelle di piccola massa, altamente incerto; inoltre recenti osservazioni inducono a pensare che il disco gassoso della Via Lattea abbia uno spessore di ben 12 000 anni luce, un valore dodici volte superiore a quello precedentemente ipotizzato. Se vi fosse un modellino in scala con un diametro di 130 km che rappresentasse la nostra Galassia, il sistema solare ne occuperebbe appena 2 millimetri. All'esterno della Via Lattea si staglia l'alone galattico, delimitato dalle due galassie satelliti maggiori, la Grande e la Piccola Nube di Magellano, i cui perigalattici (i punti delle loro orbite più vicini alla nostra Galassia) distano circa 180 000 anni luce dalla Via Lattea stessa. Definire l'età esatta della Via Lattea presenta notevoli difficoltà; l'età stimata di HD 140283, la stella più antica conosciuta nella Galassia, è di circa 13,7 miliardi di anni, un'età non molto diversa da quella dell'Universo stesso. Questa stima è basata sulle ricerche condotte nel 2004 da un team di astronomi che si servirono dello spettrografo del Very Large Telescope per misurare, per la prima volta, il contenuto in berillio di due stelle dell'ammasso globulare NGC 6397.[34] Da queste ricerche emerse che il lasso di tempo che separa la comparsa della prima generazione di stelle dell'intera Galassia da quella dell'ammasso globulare esaminato si aggira tra i 200 e i 300 milioni di anni; considerando l'età stimata delle stelle dell'ammasso globulare (13,4 ± 0,8 miliardi di anni), fu possibile stimare l'età delle stelle più vecchie della Via Lattea, che quindi si aggirerebbe sui 13,7 ± 0,8 miliardi di anni ossia circa 300 milioni di anni più vecchie. Se questi calcoli sono corretti, il disco galattico avrebbe un'età compresa tra 6,5 e 10,1 miliardi di anni.

Approfondiamo: formazione ed evoluzione galattica

La formazione e l'evoluzione delle galassie è una delle aree di ricerca più attive in astrofisica; alcune teorie, a ogni modo, sono ora ampiamente accettate. Dopo il Big Bang, l'universo avrebbe vissuto un periodo in cui sarebbe stato omogeneo, come può essere osservato nella radiazione cosmica di fondo, le cui fluttuazioni sono minori di una parte su centomila. La teoria più accreditata è che tutte le strutture dell'universo che si possono osservare si formarono dall'accrescimento delle fluttuazioni primordiali per mezzo dell'instabilità gravitazionale. Dati recenti suggeriscono che le prime galassie si formarono già 600 milioni di anni dopo il Big Bang, molto prima di quanto si credeva. Questo periodo lascia tempo appena sufficiente alle minuscole instabilità primordiali per crescere abbastanza. La maggior parte della ricerca in questo campo si è concentrata su oggetti della nostra galassia, la Via Lattea. Le osservazioni a cui fornire spiegazione in accordo, o almeno non in disaccordo, con una teoria dell'evoluzione galattica, includono:

  • il disco galattico è piuttosto sottile, denso, e ruota;
  • l'alone galattico è molto grande, rado, non ruota (o forse ha anche una leggera rotazione retrograda), apparentemente senza alcuna sottostruttura;
  • le stelle di alone sono tipicamente molto più vecchie e hanno metallicità molto più bassa delle stelle di disco (c'è una correlazione, ma non c'è collegamento completo tra questi dati);
  • alcuni astronomi hanno identificato una popolazione intermedia di stelle. Se questa fosse davvero una popolazione distinta, sarebbe descritta come povera di metalli (ma non povera come le stelle di alone), vecchia (ma non vecchia come le stelle di alone), e che orbita molto vicina al disco.
  • gli ammassi globulari sono di solito vecchi e poveri di metalli, ma ce ne sono alcuni per niente poveri di metalli, e/o hanno stelle più giovani. Alcune stelle negli ammassi globulari sembrano essere vecchie come l'universo stesso (da misurazione completamente differenti e metodi d'analisi diversi).
  • in ogni ammasso globulare, potenzialmente, tutte le stelle nacquero nello stesso periodo (a parte alcuni ammassi che mostrano epoche diverse di formazione stellare);
  • ammassi globulari con orbite strette (vicino al centro galattico) hanno orbite piuttosto piatte (meno inclinate rispetto al disco galattico), e più circolari, mentre quelli più lontani hanno orbite con varie inclinazioni, e tendono a essere più eccentriche;
  • nubi ad alta velocità (nubi di idrogeno neutro), "piovono" sul piano della galassia, e presumibilmente l'hanno fatto sin dal principio (probabilmente sono la fonte indispensabile di gas per la formazione stellare).

 Si suppone che le galassie a spirale non si formino da unioni di galassie più piccole. Quando due galassie collidono, le rispettive stelle difficilmente collidono l'una con l'altra a causa delle distanze enormi che le separano. Gli effetti gravitazionali disgregano tuttavia la struttura delle galassie interessate. Quando si separano la gravità le rallenta, e, se sono legate gravitazionalmente, le riporterà insieme per un'altra collisione. Dopo molte collisioni le loro strutture individuali sono così cambiate, con stelle mescolate tra loro, che identifichiamo il risultato come un unico oggetto. Quindi dopo una fusione, la maggior parte delle stelle originali rimangono a formare la nuova galassia, mentre una piccola frazione viene scagliata via. Anche se entrambe le galassie prima della collisione fossero a spirale, la violenza dell'evento disgregherebbe la delicata struttura del disco. Le stelle esistenti non possono cambiare le loro orbite per formare in seguito un nuovo disco. Poiché il disco stellare deve essenzialmente formarsi con un ordine preciso. Prima si forma un denso disco di gas ruotante, poi le stelle nascono al suo interno. La prima teoria moderna di formazione della nostra galassia (modello di ELS: Eggen, Lynden-Bell e Sandage), descriveva un singolo, relativamente rapido e compatto collasso, con l'alone che si forma per primo e in seguito il disco. Un'altra teoria pubblicata alcuni anni più tardi (nota come SZ: Searle e Zinn) descrive un processo più graduale, con gli elementi più piccoli che collassano per primi, unendosi in seguito a formare gli elementi più grandi. Un'idea più recente è che rilevanti porzioni dell'alone stellare potrebbero essere frammenti di galassie nane distrutte e di ammassi globulari che una volta orbitavano intorno alla Via Lattea. L'alone sarebbe quindi un componente "nuovo", formatosi dopo una stabilizzazione della struttura galattica e composto di vecchie parti attratte da una galassia satellite e "riciclate". Negli ultimi anni, l'attenzione si è concentrata nel capire le fusioni nell'evoluzione delle galassie. Rapidi progressi tecnologici nei computer hanno permesso simulazioni migliori, e progressi nelle tecnologie di osservazione hanno offerto molti più dati sulle fusioni in corso nelle galassie lontane. Dopo la scoperta nel 1994 che la nostra Via Lattea ha una galassia satellite (la Galassia Nana Ellittica del Sagittario, o SagDEG) la quale viene attualmente lacerata e gradualmente "mangiata" dalla Via Lattea, si pensa che questo genere di eventi siano piuttosto comuni nell'evoluzione di grandi galassie. Le Nubi di Magellano sono galassie satellite della Via Lattea che quasi certamente divideranno lo stesso destino della SagDEG. Una fusione con una galassia satellite piuttosto grande potrebbe spiegare perché M31 sembra avere un duplice nucleo. La SagDEG orbita attorno alla nostra galassia quasi ad angolo retto col disco. Sta passando attualmente attraverso il disco; alcune stelle vengono strappate via a ogni passaggio e si uniscono all'alone della nostra galassia. Alla fine, solamente il nucleo di SagDEG sopravviverà. Sebbene abbia la stessa massa di un grande ammasso globulare come Omega Centauri e G1, apparirà piuttosto diverso, poiché ha densità di superficie molto più bassa a causa della presenza di sostanziali quantità di materia oscura, mentre gli ammassi globulari appaiono, misteriosamente, contenere poca materia oscura. Le galassie ellittiche giganti probabilmente si formano da fusioni su ampia scala. Nel Gruppo Locale, la Via Lattea e M31 sono legate gravitazionalmente, e si stanno avvicinando ad alta velocità. Alla fine si incontreranno e si attraverseranno, la gravità le distorcerà nettamente ed espellerà nello spazio intergalattico gas, polvere e stelle. In seguito si separeranno, rallenteranno, e poi di nuovo l'una verso l'altra, per un nuovo scontro. Alla fine le due galassie si fonderanno completamente in una galassia ellittica gigante. Dal gas emesso dalla fusione, nuovi ammassi globulari e forse anche nuove galassie nane, formeranno l'alone dell'ellittica. Anche gli ammassi attuali di M31 e della Via Lattea faranno parte dell'alone; gli ammassi globulari sono legati così saldamente da essere in gran parte immuni alle interazioni su scala galattica. M31 in realtà è già distorta: i bordi sono curvati a causa delle interazioni con la galassia del Triangolo, una galassia a spirale non lontana. Alla fine tutte e tre le galassie formeranno una galassia ellittica gigante, facente parte del Superammasso della Vergine. Nella nostra epoca, le grandi concentrazioni di galassie (ammassi e superammassi) si stanno ancora assemblando. Questo quadro "dal basso in su" è noto come "formazione gerarchica" (simile al ritratto di SZ sulla formazione di galassie, ma su una scala più vasta). La nucleocosmocronologia, nota anche come cosmocronologia, invece, è una tecnica relativamente recente utilizzata per determinare l'età di oggetti astronomici e l'ordine dei tempi di particolari eventi. Questa tecnica studia l'abbondanza dei nuclidi radioattivi e la produzione delle relative specie a seguito del decadimento in maniera analoga datazione radiometrica usata in fisica, archeologia e geologia. La tecnica generalmente prende in esame, generalmente, il Torio232, l'Uranio235e l'Uranio238 sostanzialmente per due fattori fondamentali:

  • un'emivita di durata sufficientemente lunga (nell'ordine dei 109 anni);
  • una conoscenza adeguata dei processi di nucleosintesi che portano alla formazione degli isotopi in questione.

A causa di fattori limitanti quali l'incertezza riguardo l'abbondanza dei suddetti nuclei nelle fasi di formazione galattica e la talvolta difficile misurazione del rapporto fra nuclidi originali e prodotti del decadimento negli oggetti meno luminosi, la nucleocosmocronologia viene usata per stabilire limiti (inferiori o superiori) per l'ordine di grandezza dell'età di galassie o del nostro universo piuttosto che stabilire misure precise. Malgrado questo, date le condizioni particolarmente favorevoli) è stato possibile determinare con successo l'età del Sole (4,57±0,02 miliardi di anni) giungendo ad un risultato conforme ai modelli di evoluzione stellare, emissione energetica del Sole e all'età del sistema solare.

Le osservazioni condotte dal telescopio spaziale Spitzer nel 2005 confermarono che la Via Lattea è realmente una galassia a spirale barrata: la nostra Galassia è dunque formata da un nucleo centrale (bulge) attraversato da una struttura simile ad una barra, costituita da stelle evolute, circondate da gas e polveri; dalla barra si dipartono quattro strutture a spirale logaritmica su cui si dispongono le formazioni stellari più giovani. La distribuzione della massa nella Galassia sembra ricalcare il modello Sbc suggerito nella classificazione di Hubble, ossia una galassia spirale con dei bracci relativamente sottili e sfrangiati. L'ipotesi che la Via Lattea fosse in realtà una spirale barrata, e non una semplice galassia a spirale come si credeva inizialmente, iniziò ad interessare gli astronomi attorno agli anni ottanta; i loro sospetti furono confermati dalle osservazioni condotte dal telescopio spaziale Spitzer nel corso del 2005, che mostrarono anche che la barra centrale della Via Lattea fosse in realtà più larga di quanto inizialmente sospettato. La Via Lattea è ora considerata una spirale barrata di tipo SBbc. Nel 2006 fu stimata con maggior accuratezza la massa totale della Galassia, e fu indicato un valore di circa 5,8 × 1011 M☉, che comprende un numero di componenti stellari variabile, a seconda dell'abbondanza di stelle di piccola massa, tra 200 e 400 miliardi di stelle. La magnitudine assoluta integrata della Via Lattea è stata invece stimata intorno a −20,9. Gran parte della massa galattica potrebbe essere costituita da materia oscura, che forma un alone galattico le cui stime di massa variano tra 600 miliardi e 3000 miliardi di masse solari (M☉).

Il Centro della Via Lattea, noto anche come Centro Galattico, è il centro rotazionale della Via Lattea; si trova a circa 7900 ± 430 parsec dalla Terra[1], in direzione della costellazione del Sagittario, nel punto in cui la Via Lattea appare più luminosa. Questa parte della galassia è rimasta misteriosa per molto tempo e solo recenti osservazioni, rese possibili dai grandi telescopi europei dell'emisfero australe, hanno permesso di saperne di più. In sintesi, dopo una quindicina d'anni d'osservazione, si è arrivati alla conclusione che nella Via Lattea, come nella maggior parte delle galassie, vi sia un buco nero supermassiccio chiamato Sagittarius A*. 

Approfondimento: Sagittarius A*

Sagittarius A* (abbreviato in Sgr A*) è una sorgente di onde radio molto compatta e luminosa, situata nel centro della Via Lattea, parte della grande struttura nota come Sagittarius A. Sgr A* è il punto in cui si trova un buco nero supermassiccio, componente caratteristico dei centri di molte galassie ellittiche e spirali. Sagittarius A* avrebbe una massa di circa 4 milioni di volte quella del Sole e, trovandosi nel centro della nostra galassia, costituirebbe il corpo celeste attorno a cui tutte le stelle della Via Lattea, compresa la nostra, compiono il loro moto di rivoluzione. Diversi gruppi di ricerca hanno ottenuto delle immagini di Sgr A* nella lunghezza d'onda delle onde radio utilizzando il Very Long Baseline Interferometry (VLBI); le immagini ottenute hanno rilevato un disco di accrescimento e un getto relativistico che farebbe pensare ad un buco nero supermassiccio. Le misure hanno una risoluzione di un diametro angolare pari a 37 microsecondi d'arco con un errore stimato in +16 e −10. A 26000 al di distanza equivale ad un diametro di 44 milioni di km. Come termine di paragone, la Terra si trova a 150 milioni di km dal Sole, mentre il pianeta Mercurio è a 46 milioni di km dal Sole nel punto più vicino dell'orbita. Sgr A* avrebbe un raggio di 13 milioni di km. Sgr A* ha una massa stimata in circa 4,1 milioni di masse solari; dato che questa massa è confinata in una sfera del diametro di 44 milioni di km, possiede una densità dieci volte più alta di quanto stimato in precedenza. Questa densità esclude l'ipotesi che si tratti di qualcosa di diverso da un buco nero poiché con altre concentrazioni l'oggetto sarebbe collassato o evaporato su una scala di tempo inferiore a quella dell'età della Via Lattea. Conoscendo questi dati, solo elevate deviazioni del comportamento della stessa gravità rispetto a quanto predetto dalla relatività generale potrebbero invalidare l'ipotesi che si tratti di un buco nero. Tuttavia ciò che si osserva non è un buco nero in senso stretto; l'energia radio e infrarossa osservata è emanata dal gas e dalle polveri riscaldate a milioni di kelvin mentre cadono nel buco nero. Si pensa che lo stesso buco nero emetta solo radiazione di Hawking a temperature trascurabili, dell'ordine di 1×10−14 K. Il 6 ottobre 2002 un gruppo di ricerca internazionale diretto da Rainer Schödel del Max Planck Institute for Extraterrestrial Physics pubblicò gli esiti dell'osservazione per 10 anni del moto della stella S2 nei pressi di Sgr A*: Sgr A* è un oggetto eccezionalmente compatto.[5] Esaminando l'orbita di S2, determinarono che la massa di Sgr A* era compresa entro (2,6±0,2)×106 M⊙, confinata in un volume dal raggio non superiore alle 17 ore luce (120 au). Osservazioni successive determinarono una massa di 3,7 milioni di masse solari in un volume dal raggio compreso entro 6,25 ore luce (45 UA), o 6,7 miliardi di km. Nel novembre 2004 un gruppo di astronomi annunciò la scoperta di GCIRS 13E, primo buco nero di massa intermedia confermato della nostra Galassia, orbitante a 3 anni luce da Sgr A*; questo buco nero di 1300 M⊙ si trova all'interno di un ammasso di sette stelle. Queste osservazioni supportano la teoria secondo cui i buchi neri supermassicci crescono assorbendo materia dalle stelle vicine e da buchi neri di massa inferiore. Recenti osservazioni dirette con la rete di radiotelescopi Event Horizon Telescope hanno evidenziato un campo magnetico associato al buco nero Sgr A*, campo che alimenta il buco nero stesso. L'attività di Sagittarius A*, al centro della nostra galassia, lo rende una sorta di "motore" che, assimilando la materia di ciò che passa nelle sue vicinanze, produce energia sotto forma di intense radiazioni. Poiché le grandi quantità di gas e polveri intorno a Sagittarius A*, e più in generale nei centri galattici, genererebbero stelle massicce che alla fine del proprio ciclo vitale evolverebbero in buchi neri, un gruppo di ricerca ha lavorato su queste premesse utilizzando i dati del telescopio spaziale a raggi X Chandra. Il gruppo ha individuato le firme a raggi X di dodici stelle binarie inattive a bassa emissione, entro tre anni luce da Sgr A*. La posizione e la distribuzione di questi sistemi stellari hanno consentito di ipotizzare la presenza di centinaia di buchi neri silenti entro pochi anni luce da Sgr A*. Qualcosa di insolito fu rilevato già nel 2002, ma fu nel 2012 che fu annunciata la scoperta, pubblicata su Nature, di una nube di gas e polveri che si avvicina velocemente al buco nero. La nube è stata denominata G2 e ha una massa circa tre volte quella terrestre; dai calcoli della sua orbita fu previsto che nella seconda metà del 2013 essa si sarebbe avvicinata a poco più di 3000 volte il raggio dell'orizzonte degli eventi del buco nero, equivalenti a circa 260 au. Nonostante non sia in rotta di collisione, l'avvicinamento della nube al buco nero potrebbe provocare una notevole emissione di raggi X e anche un brillamento gigante nel punto di massimo avvicinamento, se la nube dovesse frantumarsi per le forze di marea presenti e della materia dovesse cadere nel pozzo gravitazionale del buco nero supermassiccio. L'origine della nube è incerta; per alcuni scienziati potrebbe essere l'atmosfera esterna persa da una stella massiccia o materia che si stava condensando in un pianeta, la cui formazione però non è avvenuta a causa dell'ambiente troppo caldo. L'evento avrà una durata inferiore a una decina d'anni, un tempo breve su scala astronomica, e sarà osservato dai più grandi radiotelescopi da terra e dai telescopi spaziali in orbita, quali il Chandra, l'XMM-Newton, l'EVLA, l'INTEGRAL, lo Swift e il Fermi. Simulazioni al computer suggeriscono che la nube non sopravviverebbe all'incontro e che verrebbe disgregata in più parti, alcune della quali cadrebbero nel disco di accrescimento e sarebbero inghiottite dal buco nero; ciò che resta cambierebbe forma e orbita. Nonostante il progressivo avvicinamento al buco nero supermassiccio, G2 si dimostra ancora intatta. Uno studio in follow-up di precedenti osservazioni di Hubble e pubblicato a gennaio 2017 ha tracciato il movimento dei gas che, in seguito all'espulsione dal buco nero, formano immense strutture (bolle di Fermi) e ha consentito di stimare l'età di queste bolle intorno ai 2 milioni di anni. Gli astronomi non sono riusciti finora a osservare Sgr A* nello spettro ottico, a causa dell'enorme estinzione tra la sorgente e la Terra, calcolata nell'ordine delle 25 magnitudini. Numerosi gruppi di ricercatori hanno tentato di riprendere Sgr A* nello spettro delle frequenze radio usando l'interferometria a base lunghissima (VLBI). Attualmente, le osservazioni con la maggiore risoluzione, fatte alla lunghezza d'onda di 1,3 mm, indicano un diametro angolare della sorgente di 37 µas (microarcosecondi, o milionesimi di secondo d'arco). Alla distanza di 26.000 anni luce, ciò corrisponde a un diametro lineare di 44 milioni di chilometri. Per confronto, la Terra si trova a 150 milioni di chilometri dal Sole e Mercurio, al perielio, a 46 milioni di chilometri. Il moto proprio di Sgr A* è approssimativamente di −2,70 mas l'anno per l'ascensione retta e −5,6 mas l'anno per la declinazione. Se la posizione apparente di Sgr A* corrispondesse esattamente a quella del buco nero, sarebbe possibile vederlo ingrandito al di là delle sue dimensioni reali, in virtù di un effetto di lente gravitazionale. In base alla relatività generale, si avrebbe una dimensione minima osservata pari ad almeno 5,2 volte il raggio di Schwarzschild del buco nero, che, per una massa di 4 milioni di masse solari, equivale approssimativamente a una dimensione minima osservabile di 52 µas. È una misura ben maggiore dei 37 µas di risoluzione massima a cui si è giunti con l'interferometria. Ciò suggerisce che le radioemissioni di Sgr A* non siano centrate sul buco nero, ma provengano da un punto brillante nella regione intorno al buco nero nei pressi dell'orizzonte degli eventi, forse un punto situato sul disco di accrescimento oppure un getto relativistico di materiale espulso dal disco. La massa di Sgr A* è stata stimata in due modi differenti.

  • Due gruppi - in Germania e negli Stati Uniti - hanno monitorato le orbite di singole stelle molto vicine al buco nero e hanno usato le leggi di Keplero per inferire la massa racchiusa. Il gruppo tedesco ha trovato una massa di 4,31 ± 0,38 milioni di masse solari, mentre il gruppo americano ha trovato 4,1 ± 0,6 milioni di masse solari. Dato che questa massa è confinata all'interno di una sfera di 44 milioni di chilometri di diametro, ciò conduce a una densità dieci volte maggiore rispetto alle stime precedenti.
  • Più di recente, la misurazione del moto proprio di un campione di diverse migliaia di stelle in un raggio di circa 1 parsec dal buco nero ha permesso di stimare sia la massa del buco nero sia, anche, la massa distribuita in tale regione. È stato trovato che la massa del buco nero è coerente con i valori misurati da singole orbite; la massa distribuita è risultata essere di 1,0 ± 0,5 milioni di masse solari. Si presume che tale massa appartenga a stelle di sequenza principale e residui compatti di stelle morte.

La massa e le dimensioni calcolate per Sgr A*, da un punto di vista strettamente teorico, possono essere spiegate anche in altri modi. Tuttavia, qualsiasi altra configurazione di massa collasserebbe in un singolo buco nero supermassiccio su una scala temporale di gran lunga più breve di quella della vita della Via Lattea. La massa comparativamente piccola di questo buco nero, insieme con la bassa luminosità delle righe di emissione nelle onde radio e nell'infrarosso, implica che la Via Lattea non è una galassia di Seyfert. In conclusione, ciò che vediamo nelle onde radio non è, come già detto, il buco nero in se stesso, ma le osservazioni risultano coerenti solo se esiste effettivamente un buco nero nei pressi di Sgr A*. Se questo è il caso, come è lecito ritenere in base ai dati disponibili, l'energia osservata nelle onde radio e nell'infrarosso emana da gas e polveri riscaldati fino a milioni di gradi mentre precipitano nel buco nero. Benché esistano altre possibilità per spiegare l'energia emanata dai gas, per esempio la pressione di radiazione e l'interazione con altre correnti di gas, la spiegazione più semplice rimane l'interazione con una massiccia sorgente di gravità. Il buco nero in se stesso si pensa che emetta solo radiazione di Hawking a temperature nell'ordine dei 10⁻¹⁴ gradi Kelvin. Da tempi astronomi e ricercatori ipotizzano che al centro della Via Lattea sia presente un buco nero supermassiccio, al quale peraltro è già stato dato un nome, Sagittarius A. Un oggetto che, secondo le ipotesi più condivise in ambito scientifico, presenta una forza di gravità tale da trattenere la luce stessa. Partendo da questo presupposto un buco nero risulta per definizione non osservabile. si cerca quindi di operare con un approccio diverso, finalizzato all'osservazione dei suoi effetti sugli oggetti celesti posti nelle vicinanze. Diversi team internazionali operano attualmente in tal senso, ad esempio abbiamo recentemente visto come i ricercatori dell'EHT stiano cercando di creare una ricostruzione fotografica dell'orizzonte degli eventi di Sagittarius A. Tuttavia, una scoperta definibile a tutti gli effetti "sensazionale" potrebbe aver creato un precedente unico, sembra che la prima vera prova della sua esistenza sia finalmente disponibile

A causa delle fredde polveri interstellari sulla linea di vista, il Centro Galattico non può essere studiato alle lunghezze d'onda del visibile, né dell'ultravioletto, né dei raggi X a debole frequenza; tutte le informazioni di cui disponiamo ci sono fornite dall'osservazione a raggi gamma, raggi X a forte frequenza, infrarossi e onde radio. Le coordinate del Centro Galattico furono calcolate e presentate per la prima volta dall'astronomo Harlow Shapley nel suo studio sulla distribuzione degli ammassi globulari del 1918. Nel sistema delle coordinate equatoriali, queste coordinate sono: Ascensione retta 17h 45m 40,04s; Declinazione −29° 00′ 28,1″ (epoca J2000). Il parsec centrale attorno a Sagittarius A* contiene centinaia di stelle. Sebbene la gran parte di queste siano vecchie stelle rosse sulla Sequenza principale, sono presenti anche diverse stelle di grande massa: sono state infatti identificate più di cento stelle di popolazione OB e di Wolf-Rayet, le quali sarebbero nate a seguito di un unico evento di formazione stellare che ebbe luogo pochi milioni di anni fa. L'esistenza di queste stelle relativamente giovani fu una sorpresa per gli esperti, che ipotizzavano che la forza mareale del buco nero avrebbe contrastato la loro formazione. Questo cosiddetto "paradosso della giovinezza" è ancor più notevole in stelle che hanno un'orbita molto stretta attorno a Sagittarius A*, come le stelle S2 e S0-102. Le ipotesi prevalenti affermano che quest'ammasso di stelle supermassicce si sarebbe formato al di là del Centro Galattico, e che poi sarebbe migrato in direzione di Sagittarius A attratto dalla corrente gravitazionale, o che si sarebbe formato in loco, grazie alla stessa forza gravitazionale che avrebbe contratto la grande nube del disco di accrescimento del buco nero. È interessante notare che molte di queste stelle giovani e massicce sembrano essere concentrate in uno (UCLA) o due (MPE) dischi, piuttosto che distribuite in modo casuale all'interno del parsec centrale. La formazione stellare non sembra tuttavia avvenire attualmente all'interno del Centro Galattico, sebbene il Disco Circumnucleare (CND) di gas molecolare orbitante a due parsec da Sagittarius A* sembri essere un sito favorevole all'evento. Un lavoro di mappatura della densità del gas in una regione di 400 anni-luce attorno al Centro Galattico presentato nel 2003 da Antony Stark e Chris Martin ha rivelato un anello di accumulo la cui massa supera di diversi milioni di volte quella del Sole e prossimo alla densità critica adatta alla formazione stellare. Le loro conclusioni sono che in circa 200 milioni di anni potrebbe verificarsi nel Centro Galattico uno starburst, ossia un violento episodio di formazione stellare, con stelle supermassicce che rapidamente evolvono in supernovae; lo starburst, come osservato in altre galassie, si accompagna spesso alla formazione di getti galattici ai poli. La Via Lattea, secondo questo studio, potrebbe diventare una "galassia starburst" entro 500 milioni di anni. 

Glossario: Sequenza principale

La sequenza principale è una continua ed evidente banda di stelle disposta in senso pressoché diagonale nel diagramma Hertzsprung-Russell, una rappresentazione grafica che mette in relazione la temperatura effettiva (riportata in ascissa) e la luminosità (riportata in ordinata) delle stelle. Le stelle che si addensano in questa fascia sono dette stelle di sequenza principale o "stelle nane", anche se quest'ultima designazione è caduta in disuso. Dopo essersi formata in una nube molecolare, una stella genera energia nel suo nucleo tramite le reazioni nucleari di fusione dell'idrogeno in elio. Durante questa lunga fase del suo ciclo vitale, la stella si pone all'interno della sequenza principale in una posizione che è determinata principalmente dalla sua massa e da altri fattori quali la sua composizione chimica. Tutte le stelle di sequenza principale si trovano in uno stato di equilibrio idrostatico in cui la pressione termica e, nelle stelle massicce, la pressione di radiazione del nucleo, dirette verso l'esterno, contrastano il naturale collasso gravitazionale degli strati della stella, diretto verso l'interno. A mantenere questo equilibrio contribuisce la forte dipendenza del tasso di creazione dell'energia dalla temperatura e dalla densità.

Ogni braccio di spirale descrive una spirale logaritmica (come d'altra parte fanno tutti i bracci delle galassie a spirale), con un'inclinazione di circa 12 gradi. L'esito di studi condotti nel 1993 ha suggerito l'esistenza, nella Via Lattea, di due bracci maggiori (Braccio di Perseo e Braccio Scudo-Croce) e due bracci complementari (Braccio del Cigno e Braccio del Sagittario), aventi tutti origine al centro della Galassia, con alcuni bracci secondari, che si dipartono dai maggiori; i loro nomi sono elencati di seguito, come mostrato anche dall'immagine a sinistra. All'esterno dei bracci maggiori è presente un anello esterno, detto Anello dell'Unicorno; si tratta di una struttura anulare, che circonda la Galassia, formato da stelle e gas strappati dalle forze mareali ad altre galassie milioni di anni fa. Uno studio del 2008 ha tuttavia messo in discussione la natura di due dei bracci di spirale, considerandoli solo come degli addensamenti maggiori di gas rispetto allo spazio intragalattico circostante; i due bracci maggiori pertanto sarebbero il Braccio di Perseo e il Braccio Scudo-Croce. Come spesso accade in molte galassie, la distribuzione della massa nella Via Lattea fa sì che la velocità orbitale della gran parte delle stelle attorno al centro galattico non dipenda necessariamente dalla loro distanza dal centro; fuori dalle regioni del bulge o dal bordo esterno, la velocità tipica è compresa fra 210 e 240 km/s. Pertanto, il tipico periodo orbitale di una stella è direttamente proporzionale solo alla lunghezza della traiettoria percorsa, a differenza di quanto può invece essere osservato nel sistema solare, dove, nel rispetto delle leggi di Keplero, le differenti orbite dei pianeti possiedono anche differenze di velocità significative associate, ed è dunque anche uno degli indizi più evidenti dell'esistenza della materia oscura. Un altro aspetto interessante è il cosiddetto "problema dell'attorcigliamento" delle galassie spirali: se si suppone infatti che le parti più interne dei bracci di spirale ruotino più lentamente delle parti esterne, la Via Lattea si "attorciglierebbe" così tanto che la struttura a spirale ne verrebbe staccata. Questo scenario è in realtà l'opposto di quanto si osserva nella galassie spirali; per questo motivo gli astronomi suppongono che i bracci di spirale si formino come risultato di un'onda di densità di materia emanata dal centro galattico. Il modello può essere paragonato ad un ingorgo stradale su un'autostrada: le auto sono tutte in movimento, ma c'è sempre un punto in cui le auto sono ferme; uno scenario simile si osserva nei bracci di spirale laddove si rinvengono forti addensamenti stellari e di nebulose. Questo modello si accorda bene anche con i fenomeni di formazione stellare osservati nei bracci di spirale o nelle loro vicinanze: l'onda di compressione aumenta la densità dell'idrogeno molecolare, che collassa facilmente dando luogo alla formazione delle protostelle.

Il disco galattico è circondato da un alone sferoidale formato da stelle vecchie ed ammassi globulari, il 90% dei quali si trovano entro un raggio di 100 000 anni luce, suggerendo l'esistenza di un alone di stelle di 200 000 anni luce di diametro. Tuttavia, alcuni ammassi globulari sono stati osservati a distanze anche maggiori, come Palomar 4 e AM1, che si trovano ad oltre 200 000 anni luce dal centro galattico. A differenza del disco, che contiene gas e polveri che oscurano la visuale ad alcune lunghezze d'onda, l'alone galattico ne è completamente privo; i fenomeni di formazione stellare hanno luogo nel disco, e specialmente nei bracci di spirale, dove la densità è maggiore, mentre nell'alone tali fenomeni non si verificano. Anche gli ammassi aperti sono oggetti tipici del disco e non dell'alone. Recenti scoperte hanno aumentato le dimensioni della struttura nota della Via Lattea. Con la scoperta che il disco della Galassia di Andromeda si estende molto più di quanto precedentemente osservato, si è ipotizzato che anche quello della nostra Galassia potesse essere più esteso; questa ipotesi trovò la prima conferma con la scoperta dell'estensione del braccio esterno appartenente al Braccio del Cigno. Con la scoperta della Galassia Nana Ellittica del Sagittario arrivò anche l'individuazione di una scia di detriti causati dall'orbita polare della galassia e la sua interazione con la Via Lattea. Similmente, con la scoperta della Galassia Nana Ellittica del Cane Maggiore, fu scoperto un anello di detriti circondante il disco della Via Lattea derivante dall'interazione di questa galassia con la nostra. Nel 2006 fu infine scoperta una grandissima struttura diffusa estesa sulla volta celeste su una superficie apparente di circa 5000 volte quella della Luna piena, che non sembra adattarsi al modello ideato per la nostra Galassia: questo gruppo di stelle si estende infatti perpendicolarmente al piano galattico, verso l'esterno. La teoria più accreditata afferma che si tratti di una galassia nana in fase di fusione con la Via Lattea; questa galassia è stata chiamata col nome di Corrente stellare della Vergine, poiché si estende in direzione dell'omonima costellazione, a circa 30 000 anni luce da noi. 

Il Sole nella Via Lattea

Il Sole, e quindi anche la Terra e tutto il Sistema Solare, si trova nella Nube Interstellare Locale, che a sua volta si trova dentro la Bolla Locale, a sua volta dentro la Cintura di Gould situata nei pressi del bordo interno del Braccio di Orione, ad una distanza di circa 7,62 ± 0,32 kpc dal centro galattico. La distanza tra il nostro braccio locale e quello subito più esterno, il Braccio di Perseo, è di circa 6500 anni luce. Il Sole e il Sistema Solare si trovano in quella fascia che gli scienziati chiamano zona galattica abitabile. L'apice della traiettoria solare, noto come apice solare, indica la direzione in cui il Sole si sposta nello Spazio attraverso la Via Lattea. La direzione generica del moto solare è poco a sud della stella Vega, entro i confini meridionali della costellazione di Ercole, con un angolo di 60° rispetto alla direzione del centro galattico. L'orbita solare attorno alla Galassia si ipotizza che sia approssimativamente circolare, con l'aggiunta di perturbazioni dovute ai bracci di spirale e alla distribuzione di massa non uniforme. In aggiunta a ciò, il Sole oscilla su e giù rispetto al piano galattico all'incirca 2,7 volte per orbita; ciò ricorda molto da vicino come un moto armonico semplice lavori nel caso non sia né forzato né smorzato da forze esterne. A causa della relativamente alta densità di stelle e polveri incrociate nei pressi del piano galattico, queste oscillazioni spesso coincidono con i periodi di grandi estinzioni di massa verificatisi sulla Terra, probabilmente a causa dell'aumentato rischio di impatto con corpi celesti estranei. Il Sistema Solare impiega circa 225-250 milioni di anni per completare un'orbita attorno alla Galassia (un anno galattico); si pensa dunque che il Sole abbia completato durante la sua vita circa 20-25 orbite complete, mentre dall'origine dell'Uomo sarebbe trascorso 1/1250 di rivoluzione. La velocità orbitale del Sistema Solare rispetto al centro galattico è approssimativamente di 220 km/s; a questa velocità, al Sistema Solare occorrono circa 1400 anni per compiere uno spostamento pari ad un anno luce, o 8 giorni per muoversi di una UA. 

Ambiente esterno

La Via Lattea e la Galassia di Andromeda formano un sistema binario di galassie spirali giganti; insieme alla Galassia del Triangolo e a tutte le galassie nane satelliti, circa una cinquantina, formano il Gruppo Locale. Il Gruppo Locale fa invece parte del Superammasso della Vergine. In uno studio del 2014 si indica un esteso superammasso di galassie che comprenderebbe i gruppi suddetti, citato col nome di Laniakea (nome che in lingua hawaiiana sta per "Immenso paradiso"); le dimensioni di quest'ammasso sarebbero di circa 500 milioni di anni luce. La Via Lattea è il centro di gravità attorno al quale orbitano due galassie più piccole, chiamate Nubi di Magellano, e una parte delle galassie nane del Gruppo Locale. La più grande tra queste è la Grande Nube di Magellano, con un diametro di 20 000 anni luce, ossia circa un quinto di quello della nostra Galassia; nei suoi pressi si trova una compagna, la Piccola Nube di Magellano. Le due galassie sono connesse tra di loro e con la Via Lattea tramite la Corrente Magellanica, un ponte di idrogeno neutro; si pensa che il materiale di cui è composta la corrente sia stato strappato via dalla Grande Nube a causa delle forze mareali durante l'ultimo transito ravvicinato con la nostra Galassia. Alcune delle galassie nane orbitanti attorno alla Via Lattea sono la Galassia Nana Ellittica del Cane Maggiore, la più vicina, la Galassia Nana Ellittica del Sagittario, la Galassia Nana dell'Orsa Minore, quella dello Scultore, del Sestante, della Fornace e la Galassia Leo I. Le galassie nane più piccole orbitanti attorno alla nostra possiedono un diametro di appena 500 anni luce; tra queste ci sono la Galassia Nana della Carena e del Drago, più la galassia Leo II. Probabilmente esistono altre galassie nane ancora sconosciute, sempre gravitazionalmente legate alla Via Lattea. Osservazioni attraverso la zona d'ombra galattica rivelano di tanto in tanto nuovi membri del Gruppo Locale, finora solo galassie nane, alcune delle quali si rivelano poi essere legate con la nostra. Un'ipotesi suggestiva è stata da poco suggerita per spiegare il cosiddetto movimento in eccesso che la Via Lattea possiede verso una parte di Spazio oscurata dal centro galattico: alcuni scienziati americani hanno teorizzato l'esistenza di un'altra galassia gigante di dimensioni paragonabili alla Galassia di Andromeda, posta nel Gruppo Locale a circa 3 milioni di anni luce da noi, oppure al massimo un gruppo di galassie simile al Gruppo Locale ma appena al di fuori di questo, popolato da alcune galassie giganti. Finora non è stato possibile osservare questa galassia (o quest'ammasso di galassie) poiché la sua direzione sarebbe proprio in direzione del centro galattico, e dunque oscurato dalla Terra dalle polveri oscure. La radioastronomia, secondo alcuni, potrebbe essere in futuro in grado di attraversare lo spesso strato di nubi galattiche per osservare lo Spazio a noi nascosto. Nel gennaio del 2006 alcuni ricercatori riportarono che il fino ad allora inspiegato warp (distorsione) riscontrato sul disco galattico era stato ora mappato e si era trovato un increspamento, o vibrazione, creata dalle Nubi di Magellano durante la loro rivoluzione attorno alla nostra Galassia, che causa delle vibrazioni a certe frequenze quando queste si trovano appena fuori dai confini della Via Lattea. Prima queste due galassie, che possiedono assieme circa il 2% della massa della Via Lattea, erano considerate troppo piccole per influenzare la nostra Galassia; tuttavia, tenendo conto della presenza della materia oscura, il movimento di queste due galassie crea una scia che la influenza. Secondo delle elaborazioni condotte dall'Università del Massachusetts, la materia oscura si separa dal disco galattico assieme allo strato di gas conosciuto, comportando un aumento dell'effetto gravitazionale delle due Nubi di Magellano nel momento di transito vicino alla Via Lattea. Le misure attuali suggeriscono inoltre che la Galassia di Andromeda si stia avvicinando a noi ad una velocità compresa fra 100 e 140 km/s. Come conseguenza di ciò si ipotizza che fra 3 o 4 miliardi di anni la Via Lattea e la Galassia di Andromeda potrebbero collidere; in un evento apparentemente catastrofico come quello di uno scontro fra galassie, le singole stelle non collideranno fra di loro, ma si mescoleranno, andando a formare un'unica grande galassia ellittica nel corso di un miliardo di anni dallo scontro.

Approfondiamo: la collisione tra Andromeda e la Via Lattea 

La collisione tra Andromeda e la Via Lattea è un'ipotesi di collisione galattica, che potrebbe avere luogo tra circa 5 miliardi di anni, fra le due maggiori galassie del Gruppo Locale, la Via Lattea e la Galassia di Andromeda. Viene spesso usato come esempio del tipo di fenomeno associato alle collisioni nei simulatori. Come per tutti questi tipi di collisione, è molto improbabile che oggetti come le stelle contenute in ciascuna delle galassie interessate possano scontrarsi, poiché la distanza tra le singole stelle all'interno di una galassia è relativamente alta; per fare un esempio, la stella più vicina al Sole si trova infatti ad una distanza pari a trenta milioni di volte il diametro solare. Se si immagina il Sole delle dimensioni di una moneta, la moneta/stella più vicina si troverebbe a quasi 800 km di distanza. Se la teoria è corretta, le stelle e i gas contenuti nella Galassia di Andromeda saranno visibili ad occhio nudo fra circa tre miliardi di anni. Se la collisione avrà luogo, le due galassie si fonderanno l'una con l'altra. Non vi è modo di sapere se la collisione avverrà per certo oppure no; la velocità radiale della Galassia di Andromeda rispetto a quella della Via Lattea può essere misurata esaminando lo spostamento Doppler o le linee spettrali dalle stelle nella galassia, ma la velocità trasversa (o moto proprio, ossia la direzione effettiva) non può essere direttamente misurata. Per tal motivo, sebbene si sappia che la Galassia di Andromeda si avvicina alla nostra ad una velocità di circa 120 km/s, non si può prevedere con certezza se avverrà lo scontro oppure se le galassie si avvicineranno senza scontrarsi. La migliore stima indiretta della velocità indica un valore di meno di 100 km/s. Questo suggerisce che almeno l'alone galattico delle galassie, escludendo dunque i dischi, collideranno. Il satellite Gaia, una sonda inviata dall'ESA nel 2013, misurerà la posizione delle stelle della galassia di Andromeda con sufficiente precisione da poter rilevare la velocità trasversa. Frank Summers, dello Space Telescope Science Institute, ha creato una visualizzazione CGI dell'evento, basato su ricerche condotte dalla Case Western Reserve University e dalla Harvard University. Per la Galassia di Andromeda questo tipo di collisioni di grande portata non sarebbero una novità: si crede infatti che in passato la galassia abbia conosciuto nel corso della sua vita almeno un'altra collisione. Si è ipotizzato inoltre che il nostro Sistema Solare verrà espulso per qualche tempo dalla nuova galassia; un evento simile non dovrebbe avere effetti negativi sul sistema. Cambiamenti come ogni sorta di disturbo al Sole o ai pianeti stessi sono da considerarsi di possibilità remota anche perché in quel momento il Sole si sarà già avviato da tempo verso la fase di gigante rossa o si sarà già dissolto in una nebulosa planetaria. Per la galassia gigante che ne risulterebbe da questo scontro sono stati proposti diversi nomi, tra cui Lattomeda (in inglese, Milkomeda).

Approfondiamo: Andromeda

La Galassia di Andromeda (nota talvolta anche con il vecchio nome Grande Nebulosa di Andromeda o con le sigle di catalogo M 31 e NGC 224), è una galassia a spirale gigante che dista circa 2,538 milioni di anni luce dalla Terra in direzione della costellazione di Andromeda, da cui prende il nome. Si tratta della galassia di grandi dimensioni più vicina alla nostra, la Via Lattea; è visibile anche a occhio nudo ed è tra gli oggetti più lontani visibili senza l'ausilio di strumenti. La Galassia di Andromeda è la più grande del Gruppo Locale, un gruppo di galassie di cui fanno parte anche la Via Lattea e la Galassia del Triangolo, più circa cinquanta altre galassie minori, molte delle quali satelliti delle principali. Secondo studi pubblicati negli anni duemila, derivati dalle osservazioni del telescopio spaziale Spitzer, conterrebbe circa un bilione di stelle (mille miliardi), un numero di gran lunga superiore a quello della Via Lattea. Sulla massa e sul numero di stelle ci sono tuttavia opinioni discordanti: alcuni studi indicano un valore di massa per la Via Lattea pari all'80% di quello di Andromeda, mentre secondo altri le due galassie avrebbero dimensioni simili. Alcuni studi suggeriscono però che la Via Lattea contenga più materia oscura e potrebbe così essere quella con la massa più grande. Con una magnitudine apparente pari a 3,4, la Galassia di Andromeda è uno degli oggetti più luminosi del catalogo di Messier. La Galassia di Andromeda si individua con estrema facilità: una volta individuata la costellazione di appartenenza e in particolare la stella Mirach (β Andromedae), si prosegue in direzione nordovest seguendo l'allineamento delle stelle μ Andromedae e ν Andromedae, in direzione NE/SW, fra Perseo e Pegaso, per arrivare a identificare una macchia a forma di fuso, allungato in senso nordest-sudovest; è possibile notarlo anche ad occhio nudo se il cielo è in condizione ottimali e senza inquinamento luminoso. 

Un binocolo 8×30 o 10×50 non mostra molti più dettagli, ma consente di individuare la satellite M32; un telescopio da 120-250 mm di apertura consente di notare che la regione centrale è più luminosa, anche se non notevolmente rispetto al resto del fuso, il quale degrada dolcemente verso il fondo cielo specialmente ai lati nordest e sudovest. Ingrandimenti eccessivi non consentono di avere una visione di insieme. La Galassia di Andromeda può essere osservata da entrambi gli emisferi terrestri, sebbene la sua declinazione settentrionale favorisca notevolmente gli osservatori dell'emisfero nord; dalle regioni boreali si presenta estremamente alta nel cielo nelle notti d'autunno, mostrandosi persino circumpolare dalle regioni più settentrionali e della fascia temperata medio-alta, come l'Europa centro-settentrionale e il Canada, mentre dall'emisfero australe resta sempre molto bassa, ad eccezione delle aree prossime all'equatore. È comunque visibile da buona parte delle aree abitate della Terra. Il periodo migliore per la sua osservazione nel cielo serale è quello compreso fra settembre e marzo; nell'emisfero boreale è uno degli oggetti più caratteristici dei cieli autunnali. La prima osservazione della Galassia di Andromeda messa per iscritto risale al 964 ed è stata condotta dall'astronomo persiano Abd al-Rahmān al-Sūfi, il quale la descrisse come una "piccola nube" nel suo Libro delle stelle fisse; anche altre carte celesti, (tra cui quelle olandesi) risalenti allo stesso periodo la riportano con la definizione di "Piccola Nube". La prima descrizione dell'oggetto basata sulle osservazioni telescopiche fu fatta da Simon Marius il 15 dicembre del 1612, il quale la definì come "la luce di una candela osservata attraverso un corno traslucido". Charles Messier la inserì in seguito nel suo celebre catalogo col numero 31 nell'anno 1764, accreditando erroneamente Marius come scopritore, non essendo a conoscenza del precedente libro di Sufi. Nel 1785, l'astronomo William Herschel notò un debole alone rossastro nella regione centrale di M31; egli credeva che si trattasse della più vicina fra tutte le "grandi nebulose" e, basandosi sul colore e la magnitudine della nube, stimò (scorrettamente) una distanza non superiore a 2000 volte la distanza di Sirio. William Huggins nel 1864 osservò lo spettro di M31 e notò che era differente da quello delle nebulose gassose; gli spettri di M31 mostravano un continuum di frequenze, sovrapposte a linee scure, molto simile a quello delle singole stelle: da ciò dedusse che si doveva trattare di un oggetto di natura stellare. Nel 1885 fu osservata nell'alone di M31 una supernova, catalogata come S Andromedae, la prima e l'unica osservata finora nella galassia; all'epoca dato che M31 era considerato un oggetto "vicino", si credeva che si trattasse di un evento molto meno luminoso, chiamato nova, così fu indicata come "Nova 1885". Le prime immagini fotografiche della galassia furono prese nel 1887 da Isaac Roberts dal suo osservatorio privato nel Sussex; la lunga esposizione permise di mostrare, per la prima volta, che M31 possiede una struttura a spirale. Tuttavia si credeva ancora che si trattasse di una nebulosa compresa nella nostra Galassia e Roberts pensò erroneamente che si trattasse di una nube a spirale in cui si formano sistemi simili al nostro sistema solare, dove le nubi satelliti sarebbero state dei pianeti in formazione.La velocità radiale di M31 rispetto al sistema solare fu misurata nel 1912 da Vesto Slipher all'Osservatorio Lowell, utilizzando uno spettroscopio; il risultato fu la più alta velocità radiale mai misurata fino ad allora, di ben 300 km/s, in avvicinamento al Sole. Nel 1917 Heber Curtis osservò una nova nei bracci di M31; ricercando nelle lastre fotografiche, ne scoprì altre 11; Curtis scrisse che queste novae possedevano una magnitudine apparente media di 10, più deboli di quelle che si osservano nella Via Lattea. Come risultato, egli pose la Galassia di Andromeda alla distanza di 500000 al, diventando così il proponente della teoria dei cosiddetti "universi-isola", secondo la quale le nebulose a spirale non sono altro che insiemi di gas e stelle simili alla nostra Via Lattea, indipendenti fra loro. Nel 1920 ebbe luogo il Grande Dibattito fra Harlow Shapley e Heber Curtis, in cui si discuteva della natura della Via Lattea, delle "nebulose a spirale" e delle dimensioni dell'Universo; per supportare l'ipotesi che la "Grande Nebulosa di Andromeda" fosse in realtà una galassia indipendente, Curtis riportò pure l'esistenza di linee oscure che ricordano le nubi di polvere tipiche della nostra Galassia, come pure il notevole effetto Doppler. Nel 1922 Ernst Öpik presentò un metodo astrofisico molto semplice per stimare la distanza di M31, secondo cui la "nube" risultava essere distante 450 kpc (quasi 1,5 milioni di anni luce). Edwin Hubble risolse il dilemma nel 1925, quando per la prima volta identificò alcune variabili Cefeidi in alcune foto della galassia create nell'Osservatorio di Monte Wilson, rendendo così molto più accurata la misurazione della distanza; le sue misurazioni infatti dimostrarono inequivocabilmente che M31 è una galassia indipendente situata a notevole distanza dalla nostra. Questa galassia svolge un ruolo importante negli studi galattici, dato che si tratta della galassia spirale gigante più vicina a noi. Nel 1943 Walter Baade risolse per la prima volta alcune singole stelle nella regione centrale della galassia; basandosi sulle sue osservazioni, egli fu in grado di distinguere due distinte popolazioni di stelle in base alla loro metallicità: chiamò il gruppo più giovane e vicino al disco "Tipo I" e le più vecchie e tendenti al rosso presenti nel bulge "Tipo II". Questo sistema di classificazione delle popolazioni stellari, per altro già notato in precedenza da Jan Oort, fu in seguito esteso alle stelle della Via Lattea e in generale di tutte le galassie note. Baade scoprì inoltre che sono presenti due tipi di variabili Cefeidi, che comportò un raddoppio della distanza stimata di M31, come pure delle galassie del resto dell'Universo. La prima mappa alle onde radio della Galassia di Andromeda fu completata negli anni cinquanta da John Evan Baldwin e dai suoi collaboratori nel Cambridge Radio Astronomy Group; il core della galassia è chiamato 2C 56 nel catalogo radioastronomico 2C. La Galassia di Andromeda è in avvicinamento alla Via Lattea alla velocità di circa 400.000 km/h, pertanto è una delle poche galassie a mostrare un spostamento verso il blu; dato il movimento del Sole all'interno della nostra Galassia, si ricava che le due galassie si avvicinano alla velocità di 100-140 km/s. Le due galassie potrebbero così collidere in un tempo stimato sui 2,5 miliardi di anni: in quel caso probabilmente si fonderanno dando origine ad una galassia ellittica di grandi proporzioni; tuttavia, la velocità tangenziale rispetto alla Via Lattea di M31 non è ben conosciuta, creando così incertezza sul quando la collisione avverrà e sul come essa procederà. Scontri di questo tipo sono frequenti nei gruppi di galassie. Dopo la scoperta di un secondo tipo di Cefeidi più deboli, nel 1953, la distanza della Galassia di Andromeda è stata raddoppiata; negli anni novanta le misurazioni del satellite Hipparcos furono usate per ricalibrare le distanze delle Cefeidi, portando così la distanza della galassia al valore provvisorio di 2,9 milioni di anni luce. Per determinare la distanza della galassia sono state utilizzate quattro tecniche distinte. Nel 2003, utilizzando le fluttuazioni di luminosità superficiale infrarosse, rivedendo il valore periodo-luminosità e utilizzando una correzione della metallicità di −0,2 mag dex−1 in (O/H), si è ricavata una distanza di 2,57 ± 0,06 milioni di anni luce (787 ± 18 kpc). Utilizzando il metodo delle variabili Cefeidi, il valore ottenuto nel 2004 è di 2,51 ± 0,13 milioni di anni luce (770 ± 40 kpc).Nel 2005 è stata annunciata la scoperta di una stella binaria a eclisse appartenente alla Galassia di Andromeda; questo sistema, catalogato come M31VJ00443799+4129236, è formato da due stelle blu luminose e calde di classe spettrale O e B. Studiando l'eclisse delle stelle, che avviene ogni 3,54969 giorni, gli astronomi sono stati in grado di misurare il loro diametro; conoscendo il loro diametro e le temperature, si è potuta ottenere la magnitudine assoluta dei due astri, che rapportata alla magnitudine apparente ha fornito un valore di distanza pari a 2,52 ± 0,14 milioni di anni luce (770 ± 40 kpc); pertanto questa distanza può essere presa come un valore medio per la galassia. Questo valore si inquadra perfettamente fra i valori precedentemente identificati e viene accettato come estremamente accurato, a prescindere dalla scala Cefeidi-distanza. La sua vicinanza consente pure di poter utilizzare delle stime basate sulle giganti rosse; tramite questa tecnica è stato trovato sempre nel 2005 un valore di 2,56 ± 0,08 milioni di anni luce (785 ± 25 kpc). Facendo una media delle distanze ottenute coi vari metodi si ottiene una stima di 2,54 ± 0,06 milioni di anni luce (778 ± 17 kpc); basandosi sulle distanze citate, è stato stimato un diametro della galassia pari a 141000±3000 al. Le stime della massa della Galassia di Andromeda, inclusa la materia oscura danno un valore di circa 1,23×1012 M⊙, mentre quella della Via Lattea sarebbe di 1,9×1012: la massa di M31 sarebbe dunque inferiore a quella della Via Lattea, nonostante le sue dimensioni siano superiori; tuttavia il tasso di imprecisione sarebbe troppo largo per poter confermare questo valore. Di fatto, M31 contiene molte più stelle della Via Lattea e possiede un diametro notevolmente maggiore. In particolare, M31 avrebbe molte più stelle comuni rispetto alla Via Lattea e la sua luminosità è doppia rispetto a quella della nostra; tuttavia, il tasso di formazione stellare della Via Lattea è molto più alto: la Galassia di Andromeda produce stelle per circa una massa solare all'anno, mentre nella nostra Galassia si stima che se ne producano 3-5 all'anno. Anche il tasso di supernovae è doppio rispetto a quello di M31. Ciò suggerisce che M31 abbia sperimentato un'intensa fase di formazione stellare nel suo passato, mentre la Via Lattea è nel mezzo di una di queste fasi; ciò potrebbe anche significare che in futuro le stelle della Via Lattea potrebbero diventare numerose così come si osserva in M31. Basandosi sul suo aspetto alla luce visibile, la Galassia di Andromeda è classificata come di tipo SA(s) b nella sequenza di Hubble; tuttavia, i dati provenienti dal monitoraggio 2MASS mostrano che il bulge di M31 possiede una struttura leggermente allungata, il che implica che si potrebbe trattare di una galassia a spirale barrata con l'asse della barra disposto quasi esattamente lungo la nostra linea di vista. Nel 2005 le osservazioni fatte con il Telescopio Keck mostrarono che i tenui filamenti di stelle che si estendono al di fuori della galassia fanno in realtà parte del disco principale; ciò comporta che il disco a spirale della galassia è tre volte più grande di quanto si credesse (il diametro attualmente stimato della galassia è di circa 220 000 anni luce; in precedenza si pensava fosse compreso fra i 70 000 e i 120 000 anni luce). La galassia è inclinata di 77° rispetto alla linea di vista della Terra (un angolo di 90° corrisponde ad una vista perfettamente di taglio). Le analisi della sua forma dimostrano che il disco possiede una accentuata distorsione (warp) a "S" e non una forma piatta; una possibile causa di questo warp potrebbe essere l'influenza gravitazionale delle galassie satelliti, come pure una remota influenza della Galassia del Triangolo, ma mancano ancora le misurazioni di distanza e velocità radiale in grado di confermare questa ipotesi. Gli studi spettroscopici hanno fornito misure molto dettagliate della curva di rotazione di M31 a varie distanze dal nucleo. In prossimità di questo, a una distanza di 1300 anni luce, la velocità di rotazione raggiunge un picco di 225 km/s; successivamente decresce fino a un minimo a 7000 anni luce di distanza, dove potrebbe essere pari ad appena 50 km/s; più all'esterno la velocità aumenta di nuovo fino a 33 000 anni luce di distanza, dove raggiunge picchi di 250 km/s; a 80 000 anni luce dal nucleo si stabilizza sui 200 km/s. Queste misurazioni implicano una massa concentrata di circa 6×109 M⊙ nella regione del nucleo; la massa totale della galassia aumenta linearmente fino ai 45 000 anni luce, dove inizia poi a rallentare. Nella galassia sono state anche scoperte delle sorgenti multiple di raggi X, tramite le osservazioni dell'osservatorio orbitante XMM-Newton dell'ESA; alcuni scienziati hanno ipotizzato che si tratti di possibili buchi neri o di stelle di neutroni, che riscaldano il gas in avvicinamento fino a milioni di kelvin, provocando l'emissione raggi X. Lo spettro delle stelle di neutroni è lo stesso dei buchi neri ipotizzati, ma le due ipotesi potrebbero essere distinguibili in base alla massa. La Galassia di Andromeda ospita nel suo centro reale un ammasso di stelle molto denso e compatto; in grandi telescopi è possibile osservare le stelle immerse nel bulge diffuso circostante. La luminosità del nucleo supera quella dei più luminosi ammassi globulari. Nel 1991, studiando le immagini ottenute con il Telescopio Spaziale Hubble delle regioni più interne del nucleo, si è scoperto che la galassia ospita un doppio nucleo, formato da due concentrazioni separate da 1,5 parsec (circa 5 anni luce); la concentrazione più luminosa, catalogata come P1, è decentrata rispetto al vero centro galattico, mentre la concentrazione minore, P2, ricade esattamente al centro e contiene un buco nero di 108 M☉. La spiegazione più accreditata è quella secondo la quale P1 è una proiezione di un disco di stelle in un'orbita eccentrica attorno al buco nero centrale; anche P2 contiene un disco compatto di stelle calde di classe A, le quali non sono evidenti in filtri rossi, mentre alle luci blu e ultravioletta dominano il nucleo, rendendo P2 più luminosa di P1 a queste lunghezze d'onda. Inizialmente si era ritenuto che la parte più brillante del doppio nucleo fosse il resto di un'antica galassia nana "cannibalizzata" da M31, ma attualmente quest'ipotesi non è più considerata una spiegazione plausibile: questi nuclei infatti avrebbero avuto una vita estremamente breve a causa della disgregazione mareale del buco nero centrale; infatti la parte più brillante non possiede buchi neri per potersi stabilizzare. Inoltre l'addensamento secondario non sembra essere un nucleo galattico e non vi è comunque evidenza di un'interazione profonda fra galassie. I bracci di spirale della Galassia di Andromeda sono segnati da una serie di regioni H II che Baade descrisse come una fila di perline; appaiono molto frequenti, sebbene siano più separate fra loro e meno frequenti che nella nostra Galassia. Le immagini rettificate della galassia mostrano una comune galassia spirale con i bracci avvolti in senso orario; sono presenti dei bracci maggiori continui separati fra loro da un minimo di 13 000 anni luce e possono essere seguiti dall'esterno fino a una distanza di circa 1 600 anni luce dal nucleo; ciò può essere notato dallo spostamento di nubi di idrogeno neutro dalle stelle. Nel 1998 le immagini dell'Infrared Space Observatory dell'ESA hanno dimostrato che la forma complessiva della Galassia di Andromeda potrebbe essere uno stadio transitorio verso una galassia ad anello; il gas e le polveri della galassia sono infatti distribuite generalmente attorno ad alcune strutture anulari, fra le quali una di grandi proporzioni alla distanza di 32 000 anni luce dal centro. Questo anello è nascosto alla luce visibile, poiché è composto da polveri fredde. Studi al dettaglio delle regioni interne della galassia mostrano un piccolo anello di polveri che si crede sia stato causato da un'interazione con la vicina M32 avvenuta più di 200 milioni di anni fa; le simulazioni mostrano che la piccola galassia satellite passò attraverso il disco di M31 lungo l'asse polare. Questa collisione strappò via la metà della massa originaria di M32 e creò la struttura anulare visibile ora in M31. L'alone galattico di M31 è comparabile a quello della Via Lattea, dove le stelle dell'alone sono principalmente povere in metalli e la loro povertà aumenta con la distanza; ciò indica che le due galassie hanno seguito un modello evoluzionistico comune. Probabilmente sono cresciute assimilando circa 100-200 galassie di piccola massa nel corso degli ultimi 12 miliardi di anni;[46] le stelle dell'alone esteso della Galassia di Andromeda e della Via Lattea potrebbero arrivare ad occupare fino a un terzo della distanza che separa le due galassie. Associati a M31 ci sono circa 460 ammassi globulari; il più massiccio di questi, catalogato come Mayall II e soprannominato "Globular One", possiede una luminosità superiore a qualunque altro ammasso globulare noto nel Gruppo Locale di galassie. Mayall II contiene alcuni milioni di stelle ed è due volte più luminoso di Omega Centauri, l'ammasso globulare più luminoso conosciuto nella Via Lattea. Contiene inoltre alcune popolazioni stellari e una struttura troppo massiccia per un normale ammasso globulare; per questa ragione alcuni considerano Mayall II un residuo del nucleo di una galassia nana cui M31 ha strappato via le stelle esterne in un lontano passato. Il globulare con la luminosità apparente più alta vista dalla nostra prospettiva, è però G76, che si trova nella metà orientale del braccio di sud-ovest. Nel 2005 gli astronomi hanno scoperto inoltre un nuovo tipo di ammasso stellare; la sua particolarità consiste nel fatto che contiene centinaia di migliaia di stelle, un numero simile a quello osservabile negli ammassi globulari, da cui si distinguono perché sono molto più estesi (fino ad alcune centinaia di anni luce di diametro) e centinaia di volte meno densi. La distanza fra le stelle è, inoltre, molto più grande nei nuovi ammassi estesi scoperti. Così come la Via Lattea, anche la Galassia di Andromeda possiede un sistema di galassie satelliti, consistente di 14 galassie nane conosciute; le meglio note e le più facili da osservare sono M32 e M110. Basandosi sulle evidenze, sembra che M32 subì un incontro ravvicinato con la Galassia di Andromeda nel passato: M32 potrebbe infatti essere stata una galassia più grande di come appare attualmente e il suo disco di stelle sarebbe stato strappato via da M31, la quale assunse una forma distorta e aumentò il tasso di formazione stellare nelle regioni del nucleo, che terminò in un passato relativamente recente. Anche M110 sembra essere in interazione con M31 e gli astronomi hanno scoperto nell'alone di quest'ultima una corrente di stelle ricche in metalli che sembra siano state strappate da entrambe le galassie satelliti. M110 contiene una banda di polveri, che potrebbe essere indice di un recente fenomeno di formazione stellare, una cosa insolita per una galassia nana ellittica, che di solito è quasi completamente priva di gas e polveri. Nel 2006 si è scoperto che nove delle galassie satelliti si trovano lungo un piano che interseca il nucleo della Galassia di Andromeda, anziché essere distribuite causalmente come sarebbe lecito aspettarsi in caso di interazioni indipendenti; ciò potrebbe significare che le galassie satelliti hanno un'origine mareale comune.

Il moto della Via Lattea

In senso generale, la velocità assoluta di un oggetto attraverso lo Spazio non è una questione significante secondo la teoria della Relatività ristretta di Einstein, secondo la quale non esiste un sistema di riferimento inerziale nello spazio con cui comparare la velocità della Via Lattea (il movimento infatti deve essere in questo caso necessariamente specificato in rapporto ad un altro oggetto). Gli astronomi credono che la Via Lattea si muova a circa 600 km/s rispetto al riferimento dato dalle galassie circostanti; se ciò fosse corretto, la Terra compirebbe uno spostamento nello Spazio di 51,84 milioni di km al giorno, o più di 18,9 miliardi di km all'anno, circa 4,5 volte la distanza minima da Plutone. La nostra Galassia si starebbe muovendo in un punto di Spazio visibile nella costellazione dell'Idra, e potrebbe col tempo diventare un membro dell'Ammasso della Vergine. Un altro punto di riferimento è dato dalla radiazione cosmica di fondo (CMB); la Via Lattea sembra muoversi a circa 552 km/s rispetto ai fotoni della CMB. Questo movimento è osservato da satelliti come il COBE e il WMAP, che fungono da bilanciamento bipolare alla CMB, poiché i fotoni in sintonia con la radiazione di fondo mostrano uno spostamento verso il blu in direzione del movimento e uno spostamento verso il rosso nella direzione opposta. 

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