Lune: oggetti misteriosi

Confondiamo spesso le lune con la nostra Luna. A dire il vero, i satelliti naturali del nostro sistema solare, sono assai più misteriosi della nostra "noiosa" luna. In realtà anche il nostro satellite vanta lati nascosti che potrebbero cambiare il nostro modo di vederla. Siete curiosi da conoscere i segreti delle Lune del sistema solare e, in particolare, della nostra Luna? Allora preparatevi ad un viaggio ai confini della realtà perché resterete stupiti, parola della redazione. Seguiteci quindi su Eagle sera!!!

La luna disegnata da Galileo.

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La nostra Luna

Iniziamo dando una definizione scientifica della nostra Luna. La Luna è un satellite naturale, l'unico della Terra. Il suo nome proprio viene talvolta utilizzato, per antonomasia e con l'iniziale minuscola («una luna»), come sinonimo di satellite anche per i corpi celesti che orbitano attorno ad altri pianeti. Orbita a una distanza media di circa 384400 km dalla Terra, sufficientemente vicina da essere osservabile a occhio nudo, così che sulla sua superficie è possibile distinguere delle macchie scure e delle macchie chiare. Le prime, dette mari, sono regioni quasi piatte coperte da rocce basaltiche e detriti di colore scuro. Le regioni lunari chiare, chiamate terre alte o altopiani, sono elevate di vari chilometri rispetto ai mari e presentano rilievi alti anche 8000-9000 metri. Essendo in rotazione sincrona rivolge sempre la stessa faccia verso la Terra e il suo lato nascosto è rimasto sconosciuto fino al periodo delle esplorazioni spaziali. Durante il suo moto orbitale, il diverso aspetto causato dall'orientazione rispetto al Sole genera delle fasi chiaramente visibili e che hanno influenzato il comportamento dell'uomo fin dall'antichità. Impersonata dai greci nella dea Selene, fu da tempo remoto considerata influente sui raccolti, le carestie e la fertilità. Condiziona la vita sulla Terra di molte specie viventi, regolandone il ciclo riproduttivo e i periodi di caccia; agisce sulle maree e la stabilità dell'asse di rotazione terrestre. Si pensa che la Luna si sia formata 4,5 miliardi di anni fa, non molto tempo dopo la nascita della Terra. Esistono diverse teorie riguardo alla sua formazione; la più accreditata è che si sia formata dall'aggregazione dei detriti rimasti in orbita dopo la collisione tra la Terra e un oggetto delle dimensioni di Marte chiamato Theia. Il suo simbolo astronomico ☾ è una rappresentazione stilizzata della sua fase calante. La faccia visibile della Luna è caratterizzata dalla presenza di circa 300 000 crateri da impatto (contando quelli con un diametro di almeno un km). Il cratere lunare più grande è il bacino Polo Sud-Aitken, che ha un diametro di circa 2500 km, è profondo 13 km e occupa la parte meridionale della faccia nascosta.

Formazione

Teoria della fissione

Storicamente sono state avanzate diverse ipotesi sulla formazione della Luna. Le prime teorie suggerirono che la Luna si sarebbe originata dalla Terra, staccandosi per fissione dalla sua crosta per effetto della forza centrifuga e creando il bacino di un oceano (si presume l'Oceano Pacifico). Questa teoria, nota come teoria della fissione, richiederebbe però un valore iniziale troppo elevato per la rotazione terrestre e non è compatibile con l'età relativamente giovane della crosta oceanica. (età giovane a causa della teoria dell'espansione degli oceani di Harry Hess)

Teoria della cattura

Un'altra teoria, detta della cattura, ipotizza invece che la Luna si sia formata in un'altra zona del sistema solare e che sia stata in seguito catturata dall'attrazione gravitazionale terrestre. Un corpo esterno per poter esser catturato in un'orbita stabile ha bisogno di un fattore determinante per il dissipamento dell'energia al momento della sua fase di avvicinamento. Spesso in sistemi più complessi, con già altri elementi di massa rilevante in orbita, questo avviene grazie alla perturbazione gravitazionale di altri satelliti. Il sistema Terra-Luna potrebbe catturare altri asteroidi che si potrebbero posizionare in un'orbita stabile, ma gli effetti gravitazionali terrestri non basterebbero, ci sarebbe bisogno della perturbazione della Luna in un momento preciso della cattura; la Luna non potrebbe essere quindi stata catturata in questo modo, a causa dell'assenza di altri satelliti. D'altro canto, sebbene l'atmosfera possa dissipare l'energia in eccesso, il perielio del satellite catturato si stabilizzerebbe ai limiti dell'atmosfera, quindi in un'orbita troppo bassa; nonostante la Luna fosse molto più vicina alla Terra nella sua orbita primordiale, questa ipotesi richiederebbe un'enorme estensione dell'atmosfera terrestre.

Teoria dell'accrescimento

I cerchi indicano l punto di formazione di Theia.

L'ipotesi dell'accrescimento presuppone che la Terra e la Luna si formarono assieme nello stesso periodo a partire dal disco di accrescimento primordiale. In questa teoria la Luna si formò dai materiali che circondavano la proto-Terra, analogamente a come si formarono i pianeti attorno al Sole. Questa ipotesi tuttavia non spiega in modo soddisfacente la scarsità di ferro metallico sulla Luna. Comunque nessuna di queste teorie riesce a spiegare l'elevato momento angolare del sistema Terra-Luna.

Teoria dell'impatto gigante

La teoria dell'impatto gigante è quella maggiormente accettata dalla comunità scientifica. Fu proposta nel 1975 da William Hartmann e Donald Davis, che ipotizzarono l'impatto di un corpo delle dimensioni di Marte, chiamato Theia o Orpheus, con la Terra. Da quest'impatto, nell'orbita circumterrestre si sarebbe generato abbastanza materiale da permettere la formazione della Luna. Anche l'astronomo canadese Alastair G. W. Cameron era un convinto sostenitore di questa tesi. Inoltre, si pensa che i pianeti si siano formati attraverso un'accessione di corpi più piccoli in oggetti maggiori, ed è riconosciuto che impatti come questo potrebbero essere avvenuti anche per altri pianeti. Simulazioni dell'impatto al computer riescono a predire sia il valore del momento angolare del sistema Terra-Luna, sia la piccola dimensione del nucleo lunare. L'ipotetico corpo Theia si sarebbe formato in un punto di Lagrange relativo alla Terra, ossia in una posizione gravitazionalmente stabile lungo la stessa orbita del nostro pianeta. Qui Theia si sarebbe accresciuto progressivamente inglobando i planetesimi e i detriti che occupavano in gran numero le regioni interne del sistema solare poco dopo la sua formazione. Quando Theia crebbe fino a raggiungere la dimensione di Marte, la sua massa divenne troppo elevata per restare stabilmente nel punto di Lagrange, soprattutto considerando l'influenza di Giove nel turbare le orbite degli altri pianeti del sistema solare. In accordo con questa teoria, 34 milioni di anni dopo la formazione della Terra (circa 4533 milioni di anni fa) questo corpo colpì la Terra con un angolo obliquo, distruggendosi e proiettando nello spazio sia i suoi frammenti sia una porzione significativa del mantello terrestre. L'urto avvenne con un angolo di 45° e a una velocità di circa 4 km/s (circa 14400 km/h), ad una velocità inferiore di quella che Theia si suppone avesse nello stato di corpo orbitante (40000 km/h), e siccome i due pianeti erano ancora allo stato fuso e quindi plastici, ancora prima dello scontro fisico le forze mareali avevano iniziato a distorcerne gli stati superficiali prima ed a smembrarne la protocrosta e il protomantello. Sembra inoltre che quasi la totalità della massa lunare sia di derivazione dalla crosta e dal mantello della proto-Terra. La proto-Terra, colpita da Theia, avrebbe dimezzato il suo tempo di rotazione dalle originali 8 ore a 4 ore. Secondo alcuni calcoli il due per cento della massa di Theia formò un anello di detriti, mentre circa metà della sua massa si unì per formare la Luna, processo che potrebbe essersi completato nell'arco di un secolo. È anche possibile che una parte del nucleo di Theia, più pesante, sia affondata nella Terra stessa fondendosi con il nucleo originario del nostro pianeta. Si ritiene che un simile impatto avrebbe completamente sterilizzato la superficie terrestre, provocando l'evaporazione degli eventuali mari primordiali e la distruzione di ogni tipo di molecola complessa. Se mai sulla Terra fossero già all'opera processi di formazione di molecole organiche, l'impatto di Theia dovrebbe averli bruscamente interrotti. Inoltre è stato suggerito che in conseguenza dell'impatto si siano formati altri oggetti di dimensioni significative, ma comunque inferiori a quelle della Luna, che avrebbero continuato ad orbitare attorno alla Terra, magari occupando uno dei punti di Lagrange del sistema Terra-Luna. Nell'arco di un centinaio di milioni di anni al più, le azioni gravitazionali degli altri pianeti e del Sole ne avrebbero comunque destabilizzato le orbite, causandone la fuga dal sistema o delle collisioni con il pianeta o con la Luna. Uno studio pubblicato nel 2011 suggerisce che una collisione tra la Luna e uno di questi corpi minori dalle dimensioni pari ad un trentesimo di quelle lunari potrebbe aver causato le notevoli differenze in caratteristiche fisiche esistenti tra le due facce della Luna. Le simulazioni condotte suggeriscono che, se l'impatto tra i due satelliti fosse avvenuto con velocità sufficientemente bassa, non avrebbe condotto alla formazione di un cratere, ma il materiale del corpo minore si sarebbe "spalmato" sulla Luna aggiungendo alla sua superficie uno spesso strato di crosta degli altipiani che vediamo occupare la faccia nascosta della Luna, la cui crosta è spessa circa 50 km più di quella della faccia visibile.. Nel 2001 la ricercatrice statunitense Robin Canup ha modificato la teoria dell'impatto gigante illustrando che la neonata Luna sarebbe stata collocata su un'orbita non stabile e sarebbe ricaduta sul pianeta. L'attuale inclinazione dell'asse di rotazione terrestre è frutto di un secondo impatto. La teoria del doppio impatto nasce perché, con un singolo impatto, non si sarebbe avuta la quantità di materia necessaria a formare la Luna, in quanto la massa del disco che si sarebbe condensata a seguito del primo impatto, sarebbe stata circa 2 volte inferiore a quella dell'attuale massa lunare. Inoltre solo parte di questo materiale era oltre il limite di Roche, quindi non si sarebbe mai potuto aggregare per formare un satellite di grosse dimensioni. Uno studio pubblicato nel 2017 ha proposto che l'impatto in seguito al quale si sarebbe formata la Luna avrebbe contribuito ad accrescere la massa terrestre ben più di quanto in precedenza ipotizzato.

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Sotto: una Galleria Immagini dedicata al nostro satellite


ADESSO ANDIAMO AD ESPLORARE LE LUNE ALIENE. ANDREMO AD AMMIRARE LE DUE LUNE PIÙ SPETTACOLARI DEL SISTEMA SOLARE: TITANO & EUROPA


Europa

Europa è il quarto satellite naturale del pianeta Giove per dimensioni e il sesto dell'intero sistema solare. È stato scoperto da Galileo Galilei il 7 gennaio 1610 assieme ad Io, Ganimede e Callisto, da allora comunemente noti con l'appellativo di satelliti galileiani. Leggermente più piccolo della Luna, Europa è composto principalmente da silicati con una crosta costituita da acqua ghiacciata,probabilmente al suo interno è presente un nucleo di ferro-nichel ed è circondato esternamente da una tenue atmosfera, composta principalmente da ossigeno. A differenza di Ganimede e Callisto, la sua superficie si presenta striata e poco ricca di crateri ed è la più liscia di quella di qualsiasi oggetto noto del sistema Solare. Nel 1997 il passaggio della sonda Galileo attraverso un pennacchio d'acqua fuoriuscente da un geyser superficiale ha dimostrato oltre ogni dubbio l'esistenza di un oceano d'acqua presente sotto la crosta, che potrebbe essere dimora per la vita extraterrestre. In questa ipotesi viene proposto che Europa, riscaldato internamente dalle forze mareali causate dalla sua vicinanza a Giove e dalla risonanza orbitale con i vicini Io e Ganimede, rilasci il calore necessario per mantenere un oceano liquido sotto la superficie e stimolando al tempo stesso un'attività geologica simile alla tettonica a placche. L'8 settembre 2014, la NASA riferì di aver trovato prove dell'esistenza di un'attività della tettonica a placche su Europa, la prima attività geologica di questo tipo su un mondo diverso dalla Terra. Nel dicembre del 2013 la NASA individuò sulla crosta di Europa alcuni minerali argillosi, più precisamente, fillosilicati, che spesso sono associati a materiale organico. La stessa NASA annunciò, sulla base di osservazioni effettuate con il Telescopio spaziale Hubble, che sono stati rilevati geyser di vapore acqueo simili a quelli di Encelado, il satellite di Saturno. La sonda Galileo, lanciata nel 1989, fornì la maggior parte delle informazioni note su Europa. Nessun veicolo spaziale è ancora atterrato sulla superficie, ma le sue caratteristiche hanno suggerito diverse proposte di esplorazione, anche molto ambiziose. La Jupiter Icy Moon Explorer dell'Agenzia spaziale europea è una missione per Europa (e per le vicine Io e Ganimede), il cui lancio è previsto per il 2022. La NASA invece sta programmando una missione robotica, che verrebbe lanciata a metà degli anni 2020. Si pensa che sotto la superficie di Europa ci sia uno strato di acqua liquida mantenuta tale dal calore generato dalle "maree" causate dall'interazione gravitazionale con Giove. La temperatura sulla superficie di Europa è di circa 110 K (−163 °C) all'equatore e di solo 50 K (−223 °C) ai poli, cosicché il ghiaccio superficiale è permanentemente congelato. I primi indizi di un oceano liquido sotto la superficie vennero da considerazioni teoriche relative al riscaldamento gravitazionale (conseguenza dell'orbita leggermente eccentrica di Europa e della risonanza orbitale con gli altri satelliti medicei). I membri del team imaging del progetto Galileo hanno analizzato le immagini di Europa della sonda Voyager e della sonda Galileo per affermare che anche le caratteristiche superficiali di Europa dimostrano l'esistenza di un oceano liquido sotto la superficie.L'esempio più eclatante sarebbe il terreno "caotico", una caratteristica comune sulla superficie di Europa che alcuni interpretano come una regione in cui l'oceano sotto la superficie ha sciolto la crosta ghiacciata. Questa interpretazione è estremamente controversa. La maggior parte dei geologi che ha studiato Europa favorisce quello che viene chiamato modello del "ghiaccio spesso" in cui l'oceano ha raramente, se non mai, direttamente interagito con la superficie. I diversi modelli per stimare lo spessore del guscio di ghiaccio danno valori oscillanti tra qualche chilometro e qualche decina di chilometri.  La prova migliore per il cosiddetto modello del "ghiaccio spesso" è uno studio dei grandi crateri di Europa. I più grandi sono circondati da cerchi concentrici e sembrano essere riempiti con ghiaccio fresco relativamente liscio; basandosi su questo e sulla quantità di calore generata dalle maree di Europa, è stato teorizzato che la crosta esterna di ghiaccio solido sia spessa approssimativamente 10−30 km, il che potrebbe significare che l'oceano liquido sottostante potrebbe essere profondo circa 100 km. Il modello a "ghiaccio sottile" suggerisce invece che lo strato di ghiaccio di Europa sia spesso solo pochi chilometri. Tuttavia, la maggior parte degli scienziati planetari affermano che questo modello considera che solo i più alti strati della crosta di Europa si comportino elasticamente quando colpiti dalla marea di Giove. Questo modello suggerisce che la parte elastica esterna della crosta di ghiaccio potrebbe essere sottile solo 200 metri. Se lo strato di ghiaccio di Europa fosse spesso solo pochi chilometri, come propone il modello "ghiaccio sottile", significherebbe che potrebbero avvenire contatti regolari tra l'interno liquido e la superficie attraverso crepe, causando la formazione di zone di terreno caotico. Alla fine del 2008, venne suggerito che Giove potrebbe mantenere gli oceani di Europa caldi generando grandi onde di marea su Europa a causa della sua piccola (ma non nulla) obliquità. Questo tipo di marea precedentemente non considerata genera le cosiddette onde di Rossby, che pur viaggiando molto lentamente, alla velocità di pochi chilometri al giorno, sono in grado di generare una significativa quantità di energia cinetica. Per l'attuale stima dell'inclinazione assiale di Europa (0,1 gradi), la risonanza delle onde Rossby produrrebbe 7,3×1017 J di energia cinetica, che è duemila volte più grande di quella delle forze di marea dominanti. La dissipazione di questa energia potrebbe essere la principale fonte di calore dell'oceano di Europa. La sonda Galileo ha anche scoperto che Europa ha un debole momento magnetico, variabile e indotto dal grande campo magnetico di Giove, la cui intensità è di circa un sesto di quella del campo di Ganimede e sei volte quello di Callisto. L'esistenza del momento magnetico indotto richiede la presenza di materiale conduttore sotto la superficie, come ad esempio un grande oceano di acqua salata. Le prove spettrografiche suggeriscono che le strisce rosso scuro e le caratterizzazioni sulla superficie di Europa potrebbero essere ricche di sali come il solfato di magnesio, depositatosi tramite l'evaporazione dell'acqua che emerge da sotto. L'acido solforico idrato è un'altra possibile spiegazione dei contaminanti osservati spettroscopicamente. In entrambi i casi, siccome questi materiali sono privi di colore o bianchi quando puri, altri elementi devono essere presenti a loro volta per contribuire al colore rossastro. Si suggerisce la presenza di composti a base zolfo. Europa è considerato come uno dei mondi con la più alta probabilità che si sia sviluppata vita extraterrestre. È stato ipotizzato che la vita potrebbe esistere in questo oceano al di sotto del ghiaccio, in un ambiente simile a quello delle sorgenti idrotermali presenti sulla Terra nelle profondità dell'oceano o sul fondo del Lago Vostok, in Antartide. Allo stato attuale non ci sono prove che attestino la presenza di forme di vita su Europa, ma la presenza di acqua liquida è così probabile da rafforzare le richieste di inviare sonde per investigare. Fino al 1970 si pensava che la vita avesse bisogno dell'energia solare per potersi sviluppare, con le piante che sulla superficie catturano l'energia solare e, attraverso la fotosintesi, producono carboidrati dall'anidride carbonica e dall'acqua, rilasciando ossigeno nel processo, che vengono poi consumati dagli animali creando una catena alimentare. Anche nell'oceano profondo, molto al di sotto della portata della luce del sole, si pensava che il nutrimento venisse da detriti organici che scendono dalla superficie. L'accesso alla luce solare era quindi ritenuto fondamentale per poter sostenere la vita in un determinato ambiente. Tuttavia, nel 1977, durante un'immersione esplorativa alla isole Galápagos con il sommergibile DSV Alvin, gli scienziati scoprirono colonie di vermi tubo giganti, crostacei, molluschi bivalvi e altre creature raggruppate intorno a delle sorgenti idrotermali, da cui esce acqua riscaldata dall'attività tettonica terrestre.[100] Queste creature prosperano nonostante non abbiano accesso alla luce del sole e venne scoperto che erano parte di una catena alimentare del tutto indipendente. Invece delle piante, alla base di questa catena alimentare c'era una forma di batterio, la cui energia deriva dalla ossidazione di sostanze chimiche, come l'idrogeno o l'acido solfidrico, che ribolle dall'interno della Terra. Questa chemiosintesi batterica rivoluzionò lo studio della biologia, rivelando che la vita non dipendeva esclusivamente dall'irraggiamento solare: acqua ed energia erano sufficienti. Con questa scoperta si aprì una nuova strada in astrobiologia, e il numero di possibili habitat extraterrestri da prendere in considerazione aumentò sensibilmente. Anche se i vermi tubo e gli altri organismi multicellulari scoperti attorno alle sorgenti idrotermali respirano ossigeno e sono quindi indirettamente dipendenti dalla fotosintesi, i batteri anaerobici e gli archeobatteri che abitano questi ecosistemi potrebbero fornire un esempio di come potrebbe essersi sviluppata la vita nell'oceano di Europa. L'energia fornita dalle maree gravitazionali mantiene geologicamente attivo l'interno di Europa, proprio come succede, in modo ben più evidente, sulla vicina Io. Europa potrebbe possedere una fonte di energia interna da decadimento radioattivo come la Terra, ma l'energia generata dalle maree sarebbe enormemente maggiore rispetto a qualsiasi sorgente radioattiva. Tuttavia, l'energia mareale non potrebbe mai sostenere un ecosistema su Europa così ampio e diversificato come l'ecosistema terrestre basato sulla fotosintesi. La vita su Europa potrebbe esistere attorno a sorgenti idrotermali dell'oceano, o sotto il fondo dell'oceano stesso, come succede per alcuni endoliti terrestri. Oppure potrebbero esistere organismi aggrappati alla superficie inferiore dello strato di ghiaccio, come alghe e batteri che vivono nelle regioni polari della Terra, o ancora, alcuni microrganismi potrebbero fluttuare liberamente nell'oceano di Europa. Tuttavia, se gli oceani di Europa fossero troppo freddi, i processi biologici simili a quelli noti sulla Terra non potrebbero avvenire e, allo stesso modo, se l'oceano fosse troppo salato, potrebbero vivere in quell'ambiente solo alofili estremi. Nel novembre 2011, un team di ricercatori con un articolo sulla rivista Nature suggerì l'esistenza di vasti laghi di acqua liquida racchiusa nel guscio esterno ghiacciato di Europa e distinta dall'oceano liquido che si pensa esistere più in basso. In caso di conferma, i laghi potrebbero costituire altri habitat potenzialmente abitabili. Un articolo pubblicato nel marzo 2013 suggerisce che il perossido di idrogeno abbonda in gran parte della superficie di Europa. Gli autori affermano che se il perossido sulla superficie che si mescolasse all'oceano sottostante, sarebbe un'importante fonte energetica per eventuali forme di vita semplici e che il perossido di idrogeno è quindi un fattore importante per l'abitabilità dell'oceano di Europa, perché il perossido di idrogeno decade in ossigeno quando mescolato con acqua liquida. L'11 dicembre 2013, la NASA riferì di aver individuato dei fillosilicati, "minerali argillosi", spesso associati a materiali organici, sulla crosta ghiacciata di Europa. Gli scienziati suggeriscono che la presenza dei minerali è dovuta ad una collisione di un asteroide o di una cometa. Nella teoria della panspermia (più precisamente nella Lithopanspermia) viene suggerito che la vita terrestre potrebbe essere arrivata alle lune di Giove tramite la collisione di asteroidi o comete.

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Titano

Titano è il più grande satellite naturale del pianeta Saturno ed uno dei corpi rocciosi più massicci dell'intero sistema solare; supera in dimensioni (ma non per massa) il pianeta Mercurio mentre per dimensioni e massa è il secondo satellite del sistema solare dopo Ganimede. Scoperto dall'astronomo olandese Christiaan Huygens il 25 marzo 1655, all'epoca Titano è stata la prima luna osservata intorno a Saturno e la quinta nell'intero sistema solare. Si tratta inoltre dell'unico satellite del sistema solare in possesso di una densa atmosfera. Titano è composto principalmente di ghiaccio d'acqua e materiale roccioso. La sua spessa atmosfera ha impedito l'osservazione della superficie, fino all'arrivo della missione spaziale Cassini-Huygens nel 2004, che ha permesso di raggiungere la superficie con un veicolo d'atterraggio. L'esplorazione della Cassini-Huygens ha portato alla scoperta di laghi di idrocarburi liquidi nelle regioni polari del satellite. Geologicamente la superficie è giovane; sono presenti alcune montagne e dei possibili criovulcani, ma è generalmente piatta e liscia con pochi crateri da impatto osservati. L'atmosfera di Titano è composta al 95% da azoto; sono presenti inoltre componenti minori quali il metano e l'etano, che si addensano formando nuvole. La temperatura superficiale media è molto vicina al punto triplo del metano dove possono coesistere le forme liquida, solida e gassosa di questo idrocarburo. Il clima, che include vento e pioggia di metano, ha creato caratteristiche superficiali simili a quelle presenti sulla Terra, come dune, fiumi, laghi e mari, e, come la Terra, presenta le stagioni. Con i suoi liquidi e la sua spessa atmosfera, Titano è considerato simile alla Terra primordiale, ma con una temperatura molto più bassa, dove il ciclo del metano sostituisce il ciclo idrologico presente invece sul nostro pianeta. Titano ha un diametro di 5150 km, maggiore di quello di Mercurio (4879 km). Prima dell'esplorazione della sonda Voyager 1 Titano era ritenuto il satellite più grande del sistema solare, con un diametro superiore a quello di Ganimede (5262 km). Tuttavia le osservazioni dalla Terra avevano sovrastimato le dimensioni reali del corpo, a causa della sua densa atmosfera che lo faceva apparire di dimensioni maggiori La massa di Titano è 1,345×1023 km, che equivale a 1/44 della massa terrestre, 2,5 volte inferiore a quella di Mercurio nonostante il pianeta sia più piccolo. Anche in termini di massa Titano è al secondo posto tra i satelliti naturali del sistema solare, leggermente superato anche in questo caso da Ganimede. Le proprietà fisiche di Titano sono simili a quelle di Ganimede e Callisto, e sulla base della sua densità, pari a 1,88 g/cm³, si può ritenere che il satellite sia formato verosimilmente per metà da ghiaccio e per l'altra metà da materiale roccioso. Titano, nonostante abbia una composizione chimica molto simile a quella degli altri satelliti naturali di Saturno come Dione, Encelado e in particolar modo Rea, presenta una densità maggiore per via della compressione gravitazionale.

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