Le Pleiadi

Le stelle sono oggetti affascinanti, enormi sferoidi di plasma che si muovono nello spazio, a volte in modo solitario, in altri casi all'interno di un sistema binario. Ma nel cielo notturno non è difficile scorgere un gruppo di oggetti veramente sorprendenti: le Pleiadi. Si tratta di un sistema aperto di stelle relativamente vicino, estremamente luminoso e ben visibile: seguiteci su Eagle sera per saperne di più.



Per comprendere le caratteristiche delle Pleiadi, dobbiamo prima approfondire cos'è un ammasso aperto, in questo le Pleiadi appartengono a questa categoria di sistemi stellari.


Gli ammassi aperti

Un ammasso aperto è un gruppo di stelle nate insieme da una nube molecolare gigante, e ancora unite dalla reciproca attrazione gravitazionale.  Sono anche chiamati ammassi galattici, poiché si trovano solo all'interno del disco galattico. Si distinguono dagli ammassi globulari per il minor numero di stelle, un'attrazione gravitazionale meno forte e per il fatto che questi ultimi giacciono esternamente al piano galattico. Gli ammassi aperti sono oggetti giovani (astronomicamente parlando), e contengono quindi molte stelle calde e luminose. Questo rende gli ammassi aperti visibili da grandi distanze, nonché una tipologia di oggetti facili da osservare anche con piccoli strumenti. La nube molecolare "genitore" è a volte ancora associata all'ammasso, che ne illumina alcune parti che diventano visibili come una o più nebulose. Tutte le stelle di un ammasso aperto hanno all'incirca la stessa età e la stessa composizione chimica, perciò ogni eventuale differenza tra di loro è dovuta unicamente alla loro massa (si veda la voce su evoluzione stellare per maggiori dettagli). La maggior parte degli ammassi aperti sono dominati dalle loro stelle massicce di classe O e B, che sono molto luminose ma di vita breve. Analizzando la luce proveniente da un ammasso aperto, è possibile stimare la sua età, misurando il rapporto tra le abbondanze di stelle blu, gialle e rosse. Una grande abbondanza di stelle blu indica che l'ammasso aperto è molto giovane. L'uniformità delle stelle di un ammasso lo rende un buon banco di prova per i modelli di evoluzione stellare, perché nel fare confronti tra due stelle, la maggior parte dei parametri variabili è adesso fissa. Il modello in questo modo risulta infatti più semplice. Le stelle che compongono un ammasso aperto sono inizialmente molto vicine, e si muovono con la stessa velocità attorno al centro della Galassia. Dopo un tempo dell'ordine del mezzo miliardo di anni, un normale ammasso aperto tende ad essere disturbato da fattori esterni; le sue stelle iniziano a muoversi con velocità leggermente differenti e l'ammasso inizia a sfaldarsi. L'ammasso diventa quindi più simile ad una corrente di stelle, le quali non sono abbastanza vicine per essere considerate un ammasso, sebbene siano tutte legate tra di loro e posseggano lo stesso moto proprio. Gli ammassi aperti si osservano in massima parte in quelle aree di cielo dove corre la scia luminosa della Via Lattea, in particolare in quei tratti in cui questa non appare oscurata da polvere interstellare; diverse centinaia di ammassi sono osservabili direttamente, ad occhio nudo o con l'ausilio di strumenti, mentre una parte può essere osservata soltanto tramite telescopi ad infrarosso, a causa della forte estinzione ad opera della densa polvere interstellare. Sulla volta celeste, gli ammassi aperti osservabili e risolvibili in stelle ad occhio nudo sono relativamente pochi: quello più noto e più luminoso è l'ammasso delle Pleiadi, che è visibile anche dalle aree urbane, ed appare come un agglomerato di stelle azzurre, molto vicine fra loro; nell'emisfero boreale domina le notti autunnali e invernali. Un secondo ammasso che appare già risolto ad occhio nudo è quello che forma la costellazione della Chioma di Berenice, noto anche con la sigla Mel 111. Dall'emisfero australe si possono risolvere ad occhio nudo altri ammassi brillanti, anche se meno noti: è il caso delle Pleiadi del Sud o di IC 2391. Altri ammassi, come quello del Presepe, appaiono come delle macchie chiare e nebulose, apparentemente prive di stelle, mentre se osservati con un binocolo rivelano la loro natura stellare. Un semplice binocolo consente di moltiplicare il numero degli ammassi aperti osservabili, oltre che di risolvere quelli già visibili ad occhio nudo; un telescopio amatoriale può offrire degli scorci eccezionali degli ammassi più concentrati, come M37 nell'Auriga o NGC 3532 nella Carena. Curiosamente, gli ammassi più luminosi non si osservano in direzione del centro galattico come potrebbe sembrare logico, ma nella direzione opposta, ed in particolare fra le costellazioni dell'Auriga, del Toro, Orione, Poppa, Vele e Carena; ciò è dovuto soprattutto alla presenza in quest'area di cielo del Braccio di Orione, ossia quello alla cui periferia interna si trova il nostro Sistema Solare, pertanto gli ammassi in quest'area di cielo sono di gran lunga più vicini di quelli del braccio più interno del nostro, quello del Sagittario, visibile fra il Centauro e l'omonima costellazione. Le località ideali per l'osservazione degli ammassi aperti più brillanti ricadono nell'emisfero australe, in particolare nella fascia tropicale, in modo da poter osservare la gran parte della volta celeste, poiché la gran parte degli ammassi aperti si trova nel ramo australe della Via Lattea. Gli ammassi aperti più luminosi, come le Pleiadi, sono noti fin dall'antichità; altri ammassi più deboli (come il Presepe) erano conosciuti come delle macchie di luce deboli e irregolari, e si dovette attendere l'invenzione del cannocchiale o del telescopio perché venissero risolti in gruppi di stelle. Le osservazioni telescopiche hanno rilevato due tipi distinti di ammassi di stelle: uno che contiene migliaia di stelle con una distribuzione sferica, più concentrati al centro e osservabili in prevalenza in direzione del centro galattico, e un altro consistente in popolazioni di stelle sparse e di forma irregolare, osservabili in tutta la volta celeste. I primi vennero chiamati ammassi globulari e gli ultimi ammassi aperti. Fu subito ipotizzato che le stelle degli ammassi aperti fossero fisicamente legate; il reverendo John Michell calcolò nel 1767 che la probabilità che un gruppo di stelle come le Pleiadi fossero il risultato di un allineamento casuale di stelle di simile luminosità fosse di 1 su 496.000. Quando l'astrometria diventò una scienza sempre più precisa, si scoprì che le stelle degli ammassi possedevano un simile moto proprio attraverso lo spazio, mentre le misure spettroscopiche rivelarono pure una velocità radiale comune, mostrando senza dubbio come queste fossero nate nello stesso periodo di tempo e fossero legate assieme in un gruppo. Mentre gli ammassi aperti e globulari formano due gruppi ben distinti, esistono degli ammassi di stelle che possono sembrare a metà via fra un ammasso globulare molto poco concentrato e un ammasso aperto molto ricco. Alcuni astronomi credono che i due tipi di ammassi si formino tramite lo stesso processo di base, con la differenza che le condizioni che consentono la formazione degli ammassi globulari particolarmente ricchi con centinaia di migliaia di stelle non prevalgono più nella nostra Galassia. Gran parte delle stelle si formano inizialmente come sistemi multipli, poiché solo una nube di gas di diverse masse solari può diventare sufficientemente densa da collassare sotto la sua stessa gravità; tuttavia, una nebulosa di questo genere non può collassare in una stella singola. La formazione di un ammasso aperto inizia col collasso di una parte di una nube molecolare gigante, una nube fredda e densa di gas contenente diverse migliaia di volte la massa del Sole; una nube può collassare e formare così un ammasso aperto a causa di diversi fattori, fra i quali le onde d'urto derivanti dall'esplosione di una vicina supernova. Una volta che la nube inizia a collassare, la formazione stellare procede tramite diverse frammentazioni della nube stessa in tanti piccoli bozzoli, processo questo che può durare alcune migliaia di anni. Nella nostra Galassia, il tasso di formazione degli ammassi aperti si stima che sia attorno ad uno ogni poche migliaia di anni. Una volta che il processo di formazione è iniziato, le stelle più calde e massicce (stelle di classe spettrale O e B) emetteranno una gran quantità di radiazione ultravioletta, la quale ionizza rapidamente il gas circostante della nube molecolare gigante, che diventa una regione HII. Il vento stellare delle stelle massicce e la pressione di radiazione inizia a spingere via il gas non collassato; dopo alcuni milioni di anni, il nuovo ammasso sperimenta la prima esplosione di supernova,[16] che contribuisce ad espellere il gas residuo dal sistema. Di solito, meno del 10% del gas originario della nube collassa per formare le stelle dell'ammasso, prima di essere espulso. Un altro modo di vedere la formazione degli ammassi aperti considera una loro rapida formazione a seguito della contrazione della nube molecolare, a cui segue una fase non superiore ai tre milioni di anni, in cui le stelle più calde espellono a grande velocità le nubi di gas ionizzato. Dato che solo il 30-40% del gas della nube collassa per formare le stelle, il processo di espulsione del gas residuo fa in modo che l'ammasso perda molte o tutte le sue componenti stellari potenziali. Tutti gli ammassi perdono una notevole quantità di massa durante la loro prima giovinezza e molti si disgregano prima ancora di essersi formati del tutto. Le stelle giovani rilasciate dal loro ammasso natale diventano così parte della popolazione galattica diffusa, ossia delle stelle prive di legami gravitazionali, che si confondono fra le altre stelle della galassia. Poiché la gran parte delle stelle, se non tutte, quando si formano fanno parte di un ammasso, gli ammassi stessi vengono considerati come gli elementi fondamentali delle galassie; i violenti fenomeni di espulsione di gas che modellano e disgregano molti ammassi aperti alla loro nascita lasciano la loro impronta nella morfologia e nelle dinamiche strutturali delle galassie. Spesso accade che due o più ammassi apparentemente distinti si siano formati nella stessa nube molecolare: nella Grande Nube di Magellano, una galassia satellite della nostra, ad esempio, sia Hodge 301 che R136 si sono formati dai gas della Nebulosa Tarantola, mentre nella nostra Galassia, ripercorrendo indietro nel tempo i movimenti nello spazio delle Iadi e del Presepe, due grandi ammassi aperti relativamente vicini a noi, si scopre che essi si sono formati dalla stessa nube, circa 600 milioni di anni fa. Talvolta, due ammassi aperti formatisi nello stesso periodo possono formare ammassi doppi; l'esempio più noto nella nostra Via Lattea è quello dell'Ammasso Doppio di Perseo, formato da h Persei e da χ Persei, ma sono noti un'altra decina di ammassi doppi. Moltissimi sono noti pure nella Piccola Nube di Magellano e nella stessa Grande Nube, sebbene sia spesso più facile riconoscerli come realmente tali in galassie esterne, dato che la prospettiva può far sembrare due ammassi della nostra galassia vicini quando invece non lo sono. Gli ammassi aperti variano da esempi di insiemi di poche stelle poco concentrate fino a larghi agglomerati contenenti migliaia di stelle; di solito consistono in un nucleo più denso, circondato da una "corona" diffusa di stelle meno vicine fra loro. Il nucleo misura di solito 3-4 anni luce di diametro, mentre la corona può estendersi fino a 20 anni luce dal centro dell'ammasso. Una tipica densità di stelle nelle regioni centrali è di circa 1,5 per anno luce cubico (per confronto, la densità di stelle nella regione galattica in cui si trova il Sole è di circa 0,003 stelle per anno luce cubico). Gli ammassi aperti sono classificati secondo uno schema sviluppato da Robert Trumpler nel 1930. Questo schema si basa sulla determinazione di tre parametri: il primo, espresso in numeri romani da I a IV, indica la concentrazione e il contrasto rispetto al campo stellare circostante (da più concentrato a meno concentrato); il secondo, espresso in numeri arabi da 1 a 3 indica l'escursione di luminosità fra le sue componenti (da una piccola a una grande escursione); il terzo parametro infine è espresso dalle lettere p, m e r, indica se l'ammasso è povero, medio o ricco di stelle. Una n segue questi tre parametri, nel caso in cui fra le componenti dell'ammasso vi siano nebulosità. Ad esempio, lo schema di Trumpler per l'ammasso delle Pleiadi è I3rn (ammasso fortemente concentrato, con una grande escursione di luminosità fra le sue componenti, riccamente popolato e con nebulosità presente), mentre le vicine Iadi sono classificate come II3m (ammasso debolmente disperso e con meno componenti). Un problema che può sorgere nell'identificazione degli ammassi aperti è la reale esistenza degli stessi: può infatti capitare che alcune stelle, viste dalla Terra, si mostrino condensate in una piccola area di cielo, sembrando così effettivamente vicine fra loro; tuttavia, potrebbe anche trattarsi di un effetto prospettico, per cui stelle che in realtà sono lontane fra loro sembrano vicine solo perché si trovano sulla stessa linea di vista. Altri ammassi, al contrario, possono essere composti da pochissime stelle che, a causa della loro vicinanza a noi o della loro dispersione, non sono proprio evidenti all'osservazione, e le sue componenti appaiono sparse su un campo stellare molto ampio, come nel caso di Cr 173, che conta alcune decine di stelle sparse su un campo stellare già di per sé molto ricco, o come nel caso limite di Platais 8, che conta appena 8 componenti sparse su circa 16º di volta celeste. Con l'evoluzione e il miglioramento della tecnologia per la costruzione di strumenti di precisione, è stato possibile eseguire delle analisi di diversi addensamenti di stelle tramite lo studio della metallicità, della parallasse e del moto proprio delle singole stelle componenti, allo scopo di determinare se le caratteristiche di moto e di composizione degli astri analizzati sono compatibili. Nel 2002 è stato completato un lavoro di catalogazione meticolosa, frutto di un complesso studio, volto a determinare i parametri di tutti gli ammassi aperti noti all'interno della nostra Galassia e ad eliminare gli oggetti in precedenza considerati ammassi aperti e in seguito riconosciuti solo come allineamenti casuali di stelle non legate fra loro da alcuna relazione. I dati utilizzati sono quelli forniti dal satellite Hipparcos, partendo da ricerche condotte in precedenza, come il catalogo WEBDA e le opere dell'European Southern Observatory; il risultato di ciò è un catalogo astronomico che nella sua versione originale contava ben 1537 ammassi aperti, completi di parametri come coordinate, diametro, numero di componenti, età, distanza e tanti altri dati. Questo catalogo viene costantemente tenuto aggiornato con le nuove scoperte ed è associato a una lista di oggetti scartati perché riconosciuti come asterismi o duplicati di altri oggetti. Nella nostra Galassia sono noti circa un migliaio di ammassi aperti, ma si calcola che in realtà ce ne possano essere fino a dieci volte tanto. Nelle galassie spirali, come la nostra, gli ammassi aperti si trovano quasi esclusivamente nei bracci di spirale, dove la densità delle nubi gassose è molto più alta, favorendo di fatto la formazione stellare; gli ammassi di solito si disperdono prima che abbiano il tempo di attraversare i vari bracci di spirale. La loro concentrazione è molto più elevata in vicinanza del piano galattico, dal quale si possono distaccare (nella nostra Galassia) fino ad un massimo di 180 anni luce, poco se paragonato al diametro della nostra Galassia, che è pari a 100.000 anni luce. Nelle galassie irregolari gli ammassi aperti si possono osservare in tutte le regioni, sebbene vi sia una concentrazione maggiore in corrispondenza delle grandi aree nebulose. Nelle galassie ellittiche invece non si osservano ammassi aperti, poiché la formazione stellare è cessata molti milioni di anni fa, così le stelle che originariamente erano legate gravitazionalmente hanno avuto il tempo di disperdersi. Nella Via Lattea, la distribuzione degli ammassi dipende dall'età: quelli più vecchi si trovano infatti alle distanze maggiori dal centro galattico; ciò accade perché le forze mareali sono più forti verso le regioni centrali della galassia, aumentando così il tasso di disgregazione degli ammassi, senza contare che la gran quantità di nubi molecolari giganti persistenti costituisce un elemento fortemente disgregante. Pertanto, gli ammassi aperti formatisi nelle regioni interne tendono a disgregarsi in un'età meno avanzata di quelli formatisi nelle aree più periferiche. Poiché gli ammassi aperti tendono a disperdersi prima che la gran parte delle loro componenti terminino il loro ciclo vitale, la luce irradiata dalle stelle degli ammassi proviene da calde e giovani stelle blu; queste sono le più massicce e possiedono un ciclo vitale di poche decine di milioni di anni. Gli ammassi più vecchi contengono invece molte stelle gialle. Alcuni di essi contengono delle stelle blu e calde che sembrano essere più giovani di quelle del resto dell'ammasso; queste cosiddette stelle vagabonde blu si osservano anche negli ammassi globulari, dove si crede che siano il frutto di collisioni fra due stelle, formandone così una più massiccia e più calda. Tuttavia, negli ammassi aperti la densità è estremamente più bassa che in quelli globulari e la teoria della collisione fra stelle non è in grado di spiegare una così grande presenza di vagabonde blu. Si crede in questo caso che molte di queste si originino quando le interazioni dinamiche con altre stelle fanno sì che queste si leghino a formare un sistema stellare, che successivamente collassa in una stella singola. Una volta esaurita la riserva di idrogeno tramite la fusione nucleare, le stelle di massa media e piccola perdono i loro strati esterni formando nebulose planetarie ed evolvendo in nane bianche. Sebbene molti ammassi aperti si disperdano prima che la gran parte delle stelle membri raggiungano lo stadio di nana bianca, il numero di nane bianche è in genere molto più basso di quanto ci si potrebbe aspettare, considerando l'età degli ammassi e la massa iniziale prevista delle stelle. Una possibile spiegazione di ciò è che come le giganti rosse espellono i loro strati esterni per formare una nebulosa planetaria, una leggera asimmetria nella perdita di materiale potrebbe dare alla stella una spinta di alcuni chilometri al secondo, abbastanza per espellerla dall'ammasso. L'età della gran parte degli ammassi aperti è compresa fra 1 milione e 10 milioni di anni; molti possiedono un'età inferiore ai 50 milioni di anni, mentre la durata media degli ammassi aperti è di 350 milioni di anni. Gli ammassi aperti più vecchi conosciuti nella Via Lattea sono NGC 6791, nella costellazione della Lira, e Berkeley 17, nell'Auriga, con'un'età stimata attorno ai 7 miliardi di anni. Il calcolo dell'età di un ammasso aperto è più semplice di quello di una singola stella, poiché si possono confrontare risultati di diversi astri con la medesima età; questa può essere calcolata tramite l'osservazione della luminosità delle stelle più massicce dell'ammasso stesso che ancora si trovano sulla sequenza principale. infatti le stelle di grande massa consumano più velocemente la loro riserva di idrogeno e dunque tendono ad evolversi molto rapidamente; un ammasso che contiene molte stelle blu luminose ha un'età molto piccola, dell'ordine di pochi milioni di anni, mentre uno che appare dominato da stelle rosse è indice di un'età avanzata. L'età degli ammassi può essere determinata anche tramite lo studio della sua velocità radiale e dalla massa totale delle stelle componenti. Gli ammassi molto vecchi, per altro molto rari, tendono a disperdersi, per cui non ve ne sono in gran numero. Fra gli ammassi osservabili agevolmente più giovani in assoluto noti nella nostra Galassia vi è NGC 2362, nella costellazione del Cane Maggiore: la sua età sarebbe di 1-2 milioni di anni e le sue stelle sono appena entrate nella fase di sequenza principale. Molti ammassi aperti sono instabili, con una massa sufficientemente piccola da far sì che la velocità di fuga del sistema sia più bassa della velocità media delle stelle che lo formano; questi ammassi tendono a disperdersi rapidamente, entro pochi milioni di anni. In molti casi, l'espulsione del gas da cui l'ammasso si è formato ad opera della pressione di radiazione delle giovani stelle calde riduce la massa dell'ammasso a sufficienza da permettere una veloce disgregazione dello stesso. Gli ammassi che invece hanno una massa sufficiente per restare integri possono restare tali anche per diverse decine di milioni di anni dopo che i residui nebulosi sono stati spazzati via, sebbene alla lunga tenderanno a disperdersi anch'essi a causa di fattori di destabilizzazione sia interni che esterni. Cause interne possono essere ricercate negli incontri ravvicinati fra le stelle membri: durante l'incontro ravvicinato fra due stelle, la velocità di una delle due può aumentare oltre la velocità di fuga dell'ammasso, causandone l'espulsione dal sistema. Alla lunga questo processo porterà alla progressiva dissoluzione dell'ammasso. Esternamente, mediamente ogni mezzo miliardo di anni, un ammasso aperto tende ad essere disturbato da fattori esterni, come il transito nei pressi o attraverso una nube molecolare gigante. Le forze gravitazionali di marea generate da questi incontri tendono a destabilizzare e a disgregare l'ammasso; può capitare così che questo diventi una corrente stellare, le cui stelle non sono sufficientemente vicine per essere considerate un ammasso, pur restando tutte legate da un moto che punta nella stessa direzione e a velocità simili. La scala temporale in cui un ammasso si disgrega dipende dalla sua densità stellare iniziale: gli ammassi più densi persistono più a lungo. La vita media di un ammasso, ossia l'età in cui la metà delle componenti degli ammassi si sono allontanate, varia fra i 150 e gli 800 milioni di anni, a seconda della densità iniziale. Dopo che un ammasso non è più legato gravitazionalmente, molte delle sue componenti stellari si saranno già separate, muovendosi in una direzione comune; l'ammasso si sarà trasformato in una associazione stellare. Molte delle stelle più luminose del Grande Carro sono membri di un antico ammasso aperto che ora si è disperso, assumendo l'aspetto e le caratteristiche di un'associazione stellare, ora nota come Associazione dell'Orsa Maggiore. Alla fine, la leggera differenza fra le velocità relative delle stelle le porterà a disperdersi nella galassia. Un ammasso più grande è noto invece come "corrente stellare". L'ammasso da cui ebbe origine il Sole, formatosi cinque miliardi di anni fa, è ormai completamente dissolto e le sue stelle sono disperse nel disco della galassia, senza possibilità di poterle distinguere dalla popolazione galattica generale. Quando viene creato un diagramma Hertzsprung-Russell sulle stelle di un ammasso aperto, risulta che la gran parte delle componenti giace sulla sequenza principale. Le stelle più massicce hanno iniziato invece ad evolversi in giganti rosse; il punto in cui emerge sul diagramma l'uscita delle stelle dalla sequenza principale può essere utilizzato per determinare l'età dell'ammasso. Poiché le stelle di un ammasso aperto sono approssimativamente alla stessa distanza dalla Terra e si sono formate tutte nello stesso periodo di tempo, dagli stessi elementi nelle stesse quantità, la differenza di magnitudine apparente fra le componenti dell'ammasso è dovuta esclusivamente alla differenza di massa. Ciò rende gli ammassi aperti molto utili nello studio dell'evoluzione stellare, dato che tramite la semplice comparazione fra le sue stelle vengono perfezionati molti parametri variabili. Lo studio dell'abbondanza del litio e del berillio nelle stelle degli ammassi può fornire delle indicazioni importanti riguardo all'evoluzione delle stelle e alla loro struttura interna. Mentre nel nucleo l'idrogeno non può fondere in elio finché non si raggiunge una temperatura di circa 10 milioni di kelvin, il litio e il berillio vengono distrutti a temperature di 2,5 milioni di K e 3,5 milioni di K rispettivamente. Ciò significa che la loro abbondanza dipende fortemente dal livello di rimescolamento a cui è sottoposto il plasma all'interno della stella. Studiando la loro abbondanza negli ammassi aperti, alcune variabili come l'età e la composizione chimica sono risolte. Gli studi hanno mostrato che l'abbondanza di questi elementi leggeri è molto inferiore di quanto i modelli di evoluzione stellare predicano. Sebbene la ragione di questa carenza non sia ben compresa, vi è la possibilità che i moti convettivi all'interno delle stelle possano estendersi in regioni dove il trasporto radiativo è normalmente il modo di trasporto dominante dell'energia. La determinazione della distanza degli oggetti astronomici è di fondamentale importanza per la loro comprensione, ma la gran parte di essi sono troppo lontani perché la loro distanza possa essere determinata direttamente. La calibrazione della scala delle distanze cosmiche si basa su una sequenza di misure indirette e talvolta incerte relative agli oggetti più vicini per i quali le distanze possono essere misurate direttamente ed applicate poi agli oggetti lontani. Gli ammassi aperti sono un punto cruciale di questa sequenza. La distanza degli ammassi aperti più vicini può essere misurata direttamente con due metodi: il primo è quello della parallasse (il piccolo cambiamento della posizione apparente nel corso di un anno causato dal movimento della Terra da un lato all'altro della sua orbita attorno al Sole), che consente di misurare la distanza delle stelle dell'ammasso come se fossero una qualunque altra stella; ammassi come le Pleiadi, le Iadi e pochi altri compresi entro un raggio di 500 anni luce da noi sono sufficientemente vicini da poter consentire lo sfruttamento di questo metodo. Il satellite Hipparcos ha fornito delle misure accurate per alcuni ammassi tramite la parallasse. Il secondo metodo diretto è quello chiamato metodo degli ammassi in movimento; si basa sul fatto che le stelle di un ammasso possiedono un moto proprio comune attraverso lo spazio. Le misure del moto proprio dei membri di un ammasso e la determinazione del loro moto apparente nel cielo rivela il loro punto di fuga; la velocità radiale degli stessi può essere determinata tramite la misurazione dell'effetto Doppler del loro spettro elettromagnetico, e una volta note velocità, moto proprio e distanza angolare dall'ammasso al punto di fuga, tramite la trigonometria si può ottenere la distanza dell'ammasso. La misura della distanza delle Iadi è l'esempio più noto dell'applicazione di questo metodo, che ha fornito un valore di 46,3 parsec. Una volta stabilite le distanze degli ammassi più vicini, queste prime tecniche possono essere estese per calcolare la scala delle distanze di ammassi più lontani. Incrociando la sequenza principale sul diagramma HR per un ammasso ad una distanza nota con quella di un altro ammasso più lontano, si può stimare la distanza di quest'ultimo ammasso. Gli ammassi aperti più vicini sono le Iadi, mentre l'associazione stellare dell'Orsa Maggiore si trova alla metà della distanza delle prime; l'ammasso aperto più distante noto nella nostra Galassia è Berkeley 29, posto a circa 15.000 parsec da noi. Gli ammassi aperti sono individuabili con facilità pure in molte galassie del Gruppo Locale. Una conoscenza accurata della distanza degli ammassi aperti è fondamentale anche per calibrare la relazione di periodo di luminosità delle stelle variabili come le Cefeidi o le variabili RR Lyrae, utilizzate come candele standard; queste stelle luminose possono essere individuate a grandi distanze e sono utilizzate per determinare le scale di distanza delle galassie del Gruppo Locale. 

Approfondiamo: gli ammassi globulari

Dato che le Pleiadi sono il più celebre esempio di ammasso aperto, prima di analizzare le "Sette sorelle", abbiamo dovuto capire cos'è un ammasso stellare aperto.

Tuttavia, esiste anche un'altra tipologia di sistemi stellari: gli ammassi globulari, che sono molto più densi. In questo approfondimento, andremo ad analizzare cosa sono e come funzionano gli ammassi globulari,

Un ammasso globulare (detto anche ammasso chiuso o ammasso di alone) è un insieme sferoidale di stelle che orbita come un satellite intorno al centro di una galassia. Gli ammassi globulari sono sorretti al loro interno da una forte gravità, che dà loro il tipico aspetto sferico e mantiene al loro centro una densità di stelle relativamente molto elevata. Gli ammassi globulari sono in genere composti da centinaia di migliaia di stelle vecchie, le stesse che compongono il nucleo, noto come bulge, di una galassia spirale, ma confinate in pochi parsec cubici. Gli ammassi globulari sono piuttosto numerosi: se ne conoscono 158 attorno alla Via Lattea, con forse altri 10-20 da scoprire, essendo nascosti all'osservazione da Terra dalle polveri interstellari che oscurano la vista in direzione del centro galattico; pare che le galassie più grandi possano averne un numero nettamente superiore (la Galassia di Andromeda potrebbe averne fino a 500). Alcune galassie ellittiche giganti (come M87) ne contano fino a 10.000. Questi oggetti sono considerati parte dell'alone delle galassie, orbitando attorno ai centri di queste a distanze fino a 40 Kiloparsec (circa 130.000 anni luce) o più. Ogni galassia del Gruppo Locale con massa sufficientemente grande ha associato un suo gruppo di ammassi globulari, mentre ogni grande galassia possiede un sistema esteso di questi oggetti. La Galassia Nana Ellittica del Sagittario e quella del Cane Maggiore sono in via di collisione ed assorbimento con la Via Lattea, donando così alla nostra Galassia i loro ammassi globulari associati (come Palomar 12). Ciò dimostra come molti degli ammassi globulari osservati nella nostra e in altre galassie possano essere appartenuti ad altre galassie "cannibalizzate". L'alta densità stellare degli ammassi globulari fa sì che le interazioni tra stelle e le collisioni mancate siano relativamente frequenti. Il loro centro presenta caratteristiche ideali per la formazione di oggetti peculiari, come le stelle vagabonde blu (ritenute il risultato della fusione di due stelle) o pulsar veloci con periodi di millisecondi, tutti fenomeni presumibilmente risultanti dall'interazione tra più stelle. Gli ammassi globulari sono distribuiti lungo il piano galattico, concentrandosi, con pochissime eccezioni, solo in prossimità del centro galattico, in particolare in quell'area di cielo compresa tra le costellazioni di Ofiuco, Scorpione e Sagittario; degli oltre 150 ammassi globulari riconosciuti come appartenenti alla Via Lattea,[2][10] ben 79 sono visibili entro i confini di queste tre costellazioni.[10][11] All'osservazione amatoriale si distinguono dagli ammassi aperti sia per la morfologia, essendo questi ultimi molto meno densi, sia per il colore delle componenti, essendo gli ammassi aperti composti nella gran parte dei casi da stelle giovani e blu. Alcuni ammassi globulari sono visibili ad occhio nudo e si presentano come delle piccole macchie chiare e dai contorni sfumati. I più luminosi sono Omega Centauri e 47 Tucanae, visibili solo dall'emisfero australe, e, da quello boreale, l'Ammasso Globulare di Ercole. Omega Centauri e 47 Tucanae sono così brillanti (quarta e quinta magnitudine rispettivamente), da aver ricevuto una sigla identificativa equivalente a quella di una stella. Altri ammassi globulari visibili ad occhio nudo in condizioni osservative eccellenti anche dalle latitudini temperate boreali sono M4 nello Scorpione ed M22 nel Sagittario. Un buon binocolo consente di scorgere numerosi ammassi globulari, ma la loro natura stellare non viene svelata, mostrandosi ancora come delle macchie chiare, simili a stelle sfocate. Per risolvere almeno le stelle periferiche occorrono strumenti come telescopi amatoriali non inferiori ai 114-150mm di apertura, a causa della debolezza delle componenti stellari, che spesso sono di decima e undicesima magnitudine. Il periodo più adatto per l'osservazione di questi oggetti cade nei mesi che nell'emisfero boreale equivalgono alla stagione estiva, in particolare il mese di luglio; le località ideali per la loro osservazione tuttavia ricadono nell'emisfero australe, e in particolare nella sua fascia tropicale, per varie ragioni: innanzitutto, la maggior parte degli ammassi globulari si trovano a sud dell'equatore celeste, poiché lo stesso centro galattico si trova ad una declinazione di -29°; in secondo luogo, perché ammassi globulari come 47 Tucanae si trovano a declinazioni molto meridionali, e possono essere ben osservati solo a partire dalle zone vicine all'equatore, mentre l'ammasso globulare più settentrionale, NGC 6229, può essere osservato anche da quasi tutta la fascia temperata dell'emisfero australe. M22 è stato il primo ammasso globulare scoperto, identificato nel 1665 dall'astronomo tedesco Johann Abraham Ihle. A causa della modesta apertura dei primi telescopi, fino all'osservazione di M4 da parte di Charles Messier non era stato possibile risolvere le singole stelle di un ammasso globulare. I primi otto ammassi scoperti sono elencati nella tabella; successivamente, il Lacaille aggiungerà 47 Tucanae, NGC 4833, M55, M69, e NGC 6397 nel suo catalogo del 1751-52. William Herschel iniziò una campagna di osservazione nel 1782, usando telescopi con apertura maggiore di quelli fino ad allora in uso, che furono in grado di risolvere tutti i 33 ammassi globulari allora conosciuti. Oltre a questi, ne scoprì 37 di nuovi. Nel suo secondo catalogo degli oggetti del profondo cielo del 1789 fu il primo ad usare il termine ammasso globulare per la descrizione di questi oggetti. Il numero di ammassi identificati continuò ad aumentare, al punto che se ne contavano 83 già nel 1915, 93 nel 1930 e 97 nel 1947; il numero di ammassi scoperti nella Via Lattea è 158, su un totale stimato di 180 ± 20. Gli ammassi che non sono ancora stati scoperti potrebbero, secondo gli studiosi, nascondersi dietro polveri e gas. Harlow Shapley iniziò nel 1914 una serie di studi degli ammassi globulari, pubblicati in 40 articoli scientifici. Shapley esaminò le variabili cefeidi negli ammassi e utilizzò la relazione tra il periodo e la luminosità per stimarne le distanze. Shapley sfruttò inoltre la distribuzione asimmetrica degli ammassi per determinare le dimensioni della Via Lattea. Ipotizzando una distribuzione approssimativamente sferica degli ammassi attorno al centro galattico, stimò la distanza del Sole da quest'ultimo. Nonostante la distanza calcolata si fosse in seguito rivelata eccessivamente elevata (ma nello stesso ordine di grandezza del valore successivamente accettato dagli scienziati), riuscì a dimostrare che la Galassia era molto più estesa rispetto a ciò che si pensava fino a quel momento. Gli errori nella stima di Shapley furono causati dalle polveri che diminuiscono la luce proveniente dagli ammassi, facendoli sembrare più distanti di quanto lo siano in realtà. Tra gli altri risultati ottenuti da queste stime, venne scoperto che il Sole era relativamente distante dal centro della Galassia, contrariamente a quello che si era dedotto in precedenza dalla distribuzione delle stelle. Infatti queste ultime giacciono sul disco galattico e sono spesso oscurate da polveri, mentre gli ammassi globulari si trovano fuori dal disco e possono essere osservati a distanze molto superiori. Shapley venne in seguito assistito nei suoi studi sugli ammassi da Henrietta Swope e Helen Battles Sawyer. Dal 1927 al 1929 Shapley e Sawyer iniziarono a catalogare gli ammassi in base al grado di concentrazione rispetto al loro nucleo. Gli ammassi vennero catalogati in dodici classi, dove la Classe I era costituita da quelli più concentrati e la Classe XII quelli meno. Questa suddivisione è nota come la Classe di concentrazione di Shapley/Sawyer (a volte viene indicata con numeri normali invece che numeri romani, ad es. Classe 5). Gli ammassi globulari sono composti generalmente da centinaia di migliaia di stelle vecchie a bassa metallicità, di tipo simile a quelle presenti nel bulge di una galassia a spirale; queste stelle sono confinate in un volume di qualche parsec cubico, e non sono in genere circondate da gas e polveri. La densità delle stelle è molto elevata (in media, circa 0,4 stelle per parsec cubico, aumentando a 100 o 1000 stelle per parsec cubico nel nucleo dell'ammasso), e non sembrerebbero certo ambienti favorevoli per la sopravvivenza di un sistema planetario: le orbite planetarie infatti sono dinamicamente instabili nelle vicinanze dei nuclei di ammassi densi a causa delle perturbazioni gravitazionali generate da stelle che transitano nelle vicinanze. Un pianeta in orbita ad una distanza di una UA da una stella che si trova all'interno del nucleo di un ammasso come 47 Tucanae sopravviverebbe solo qualche centinaio di milioni di anni. Tuttavia è stato trovato un sistema planetario in orbita attorno ad una pulsar, catalogata come PSR B1620-26, che appartiene all'ammasso globulare M4. Con qualche eccezione, ogni ammasso possiede un'età ben definita; la maggior parte delle stelle appartenenti ad un ammasso infatti sono nella stessa fase evolutiva, e probabilmente quindi si sono formate nella stessa epoca. Tutti gli ammassi conosciuti non possiedono nuove stelle in formazione; regioni molto ampie di formazione stellare note col nome di super ammassi stellari, come Westerlund 1 nella Via Lattea, potrebbero essere i precursori degli ammassi globulari. Alcuni ammassi, come Omega Centauri nella Via Lattea e Mayall II nella Galassia di Andromeda, sono straordinariamente massicci (diversi milioni di masse solari) e contengono popolazioni diverse di stelle; entrambi possono essere considerati la prova che i super ammassi stellari sono in realtà i nuclei di galassie nane che sono state inglobate da galassie più grandi. Alcuni ammassi globulari (come M15) hanno nuclei estremamente massicci che potrebbero ospitare persino buchi neri, anche se dalle simulazioni non possono essere escluse concentrazioni di stelle di neutroni o nane bianche particolarmente grandi. Gli ammassi globulari sono normalmente costituiti da stelle di popolazione II con bassa metallicità, a differenza delle stelle di popolazione I con metallicità elevata come il Sole (in astronomia i metalli sono tutti gli elementi più pesanti dell'elio, dunque anche quelli che in chimica non sono considerati tali, come il carbonio). L'astronomo olandese Pieter Oosterhoff notò che sembrano esserci due popolazioni di ammassi globulari, che divennero note come gruppi di Oosterhoff; il secondo gruppo possiede delle stelle variabili di tipo RR Lyrae dal periodo più breve. Entrambi i gruppi hanno deboli linee spettrali relative agli elementi metallici, ma quelle del tipo I (OoI) non sono così deboli come quelle del tipo II (OoII); per questo il tipo I è detto ricco in metalli e il tipo II povero in metalli. Queste due popolazioni sono state osservate in molte galassie, specialmente nelle galassie ellittiche massicce; entrambi i gruppi hanno età simili (quasi quanto l'età dell'Universo stesso), ma differiscono nell'abbondanza dei metalli. Sono state formulate molte ipotesi per spiegare queste sottopopolazioni, tra cui fusioni di galassie ricche di gas interstellare, accrescimento di galassie nane e intensi e ripetuti fenomeni di formazione stellare. Nella Via Lattea gli ammassi poveri di metalli sono associati con l'alone galattico e quelli ricchi di metalli con il bulge galattico. Nella Via Lattea è stato scoperto che la gran parte degli ammassi globulari a bassa metallicità sono allineati su un piano giacente nella parte esterna dell'alone galattico. Questo risultato rafforza la teoria secondo cui gli ammassi di tipo II vennero catturati da un galassia satellite "fagocitata", invece che essere i membri più antichi tra gli ammassi della Via Lattea. Le differenze tra i due tipi di ammassi potrebbero quindi essere spiegate con l'intervallo di tempo trascorso tra la formazione delle due galassie e quella dei loro ammassi. Gli ammassi globulari hanno una densità stellare molto alta, quindi le stelle interagiscono in modo significativo e a volte possono accadere delle mancate collisioni. A causa di questi fenomeni, negli ammassi globulari sono comuni tipi di stelle come le cosiddette vagabonde blu, le pulsar millisecondo e le stelle binarie a raggi X di piccola massa; le stelle vagabonde blu sono formate dalla fusione di due stelle, forse a causa di un incontro in un sistema binario, e hanno temperature maggiori rispetto alle stelle dell'ammasso che possiedono la stessa luminosità, quindi differiscono dalle stelle della sequenza principale. Dal 1970 gli astronomi hanno cercato dei buchi neri negli ammassi globulari; tuttavia solo tramite il Telescopio Spaziale Hubble sono riusciti ad avere conferme. In base a programmi indipendenti di osservazione tramite Hubble, è stato suggerito che nel nucleo dell'ammasso M15 potrebbe essere presente un buco nero con massa pari a 4000 masse solari, mentre nell'ammasso Mayall II nella Galassia di Andromeda potrebbe essercene uno grande 20.000 masse solari: infatti le emissioni di raggi X e radio provenienti da Mayall II sono paragonabili a quelle emesse da un buco nero di medie dimensioni. Questi buchi neri sono interessanti perché sarebbero i primi scoperti ad avere una massa compresa tra quelli di massa stellare e i buchi neri supermassicci presenti nei nuclei di alcune galassie. La massa dei buchi neri di medie dimensioni sarebbe proporzionata alla massa dell'ammasso ospitante. L'idea dei buchi neri di massa intermedia ha tuttavia subìto delle critiche. Gli oggetti più densi di un ammasso globulare tendono infatti a migrare verso il centro dell'ammasso grazie ad un fenomeno noto come segregazione di massa. Si tratterebbe dunque di nane bianche o di stelle di neutroni in un campo stellare molto vecchio come quello degli ammassi globulari. Come descritto in due articoli da Holger Baumgardt e dai suoi collaboratori, questo rapporto di "massa-luce" potrebbe verificarsi anche verso il centro sia dell'ammasso M15 che di Mayall II, anche ipotizzando che non vi siano buchi neri. Il diagramma di Hertzsprung-Russell (diagramma H-R) è un grafico che raffigura la magnitudine assoluta delle stelle con il loro indice di colore; quest'ultimo è la differenza tra la magnitudine della stella in luce blu (B) e in luce visuale (verde-gialla, V). Valori altamente positivi di questo indice indicano una stella rossa con una temperatura superficiale relativamente bassa, mentre valori molto negativi indicano una stella blu con temperatura elevata. Quando si tracciano le stelle vicine al Sole nel diagramma HR, molte di esse giacciono nelle vicinanze di una curva chiamata sequenza principale, caratterizzata da una proporzionalità tra la loro magnitudine assoluta e la loro temperatura; il diagramma HR include anche le stelle che sono nelle fasi avanzate della loro evoluzione e si sono spostate dalla sequenza principale verso alte regioni del diagramma. Essendo tutte le stelle di un ammasso globulare alla stessa distanza (approssimativamente) dalla Terra, la differenza tra le magnitudini assolute e quelle apparenti delle stelle sarà costante. Le stelle dell'ammasso appartenenti alla sequenza principale saranno distribuite lungo una linea in modo non molto diverso da stelle simili che si trovano nelle vicinanze del sistema solare. (l'accuratezza di questa ipotesi è confermata dai risultati ottenuti comparando le magnitudini di variabili a breve periodo come le stelle RR Lyrae e le variabili cefeidi con quelle nell'ammasso). Facendo corrispondere queste curve sul diagramma HR, può essere determinata la magnitudine assoluta delle stelle appartenenti alla sequenza principale presenti nell'ammasso. La differenza tra la magnitudine assoluta e apparente permette inoltre di stimare la loro distanza. Quando le stelle di un particolare ammasso sono rappresentate sul diagramma HR, quasi tutte si trovano su una curva ben definita. Nel diagramma delle stelle vicine al Sole invece sono presenti stelle di diverse età e origini. La forma della curva di un ammasso è caratteristica di un raggruppamento di stelle che si sono formate approssimativamente nella stessa epoca e a partire dagli stessi materiali, con l'unica differenza della loro massa iniziale. Siccome la posizione di ogni stella sul diagramma varia con la sua età, la forma della curva dell'ammasso può essere usata per misurare l'età complessiva dell'ammasso di stelle. Le stelle della sequenza principale più massicce presenti in un ammasso sono quelle che hanno anche la magnitudine assoluta più elevata, e queste saranno le prime ad evolvere nello stadio di giganti; man mano che l'ammasso invecchia, anche le stelle con massa inferiore entreranno nella fase di giganti. Quindi, controllando le stelle che stanno entrando nella fase di giganti, si può stimare l'età dell'ammasso. Questo fenomeno forma un "ginocchio" nel diagramma HR, piegando la parte superiore destra dalla linea della sequenza principale; la magnitudine assoluta in questo punto della curva è direttamente legata all'età dell'ammasso, quindi si può tracciare una scala di età su un asse parallelo a quello della magnitudine. Inoltre gli ammassi possono essere datati misurando le temperature delle nane bianche più fredde. I risultati tipici per gli ammassi globulari forniscono età attorno ai 12,7 miliardi di anni, a differenza degli ammassi aperti che hanno un'età di qualche decina di milioni di anni. Le età degli ammassi pongono un limite all'età dell'Universo stesso. Il limite inferiore è stato un vincolo fondamentale nella cosmologia; durante i primi anni novanta gli astronomi si trovavano di fronte a stime d'età degli ammassi globulari che erano superiori a quelle permesse dai modelli cosmologici di allora. Dei miglioramenti nelle misurazioni dei parametri cosmologici attraverso osservazioni del cielo profondo e per mezzo di satelliti come il COBE hanno risolto questo problema. Studi evoluzionistici degli ammassi globulari possono essere utilizzati per determinare cambiamenti dovuti alla composizione iniziale dei gas e delle polveri che lo hanno formato, ovvero i cambiamenti nei percorsi evolutivi dovuti alla presenza di elementi pesanti (in astronomia, gli elementi pesanti sono considerati tutti gli elementi più pesanti dell'elio). I dati ottenuti dagli studi degli ammassi globulari sono stati usati anche per studiare l'evoluzione dell'intera Via Lattea. A differenza degli ammassi aperti, la maggior parte degli ammassi globulari restano uniti gravitazionalmente per periodi che si estendono alla vita media della maggior parte delle stelle di cui sono formati (a parte alcune eccezioni dove intense interazioni mareali con oggetti di grande massa disperdono le stelle). La formazione di un ammasso globulare resta un fenomeno piuttosto misterioso. Gli studiosi non sono sicuri se le stelle si sono formate in una singola generazione, o si estendono per diverse generazioni in periodi di diverse centinaia di milioni di anni. Questo periodo di formazione stellare è tuttavia relativamente breve se paragonato all'età di molti ammassi. Le osservazioni mostrano che la formazione delle stelle degli ammassi globulari avviene innanzitutto in regioni dove questo fenomeno è molto elevato e dove il mezzo interstellare ha una densità maggiore rispetto alle regioni normali di formazione stellare. La formazione dei globulari avviene principalmente nelle regioni dette starburst e nelle galassie interagenti. Dopo la loro formazione, le stelle dei futuri ammassi iniziano ad interagire gravitazionalmente le une con le altre; di conseguenza, i vettori di velocità tra le stelle vengono modificati e non si riescono a ricostruire le loro velocità iniziali. L'intervallo caratteristico in cui avviene questa fase è chiamato tempo di rilassamento, che è legato al periodo di tempo proprio necessario ad una stella per attraversare l'ammasso e al numero di masse stellari del sistema. Il valore del tempo di rilassamento varia da ammasso ad ammasso, ma mediamente si aggira attorno al miliardo di anni. Anche se gli ammassi appaiono di forma generalmente sferica, attraverso interazioni gravitazionali possono anche assumere forma ellittica: gli ammassi all'interno della Via Lattea e della Galassia di Andromeda ad esempio hanno forma sferoidale schiacciata, mentre quelli nella Grande Nube di Magellano sono più ellittici. Gli astronomi caratterizzano la morfologia di un ammasso globulare utilizzando i raggi geometrici standard, che comprendono il raggio del nucleo (rc), il raggio di metà-luce (rh) e il raggio mareale (rt). La luminosità totale dell'ammasso decresce con la distanza dal nucleo, mentre il raggio del nucleo equivale alla distanza alla quale la luminosità superficiale apparente diminuisce di metà. Una quantità comparabile è il raggio di metà-luce, o la distanza dal nucleo alla quale viene ricevuta la metà della luminosità totale dell'ammasso. Tipicamente questo valore è più grande rispetto al raggio del nucleo. Il raggio di metà-luce include stelle che si trovano nella parte esterna dell'ammasso e giacciono lungo la linea di visuale, quindi gli studiosi utilizzano il raggio di metà-massa (rm), ossia il raggio che, partendo dal nucleo, contiene metà della massa totale dell'ammasso. Quando il raggio di metà massa di un ammasso globulare è piccolo in relazione alla sua massa totale, allora questo avrà un nucleo molto denso. Un esempio di tale ammasso è M3, che ha una dimensione visibile totale di 18 minuti d'arco, ma il raggio di metà massa è solo di 1,12 minuti d'arco. Gran parte degli ammassi globulari hanno il raggio di metà-luce inferiore ai 10 pc di lunghezza, sebbene siano comunque presenti ammassi con un raggio molto lungo, come per esempio NGC 2419 (Rh = 18 pc) e Palomar 14 (Rh = 25 pc). Infine, il raggio mareale è la distanza dal centro dell'ammasso oltre la quale le stelle subiscono una maggiore forza gravitazionale dalla galassia rispetto all'ammasso stesso; in altre parole, è la distanza alla quale le stelle singole possono essere separate dall'ammasso. Misurando la curva di luminosità di un dato ammasso globulare in funzione della distanza dal nucleo, si è scoperto che la maggior parte dei globulari all'interno della Via Lattea aumenta costantemente di luminosità man mano che la distanza decresce fino ad una certa distanza dal nucleo, dove scende a zero. Tipicamente questa distanza varia da 1 a 2 parsec. Tuttavia, circa il 20% degli ammassi conosciuti hanno subito un processo chiamato "collasso del nucleo": in questi casi la luminosità continua a crescere costantemente fino alla regione del nucleo. M15 è un ammasso globulare che ha subito il processo di collasso del nucleo. Si pensa che questo processo accada quando le stelle più massicce incontrano altre stelle più piccole. La conseguenza di questi incontri è che le stelle più grandi tendono a perdere la loro energia cinetica e iniziano a dirigersi verso il nucleo; dopo un lungo periodo di tempo si ha una massiccia concentrazione di stelle vicino al nucleo, e questo fenomeno viene detto segregazione di massa. Attraverso il telescopio Hubble si sono cercate prove osservative di questo processo di separazione della massa negli ammassi globulari. Le stelle più pesanti discendono e si affollano nel nucleo, mentre quelle più leggere aumentano di velocità e tendono ad allontanarsi verso la periferia. L'ammasso 47 Tucanae, costituito da 1 milione di stelle, è uno degli ammassi più densi, visibile nell'emisfero meridionale. Un'intensa campagna di osservazione fotografica ha permesso agli astronomi di tracciare il moto delle sue stelle. Per 15.000 di esse è stata calcolata la velocità. I differenti stadi del collasso possono essere in tre fasi: durante la fase giovanile dell'ammasso, il processo di collasso inizia con le stelle nei pressi del nucleo, sebbene le interazioni tra le stelle doppie impediscano nuovi collassi con l'avanzare dell'età. Infine le stelle doppie del centro vengono sciolte dal loro legame o espulse, causando una concentrazione ancora più stretta nel nucleo dell'ammasso. Uno studio condotto dal Dr. J. Fregeau nel 2008 su 13 ammassi globulari della Via Lattea mostra che tre di questi posseggono al loro interno un insolitamente alto numero di sorgenti di raggi X, o anche binarie a raggi X, che suggeriscono che l'ammasso sia nella fase centrale della sua vita. In precedenza, quegli ammassi globulari erano stati classificati come molto antichi, a causa della loro stretta concentrazione di stelle nei loro centri (quest'ultimo è un altro modo per identificare le età degli ammassi globulari). Questo fatto implica che questi ammassi si trovano in una fase relativamente giovanile, e non in una fase adulta, come spiegato prima. La luminosità totale degli ammassi globulari nella Via Lattea e nella Galassia di Andromeda può essere modellata da una curva gaussiana, considerando la magnitudine media Mv e la varianza σ2. La distribuzione della luminosità degli ammassi globulari nella Via Lattea ha i seguenti parametri Mv = −7,20±0,13, σ=1,1±0,1. Inoltre, la distribuzione è stata utilizzata per la misurazione delle distanze delle altre galassie, ipotizzando che gli ammassi globulari presenti nelle galassie remote seguano gli stessi principi di quelli della Via Lattea. Il calcolo delle interazioni tra le stelle all'interno di un ammasso richiede la soluzione del cosiddetto problema degli n-corpi; infatti ogni stella all'interno dell'ammasso interagisce continuamente con le altre N-1 stelle, dove N è il numero totale delle stelle. Il costo computazionale per i calcoli è dell'ordine (usando la notazione O-grande) On3, ovvero cresce con il cubo del numero N dei corpi, quindi quando si cerca di calcolare la soluzione, al crescere di N, il numero dei calcoli necessari cresce al cubo, raggiungendo molto velocemente numeri impraticabili. Un metodo efficiente per risolvere questo problema consiste nella simulazione matematica dell'ammasso, suddividendolo in piccoli volumi e usando le probabilità per descrivere la posizione delle stelle. I moti sono quindi descritti usando l'equazione di Fokker-Planck, che viene risolta in forma semplificata o attraverso il metodo Monte Carlo. La simulazione si complica quando si devono includere gli effetti delle stelle binarie e le interazioni con forze gravitazionali esterne (come la Via Lattea). I risultati delle simulazioni hanno mostrato che le stelle possono seguire percorsi insoliti attraverso l'ammasso, spesso formando cicli o cadendo direttamente verso il nucleo, rispetto al percorso di una singola stella che orbita attorno ad una massa centrale. Inoltre, a causa delle interazioni con le altre stelle che aumentano la velocità, alcune di esse possono guadagnare sufficiente energia per sfuggire all'attrazione centrale e fuoriuscire dall'ammasso. In lunghi periodi di tempo, questi effetti causano la dissipazione dell'ammasso, fenomeno che viene chiamato evaporazione. Il periodo di tempo necessario per l'evaporazione di un ammasso è dell'ordine delle decine di miliardi di anni (1010 anni). Le stelle binarie costituiscono una porzione significativa della popolazione totale dei sistemi stellari (si stima che circa la metà delle stelle sia inserita in un sistema binario). Le simulazioni numeriche degli ammassi hanno dimostrato che le stelle binarie possono ostacolare e addirittura invertire il processo di collasso del nucleo. Quando una stella ha un incontro con un sistema binario è infatti possibile che quest'ultimo diventi maggiormente legato gravitazionalmente e l'energia cinetica venga acquistata dalla stella singola. Quando le stelle massicce sono accelerate da questo processo, può diminuire la contrazione del nucleo o limitare il suo collasso. La distinzione tra i tipi di ammassi non è sempre netta e sono stati trovati oggetti che hanno caratteristiche appartenenti a due categorie. Ad esempio BH 176 si trova nella parte sud della Via Lattea ed ha le proprietà sia degli ammassi aperti che degli ammassi globulari. Nel 2005 gli astronomi scoprirono un tipo completamente nuovo di ammasso stellare nella Galassia di Andromeda, che è per alcuni aspetti molto simile agli ammassi globulari. Questi ammassi possono contenere centinaia di migliaia di stelle, come negli ammassi globulari e similmente hanno medesime popolazioni stellari e valori di metallicità, mentre hanno dimensioni molto più estese (diverse centinaia di anni luce) e una densità molto inferiore. Le distanze tra le stelle sono quindi molto maggiori rispetto agli ammassi globulari. I meccanismi di formazione di questi ammassi non sono noti, ma potrebbero essere legati a quelli degli ammassi globulari; è anche sconosciuto il motivo per cui sono presenti nella galassia di Andromeda ma non nella Via Lattea, come anche se qualche altra galassia contenga questo tipo di ammassi (anche se è molto improbabile che solo la Galassia di Andromeda li contenga). Quando un ammasso ha un incontro ravvicinato con un oggetto che possiede una massa elevata, come la regione del nucleo galattico, subisce una interazione gravitazionale o di marea. Questo effetto crea delle scie di stelle che possono estendersi a diversi gradi d'arco dall'ammasso e che precedono o seguono quest'ultimo nella sua orbita. Le scie possono contenere frazioni significative della massa originale dell'ammasso e possono formare delle strutture tipo nugolo. L'ammasso Palomar 5, ad esempio, è vicino al punto perigalattico della sua orbita e flussi di stelle di estendono verso la parte anteriore e la parte posteriore del percorso orbitale, raggiungendo distanze di 13.000 al dall'ammasso. Queste interazioni hanno strappato via da questo ammasso molta massa, e si pensa che future interazioni potrebbero trasformarlo in una lunga scia di stelle che orbitano nell'alone galattico. Infatti questi fenomeni aumentano il tasso di evaporazione, riducendo la dimensione degli ammassi, non solo strappando via le stelle esterne, ma accelerando il processo di collasso del nucleo. Lo stesso meccanismo potrebbe essere in atto nelle galassie nane sferoidali come la Nana del Sagittario, che appare in via di disgregazione a causa della sua vicinanza alla Via Lattea.


Cosa sono le Pleiadi

Le Pleiadi (conosciute anche come le Sette sorelle, la Chioccetta o con la sigla M45 del catalogo di Charles Messier) sono un ammasso aperto visibile nella costellazione del Toro. Questo ammasso, piuttosto vicino (440 anni luce), conta diverse stelle visibili a occhio nudo; anche se dagli ambienti cittadini solo quattro o cinque delle stelle più brillanti sono visibili, da un luogo più buio se ne possono contare già dodici. Tutte le sue componenti sono circondate da leggere nebulose a riflessione, osservabili specialmente in fotografie a lunga esposizione prese con telescopi di dimensioni ragguardevoli. Notevole è che le stelle delle Pleiadi sono realmente vicine tra loro, hanno un'origine comune e sono legate da forza di gravità. Data la loro distanza, le stelle visibili tra le Pleiadi sono molto più calde del normale, e ciò si riflette nel loro colore: sono delle giganti blu o bianche; l'ammasso conta in realtà centinaia di altre stelle, la gran parte delle quali sono troppo lontane e fredde per essere visibili a occhio nudo. Le Pleiadi sono in effetti un ammasso giovane, con un'età stimata di circa 100 milioni di anni, e una vita prevista di soli altri 250 milioni di anni, dato che le stelle sono troppo lontane tra loro. A causa della loro brillantezza e vicinanza fra loro, le stelle più luminose delle Pleiadi sono note dall'antichità: sono state citate per esempio già da Omero e Tolomeo. Il Disco di Nebra, un manufatto di bronzo del 1600 a.C. trovato nell'estate del 1999 a Nebra, in Germania, è una delle più antiche rappresentazioni note del cosmo: in questo disco le Pleiadi sono il terzo oggetto celeste chiaramente distinguibile dopo il Sole e la Luna. Da quando si scoprì che le stelle sono corpi celesti simili al Sole, si iniziò a ipotizzare che alcune stelle fossero in qualche modo legate fra loro; grazie allo studio del moto proprio e con la determinazione scientifica delle distanze degli astri, divenne chiaro che le Pleiadi sono realmente legate gravitazionalmente e che hanno persino un'origine comune. L'ammasso delle Pleiadi si trova a nord dell'equatore celeste, dunque nell'emisfero boreale; la sua declinazione è pari a circa 24°N, pertanto è sufficientemente vicina all'equatore celeste da risultare osservabile da tutte le aree popolate della Terra, fino al circolo polare antartico. A nord del circolo polare artico appaiono invece circumpolari, mentre un grado a nord del Tropico del Cancro si possono osservare allo zenit. L'ammasso domina, nell'emisfero nord, il cielo serale dalla metà dell'autunno all'inizio della primavera, mentre dall'emisfero sud è un oggetto tipico del cielo estivo. Le Pleiadi si individuano con grande facilità, anche dai centri urbani moderatamente afflitti da inquinamento luminoso; appaiono come un fitto gruppetto di astri molto vicini fra loro, di colore azzurro e dalla forma caratteristica, che ricorda quella di una chiocciola o una miniatura dell'Orsa Minore. Ad occhio nudo si possono scorgere, fuori dalle aree urbane, fino a una dozzina di componenti, sebbene le più appariscenti siano otto (cinque o sei in un cielo moderatamente inquinato). Al binocolo si ha la visuale migliore: l'ammasso appare completamente risolto in stelle, le quali da otto diventano alcune decine; si può inoltre notare che molte di quelle che ad occhio nudo sembravano stelle singole appaiono ora disposte in coppia o in piccoli gruppi; due concatenazioni di stelle minori si possono osservare ad est e a sudovest. La visione al telescopio a bassi ingrandimenti consente ancora di apprezzare la natura d'insieme dell'ammasso, mentre ad ingrandimenti maggiori non è possibile farlo rientrare tutto nell'oculare; telescopi più potenti possono inoltre mostrare fra le componenti delle deboli nebulosità diffuse, di colore azzurro, che riflettono la luce delle stelle principali delle Pleiadi. A causa della particolare posizione dell'ammasso delle Pleiadi, posto ad appena 4° dall'eclittica, sono frequenti i transiti e le occultazioni da parte dei corpi del nostro sistema solare. Capita frequentemente che la Luna transiti davanti a quest'ammasso, occultandolo quasi completamente; si tratta di uno spettacolo che viene seguito specialmente dagli astrofili, anche dotati di strumenti di osservazione ridotti, come un semplice binocolo o un piccolo telescopio (strumenti troppo potenti non consentono, come già visto, di avere la visuale d'insieme). Sebbene infatti l'evento sia facilmente visibile anche ad occhio nudo, l'ausilio di questi strumenti consente di apprezzare appieno e con precisione l'occultazione di singole stelle dell'ammasso. Meno frequentemente capita che anche i pianeti si avvicinino apparentemente alle stelle dell'ammasso, talvolta transitandovi in mezzo; ciò accade con più facilità con i pianeti a noi più vicini, come Mercurio, Venere e Marte. Grazie a questi incontri periodici si possono osservare in cielo delle figure insolite o dai colori fortemente contrastanti (come accade quando vi transita Marte, il cui colore rosso contrasta fortemente con l'azzurro delle stelle delle Pleiadi). La preminenza delle Pleiadi nel cielo notturno (nel cielo invernale nell'emisfero boreale e nel cielo estivo nell'emisfero australe) le ha rese importanti in molte culture. Tra i Māori della Nuova Zelanda, le Pleiadi sono chiamate Matariki e il loro sorgere ad oriente significa l'inizio del nuovo anno (in giugno). Pare che gli Indiani d'America misurassero la vista col numero di stelle che riuscivano a distinguere nelle Pleiadi; anche nell'antichità europea, specialmente tra i Greci, le Pleiadi erano considerate un test della vista. Gli australiani aborigeni vedevano nelle Pleiadi una donna che era stata quasi violentata da "Wadi Bira", l'uomo della Luna. Alternativamente, erano sette sorelle chiamate le Makara. Nella mitologia greca, le Sette Sorelle erano tradizionalmente chiamate Asterope, Merope (o Dryope o Aero), Elettra, Maia, Taigete, Celaeno e Alcyone. Questi nomi sono oggi assegnati a singole stelle dell'ammasso. Erano, secondo la mitologia, ninfe delle montagne (Oreadi), le figlie di Atlante e Pleione, anch'essi rappresentati da stelle nell'ammasso; erano anche nipoti di Giapeto e Climene, e sorelle delle Iadi, di Calipso e Dione. Si suicidarono dopo la morte delle loro sorelle, le Iadi. Tra i primi riferimenti conosciuti in un'opera letteraria c'è una citazione delle Pleiadi in Esiodo, nel poema Le opere e i giorni risalente circa all'VIII secolo a.C..[14] Omero le menziona nell'Iliadee nell'Odissea ed anche nella Bibbia, nell'Antico Testamento, compaiono dei riferimenti ad esse. In Giappone le Pleiadi sono conosciute come Subaru: parola conosciuta anche in Occidente, ma di cui molti ignorano il vero significato, grazie alla nota casa automobilistica (che infatti nel suo logo riporta appunto la stilizzazione delle Pleiadi).[17]. Nella mitologia indù le Pleiadi (Krittika) sono le sei madri del dio della guerra Skanda, che per ognuna di loro ha sviluppato sei facce. Da tempo si è supposto che le Pleiadi dovessero essere un gruppo di stelle relazionate l'una all'altra, piuttosto che derivanti da un allineamento visuale. Nel 1767, il reverendo John Michell calcolò che la probabilità dell'allineamento fortuito di un gruppo così numeroso di stelle brillanti fosse di 1 su 500.000 e così concluse che le Pleiadi, ed altri analoghi ammassi stellari, dovessero essere fisicamente correlate.[19] Quando furono condotti studi osservativi sul moto proprio posseduto dalle stelle dell'ammasso, fu scoperto che si muovevano tutte nella stessa direzione attraverso il cielo, alla stessa velocità, dimostrando ulteriormente l'esistenza di una qualche relazione fra loro. Charles Messier misurò la posizione dell'ammasso e lo inserì come M45 nel suo catalogo, pubblicato nel 1771. L'inserimento di quest'oggetto, come pure dell'Ammasso del Presepe e della Nebulosa di Orione, nel suo catalogo è effettivamente un fatto strano, dato che tutti gli altri oggetti sono molto più deboli e che le intenzioni del Messier erano quelle di compilare un catalogo di oggetti che potevano essere scambiati per comete. Probabilmente ciò è dovuto al fatto che egli si sentiva in competizione con Nicolas Louis de Lacaille, che nel 1755 aveva compilato un catalogo con 42 oggetti. Fin dalle epoche più antiche e in tutte le culture, come si è visto, l'idea di questo gruppo di stelle viene associato al numero 7; per poterne osservare più di sei occorre però in realtà un cielo molto buio e limpido e una buona vista. In accordo con questo fatto vi è un gran numero di testimonianze del passato che si riferiscono ad un numero diverso di stelle componenti. Il più antico testo in lingua volgare di cosmologia noto, "La composizione del Mondo" di Restoro d'Arezzo, del 1282, si riferisce ripetutamente alle Pleiadi come ad un insieme di sei stelle. Mentre Ovidio afferma che "Quae septem dici, sex tamen esse solent" (le quali si dice siano sette, ma tuttavia sono solite essere sei), Tolomeo e Al-Sūfi forniscono le posizioni di sole quattro delle stelle dell'ammasso, ignorando, stranamente, la stella Alcyone, la più brillante delle Pleiadi. Giovan Battista Odierna, all'inizio del suo "De Admirandis Coeli Characteribus" spiega come il dilemma del numero esatto delle componenti visibili sia un problema avvertito da molti altri studiosi del passato; ricorda inoltre che chi ha la vista acuta ne può identificare sette, mentre chi non è particolarmente dotato può arrivare solo a cinque. Con un telescopio si possono invece osservare, oltre alle sette brillanti, almeno altre trenta componenti. Al di là dei testi scientifici, è da notare che presso i Greci ricorreva il mito della "Pleiade perduta": secondo la tradizione greca, citata anche da Arato, si trattava di Elettra, che si diceva essere velata in viso in segno di lutto a causa della distruzione di Troia; un'altra tradizione vuole che la Pleiade velata fosse Merope, vergognandosi di essere l'unica delle sette ad aver sposato un mortale, il re di Corinto. Un'ulteriore tradizione la identifica con Celaeno, che cadde fulminata. Un mito simile esiste anche presso un gran numero di popoli sparsi per il mondo, come quelli del Giappone, del Borneo, dell'Africa centrale e dell'Australia; ciò potrebbe essere un'evidenza di un'eventuale variazione nella luminosità delle componenti delle Pleiadi, che giustificherebbe anche la mancata citazione di Alcyone da parte di Tolomeo ed Al-Sūfi. L'ammasso, il cui nucleo ha un raggio di circa 8 anni luce ed il cui raggio mareale è di circa 43 anni luce, contiene più di 1000 membri, statisticamente confermati. È dominato da stelle blu calde e giovani, 14 delle quali possono essere potenzialmente viste ad occhio nudo, a seconda delle condizioni osservative. La disposizione delle stelle più luminose ricorda la forma dell'Orsa maggiore e dell'Orsa minore. Si stima che l'ammasso contenga 800 masse solari. L'ammasso contiene numerose nane brune, oggetti con meno dell'8% circa della massa del Sole, non abbastanza massicci da innescare reazioni di fusione nucleare nei loro nuclei e diventare stelle luminose. Esse possono rappresentare fino al 25% della popolazione totale dell'ammasso, anche se contribuiscono meno del 2% della massa totale. Gli astronomi hanno compiuto grandi sforzi per trovare e poter analizzare nane brune nelle Pleiadi e in altri giovani ammassi, perché in questi ambienti sono ancora relativamente brillanti e osservabili, mentre le nane brune degli ammassi più vecchi sono ormai affievolite e molto più difficili da studiare. Nell'ammasso delle Pleiadi sono presenti anche alcune nane bianche. Data la giovane età dell'ammasso, ci si aspetta che le stelle della sequenza principale non abbiano avuto il tempo di evolvere in nane bianche, processo che richiede diversi miliardi di anni. Si ritiene che le progenitrici delle nane bianche siano state stelle massicce in sistemi binari. I trasferimenti di massa dalla stella di massa superiore, durante la sua rapida evoluzione, alla compagna sarebbero risultati in un percorso più rapido per la formazione di una nana bianca, sebbene i dettagli di tale trasferimento da un pozzo gravitazionale più forte ad uno più debole non siano stati chiariti. Secondo degli studi condotti nel 2007 col Telescopio Spaziale Spitzer e col Gemini Observatory delle Hawaii, è emerso che dei pianeti di tipo terrestre sarebbero in formazione o si siano formati attorno ad una delle componenti dell'ammasso, HD 23514, come risultato di una catastrofica collisione fra eventuali protopianeti; gli astronomi hanno analizzato le emissioni dalle particelle di polveri in orbita attorno alla stella ed hanno concluso che la spiegazione più probabile è che le particelle siano residui di uno scontro violento di pianeti o embrioni planetari. In condizioni osservative ideali, alcune tracce di nebulosità compaiono in fotografie a lunga esposizione e possono essere viste attorno all'ammasso. Questo tipo di nebulosa è chiamato nebulosa a riflessione ed appare brillante a causa della riflessione della luce di una stella luminosa e calda da parte della polvere presente nella nebulosa. Nel caso delle Pleiadi, si tratta di un sistema complesso di nebulose a riflessione; le più luminose sono state catalogate anche dal Catalogo NGC e dai suoi Index. In particolare, si tratta di NGC 1435, che avvolge la stella Merope, e IC 1990, a nord dell'ammasso. NGC 1432 fa da sfondo alle stelle più occidentali delle Pleiadi, ciascuna delle quali ha nelle vicinanze dei veli nebulosi più brillanti; Ced 19 è la sigla per questi frammenti, catalogati da Ced 19a a Ced 19q. La nebulosa di Alcione è nota anche come vdB 23, quella di Elettra come vdB 20 e quella di Maia come vdB 21. Era stato inizialmente pensato che la polvere potesse essere un rimasuglio del processo di formazione dell'ammasso; ma all'età di 100 milioni di anni, quella generalmente accettata per le Pleiadi, quasi tutta la polvere originariamente presente dovrebbe essere stata ormai dispersa dalla pressione di radiazione già da molto tempo. Sembra, piuttosto, che l'ammasso stia transitando attraverso una regione di mezzo interstellare particolarmente polverosa; la prova che l'ammasso e la nebulosa non siano legate da una comune origine risiede nel fatto che possiedono una diversa velocità radiale. Alcuni studi mostrano che la polvere responsabile della nebulosità non è uniformemente distribuita, ma è concentrata in due strati lungo la linea di vista dalla Terra. Questi strati potrebbero essere stati formati dalla decelerazione, nel moto della polvere verso le stelle, dovuta alla pressione di radiazione. La distanza delle Pleiadi è un importante elemento di riferimento nella scala delle distanze cosmiche. Poiché l'ammasso è relativamente vicino alla Terra, la sua distanza è relativamente semplice da misurare. Una volta noto il diagramma di Hertzsprung-Russell per l'ammasso, una conoscenza accurata della sua distanza permette agli astronomi, con un confronto, di stimare la distanza di altri ammassi. Altri metodi possono quindi essere utilizzati per determinare in cascata le distanze di galassie e ammassi di galassie da quelle dei singoli ammassi stellari e così è possibile stabilire una scala cosmica delle distanze. I risultati di misurazioni precedenti al lancio del satellite Hipparcos (ESA, 1980) indicavano generalmente che le Pleiadi fossero a 135 parsec dalla Terra. Il valore misurato invece dal satellite fu di soli 118 parsec, utilizzando il metodo della parallasse stellare. Lavori successivi dimostrarono che la misura indicata da Hipparcos per le Pleiadi era affetta da un errore, sebbene non se ne fosse individuata l'origine. In seguito alla revisione dell'elaborazione dei dati del satellite Hipparcos, avvenuta nel 2008, è stata proposta quale distanza dell'ammasso dalla Terra quella di 122 parsec, corrispondente a 399 anni luce. Altre misure, universalmente accettate, hanno indicato per la distanza delle Pleiadi dalla Terra il valore di 135 parsec, corrispondente a circa 440 anni luce. La diatriba su quale dei due valori sia da considerarsi corretto è ancora in atto. Si noti che il valore di 135 parsec è stato fornito dal Telescopio Spaziale Hubble, generalmente molto affidabile, che ha misurato la distanza di un'unica stella dell'ammasso. Hipparcos, invece, ha misurato le distanze di 54 stelle dell'ammasso, per il quale è stata stimata una distanza media. Nell'agosto del 2014, astronomi del National Radio Astronomy Observatory hanno misurato la distanza delle Pleiadi tramite una rete mondiale di radiotelescopi, risultata pari a 443 anni luce. Questa stima è stata giudicata la più precisa in assoluto sulla distanza dell'ammasso stellare. L'età di un ammasso stellare può essere stimata per confronto tra il diagramma HR misurato per l'ammasso e quello derivante da modelli teorici di evoluzione stellare. Utilizzando queste tecniche, per le Pleiadi è stata stimata un'età compresa tra i 75 ed i 150 milioni di anni, dove lo scarto è dovuto alle incertezze nei modelli di evoluzione stellare. In particolare, modelli che includono un fenomeno noto come sovra-avanzamento convettivo (convective overshoot), in cui materiale proveniente da una zona convettiva irrompe in una zona non-convettiva, forniscono per la stella un'età apparente maggiore. Un'altra metodologia per stimare l'età di un ammasso è di guardare agli oggetti di massa minore. In una stella della sequenza principale, il litio è rapidamente distrutto nelle reazioni di fusione nucleare che avvengono nel nucleo; una nana bruna, invece, può conservarne parte della quantità iniziale. La temperatura di ignizione per il litio è molto bassa, 2,5 milioni di kelvin, e ciò significa che le nane brune di massa maggiore riusciranno infine a bruciarlo. Determinando il limite massimo della massa delle nane brune (dell'ammasso) ancora contenenti litio, è possibile avere un'idea dell'età dell'ammasso stesso. Applicando questa tecnica alle Pleiadi si è stimata un'età di 115 milioni di anni. Il moto proprio dell'ammasso lo condurrà fra molti millenni nel futuro a mutare posizione rispetto ad un osservatore a Terra, che lo vedrà transitare al di sotto del piede di quella che oggi è la costellazione di Orione. Inoltre, come la maggior parte degli ammassi aperti, le Pleiadi non resteranno gravitazionalmente vincolate in eterno, ma alcuni membri dell'ammasso saranno espulsi dopo incontri ravvicinati, mentre altri saranno spogliati di materia da campi gravitazionali mareali. Simulazioni suggeriscono che occorreranno circa 250 milioni di anni perché l'ammasso si disperda e che le interazioni gravitazionali con nubi molecolari giganti ed i bracci della Galassia accelereranno il processo. La grande visibilità delle Pleiadi nel cielo notturno ha fatto in modo che esse fossero considerate un importante riferimento in molte culture, sia antiche che presenti. Nella mitologia greca, come detto sopra, esse rappresentavano le Sette Sorelle, mentre per i Vichinghi erano le galline di Freyja; in molte lingue europee antiche sono infatti indicate come "galline" o "galli". Durante l'Età del Ferro i popoli europei come i Celti (e probabilmente anche popoli precedenti) associavano le Pleiadi al dolore e ai funerali, dato che all'epoca storica, durante il Cross-quarter day fra l'equinozio d'autunno ed il solstizio d'inverno (nel periodo in cui tuttora si festeggiano il giorno dei morti e Halloween) le Pleiadi diventavano visibili ad est nel chiarore del crepuscolo. A causa della precessione degli equinozi, quest'evento astronomico non coincide più con i giorni dei defunti, essendo slittato di quasi un mese, ma l'associazione è perdurata. La Cultura di Monte Alto ed altre culture del Guatemala come gli Ujuxte e i Takalik Abaj costruirono i loro primi osservatori utilizzando come riferimento le Pleiadi e la stella η Draconis, e chiamavano l'ammasso "le sette sorelle", credendo che quella parte di cielo fosse la loro vera origine. Il sorgere eliaco degli oggetti celesti assumeva una grande importanza nella compilazione dei calendari negli antichi popoli. Il sorgere eliaco delle Pleiadi (attorno al mese di giugno) indicava il nuovo anno per i Māori della Nuova Zelanda, che chiamavano l'ammasso stesso Mataariki; una festa con lo stesso nome aveva luogo nelle Hawaii. Gli antichi Aztechi del Messico e dell'America Centrale basavano il loro calendario sulle Pleiadi; il loro anno iniziava quando i sacerdoti iniziavano ad individuare le sue stelle ad est subito prima del sorgere del Sole, nella chiara luce dell'aurora; il nome che questo popolo dava all'ammasso era Tianquiztli. Giovanni Pascoli ne Il gelsomino notturno chiama le Pleiadi Chioccetta, paragonando l'ammasso aperto ad una chioccia in un'aia azzurra seguita da un pigolio di stelle. Gabriele d'Annunzio aveva intenzione di chiamare i sette libri della sua raccolta Laudi come le sette stelle principali delle Pleiadi, ma pubblicò solo cinque libri, cioè Maia, Elettra, Alcyone, Merope e Asterope. A seconda della tribù o del clan di appartenenza, ci sono diverse storie riguardo all'origine delle Pleiadi. Fra gli aborigeni australiani era diffusa la credenza che esse fossero una donna rapita da Kidili, l'uomo della Luna. Fra i Ban Raji, un popolo seminomade che viveva fra il Nepal occidentale e l'India del nord, le Pleiadi erano chiamate "Sette cognate e un cognato" (Hatai halyou daa salla); quando le Pleiadi sorgevano sopra le montagne ogni notte, potevano, secondo la loro cultura, vedere i loro antichi parenti. Nell'astronomia cinese le Pleiadi sono uno dei 28 Xiu (posizioni della Luna) della Tigre Bianca, e sono indicate come Chioma(Cinese: 昴, piyin Mǎo). In Giappone, le Pleiadi sono conosciute come Subaru (昴? l'ideogramma usato per indicarle è lo stesso usato in Cina), nome che poi è stato scelto per la casa automobilistica Subaru, nel cui logo appaiono sei stelle raffiguranti le cinque componenti più piccole attorno alla stella principale. Il Telescopio Subaru, che si trova nell'Osservatorio di Mauna Kea sulle Hawaii, possiede anch'esso il nome giapponese delle Pleiadi. Presso i Lakota del Nord America esisteva una leggenda che legava l'origine delle Pleiadi con la Torre del Diavolo, un monumento naturale; secondo i Seri del Messico nordoccidentale, queste stelle erano sette donne che stavano dando alla luce. La costellazione era nota come Cmaamc, apparentemente un antico plurale del termine cmaam, ossia "donna". I Kiowa avevano un mito simile a quello dei Lakota per spiegare la nascita delle Pleiadi. Secondo le loro credenze ci furono sette giovani nubili che si allontanarono per giocare e furono individuate da alcuni orsi giganti; come le videro iniziarono ad inseguirle. Durante la fuga le giovani si rifugiarono sulla cima di una roccia e pregarono lo spirito della roccia di salvarle; sentendo le loro suppliche, la roccia iniziò a crescere in altezza, dal suolo verso il cielo, in modo che gli orsi non potessero raggiungerle. Una volta raggiunto il cielo si trasformarono nelle stelle che compongono le Pleiadi. Gli orsi, nel tentativo di arrampicarsi sulla roccia, lasciarono su di essa dei profondi solchi, oggi osservabili sui fianchi della Torre del Diavolo. Presso i popoli delle Ande, le Pleiadi erano associate all'abbondanza, poiché ritornavano visibili nell'emisfero australe durante la raccolta; in quechua sono chiamate collca, il magazzino. Le Pleiadi rivestono notevole significato anche nel campo dell'astrologia, nelle sue diverse varianti praticate in tutto il mondo. Nell'astrologia occidentale rappresentano un fronte contro le sventure ed erano considerate un'unità astrologica singola nelle stelle fisse del Medioevo; i materiali a cui erano associate erano il quarzo e il finocchio. Nell'astrologia esoterica i sette sistemi solari giravano attorno alle Pleiadi. Secondo l'astrologia indiana le Pleiadi erano conosciute come l'asterismo (Nakshatra) Kṛttikā ("i coltelli" in sanscrito). Le Pleiadi erano chiamate "le stelle del fuoco" e la loro divinità è il dio vedico Agni, il dio del fuoco sacro. Si tratta di una delle Nakshatra più prominenti e sono associate con la rabbia e la testardaggine.


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