La struttura a grande scala del cosmo

La Terra esiste all'interno di una grande galassia, chiamata Via Lattea, la quale è parte a sua volta di un super-ammasso galattico, chiamato Laniakea-supercluster! Ma qual'è la struttura a grande scala del cosmo, cosa c'è tra i super-ammassi galattici? Scopriamolo, in questo nuovo articolo di Eagle sera!



Come è fatto l'Universo? Quanto è grande?

In astrofisica, il termine struttura a grande scala si riferisce alla caratterizzazione delle distribuzioni osservabili di materia e luce a scale dell'ordine di miliardi di anni luce. Le stelle sono organizzate in galassie, che a loro volta formano ammassi e superammassi, separati da vuoti. Prima del 1989 si pensava comunemente che i superammassi fossero le più grandi strutture esistenti nell'Universo, e che fossero distribuiti più o meno uniformemente in tutte le direzioni. Nel 1989, tuttavia, Margaret Geller e John Huchra scoprirono la "Grande Muraglia", un muro di galassie lungo più di 500 milioni di anni luce e largo 200 milioni, ma spesso solo 15 milioni di anni luce. L'esistenza di questa struttura era rimasta inosservata così a lungo perché richiedeva di localizzare migliaia di galassie in tre dimensioni, cosa possibile solo combinando le coordinate celesti di ogni galassia con l'informazione sulla distanza derivata dallo spostamento verso il rosso. Negli studi più recenti, l'Universo appare come una collezione di giganteschi vuoti separati da muri e filamenti di galassie, con i superammassi che appaiono come nodi occasionali più densi. Anche più vicino a noi sono state fatte scoperte recenti: al centro del Superammasso della Vergine si trova un'anomalia gravitazionale, il Grande Attrattore, scoperta nel 1986, che attira le galassie in una regione estesa per centinaia di milioni di anni luce. Queste galassie mostrano uno spostamento verso il rosso in accordo con la legge di Hubble, ma mostrano anche una variazione regolare che è sufficiente a rilevare l'esistenza di una concentrazione di massa equivalente a decine di migliaia di galassie. Tale concentrazione, detta il Grande Attrattore, si trova ad una distanza compresa tra 150 e 250 milioni di anni luce (250 milioni è la stima più recente), in direzione delle costellazioni dell'Hydra e del Centauro. Nelle sue vicinanze si trovano molte galassie grandi e vecchie, molte delle quali sono in collisione con le loro vicine, e stanno emanando grandi quantità di onde radio. Un altro indicatore della struttura a grande scala è la foresta Lyman-alfa. Si tratta di una serie di linee di assorbimento che appaiono negli spettri dei quasar e di molte galassie lontane, che sono interpretate come l'esistenza di grandi nubi di gas intergalattico (più che altro idrogeno). Queste nubi sembrano associate con la formazione di nuove galassie. Infine, ci sono alcune evidenze di una quantizzazione dello spostamento verso il rosso, cosa impossibile nelle teorie classiche e che implicherebbe in qualche modo l'azione della Meccanica Quantistica. Molti studi hanno investigato il fenomeno, ma molti astronomi non ritengono le evidenze significative, e l'argomento è oggetto di molte controversie. Occorrono alcune cautele nel descrivere strutture ad una scala cosmica, perché le cose non sono sempre come appaiono: le lenti gravitazionali possono mostrare immagini in una direzione diversa da quella della loro vera sorgente, creando una vera e propria illusione ottica. Altre illusioni possono venire da ammassi di galassie che contengono forti movimenti interni. Questi movimenti, quando visti come spostamenti verso il rosso e tradotti (erroneamente) in distanze, possono far sembrare l'ammasso molto allungato lungo l'asse di vista, e creare quello che è conosciuto come un dito di Dio, una lunga catena di galassie puntata dritta verso la Terra. La cosmologia sta ancora tentando di modellizzare la struttura e la composizione dell'Universo in modo soddisfacente. Usando il modello del Big Bang e facendo alcune assunzioni sul tipo di materia presente nell'Universo, è possibile predire la distribuzione risultante di materia, e confrontarla con quella osservata per confermare o smentire una teoria cosmologica. Al momento, le osservazioni sembrano indicare che la maggior parte dell'Universo debba consistere di materia oscura che non emette luce, in particolare di materia oscura fredda e non barionica, ossia non composta dai normali atomi che conosciamo. I modelli che assumono materia oscura calda o materia oscura barionica non riescono a conciliarsi con le osservazioni. La questione della materia oscura è comunque ancora molto controversa, anche perché sono stati proposti molti candidati differenti, nessuno dei quali è tuttavia nettamente avvantaggiato sugli altri sulla base dei dati osservativi finora raccolti. Alcuni critici del Big Bang, come Eric J. Lerner (proponente della cosmologia del plasma) sostengono che siccome gli ammassi sono spiegabili solo con la materia oscura, che non si rileva e quindi non esisterebbe, dovrebbero essere più antichi del Big Bang stesso, senza tale materia. Per questi ricercatori, quindi, gli ammassi sarebbero molto più antichi, e costituirebbero quindi la prova che invaliderebbe il modello standard della cosmologia. 

I super-ammassi

I Superammassi sono grandi agglomerati di ammassi e gruppi di galassie e sono tra le più grandi strutture conosciute dell'Universo. La Via Lattea è situata nel Gruppo Locale e, insieme ad altri gruppi ed ammassi, costituisce il Superammasso della Vergine. Quest'ultimo, con altri superammassi, confluisce a formare il Superammasso Laniakea, una superstruttura che si estende per oltre 500 milioni di anni luce (in confronto il Gruppo Locale ha un'ampiezza di soli 10 milioni di anni luce). Il Superammasso Laniakea è a sua volta compreso in una struttura ancor più grande chiamata Complesso di Superammassi dei Pesci-Balena, una delle più grandi strutture conosciute dell'universo osservabile. Quindi le galassie sono raggruppate in strutture che seguono un ordine gerarchico: gruppi, ammassi, superammassi invece di essere dispersi in modo casuale. Ammassi di galassie sono raggruppati insieme per formare superammassi, talora possono essere formati da gruppi di ammassi chiamate nubi di galassie: I superammassi mediamente sono raccolti in uno spazio del diametro di circa 150 milioni di anni luce. A differenza degli ammassi, i superammassi non sono tenuti insieme dalla forza di gravità ma si muovono a causa del flusso di Hubble. La nostra galassia fa parte del Gruppo Locale, che è un ammasso modesto ed irregolare. Cluster poveri possono contenere solo poche decine di galassie rispetto ai cluster ricchi che possono contenerne centinaia o addirittura migliaia. Il Gruppo Locale si trova vicino al Superammasso Locale (noto anche come Superammasso della Vergine), che ha un diametro di 100 milioni di anni luce. Il Superammasso Locale contiene un totale di circa 1015 masse solari. Il più grande ammasso dell'Universo locale è chiamato il Grande Attrattore la cui gravità è così forte che il Superammasso locale, tra cui la Via Lattea, si sta muovendo nella sua direzione alla velocità di diverse centinaia di chilometri al secondo. Tra le grandi strutture oltre il nostro universo locale è il Filamento di Perseo-Pegaso, che contiene il Superammasso di Perseo-Pesci e si estende per circa un miliardo di anni luce. Il Filamento di Perseo-Pegaso è stato scoperto da David Batuski e Jack Burns della New Mexico State University. Da tempo si indaga sul come siano disposti i superammassi nello spazio, approntando mappe accurate, anche tridimensionali, delle posizioni di milioni di galassie, calcolandone per ognuna la posizione ed il redshift. Le mappe hanno fatto comprendere come le galassie non seguano una distribuzione uniforme né casuale, ma si dispongono lungo strutture allungate, i filamenti galattici, che circoscrivono enormi vuoti, strutture spesso sferiche dove sono presenti pochissime tenui galassie o nubi d'idrogeno, mentre la maggior parte delle galassie si trovano nei filamenti intorno ai vuoti. In complesso l'aspetto è quello di una spugna, ove le cavità sono i vuoti e la struttura della spugna i filamenti e superammassi. I diametri dei superammassi variano tra i 100 ei 400 milioni di anni luce. L'esistenza dei superammassi fu postulata da George Abell nel suo Catalogo Abell degli ammassi di galassie compilato nel 1958. I superammassi formano strutture più grandi e complesse che comprendono i filamenti, i complessi di superammassi, i muri e i piani, che possono estendersi da diverse centinaia di milioni a 10 miliardi di anni luce, coprendo oltre il 5% dell'Universo osservabile. Lo studio dei superammassi dà indicazioni sugli eventi iniziali dell'universo, quando sono state gettate le basi per la loro formazione. L'osservazione delle direzioni degli assi di rotazione delle galassie all'interno dei superammassi può anche farci comprendere i processi di formazione delle galassie nelle fasi precoci della storia dell'universo.

Approfondiamo: le galassie

Una galassia è un grande insieme di stelle, sistemi, ammassi ed associazioni stellari, gas e polveri (che formano il mezzo interstellare), legati dalla reciproca forza di gravità. Il nome deriva dal greco γαλαξίας (galaxìas), che significa "di latte, latteo"; è una chiara allusione alla Via Lattea, la Galassia per eccellenza, di cui fa parte il sistema solare. Le galassie sono oggetti vastissimi di dimensioni estremamente variabili; variano dalle più piccole galassie nane, contenenti poche centinaia di milioni di stelle, alle galassie giganti, che hanno anche mille miliardi di stelle, orbitanti attorno ad un comune centro di massa. Non tutti i sistemi massicci auto-gravitanti costituiti da stelle vengono definiti galassie; il limite dimensionale inferiore, convenzionalmente, per la definizione di galassia è un ordine di massa di 106 masse solari, criterio per cui gli ammassi globulari e gli altri ammassi stellari non sono galassie. Non è definito un limite superiore, tutte le galassie osservate comunque non superano una dimensione massima di circa 1013 masse solari. Le galassie sono state categorizzate secondo la loro forma apparente, ossia sulla base della loro morfologia visuale. Una tipologia molto diffusa è quella ellittica, che, come si può ben arguire dal nome, ha un profilo ad ellisse. Le galassie spirale possiedono invece una forma discoidale con delle strutture spiraliformi che si dipartono dal nucleo. Le galassie con forma irregolare o insolita sono dette galassie peculiari; la loro strana forma è solitamente il risultato degli effetti delle interazioni mareali con le galassie vicine. Se tali interazioni sono particolarmente intense, a causa della grande vicinanza tra le strutture galattiche, può aver luogo la fusione delle due galassie, che risulta nella formazione di una galassia irregolare. La collisione tra due galassie dà spesso origine ad intensi fenomeni di formazione stellare (in gergo starburst). Nell'universo osservabile sono presenti probabilmente più di 100 miliardi di galassie; secondo nuove ricerche, tuttavia, il numero stimato di galassie nell'universo risulterebbe più alto di almeno dieci volte e oltre il 90% delle galassie nell'universo osservabile risulterebbe non rilevabile con i telescopi di cui disponiamo oggi, ancora troppo poco potenti.[8] Gran parte di esse ha un diametro compreso fra 1000 e 100.000 parsec e sono di solito separate da distanze dell'ordine di milioni di parsec (megaparsec, Mpc). Lo spazio intergalattico è parzialmente colmato da un tenue gas, la cui densità è inferiore ad un atomo al metro cubo. Nella maggior parte dei casi le galassie sono disposte nell'Universo organizzate secondo precise gerarchie associative, dalle più piccole associazioni, formate da alcune galassie, agli ammassi, che possono essere formati anche da migliaia di galassie. Tali strutture, a loro volta, si associano nei più imponenti superammassi galattici. Queste grandi strutture sono di solito disposte all'interno di enormi correnti (come la cosiddetta Grande Muraglia) e filamenti, che circondano immensi vuoti dell'Universo. Sebbene non sia ancora del tutto ben chiaro, la materia oscura sembra costituire circa il 90% della massa di gran parte delle galassie a spirale, mentre per le galassie ellittiche si ritiene che questa percentuale sia minore, variando fra lo 0 e circa il 50%. I dati provenienti dalle osservazioni inducono a pensare che al centro di molte galassie, sebbene non di tutte, esistano dei buchi neri supermassicci; la presenza di questi singolari oggetti spiegherebbe l'attività del nucleo delle galassie cosiddette attive. Tuttavia la loro presenza non implica necessariamente che la galassia che li ospiti sia attiva, dato che anche la Via Lattea molto probabilmente nasconde nel suo nucleo un buco nero massivo di nome Sagittarius A*. La parola "galassia" deriva dal termine greco che indicava la Via Lattea, Γαλαξίας (Galaxìas) per l'appunto, che significa "latteo", o anche κύκλος γαλακτικός (kyklos galaktikòs), col significato di "circolo galattico". Il nome deriva da un episodio piuttosto noto della mitologia greca. Zeus, invaghitosi di Alcmena, dopo avere assunto le fattezze del marito, il re di Trezene Anfitrione, ebbe un rapporto con lei, che rimase incinta. Dal rapporto nacque Eracle, che Zeus decise di porre, appena nato, nel seno della sua consorte Era mentre lei era addormentata, cosicché il bambino potesse bere il suo latte divino per diventare immortale. Era si svegliò durante l'allattamento e si rese conto che stava nutrendo un bambino sconosciuto: respinse allora il bambino e il latte, sprizzato dalle mammelle, schizzò via, andando a bagnare il cielo notturno; si sarebbe formata in questo modo, secondo gli antichi Greci, la banda chiara di luce nota come "Via Lattea". Quando William Herschel compilò il suo catalogo degli oggetti del cielo profondo, usò la locuzione nebulosa spirale per descrivere le caratteristiche di alcuni oggetti di aspetto nebuloso, come la Galassia di Andromeda; queste "nebulose" furono in seguito riconosciute, quando si iniziò a scoprirne la distanza, come immensi agglomerati di stelle estranei alla Via Lattea; ebbe così origine la teoria degli "universi-isola". Tuttavia, tale teoria cadde presto in disuso, poiché per "Universo" si intendeva la totalità dello spazio, con all'interno tutti gli oggetti osservabili, così si preferì adottare il termine galassia. Di fatto, da un punto di vista strettamente etimologico, i termini "galassia" e "Via Lattea" sono analoghi. L'osservazione amatoriale delle galassie, rispetto ad altri oggetti del profondo cielo, è resa difficoltosa da due fattori principali: A) la grandissima distanza che ci separa da esse, che fa in modo che solo le più vicine siano visibili con relativa facilità, quindi la loro luminosità superficiale, in genere molto debole. B) molte delle galassie più vicine a noi sono galassie nane di piccole dimensioni, formate solo da alcuni milioni di stelle, visibili solo con un potente telescopio (e non è un caso che molte di queste siano state scoperte solo in tempi recenti). Oltre alla Via Lattea, la galassia all'interno della quale si trova il nostro sistema solare, solo altre tre sono visibili ad occhio nudo: le Nubi di Magellano (Grande e Piccola Nube di Magellano), visibili solamente dall'emisfero australe del nostro pianeta, si presentano come macchie irregolari, quasi dei frammenti staccati della Via Lattea, la cui scia luminosa corre a breve distanza; si tratta di due galassie molto vicine, orbitanti attorno alla nostra; tra le galassie giganti invece, l'unica visibile ad occhio nudo è la Galassia di Andromeda, osservabile principalmente dall'emisfero boreale terrestre. È la galassia gigante più vicina a noi e anche l'oggetto più lontano visibile ad occhio nudo: si presenta come un alone chiaro allungato, privo di dettagli. La Galassia del Triangolo, una galassia spirale di medie dimensioni poco più lontana di Andromeda, risulta già invisibile ad occhio nudo, rivelandosi solo con un binocolo nelle notti più limpide. Tra le galassie prossime al nostro Gruppo Locale alcune degne di nota sono in direzione della costellazione dell'Orsa Maggiore (M82 e M81), ma già sono visibili solo con un telescopio amatoriale. Dopo la scoperta, nei primi decenni del XX secolo, che le cosiddette nebulose spiraliformi erano entità distinte (chiamate galassie o universi-isola) dalla Via Lattea, si sono condotte numerose osservazioni volte a studiare tali oggetti, principalmente alle lunghezze d'onda della luce visibile. Il picco di radiazione di gran parte delle stelle, infatti, ricade entro questo range; pertanto l'osservazione delle stelle che formano le galassie costituiva la quasi totalità dell'astronomia ottica. Alle lunghezze d'onda del visibile è possibile osservare in maniera ottimale le regioni H II (costituite da gas ionizzato), allo scopo di esaminare la distribuzione delle polveri all'interno dei bracci delle galassie a spirale. La polvere cosmica, presente nel mezzo interstellare, è però opaca alla luce visibile, mentre risulta già più trasparente all'infrarosso lontano, utilizzato per osservare nel dettaglio le regioni interne delle nubi molecolari giganti, sede di intensa formazione stellare, ed i centri galattici. Gli infrarossi sono anche utilizzati per osservare le galassie più lontane, che mostrano un alto spostamento verso il rosso; esse ci appaiono come dovevano presentarsi poco dopo la loro formazione, nei primi stadi dell'evoluzione dell'Universo. Tuttavia, poiché il vapore acqueo e il diossido di carbonio della nostra atmosfera assorbono una parte rilevante della porzione utile dello spettro infrarosso, per le osservazioni nell'infrarosso sono usati solamente telescopi ad alta quota o in orbita nello spazio. Il primo studio sulle galassie, in particolare su quelle attive, non basato sulle frequenze del visibile fu condotto tramite le radiofrequenze; l'atmosfera è infatti quasi totalmente trasparente alle onde radio di frequenza compresa fra 5 MHz e 30 GHz (la ionosfera blocca i segnali al di sotto di questa fascia). Grandi radiointerferometri sono stati usati per mappare i getti emessi dai nuclei delle galassie attive. I radiotelescopi sono in grado di osservare l'idrogeno neutro, includendo, potenzialmente, anche la materia non ionizzata dell'Universo primordiale collassata in seguito nelle galassie. I telescopi a raggi X e ad ultravioletti possono inoltre osservare fenomeni galattici altamente energetici. Un intenso brillamento (flare) agli ultravioletti fu osservato nel 2006 mentre una stella di una galassia distante era catturata dal forte campo gravitazionale di un buco nero. La distribuzione del gas caldo negli ammassi galattici può essere mappata attraverso i raggi X; infine, l'esistenza dei buchi neri supermassicci nei nuclei delle galassie fu confermata proprio attraverso l'astronomia a raggi X. La scoperta che il Sole è all'interno di una galassia, e che vi sono innumerevoli altre galassie, è strettamente legata alla scoperta della vera natura della Via Lattea. Prima dell'avvento del telescopio, oggetti lontani come le galassie erano del tutto sconosciuti, data la loro bassa luminosità e la grande distanza. Alle civiltà classiche poteva essere nota soltanto una macchia chiara in direzione della costellazione di Andromeda (quella che fu per lungo tempo chiamata "Grande Nube di Andromeda"), visibile senza difficoltà ad occhio nudo, ma la cui natura era del tutto ignota. Le due Nubi di Magellano, le altre galassie visibili ad occhio nudo, possedevano una declinazione troppo meridionale perché potessero essere osservate dalle latitudini temperate boreali. Furono sicuramente osservate dalle popolazioni dell'emisfero sud, ma da parte loro ci sono giunti pochi riferimenti scritti. Il primo tentativo di catalogare quelli che allora erano chiamati "oggetti nebulosi" risale all'inizio del XVII secolo, ad opera del siciliano Giovan Battista Odierna, che inserì nel suo catalogo De Admirandis Coeli Characteribus del 1654 anche alcune di quelle che in seguito sarebbero state chiamate "galassie". Verso la fine del XVIII secolo, l'astronomo francese Charles Messier compilò un catalogo delle 109 nebulose più luminose, seguito poco dopo da un catalogo, che comprendeva altre 5000 nebulose, stilato dall'inglese William Herschel. Herschel fu inoltre il primo a tentare di descrivere la forma della Via Lattea e la posizione del Sole al suo interno; nel 1785 compì un conteggio scrupoloso del numero di stelle in seicento regioni differenti del cielo dell'emisfero boreale; egli notò che la densità stellare aumentava man mano che ci si avvicinava ad una determinata zona del cielo, coincidente col centro della Via Lattea, nella costellazione del Sagittario. Suo figlio John ripeté poi le misurazioni nell'emisfero meridionale, giungendo alle stesse conclusioni. Herschel senior disegnò poi un diagramma della forma della Galassia, considerando però erroneamente il Sole nei pressi del suo centro. Nel 1845, William Parsons costruì un nuovo telescopio che gli permise di distinguere le galassie ellittiche da quelle spirali; riuscì inoltre a distinguere sorgenti puntiformi di luce (ovvero delle stelle) in alcune di queste nebulose, dando credito all'ipotesi del filosofo tedesco Immanuel Kant, che riteneva che alcune nebulose fossero in realtà galassie distinte dalla Via Lattea. Nonostante questo, le galassie non furono universalmente accettate come entità separate dalla Via Lattea finché Edwin Hubble non risolse definitivamente la questione nei primi anni venti del XX secolo. Nel 1917 Heber Curtis osservò la supernova S Andromedae all'interno della "Grande Nebulosa di Andromeda" (M31); cercando poi con accuratezza nei registri fotografici ne scoprì altre undici. Curtis determinò che la magnitudine apparente di questi oggetti era 10 volte inferiore di quella che raggiungono gli oggetti all'interno della Via Lattea. Come risultato egli calcolò che la "nebulosa" dovesse trovarsi ad una distanza di circa 150.000 parsec; Curtis divenne così sostenitore della teoria degli "universi isola", che affermava che le nebulose di forma spirale erano in realtà galassie simili alla nostra, ma separate. Nel 1920 ebbe luogo il Grande Dibattito tra Harlow Shapley e Heber Curtis sulla natura della Via Lattea, delle nebulose spiraliformi e sulle dimensioni generali dell'Universo. Per supportare l'ipotesi che la Grande Nebulosa di Andromeda fosse in realtà una galassia esterna, Curtis indicò la presenza di macchie scure, situate nel piano galattico di Andromeda, simili alle nebulose oscure osservabili nella Via Lattea, e fece notare anche il notevole spostamento della galassia secondo l'effetto Doppler. Il problema fu definitivamente risolto da Edwin Hubble nei primi anni venti, grazie all'uso del nuovo e più potente telescopio Hooker, situato presso l'osservatorio di Monte Wilson. Lo scienziato americano fu in grado di risolvere le parti esterne di alcune nebulose spiraliformi come insiemi di stelle e tra esse identificò alcune variabili Cefeidi, che lo aiutarono a stimare la distanza di queste nebulose: queste si rivelarono troppo distanti per essere parte della Via Lattea. Nel 1936 lo stesso Hubble ideò un sistema di classificazione per le galassie ancora usato ai nostri giorni: la sequenza di Hubble. Lo schema classificativo della Sequenza di Hubble si basa sulla morfologia visuale delle galassie; esse si suddividono in tre tipi principali: ellittiche, spirali e irregolari. Dato che tale sequenza si basa esclusivamente su osservazioni di tipo prettamente morfologico visivo, essa non tiene in considerazione alcune delle caratteristiche più importanti delle galassie, quali il tasso di formazione stellare delle galassie starburst e l'attività nel nucleo delle galassie attive. In astronomia, una galassia ellittica è un tipo di galassia caratterizzato dalle seguenti proprietà:

  • momento angolare assente o ridotto
  • assenza di bracci spirale
  • stelle giovani assenti
  • ammassi aperti assenti o molto ridotti
  • sono costituite principalmente da stelle di popolazione II
  • nubi di gas e polveri interstellari assenti o molto ridotte

Le galassie ellittiche variano enormemente di grandezza, e annoverano tra di esse sia galassie molto piccole (non si sa se quelle davvero microscopiche, le nane sferoidali, siano anch'esse da considerarsi galassie ellittiche), sia le più grandi galassie conosciute. M32 e M110, due satelliti della Galassia di Andromeda, sono galassie ellittiche nane. M87, la galassia principale dell'Ammasso della Vergine, è un'enorme ellittica grande forse 10 volte la nostra Via Lattea e circondata da 15.000 ammassi globulari, contro i 157 della nostra galassia. Maffei 1 è considerata, a 10 milioni di a.l. di distanza, la galassia ellittica gigante più vicina alla nostra galassia. Questo ritratto tradizionale delle galassie ellittiche le dipinge come galassie dove la formazione stellare è finita dopo i primi momenti, e che adesso risplendono solo grazie a stelle che stanno invecchiando. Si pensava che una galassia ellittica non attraversasse alcun cambiamento durante la sua vita, se non per il graduale affievolimento di luminosità. Alcune recenti osservazioni hanno però trovato ammassi aperti blu e giovani all'interno di alcune galassie ellittiche, assieme ad altre strutture che possono essere spiegate dalla fusione tra galassie. In questa nuova visione (ancora piuttosto sperimentale), le galassie ellittiche sarebbero il risultato di un lungo processo dove due o più galassie più piccole, di qualunque tipo, entrano in collisione e si fondono in un unico oggetto più grande. Questo processo di fusione a volte può protrarsi fino ad epoche contemporanee, e non è limitato alle galassie ellittiche. Per esempio, sappiamo che la nostra stessa Via Lattea è impegnata a "digerire" un paio di piccole galassie in questo istante (un istante che va misurato in milioni di anni). Studi recenti hanno evidenziato che le galassie ellittiche ruotano meno velocemente delle galassie a spirale.

Una galassia a spirale, o anche galassia spiraliforme o galassia spirale, è un tipo di galassia della sequenza di Hubble, caratterizzato dalle seguenti proprietà:

  • È composta da un bulge centrale circondato da un disco
  • Il bulge somiglia ad una piccola galassia ellittica, contenente molte stelle vecchie (la cosiddetta popolazione II), e spesso un buco nero supermassiccio al suo centro
  • Il disco è un agglomerato di stelle giovani di popolazione I, ammassi aperti e nubi di gas, piatto e rotante
  • Ha un considerevole momento angolare.

Le galassie spirali prendono il loro nome dai brillanti bracci di formazione stellare presenti nel disco, che si estendono all'incirca come una spirale logaritmica dal bulge. Questi bracci possono essere più o meno evidenti, e a volte sono difficili da vedere, ma distinguono comunque le galassie spirali da quelle lenticolari, che hanno anche loro un disco ma senza bracci. Il disco delle galassie spirali è in genere circondato da un grande alone sferoidale di stelle di popolazione II, la maggior parte delle quali sono concentrate in ammassi globulari in orbita attorno al centro galattico. La nostra Via Lattea è stata confermata essere, in tempi recenti, una spirale barrata, anche se la barra del disco galattico è difficile da osservare dalla nostra posizione. La prova più convincente che sia una galassia di questo tipo viene da osservazioni delle stelle nel centro galattico con il telescopio spaziale Spitzer. Una peculiare galassia a spirale è la cosiddetta Galassia cometa, membro dell'ammasso di galassie Abell 2667: si tratta probabilmente di una galassia osservata durante una rapida fase di trasformazione dalla forma a spirale a quella lenticolare. Uno studio pubblicato a giugno 2017 effettuato con i telescopi ALMA ed Herschel ha evidenziato che le galassie a spirale ruotano più velocemente di quelle ellittiche, con un momento angolare cinque volte maggiore di queste ultime. Lo studio si è concentrato sulle quantità dei gas che precipitano verso la regione centrale delle galassie in formazione. Nelle galassie ellittiche questo processo è molto più rapido. Tale processo di formazione viene successivamente bloccato dalle fughe di gas dovute alla esplosione di supernove, dai venti stellari sino alle energie che si sprigionano dagli eventuali buchi neri che si formano al loro interno. Il momento angolare iniziale viene così controbilanciato e dissipato. Nelle galassie a spirale il processo di addensamento dei gas nella regione centrale è più lento, in tempi comparabili a quelli dell'Universo; la formazione stellare avviene più lentamente ed il momento angolare iniziale viene in tal modo mantenuto. Tale ricerca ha evidenziato come il differente momento angolare e quindi la differenza di velocità della rotazione delle galassie sia correlata alle caratteristiche insite nelle regioni centrali delle galassie in formazione e non, come in precedenza supposto, ad eventi di fusione. Uno studio pubblicato nel 2016 ha identificato un tipo particolare di galassia a spirale denominato galassia a spirale superluminosa che si presenta insolitamente di grandi dimensioni, massiccia e luminosa al pari di una galassia ellittica gigante ma con un tasso di formazione stellare elevato, in media 30 masse solari/anno.

Una galassia a spirale barrata, o anche galassia spirale barrata, è una galassia a spirale dal cui bulbo centrale si dipartono due prolungamenti di stelle che nell'insieme ricordano una barra. In queste galassie i bracci curvi della spirale partono dalla barra, anziché dal nucleo. Si usa anche il più generico galassia barrata, in quanto la barra è presente anche in galassie di diversa morfologia. Le osservazioni col telescopio spaziale Spitzer, nel 2005, hanno fornito una prova che la Via Lattea ha una barra che passa attraverso il centro, stimata della lunghezza di circa 27.000 anni luce. Gli astronomi hanno ipotizzato che questa formazione sia temporanea e sia causata dalla forza mareale tra galassie. Nonostante ciò, molti astronomi rifiutano l'idea di una galassia a spirale barrata, e preferiscono attribuire alla Via Lattea il modello a spirale classico. Nella sequenza di Hubble questo tipo di galassie è indicata come "SB" ed è diviso in 3 sottocategorie:

  • SBa - i bracci della spirale si avvolgono fino a formare una struttura complessiva quasi circolare intorno al nucleo galattico e alla barra, posta in posizione diametrale
  • SBb - a metà strada fra le SBa e le SBc
  • SBc - le spirali sono molto più allargate e la configurazione complessiva richiama quella di una lettera "S"

Esiste inoltre un'ulteriore classificazione (introdotta nel 1959 dall'astronomo francese Gérard Henri de Vaucouleurs), che distingue le (più rare) galassie SBd; inoltre esistono galassie irregolari che presentano la struttura di una barra, classificate come SBm (la Grande Nube di Magellano ad esempio è spesso così classificata). Esistono anche galassie lenticolari che presentano barre e sono classificate come SB0. Sebbene le galassie a spirale siano molto numerose, le spirali barrate sono circa il 15% del totale delle galassie. Contando anche altri tipi di galasse barrate che non sono spirali, nel catalogo RSA (Revised Shapley-Ames Catalog of Bright Galaxies) le galassie classificate come barrate sono circa il 25% di quelle catalogate. Tuttavia ulteriori ricerche suggeriscono che in campo radio sia possibile individuare un gran numero di barre non osservate con la strumentazione ottica. Secondo questo studio, la percentuale di galassie barrate fra le spirali sarebbe di circa il 72%.

Una galassia peculiare è una galassia che presenta una forma insolita, una dimensione eccezionale o una composizione diversa dalle altre galassie. Normalmente una galassia peculiare è il risultato di un fenomeno di interazione o forze mareali di altre galassie. Può contenere una quantità insolita di polvere interstellare e gas, e possedere una luminosità superficiale più o meno alta rispetto alle galassie o getti dipolari. Le galassie peculiari sono indicate con la sigla "pec" o la lettera "p" nei vari cataloghi di galassie. Esempi di galassie peculiari sono le galassie irregolari, le galassie dello starburst e le galassie ad anello, che possiedono una struttura anulare di stelle e mezzo interstellare che circonda una barra centrale.

Per galassia nana si intende una galassia di piccole dimensioni composta da un numero di stelle variabile da 100 milioni ad alcuni miliardi, poche se confrontate con i 200/400 miliardi circa di stelle che popolano la Via Lattea, la nostra galassia. La Grande Nube di Magellano, con oltre 30 miliardi di stelle, è a volte classificata come galassia nana. Nella Sequenza di Hubble sono classificate con il prefisso d (da Dwarf, in lingua inglese "nano") che precede la categoria morfologica attribuita alla galassia. Le galassie nane orbitano normalmente intorno a galassie molto più grandi. Essendo oggetti non molto luminosi, sono note in particolare le galassie nane del Gruppo Locale, ovvero dell'ammasso di galassie di cui fanno parte la Via Lattea, la Galassia di Andromeda e la Galassia del Triangolo. Tuttavia l'avvento dei telescopi spaziali come Hubble e dei moderni telescopi terrestri, come Subaru e Keck, hanno permesso di spingersi con le osservazioni ben oltre il Gruppo Locale, identificando galassie nane estremamente remote che risalgono addirittura alle prime fasi della formazione dell'Universo, come ad esempio la galassia Abell 1835 IR1916. Fino ad oggi sono state identificate oltre 40 galassie nane, tra confermate e candidate, satelliti della Via Lattea, oltre alla scoperta di numerose correnti stellari che rappresentano quanto resta di galassie nane ormai completamente disgregate dalle forze mareali della nostra galassia. Le galassie nane si differenziano in base alla morfologia e/o in base ad altre caratteristiche peculiari:

  • Galassie nane ellittiche (dE)
  • Galassie nane sferoidali (dSph)
  • Galassie nane irregolari (dI)
  • Galassie nane spirali (dS)
  • Galassie nane di tipo magellanico (dSm)
  • Galassie nane compatte blu (BCD)
  • Galassie nane ultra-compatte (UCD)
  • Galassie nane ultra-deboli (UFD)
  • Galassie nane a bassa luminosità superficiale (LSBD)
  • Pea galaxies
  • Extreme emission-line galaxies (EELG)

Alcune galassie nane note sono quelle ellittiche del Sagittario e del Cane Maggiore. È stata scoperta recentemente una nuova tipologia: le galassie nane ultra-compatte, caratterizzate da dimensioni molto piccole: 100 - 200 anni luce di diametro.  

Le stelle all'interno delle galassie sono in costante movimento; nelle galassie ellittiche, a causa del bilanciamento fra velocità e gravità, i movimenti sono relativamente contenuti, le stelle si muovono in direzioni casuali ed i movimenti rotazionali attorno al nucleo sono minimi; ciò conferisce a queste galassie la tipica forma sferica. Nelle galassie a spirale, le dinamiche sono notevolmente più complesse. Il nucleo, di forma sferoidale, possiede un'elevata densità di materia, il che comporta che questo si comporti in modo simile ad un corpo rigido. Nei bracci di spirale (che costituiscono il disco galattico), invece, la componente di rotazione è preponderante, il che spiega la forma appiattita del disco. La velocità orbitale della gran parte delle stelle della galassia non dipende necessariamente dalla loro distanza dal centro. Se si suppone, per l'appunto, che le parti più interne dei bracci di spirale ruotino più lentamente delle parti esterne (come avviene, ad esempio, in un corpo rigido), le galassie spirali tenderebbero ad "attorcigliarsi" e la struttura a spirale diverrebbe staccata dal nucleo. Questo scenario è in realtà l'opposto di quanto si osserva nella galassie spirali; per questo motivo gli astronomi suppongono che i bracci delle spirali siano il risultato di diverse onde di densità emanate dal centro galattico. Da ciò ne consegue che i bracci di spirale cambiano di continuo morfologia e posizione. L'onda di compressione aumenta la densità dell'idrogeno molecolare, che, manifestando fenomeni di instabilità gravitazionale, collassa facilmente dando luogo alla formazione di protostelle; di fatto, i bracci appaiono più luminosi del resto del disco non perché la loro massa sia notevolmente più elevata, ma perché contengono un gran numero di stelle giovani e brillanti. Fuori dalle regioni del bulge o dal bordo esterno, la velocità di rotazione galattica è compresa fra 210 e 240 km/s. Pertanto, il periodo orbitale di una stella che orbita nei bracci di spirale è direttamente proporzionale solo alla lunghezza della traiettoria percorsa, a differenza di quanto può invece essere osservato nel sistema solare, dove i pianeti, percorrendo orbite differenti nel rispetto delle leggi di Keplero, possiedono anche significative differenze nella velocità orbitale; quest'andamento delle orbite dei bracci di spirale costituisce uno degli indizi più evidenti dell'esistenza della materia oscura. Il senso di rotazione di una galassia a spirale può essere misurato studiando l'effetto Doppler riscontrato sulla galassia stessa, che rivela se le sue stelle sono in avvicinamento o in allontanamento da noi; tuttavia, questo è possibile solo a determinate condizioni: innanzitutto, la galassia non deve presentarsi "di faccia" o "di taglio", ossia l'angolo di visuale non deve essere uguale a 0º o 90º, questo perché se una galassia che si mostra perfettamente di faccia, le sue stelle giacciono approssimativamente alla stessa distanza da noi, in qualunque punto della loro orbita esse si trovino. Nel secondo caso - quello delle galassie con angolo di visuale inclinato - occorre dapprima stabilire quale parte di essa è più vicina e quale è più lontana. Alcune galassie possiedono dinamiche del tutto particolari e insolite; è questo il caso della Galassia Occhio Nero (nota anche con la sigla del Catalogo di Messier M64). M64 è all'apparenza una normale galassia a spirale, oscurata in più punti da fitte nebulose oscure; tuttavia, recenti analisi dettagliate hanno portato alla scoperta che i gas interstellari delle regioni esterne ruotano in direzione contraria rispetto ai gas e le stelle delle regioni interne. Alcuni astronomi ritengono che la rotazione contraria abbia avuto inizio quando M64 assorbì una propria galassia satellite, entrata in collisione con essa probabilmente più di un miliardo di anni fa. Nelle regioni di contatto tra le opposte rotazioni, i gas collisero e si compressero contraendosi, dando vita a una zona di formazione stellare molto attiva. Della piccola galassia scontratasi con M64 ora non resta quasi più nulla; le sue stelle o sono state assimilate dalla galassia principale o sono state disperse nello spazio come stelle iperveloci, ma i segni della collisione sarebbero visibili nel moto contrario dei gas nelle regioni esterne di M64. Le galassie interagenti sono due o più galassie influenzate dalla reciproca forza di gravità. Un esempio di interazione minore è quello dato da una galassia che disturba uno dei bracci principali di un'altra galassia; un esempio di interazione maggiore è invece dato dalle galassie in collisione. Una galassia gigante che interagisce con le sue galassie satelliti è un evento comune: la gravità della galassia satellite può attrarre e distorcere uno dei bracci della galassia principale, come sembra stia avvenendo tra la Via Lattea e la Galassia Nana Ellittica del Sagittario; in queste occasioni si può verificare un fenomeno di formazione stellare localizzato. Un altro celebre esempio è dato dalla Galassia Vortice, che interagisce e viene deformata dalla piccola galassia satellite NGC 5195. Una fusione galattica è un evento che può verificarsi quando due o più galassie collidono. Si tratta del tipo più violento di interazione galattica, i cui effetti sulle singole galassie, dovuti sia alle interazioni gravitazionali tra i soggetti interagenti che all'attrito dinamico tra i gas e la polvere cosmici, sono di enorme portata e dipendono da diversi fattori, come gli angoli di collisione, le velocità dei corpi celesti coinvolti e le dimensioni relative di questi ultimi. Le fusioni galattiche sono un vasto argomento di ricerca per l'astrofisica odierna, poiché il tasso di fusione galattica è una misura di fondamentale importanza per capire l'evoluzione galattica e fornisce agli astrofisici indizi per ricostruire la storia dell'Universo. Durante una fusione galattica sia le stelle che la materia oscura di una galassia possono essere disturbate dalle altre galassie in avvicinamento, tanto che, durante le ultime fasi della fusione, il potenziale gravitazionale (vale a dire la forma della galassia) inizia a cambiare così rapidamente e drasticamente, in un processo che viene chiamato "rilassamento violento", che le orbite delle stelle possono subire alterazioni così profonde da far perdere ogni indizio sul loro precedente percorso. Per esempio, all'inizio di una collisione tra due galassie a disco, le stelle di entrambe le galassie ruotano ordinatamente sui piani dei due dischi separati ma, durante la fusione, tale moto si trasforma tanto che la galassia risultante è dominata da stelle che orbitano attorno al centro galattico in una complicata rete di orbite interagenti dai tracciati quasi casuali, come si osserva nelle galassie ellittiche. Le fusioni sono eventi che portano spesso anche a un elevato tasso di formazione stellare, risultando essere dei veri e propri siti starburst. Il valore tipico di tale tasso di formazione è di poco meno di 100 masse solari all'anno, che è già un valore importante se rapportato all'attuale tasso di formazione stellare della nostra galassia, la Via Lattea, che è di circa 0,68-1,45 masse solari all'anno, ma che può arrivare anche alle migliaia di masse solari all'anno a seconda del contenuto di gas di ogni galassia e del suo spostamento verso il rosso. Sebbene durante una fusione galattica la stelle delle galassie interagenti non si avvicinino quasi mai abbastanza da poter effettivamente collidere, accade comunque che enormi nubi molecolari precipitino velocemente verso il centro della galassia in formazione, unendosi quindi con altre nubi molecolari e formando nubi che, collassando, danno origine a nuove stelle. Si ritiene che tale fenomeno, attualmente osservabile in molte fusioni galattiche a noi note, abbia avuto una maggiore intensità durante le fusioni che hanno portato alle galassie ellittiche oggi visibili e che si stima siano avvenute tra 1 e 10 miliardi di anni fa, quando le galassie erano più ricche di gas e conseguentemente di nubi molecolari. Inoltre, anche lontano dal centro della galassia in formazione, le nubi di gas si compenetrano l'un l'altra, dando origine a onde d'urto che, propagandosi all'interno delle nubi stesse, possono innescare la formazione stellare. Il risultato di tutti questi processi è che, una volta terminata la fusione, la galassia formatasi risulta avere un basso contenuto di gas residuo utile a dare origine a nuove stelle. Quindi, se due galassie sono coinvolte in una fusione "maggiore", al termine di questa, ossia dopo diverse centinaia di milioni di anni, la galassia risultante dalla fusione avrà un basso contenuto di stelle giovani rimaste, esattamente come si può oggi osservare nelle galassie ellittiche a noi note, in cui sono presenti poche stelle giovani e poche nubi molecolari. Proprio per questo si ritiene oggi che le galassie ellittiche siano il risultato finale di enormi fusioni galattiche che hanno consumato la maggior parte del gas durante il loro procedere dando come risultato una galassia con un tasso di formazione stellare decisamente basso. Al giorno d'oggi grazie a software sempre più avanzati, è possibile simulare diversi tipi di fusioni galattiche, utilizzando coppie di galassie di qualsiasi tipo e tenendo conto di molti fattori come tutte le interazioni gravitazionali, l'energia e la massa rilasciate nel mezzo interstellare dalle supernove, la fluidodinamica dei gas interstellari e molto altro. Un simile archivio di fusioni galattiche, chiamato Galmer, può essere liberamente consultato online. Una delle più vaste fusioni mai osservate è quella attualmente visibile nell'ammasso di galassie ClG J0958+4702, a una distanza di circa 5 miliardi di anni luce dalla Terra, che coinvolge ben quattro galassie ellittiche e che potrebbe dar origine a una delle più grandi galassie conosciute. Le fusioni galattiche possono essere classificate in base ad alcune delle proprietà delle galassie coinvolte nell'evento, come il loro numero, la loro dimensione relativa e il loro quantitativo di gas. Le fusioni possono essere catalogate in base al numero di galassie in esse coinvolte:

  • Fusione binaria Una fusione galattica è detta "binaria" quando coinvolge due galassie interagenti.
  • Fusione multipla Una fusione galattica è detta "multipla" quando coinvolge tre o più galassie interagenti.

Le fusioni possono essere catalogate in base a quanto la galassia più grande tra quelle coinvolte nel processo risulta modificata nella forma o nella dimensione dopo la fusione:

  • Fusione minore Una fusione è detta "minore" se una delle galassie coinvolte è significativamente più grande dell'altra o delle altre. In un simile scenario la galassia più grande ingloberà la più piccola, assorbendo la gran parte del suo gas e delle sue stelle senza subire una modifica sostanziale. Si ritiene che la stessa Via Lattea stia attualmente assorbendo diverse galassie più piccole in questo modo, come la Galassia Nana Ellittica del Cane Maggiore e probabilmente anche la Grande Nube di Magellano, e che la Corrente stellare della Vergine sia quello che rimane di una galassia nana sferoidale quasi del tutto fusasi con essa.
  • Fusione maggiore Una fusione è detta "maggiore" quando riguarda galassie che hanno approssimativamente la stessa dimensione; prendendo il caso di due galassie a spirale, si ritiene che se i due corpi celesti collidono con un angolo e una velocità appropriati, allora la fusione avviene in modo tale da portare all'espulsione di polveri e gas attraverso una serie di meccanismi che spesso includono uno stadio in cui sono presenti dei nuclei galattici attivi, attivati proprio dalla concentrazione conseguente al processo di fusione. Si ritiene che in questo caso il risultato della fusione sia una galassia ellittica e molti astronomi concordano nel ritenere che sia stato proprio questo il meccanismo originario alla base della creazione di tali galassie. Un esempio di fusione maggiore è quello visibile nella costellazione del Leone, tra le galassie NGC 3808 e NGC 3808A (conosciute anche come Arp 87), mentre un'altra fusione maggiore è quella che ci si attende avverrà tra circa 4,5 miliardi di anni tra la Via Lattea e la galassia di Andromeda e che darà come risultato una galassia ellittica gigante.

Le fusioni possono essere catalogate in base alle interazioni dei gas presenti all'interno o attorno alle galassie coinvolte:

  • Fusione bagnata Una fusione galattica è detta "bagnata" quando avviene tra due o più galassie con un alto contenuto di gas intergalattico (le cosiddette "galassie blu"). Questo tipo di fusioni è caratterizzato da un elevato tasso di formazione stellare, trasforma due galassie a disco in una galassia ellittica e può innescare l'attività di un quasar.
  • Fusione a secco Una fusione galattica è detta "a secco" quando avviene tra due o più galassie con un basso contenuto di gas intergalattico (le cosiddette "galassie rosse"). Solitamente questo genere di fusioni non cambia molto il tasso di formazione stellare delle galassie coinvolte, ma aumenta comunque la massa stellare.
  • Fusione umida Una fusione galattica è detta "umida" quando avviene tra due galassie dello stesso tipo, blu o rosse, e nel caso in cui sia presente abbastanza gas da consentire una significativa formazione stellare ma non abbastanza da formare ammassi globulari.
  • Fusione mista Una fusione galattica è detta "mista" quando avviene tra galassie ricche di gas e galassie che ne hanno invece un basso contenuto. 

La formazione e l'evoluzione delle galassie è una delle aree di ricerca più attive in astrofisica; alcune teorie, a ogni modo, sono ora ampiamente accettate. Dopo il Big Bang, l'universo avrebbe vissuto un periodo in cui sarebbe stato omogeneo, come può essere osservato nella radiazione cosmica di fondo, le cui fluttuazioni sono minori di una parte su centomila. La teoria più accreditata è che tutte le strutture dell'universo che si possono osservare si formarono dall'accrescimento delle fluttuazioni primordiali per mezzo dell'instabilità gravitazionale. Dati recenti suggeriscono che le prime galassie si formarono già 600 milioni di anni dopo il Big Bang, molto prima di quanto si credeva. Questo periodo lascia tempo appena sufficiente alle minuscole instabilità primordiali per crescere abbastanza. La maggior parte della ricerca in questo campo si è concentrata su oggetti della nostra galassia, la Via Lattea. Le osservazioni a cui fornire spiegazione in accordo, o almeno non in disaccordo, con una teoria dell'evoluzione galattica, includono:

  • il disco galattico è piuttosto sottile, denso, e ruota;
  • l'alone galattico è molto grande, rado, non ruota (o forse ha anche una leggera rotazione retrograda), apparentemente senza alcuna sottostruttura;
  • le stelle di alone sono tipicamente molto più vecchie e hanno metallicità molto più bassa delle stelle di disco (c'è una correlazione, ma non c'è collegamento completo tra questi dati);
  • alcuni astronomi hanno identificato una popolazione intermedia di stelle. Se questa fosse davvero una popolazione distinta, sarebbe descritta come povera di metalli (ma non povera come le stelle di alone), vecchia (ma non vecchia come le stelle di alone), e che orbita molto vicina al disco.
  • gli ammassi globulari sono di solito vecchi e poveri di metalli, ma ce ne sono alcuni per niente poveri di metalli, e/o hanno stelle più giovani. Alcune stelle negli ammassi globulari sembrano essere vecchie come l'universo stesso (da misurazione completamente differenti e metodi d'analisi diversi).
  • in ogni ammasso globulare, potenzialmente, tutte le stelle nacquero nello stesso periodo (a parte alcuni ammassi che mostrano epoche diverse di formazione stellare);
  • ammassi globulari con orbite strette (vicino al centro galattico) hanno orbite piuttosto piatte (meno inclinate rispetto al disco galattico), e più circolari, mentre quelli più lontani hanno orbite con varie inclinazioni, e tendono a essere più eccentriche;
  • nubi ad alta velocità (nubi di idrogeno neutro), "piovono" sul piano della galassia, e presumibilmente l'hanno fatto sin dal principio (probabilmente sono la fonte indispensabile di gas per la formazione stellare).

Si suppone che le galassie a spirale non si formino da unioni di galassie più piccole. Quando due galassie collidono, le rispettive stelle difficilmente collidono l'una con l'altra a causa delle distanze enormi che le separano. Gli effetti gravitazionali disgregano tuttavia la struttura delle galassie interessate. Quando si separano la gravità le rallenta, e, se sono legate gravitazionalmente, le riporterà insieme per un'altra collisione. Dopo molte collisioni le loro strutture individuali sono così cambiate, con stelle mescolate tra loro, che identifichiamo il risultato come un unico oggetto. Quindi dopo una fusione, la maggior parte delle stelle originali rimangono a formare la nuova galassia, mentre una piccola frazione viene scagliata via. Anche se entrambe le galassie prima della collisione fossero a spirale, la violenza dell'evento disgregherebbe la delicata struttura del disco. Le stelle esistenti non possono cambiare le loro orbite per formare in seguito un nuovo disco. Poiché il disco stellare deve essenzialmente formarsi con un ordine preciso. Prima si forma un denso disco di gas ruotante, poi le stelle nascono al suo interno. La prima teoria moderna di formazione della nostra galassia (modello di ELS: Eggen, Lynden-Bell e Sandage), descriveva un singolo, relativamente rapido e compatto collasso, con l'alone che si forma per primo e in seguito il disco. Un'altra teoria pubblicata alcuni anni più tardi (nota come SZ: Searle e Zinn) descrive un processo più graduale, con gli elementi più piccoli che collassano per primi, unendosi in seguito a formare gli elementi più grandi. Un'idea più recente è che rilevanti porzioni dell'alone stellare potrebbero essere frammenti di galassie nane distrutte e di ammassi globulari che una volta orbitavano intorno alla Via Lattea. L'alone sarebbe quindi un componente "nuovo", formatosi dopo una stabilizzazione della struttura galattica e composto di vecchie parti attratte da una galassia satellite e "riciclate". Negli ultimi anni, l'attenzione si è concentrata nel capire le fusioni nell'evoluzione delle galassie. Rapidi progressi tecnologici nei computer hanno permesso simulazioni migliori, e progressi nelle tecnologie di osservazione hanno offerto molti più dati sulle fusioni in corso nelle galassie lontane. Dopo la scoperta nel 1994 che la nostra Via Lattea ha una galassia satellite (la Galassia Nana Ellittica del Sagittario, o SagDEG) la quale viene attualmente lacerata e gradualmente "mangiata" dalla Via Lattea, si pensa che questo genere di eventi siano piuttosto comuni nell'evoluzione di grandi galassie. Le Nubi di Magellano sono galassie satellite della Via Lattea che quasi certamente divideranno lo stesso destino della SagDEG. Una fusione con una galassia satellite piuttosto grande potrebbe spiegare perché M31 sembra avere un duplice nucleo. La SagDEG orbita attorno alla nostra galassia quasi ad angolo retto col disco. Sta passando attualmente attraverso il disco; alcune stelle vengono strappate via a ogni passaggio e si uniscono all'alone della nostra galassia. Alla fine, solamente il nucleo di SagDEG sopravviverà. Sebbene abbia la stessa massa di un grande ammasso globulare come Omega Centauri e G1, apparirà piuttosto diverso, poiché ha densità di superficie molto più bassa a causa della presenza di sostanziali quantità di materia oscura, mentre gli ammassi globulari appaiono, misteriosamente, contenere poca materia oscura. Le galassie ellittiche giganti probabilmente si formano da fusioni su ampia scala. Nel Gruppo Locale, la Via Lattea e M31 sono legate gravitazionalmente, e si stanno avvicinando ad alta velocità. Alla fine si incontreranno e si attraverseranno, la gravità le distorcerà nettamente ed espellerà nello spazio intergalattico gas, polvere e stelle. In seguito si separeranno, rallenteranno, e poi di nuovo l'una verso l'altra, per un nuovo scontro. Alla fine le due galassie si fonderanno completamente in una galassia ellittica gigante. Dal gas emesso dalla fusione, nuovi ammassi globulari e forse anche nuove galassie nane, formeranno l'alone dell'ellittica. Anche gli ammassi attuali di M31 e della Via Lattea faranno parte dell'alone; gli ammassi globulari sono legati così saldamente da essere in gran parte immuni alle interazioni su scala galattica. M31 in realtà è già distorta: i bordi sono curvati a causa delle interazioni con la galassia del Triangolo, una galassia a spirale non lontana. Alla fine tutte e tre le galassie formeranno una galassia ellittica gigante, facente parte del Superammasso della Vergine. Nella nostra epoca, le grandi concentrazioni di galassie (ammassi e superammassi) si stanno ancora assemblando. Questo quadro "dal basso in su" è noto come "formazione gerarchica" (simile al ritratto di SZ sulla formazione di galassie, ma su una scala più vasta). Secondo il modello "top-down", circa un miliardo di anni dopo la formazione delle galassie comparvero le prime strutture tipo: gli ammassi globulari, l'eventuale buco nero supermassiccio ed il bulge (centro) galattico, composto da stelle di popolazione II, povere in metalli. La creazione del buco nero supermassiccio sembra giocare un ruolo fondamentale nell'afflusso di materia che andrà ad accrescere la galassia. Durante questo periodo, all'interno delle galassie si verificò un intenso e diffuso fenomeno di formazione stellare. Durante i due miliardi di anni seguenti, la materia accumulata si dispose lungo il disco galattico. Una galassia continuerà nel corso della sua esistenza a ricevere materia, principalmente idrogeno ed elio, proveniente dalle nubi ad alta velocità e dalle galassie nane cannibalizzate. Il ciclo della nascita e morte stellare fa lentamente aumentare l'abbondanza di elementi pesanti, che favoriscono la formazione dei pianeti. L'evoluzione delle galassie può essere interessata da eventi come le interazioni e le collisioni, molto comuni durante le epoche più antiche; la gran parte delle galassie possedeva allora una morfologia peculiare. A causa della grande distanza che intercorre tra le stelle, la quasi totalità dei sistemi stellari nelle galassie in collisione ne risultano indenni. Tuttavia, le forze mareali e gravitazionali in gioco possono creare delle lunghe correnti di stelle e polveri all'esterno delle galassie interessate, correnti note come "code mareali"; esempi di queste strutture possono essere osservate in NGC 4676 o nelle Galassie Antenne. Uno di questi eventi interesserà molto probabilmente le due galassie principali del Gruppo Locale, la Via Lattea e la Galassia di Andromeda, le quali si stanno avvicinando alla velocità di 130 km/s e, a seconda del loro movimento laterale, potrebbero collidere tra circa cinque o sei miliardi di anni. Sebbene la Via Lattea non si sia mai scontrata con galassie grandi come la Galassia di Andromeda, ci sono comunque sempre più evidenze del fatto che la nostra Galassia si sia scontrata in passato (e tuttora stia interagendo) con galassie nane minori. Interazioni su larga scala come queste sono piuttosto rare; col passare del tempo le collisioni fra due galassie di pari dimensioni diventano sempre meno comuni, poiché la distanza tra le galassie tende generalmente ad aumentare. Molte delle galassie più luminose non hanno subito sostanziali cambiamenti negli ultimi miliardi di anni ed anche il tasso di formazione stellare raggiunse il picco massimo cinque miliardi di anni fa. Attualmente, gran parte dei fenomeni di formazione stellare avvengono nelle galassie più piccole, nelle quali le nubi molecolari contengono un quantitativo di idrogeno ancora piuttosto elevato. Le galassie spirali, come la Via Lattea, producono nuove generazioni di stelle solo se e dove possiedono dense nubi molecolari di idrogeno interstellare; le galassie ellittiche sono invece di fatto quasi del tutto prive di nubi di gas, ragion per cui il loro tasso di formazione stellare è estremamente basso, se non in certi casi assente. L'afflusso di materia che provoca la formazione stellare, soprattutto dalle galassie cannibalizzate, ha un limite: infatti, una volta che le stelle avranno convertito l'idrogeno disponibile in elementi più pesanti, i fenomeni di formazione di nuove stelle avranno termine. Gli astrofisici sono propensi a ritenere che i fenomeni di formazione stellare dureranno ancora per circa cento miliardi di anni, dopo i quali l'"era delle stelle" inizierà a declinare, in un periodo compreso fra dieci e cento bilioni di anni (1 bilione = mille miliardi, 1012), quando le stelle più piccole e longeve dell'Universo, le deboli nane rosse, termineranno il loro ciclo vitale. Alla fine dell'era delle stelle, le galassie saranno composte solo da oggetti compatti: nane brune, nane bianche tiepide o fredde ("nane nere") stelle di neutroni e buchi neri; è questa la cosiddetta "era degenere dell'Universo". Alla fine, come risultato della relazione gravitazionale, tutte le stelle potrebbero precipitare all'interno del buco nero supermassiccio centrale, oppure potrebbero essere scagliate nello spazio intergalattico in seguito a collisioni. Le osservazioni dello spazio profondo mostrano che le galassie si trovano spesso in associazioni relativamente strette con altre galassie. Le galassie solitarie che non hanno avuto interazioni significative con altre galassie di massa simile negli ultimi miliardi di anni sono molto rare: solo il 5% delle galassie osservate mostra condizioni di vero isolamento. Tuttavia queste formazioni isolate potrebbero aver avuto interazioni ed eventualmente subìto delle fusioni con altre galassie nel passato, e potrebbero anche possedere delle galassie satelliti più piccole. Le galassie isolate, dette talvolta anche galassie di campo, possono produrre stelle ad un tasso più alto del normale, poiché il loro gas non è strappato via dalle interazioni con altre galassie vicine. In scala maggiore, l'Universo, nel rispetto della legge di Hubble, è in continua espansione, e risulta dall'aumento della distanza tra le singole galassie. Le associazioni galattiche possono superare questa tendenza all'espansione solo in scala locale, attraverso la loro reciproca attrazione gravitazionale. Tali associazioni si formarono nei primi stadi dell'Universo, quando insiemi di materia oscura attrassero assieme le loro rispettive galassie; successivamente i gruppi più vicini si fusero, dando luogo ad ammassi di più grandi dimensioni. Questo processo di fusione tra gruppi di galassie riscaldò il gas intergalattico compreso all'interno dell'ammasso portandolo ad alte temperature, che raggiunsero in certi casi i 30-100 milioni di K. Questo valore di temperatura non è da considerarsi in termini classici, ma è un valore ottenuto tenendo conto dell'energia cinetica delle particelle, che per altro sono estremamente rarefatte. Circa il 70-80% della massa di un ammasso è formata da materia oscura, di cui il 10-30% va a costituire questo gas ad alta temperatura; il restante 20-30% del totale forma le galassie. La maggior parte delle galassie dell'Universo sono legate gravitazionalmente in strutture gerarchiche di ammassi, che ricalcano la forma di un frattale, contenenti la gran parte della massa barionica dell'Universo. La tipologia più diffusa è l'associazione galattica, costituita da pochi membri. Perché l'associazione si mantenga stabile, ogni galassia membro deve avere una velocità sufficientemente bassa da evitare il proprio allontanamento (vedi Teorema del viriale); se però l'energia cinetica è troppo bassa, il gruppo potrebbe evolvere in un gruppo con meno galassie, poiché alcune di esse tenderanno a fondersi l'un l'altra. Le strutture maggiori, che contengono invece diverse migliaia di galassie concentrate in un'area di pochi megaparsec (1Mpc = un milione di parsec), sono chiamate ammassi. Tali strutture sono spesso dominate da una singola galassia ellittica gigante, nota come galassia di ammasso più luminosa, che col tempo disgrega le sue galassie satelliti a causa della sua grande forza di marea, acquistandone la massa. Gli ammassi e le associazioni, spesso insieme ad alcune galassie singole, sono a loro volta raggruppati in superammassi di galassie, che contengono decine di migliaia di galassie. Al livello dei superammassi le galassie sono disposte all'interno di vaste superfici e filamenti, circondati da vaste aree vuote. Oltre questa scala, l'Universo appare essere isotropico ed omogeneo. La Via Lattea è membro di un'associazione chiamata Gruppo Locale, un gruppo relativamente piccolo di galassie che ha un diametro di circa un megaparsec. La Via Lattea e la Galassia di Andromeda sono le due galassie più luminose del gruppo, e ne regolano le dinamiche gravitazionali; gli altri membri del gruppo sono galassie nane, spesso satelliti delle due principali. Il Gruppo Locale è a sua volta parte di una struttura di forma sferoidale all'interno del Superammasso della Vergine, una struttura molto vasta di gruppi di galassie che circonda l'Ammasso della Vergine.

Muri e filamenti

I Filamenti di galassie (che comprendono i sottotipi: Complessi di superammassi, Muri di galassie e Piani di galassie), sono tra le più grandi strutture dell'Universo. Sono enormi formazioni filiformi, con una lunghezza tipica di 50 a 80 h−1 Mpc (da 163 a 261 milioni di anni luce), e formano i confini tra grandi vuoti dell'universo. La maggior parte della materia visibile nell'universo si raccoglie in galassie, che a loro volta si aggregano in ammassi che possono contenere da 1013 a 1016 masse solari. Successivamente questi si associano per formare gruppi più grandi, i superammassi, che risultano essere i maggiori elementi visibili dell'Universo, fino a raggiungere grandezze dell'ordine di decine di milioni di parsec. Questi superammassi sono collegati da filamenti luminosi di galassie, che separano zone scure di spazi vuoti che hanno dimensioni di decine di milioni di parsec. Nel loro insieme, i superammassi e i filamenti che li collegano fanno parte di un'unica struttura filamentosa, cioè di un unico filamento. Tutti questi elementi sono disposti in modo tale da disegnare una forma che ricorda una spugna. Se consideriamo complessivamente questi elementi, si deduce che nell'Universo a grande scala tutta la materia, luminosa ed oscura, è distribuita piuttosto omogeneamente. Nel modello standard dell'evoluzione dell'universo, i filamenti galattici si dispongono e seguono la ragnatela di stringhe della materia oscura. Si ritiene che proprio la materia oscura organizzi la struttura dell'Universo a larga scala. La materia oscura attira gravitazionalmente la materia barionica, e quest'ultima è ciò che vediamo sotto forma di grandi strutture come filamenti e superammassi. La scoperta delle grandi strutture si è sviluppata a partire dagli inizi degli anni '80. Nel 1987, l'astronomo R. Brent Tully dell'Università delle Hawaii individuò ciò che fu chiamato il Complesso di superammassi dei Pesci-Balena. Nel 1989 fu la volta della Grande Muraglia CfA2, seguito dal Sloan Great Wall nel 2003. Nel gennaio 2013, i ricercatori guidati da Roger Clowes dell'Università del Lancashire Centrale annunciarono la scoperta di un ammasso di quasar, lo Huge-LQG, che fece sembrare piccoli i filamenti galattici precedentemente scoperti. Nel novembre 2013, utilizzando il rilevamento di lampi di raggi gamma come punti di riferimento, astronomi ungheresi e americani hanno scoperto la cosiddetta Great GRB Wall (o Hercules-Corona Borealis Great Wall), un enorme filamento della lunghezza di oltre 10 miliardi anni luce. Nel 2006, gli scienziati hanno annunciato la scoperta di EQ J221734.0+001701, formato da tre filamenti allineati che nell'insieme costituiscono una delle più grandi strutture conosciute attualmente, composta da un denso agglomerato di galassie e da enormi bolle di gas, note come Blob Lyman-alfa. 

  • Gli astronomi Adi Zitrin e Noah Brosch, nel 2008, hanno proposto l'esistenza di un corto filamento nelle vicinanze della Via Lattea e del Gruppo Locale, identificato tramite un allineamento di galassie starburst. La conferma di questo filamento e l'identificazione di un altro simile, benché più corto, è stato il risultato di uno studio di McQuinn e altri (2014) basato sulle misurazioni delle distanze utilizzando il metodo TRGB.
  • Un'altra struttura proposta è la Grande Muraglia del Centauro (o "Grande Muraglia della Fornace" o "Grande Muraglia della Vergine"), che dovrebbe comprendere il Muro della Fornace come sua porzione (visualmente creata dalla Zona di evitamento), prolungandosi con il Superammasso del Centauro e il Superammasso della Vergine (o Superammasso Locale), che contiene la nostra Via Lattea (in tal modo potrebbe essere definito Grande Muraglia Locale.
  • È stato proposto un muro quale espressione fisica del Grande Attrattore che includerebbe l'Ammasso del Regolo. Pertanto viene talvolta riferita come il Muro del Grande Attrattore o Muro del Regolo. Tuttavia con la scoperta del Superammasso Laniakea, il Grande Attrattore, il Superammasso dell'Idra-Centauro e il Superammasso della Vergine sono ora inclusi nella nuova superstruttura.
  • Un muro è stato proposto nel 2000, situato a z = 1,47 in vicinanza della radiogalassia B3 0003+387.
  • Un muro è stato proposto nel 2000, situato a z = 0,559 nell'area settentrionale del Campo profondo di Hubble (HDF North).

Gli Ammassi di Quasar (Large Quasar Groups o LQGs) sono alcune delle più grandi strutture conosciute. Si ipotizza che possano essere protoiperammassi/protosuperammassi-complessi/precursori di filamenti galattici.

Vuoti

Per vuoto si intende una struttura a grande scala dell'Universo sostanzialmente costituita da un enorme spazio, non privo di materia, di densità estremamente bassa in confronto a quanto si osserva nell'Universo (meno di 1/10 della densità media). All'interno di un vuoto sono rilevabili poche ed isolate galassie o nubi di gas. La scoperta dei vuoti nel 1978 si deve agli studi di Stephen Gregory e Laird A. Thompson dell'Osservatorio di Kitt Peak. I vuoti sono delimitati dai filamenti, grandi strutture nelle quali confluiscono gerarchicamente gruppi, ammassi e superammassi di galassie, tenuti insieme dalla materia oscura. I vuoti hanno dimensioni che variano da 11 a 150 Mpc, ed i vuoti particolarmente grandi, caratterizzati dall'assenza di ricchi superammassi, sono definiti supervuoti. Inoltre vuoti situati in aree dell'Universo ad alta densità risultano più piccoli di quelli collocati in aree a bassa densità. Si ritiene che i vuoti si siano formati a partire da oscillazioni acustiche barioniche a seguito del Big Bang, collassi di massa per implosioni della materia barionica compressa. A partire da iniziali piccole anisotropie, dovute alle fluttuazioni quantistiche nell'Universo primordiale, queste anisotropie sono cresciute enormemente nel corso del tempo. Le regioni a più alta densità sono collassate più rapidamente sotto l'azione della gravità dando luogo, a grande scala, ad una struttura simile a schiuma o paragonabile a una ragnatela cosmica di vuoti e filamenti di galassie che osserviamo oggi. I vuoti sembrano mostrare una correlazione con la temperatura della radiazione cosmica di fondo a microonde (CMB), a causa dell'effetto Sachs-Wolfe. In conseguenza del redshift gravitazionale, le regioni più fredde appaiono in correlazione con i vuoti, mentre le regioni più calde sono correlate con i filamenti. Dato che l'effetto Sachs-Wolfe ha senso solo se l'Universo è dominato da radiazioni o energia oscura, l'esistenza dei vuoti può rappresentare significative prove fisiche dell'esistenza dell'energia oscura. Lo studio dei vuoti cosmici iniziò verso la metà degli anni '70, di pari passo con l'aumento degli studi sul redshift, che nel 1978 portò separatamente due gruppi di astrofisici a descrivere la presenza di superammassi e vuoti nella distribuzione delle galassie in una grande regione dello spazio, e gli ammassi Abell. Di conseguenza lo studio dello spostamento verso il rosso ha provocato una vera e propria rivoluzione in campo astronomico, permettendo l'aggiunta della terza dimensione nell'approntamento delle mappe dell'Universo, attraverso il calcolo del redshift di ogni singola galassia. 

  • 1961 - Sono descritte strutture a grande scala, gli ammassi di secondo ordine, uno specifico tipo di superammasso.
  • 1978 - Sono pubblicati i primi lavori sui vuoti nell'ambito degli studi sugli ammassi della Chioma/A1367.
  • 1981 - nella regione del Boote è scoperto un grande vuoto del diametro di quasi 50 h−1 Mpc, successivamente ricalcolato in circa 34 h−1 Mpc.
  • 1983 - le simulazioni al computer divengono abbastanza sofisticate nel fornire risultati affidabili sulle modalità di crescita ed evoluzione delle strutture e della distribuzione delle galassie a grande scala.
  • 1985 - Raccolta di informazioni dettagliate sul superammasso ed il vuoto della regione di Perseo-Pesci.
  • 1989 - Il Center for Astrophysics Redshift Survey rivela che i grandi vuoti, con i sottili filamenti e i muri che li circondano, dominano la struttura a grande scala dell'Universo.
  • 1991 - Il Las Campanas Redshift Survey conferma l'abbondanza dei vuoti nella struttura a grande scala dell'Universo.
  • 1995 - I confronti delle osservazioni di galassie, selezionate otticamente, indicano che gli stessi vuoti sono identificati indipendentemente dal campione selezionato.
  • 2001 - Completato il two-degree Field Galaxy Redshift Survey che aggiunge un grande numero di vuoti al database di vuoti già noti.
  • 2009 - I dati dell'ultimo SDSS (Sloan Digital Sky Survey) combinati con le precedenti osservazioni dell'Universo a grande scala, forniscono una visione più completa e dettagliata della struttura dei vuoti cosmici.

Considerando la struttura dell'Universo a grande scala, è possibile individuare i componenti della rete cosmica, che comprendono:

  • I Vuoti - vaste regioni a bassa densità di materia, solitamente di dimensioni superiori a 10 megaparsec di diametro.
  • I Muri o Muraglie - regioni che contengono la tipica quantità media di materia del cosmo, e che a loro volta comprendono:
    • Gli ammassi di galassie - zone ad alta concentrazione dove i muri si incontrano e si intersecano; l'aggregazione di ammassi forma i superammassi di galassie
    • I filamenti - ramificazioni dei muri che si estendono per decine di megaparsec.

Come si è accennato, i vuoti hanno una densità media di meno di 1/10 di quella dell'Universo. Supposto questo valore, non esiste tuttavia un accordo sulla definizione delle loro caratteristiche. Ciò vale anche per la densità cosmica media, generalmente descritta come il rapporto tra numero di galassie per unità di volume sulla massa totale di materia per unità di volume

Esistono vari metodi per la ricerca dei vuoti che fanno comunque capo a tre metologie principali:

  • VoidFinder Algorithm - metodo basato sulla valutazione della densità locale delle galassie;
  • ZOBOV (Zone Bordering On Voidness) Algorithm - attraverso la valutazione geometrica delle strutture nella distribuzione della materia oscura, in relazione alle galassie;
  • DIVA (DynamIcal Void Analysis) Algorithm - l'identificazione dinamica delle strutture utilizzando punti gravitazionalmente instabili nella distribuzione della materia oscura.

L'interesse dello studio dei vuoti spazia in vari campi della cosmologia: dall'acquisizione di conoscenze per far luce sulla natura dell'energia oscura alla formulazione di modelli sull'evoluzione dell'Universo. Alcuni esempi:

  • Equazione di stato dell'energia oscura - I vuoti possono essere paragonati a bolle dell'Universo e sono sensibili ai mutamenti cosmologici di fondo. L'evoluzione della forma di un vuoto è in gran parte il risultato dell'espansione dell'Universo, e il loro studio permetterebbe di perfezionare il modello Quintessenza + Cold Dark Matter (QCDM) e dotare di maggior accuratezza l'equazione di stato dell'energia oscura.
  • Modelli di formazione ed evoluzione galattica - I vuoti cosmici contengono un mix di galassie e materia che risulta leggermente diverso da quello di altre regioni dell'Universo. Lo studio dei vuoti potrebbe contribuire alla comprensione dei meccanismi di formazione delle galassie previsti dai modelli Gaussiani adiabatici della materia oscura fredda.
  • Anomalie anisotropiche - Punti freddi nella distribuzione della radiazione cosmica di fondo a microonde, come ad esempio la macchia fredda nella radiazione cosmica di fondo (CMB cold spot), potrebbero essere spiegati per la presenza di un vasto vuoto cosmico con un raggio di circa 120 megaparsec.
  • Espansione accelerata dell'Universo - Posto che l'energia oscura è attualmente considerata la causa più importante in grado di spiegare l'espansione accelerata dell'Universo, è stata elaborata una teoria che prevede la possibilità che la Via Lattea sia parte di un grande vuoto cosmico anche se non con una così scarsa densità.

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