Galassie con due buchi neri: esistono davvero!

Sensazionale: non solo le galassie hanno quasi tutte un buco nero supermassivo al centro, ma alcune ne hanno addirittura due!!! In questo articolo, che tratterà di questa sorprendentissima scoperta, vi faremo viaggiare nel cosmo, per comprendere, infine questo grande mistero!!!


Cosa sono i buchi neri? Vai al nostro articolo su di essi:

Buchi neri

Se sei curioso, leggi anche il nostro articolo sui loro opposti, i buchi bianchi:

Buchi bianchi


🚀Grandi domande🚀: come muoiono i buchi neri? Guarda il video qui sotto per scoprirlo.


Buchi neri binari

Un buco nero binario (spesso abbreviato come "BBH" dall'espressione inglese binary black hole) è un sistema costituito da due buchi neri che orbitano molto vicini l'uno all'altro. Come gli stessi buchi neri, i buchi neri binari sono solitamente suddivisi in buchi neri binari stellari, derivanti o da una stella binaria di massa elevata o da processi dinamici e mutue catture, e in buchi neri binari supermassicci, ritenuti essere il risultato di fusioni galattiche. Per molti anni, provare l'esistenza dei buchi neri binari è stato piuttosto difficoltoso, sia a causa della natura stessa dei buchi neri che della limitata disponibilità di mezzi di rilevazione adeguati. Tuttavia, durante un evento che vede fondersi due buchi neri, un'enorme quantità di energia dovrebbe essere liberata sotto forma di radiazione gravitazionale, con una forma d'onda caratteristica che può essere calcolata utilizzando la relatività generale. Durante la fine del ventesimo secolo e l'inizio del ventunesimo, quindi, questo tipo di sistemi è divenuto di grande interesse per la comunità scientifica in quanto possibile fonte di onde gravitazionali e quindi in quanto mezzo per poter dimostrare l'esistenza di queste ultime. La fusione di due buchi neri è infatti una delle fonti di radiazioni gravitazionali conosciute più potenti dell'intero Universo e genera le suddette onde in due fasi distinte. La prima di queste è quella dello spiraleggiamento, ossia della fase in cui le orbite dei due buchi neri decadono e questi si avvicinano sempre di più fino a fondersi emanando energia sotto forma, appunto, di onde gravitazionali. La seconda fase, chiamata ringdown, si ha invece subito dopo la fusione, quando il buco nero venutosi a formare si stabilizza nella forma più efficiente possibile e ogni distorsione nella forma è dissipata sotto forma di radiazione gravitazionale. Il picco di emissione è in particolare raggiunto nella frazione di secondo precedente alla fusione, quando i due buchi neri possono arrivare a raggiungere velocità estremamente elevate. Quando due galassie collidono, i buchi neri supermassicci al loro centro non si colpiscono frontalmente e, senza la presenza di un qualche meccanismo che li mantenga legati, si respingerebbero l'un l'altro in direzioni opposte. Il più importante di questi meccanismi è l'attrito dinamico, o attrito di Chandrasekhar, che mantiene invece uniti i due buchi neri alla distanza di pochi parsec l'uno dall'altro. A questa distanza, i due corpi celesti si vengono a legare, formando un sistema binario che finisce poi con il perdere la sua energia orbitale prima che i due buchi neri si fondano. Inizialmente, i due buchi neri trasferiscono energia al gas e alle stelle posti tra di loro, eiettando materia ad alta velocità a causa del meccanismo di fionda gravitazionale e quindi perdendo energia. Tuttavia, il volume di spazio soggetto a tale effetto si riduce con il ridursi delle orbite dei due buchi neri e, quando questi ultimi raggiungono una distanza di circa un parsec, c'è così poca materia rimasta tra loro che non è ben chiaro come essi trovino il modo di dissipare abbastanza energia da potersi avvicinare tanto da fondersi in un tempo inferiore all'età dell'Universo. Le onde gravitazionali, infatti, non contribuiscono alla suddetta dissipazione in maniera significativa se non quando la distanza tra le due masse ha raggiunto un valore molto inferiore, all'incirca pari a 0,01-0,001 parsec. Ciò nonostante, si ritiene che siano avvenute fusioni di buchi neri binari supermassicci (si pensa inoltre che un sistema binario in questa fase intermedia possa essere quello presente nella galassia PKS 1302-102) e la domanda di come questo avvenga è stata chiamata "il problema dell'ultimo parsec". Nel corso degli anni sono stati proposti diversi meccanismi per trovare una soluzione al suddetto problema. La maggior parte di essi riguarda l'interazione tra il sistema binario e la materia circostante, sia gas che stelle, che assorbirebbe energia dal sistema causandone la contrazione. Ad esempio, se abbastanza stelle passassero vicino alla coppia di masse orbitanti, la fionda gravitazionale da loro subita porterebbe i due buchi neri a fondersi in tempi molto inferiori all'attuale età dell'Universo. Un risultato particolare si ha quando i due buchi neri che si fondono hanno massa e spin simili. In questo caso infatti la radiazione gravitazionale sembra essere emessa anisotropicamente, ossia in una direzione preferenziale, causando un'accelerazione del centro di massa del sistema binario nella direzione opposta. Questo fenomeno di rinculo può essere così potente che il suddetto centro di massa può raggiungere, se le masse dei buchi neri sono uguali e i due spin esattamente contro-allineati e paralleli al piano orbitale, una velocità di 5.000 km/s. Una tale velocità è sufficiente a eiettare il buco nero in formazione fuori da galassie e ammassi globulari, riducendo quindi moltissimo le possibilità di ulteriori fusioni con il nuovo buco nero e prevenendo così la formazione di buchi neri supermassicci nel centro dei sopraccitati ammassi. In genere, comunque, si stima che tali velocità siano di poche centinaia di km/s e che naturalmente siano ancora più basse se i buchi neri coinvolti nella fusione non sono rotanti. Si ritiene che i parametri che influenzano la velocità dovuta al contraccolpo includano sia il rapporto tra le masse dei due buchi neri, sia la quantità di massa/energia che viene irradiata sotto forma di onde gravitazionali, in genere stimata pari allo 0,002-0,2% nel caso di una collisione frontale. Stando ad una pubblicazione del maggio 2017, si ritiene che uno dei migliori candidati a essere un buco nero supermassiccio rinculato sia CXO J101527.2+625911, a 3,9 miliardi di anni luce dalla Terra.

Video-simulazione sui buchi neri binari


Galassie con due buchi neri

La maggior parte delle galassie che si trovano nell'Universo ospita un buco nero supermassiccio al suo centro. Anche la Via Lattea ha un "mostro" del genere in mezzo, Sagittarius A*, con una massa di circa 4 milioni di volte quella del Sole. Esistono, invece, galassie con una coppia di buchi neri? Una nuova ricerca cerca di rispondere alla domanda. "In generale, i buchi neri supermassicci hanno oltre un milione di masse di quella del nostro Sole", afferma Pablo Peñil, autore principale dello studio. "Alcuni di questi buchi neri supermassicci, noti come nuclei galattici attivi accelerano le particelle vicine alla velocità della luce in raggi chiamati 'getti'. L'emissione da quest'ultimi viene rilevata in tutto lo spettro elettromagnetico, ma la maggior parte di la loro energia viene rilasciata sotto forma di raggi gamma".

Un team di ricerca internazionale guidato dalla Clemson University del North Carolina ha identificato le emissioni periodiche di raggi gamma provenienti da 11 galassie attive, aprendo la strada a futuri studi sulle galassie non convenzionali che potrebbero ospitare due buchi neri supermassicci loro interno. Lo studio è stato pubblicato sull'Astrophysical Journal lo scorso 19 giugno. «In generale, i buchi neri supermassicci sono caratterizzati da masse di oltre un milione di volte quella del Sole - ha affermato Pablo Peñil, autore principale dello studio - alcuni di questi buchi neri supermassicci, noti come nuclei galattici attivi (Agn), sono in grado di accelerare le particelle vicino alla velocità della luce in raggi collimati chiamati getti. L'emissione generata da questi getti viene rilevata in tutto lo spettro elettromagnetico ma la maggior parte della loro energia viene rilasciata sotto forma di raggi gamma». I raggi gamma vengono rilevati dal Large Area Telescope dell'osservatorio Fermi della Nasa. I nuclei galattici attivi sono caratterizzati da brusche e imprevedibili variazioni di luminosità. Il team ha compiuto il primo passo nell'identificare un gran numero di galassie che emettono periodicamente raggi gamma nel corso degli anni e sta cercando di capire il meccanismo che si cela dietro il comportamento dei nuclei galattici attivi. 

Il prossimo passo sarà la preparazione di campagne di osservazione con altri telescopi per seguire da vicino queste galassie e sperare di svelare le cause alla base di queste osservazioni. «Abbiamo in mente alcune possibilità - continua Marco Ajello della Clemson University - dagli effetti prodotti dai getti alle modulazioni nel flusso della materia al buco nero - e una delle soluzioni possibili è che la periodicità sia prodotta da una coppia di buchi neri supermassicci che ruotano l'uno attorno all'altro. Comprendere l'interazione di questi buchi neri con l'ambiente circostante sarà essenziale per fornire un quadro completo della formazione della galassia». Grazie a un decennio di osservazioni realizzate da Fermi-Lat il team è stato in grado di identificare la ripetizione dei segnali dei raggi gamma su cicli di alcuni anni. In media queste emissioni si ripetono circa ogni due anni. Lo studio rappresenta il lavoro più completo fino ad oggi sulla ricerca della periodicità nei raggi gamma e sarà determinante nel ricavare intuizioni sull'origine di questo comportamento peculiare. Tra gli oltre duemila Agn analizzati solo una dozzina si distingue per questa peculiare emissione ciclica. L'ampliamento del campione limitato di emettitori periodici costituisce un importante passo in avanti per comprendere i processi fisici sottostanti in queste galassie. «In precedenza solo due blazar hanno mostrato cambiamenti periodici nella luminosità dei raggi gamma. Grazie al nostro studio possiamo affermare con sicurezza che questo comportamento è presente in altre 11 fonti - conclude Sara Buson, dell'Università di Würzburg in Germania - inoltre abbiamo trovato 13 altre galassie con accenni di emissione ciclica. Ma per confermare questo dato dobbiamo aspettare che Fermi-Lat raccolga ancora più informazioni».


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Sotto: la nostra galleria immagini


La scoperta delle galassie con il buco nero binario

Ispirato da un'immagine di due galassie interagenti chiamate Ngc 6240, ottenuta dal telescopio spaziale Hubble, un team di ricercatori ha deciso di concentrare i propri sforzi sui nuclei di coppie di galassie che si stanno scontrando. Due galassie, attratte dalla reciproca gravità si fondono in una nuova galassia, in cui una massa aggrovigliata di gas e polveri densi - dove la struttura lascia il posto al caos - nasconde dietro questa confusa nube di materiale due buchi neri supermassicci. Originariamente annidati ciascuno al centro di una delle due galassie, ora sono eccezionalmente vicini, dando agli astronomi la migliore visione della coppia, diretta verso la coalescenza in un buco nero ancora più massiccio. «Vedere le coppie di nuclei di galassie in fusione associati a questi enormi buchi neri così ravvicinati è stato piuttosto sorprendente», afferma Michael Koss, ricercatore di Eureka Scientific Inc. a capo dello studio pubblicato su Nature. «Le immagini sono piuttosto potenti dal momento che sono dieci volte più nitide delle immagini dei normali telescopi a terra. È come il passaggio dalla cecità alla perfetta visione quando si inforcano un paio di occhiali. Nel nostro studio, abbiamo visto due nuclei di galassie esattamente quando sono state scattate le immagini. Non c'è stato niente da discutere: è un risultato molto pulito, non si basa sull'interpretazione». I ricercatori hanno inizialmente cercato buchi neri visivamente oscurati e attivi, analizzando i dati di oltre dieci anni di attività nei raggi x del telescopio spaziale Swift della Nasa poiché, spiega Richard Mushotzky, professore di astronomia all'Università del Maryland e coautore dello studio, «Questi raggi x penetrano attraverso le spesse nuvole di polvere e gas che circondano le galassie attive, permettendo a Bat [uno degli strumenti di Swift, ndr] di vedere cose che sono letteralmente invisibili in altre lunghezze d'onda». Il team ha poi esaminato l'archivio ventennale di Hubble, concentrandosi sulla fusione delle galassie individuate nei dati ai raggi X. Infine, ha osservato nel vicino infrarosso con i telescopi del Keck Observatory alle Hawaii per osservare un campione più ampio di buchi neri, aggiungendo 96 galassie non trovate nell'archivio di Hubble, dal quale ne erano state ottenute 385.  I ricercatori hanno limitato l'indagine a galassie situate in media a 330 milioni di anni luce dalla Terra, relativamente vicine in termini cosmici. Molte di queste hanno dimensioni simili alla nostra Via Lattea e alla vicina galassia di Andromeda - che probabilmente si fonderanno tra qualche miliardo di anni. Secondo le attuali conoscenze, c'è un buco nero supermassiccio al centro di ogni grande galassia. Quando le galassie si fondono, lo fanno anche i loro buchi neri centrali. Questo processo richiede miliardi di anni, ma termina in un batter d'occhio. Una fusione di buchi neri supermassicci non è mai stata osservata direttamente, attraverso la radiazione elettromagnetica proveniente da zone circostanti la fusione, ma potrebbe essere stato un evento frequente nell'universo primordiale, rilasciando enormi energie sotto forma di onde gravitazionali rilevabili in futuro. «Questo è la prima grande indagine sistematica di 500 galassie che ha davvero isolato tali fusioni nascoste nelle fasi finali della fusione di buchi neri, che sono fortemente oscurate e molto luminose», commenta Koss. «È la prima volta che questa popolazione è stata realmente scoperta. Abbiamo trovato un numero sorprendente di buchi neri supermassicci che diventano più grandi e più veloci nelle fasi finali delle fusioni di galassie». Trovare nuclei galattici così vicini tra loro è reso difficile dalla quantità di gas e polveri coinvolte nelle interazioni tra le due galassie che si stanno scontrando, specialmente nelle fasi finali e più violente della fusione. Per tale motivo, le osservazioni precedenti si erano fermate a distanze tra i nuclei circa dieci volte maggiori. I risultati dell'indagine suggeriscono che oltre il 17 per cento delle galassie considerate ospita un paio di buchi neri al centro, bloccati negli ultimi stadi della danza che precede la fusione in un unico buco nero supermassiccio. I ricercatori sono stati sorpresi da una così alta percentuale di fusioni in fase avanzata, perché la maggior parte delle simulazioni suggerisce che le coppie di buchi neri trascarrono pochissimo tempo in questa fase. Per verificare i risultati, i ricercatori hanno confrontato le galassie della survey con un gruppo di controllo di 176 altre galassie dall'archivio di Hubble che non presentano buchi neri che crescono attivamente. In questo gruppo, solo circa l'uno per cento delle galassie rilevate potrebbe ospitare coppie di buchi neri nelle ultime fasi della fusione. Questo confronto ha consentito la conferma che i nuclei galattici luminosi trovati nell'indagine sulle galassie interagenti siano la firma di coppie di buchi neri in rapida crescita diretti a una collisione. Secondo i ricercatori, questa scoperta è coerente con le previsioni teoriche, ma fino ad ora non era stata verificata da osservazioni dirette. «Le simulazioni al computer di scontri tra galassie ci mostrano che i buchi neri crescono più velocemente durante le fasi finali delle fusioni, vicino al momento in cui i buchi neri interagiscono, ed è quello che abbiamo trovato nella nostra indagine», conferma Laura Blecha, assistant professor all'Università della Florida e coautrice dello studio. «Il fatto che i buchi neri crescano sempre più velocemente man mano che la fusione progredisce ci dice che gli scontri di galassie sono davvero importanti per la nostra comprensione di come questi oggetti abbiano avuto modo di essere così mostruosamente grandi». «Ci sono due ipotesi in competizione. Una è che tu abbia un mucchio di gas nella galassia che alimenta lentamente il buco nero supermassiccio. L'altra ipotesi è che hai bisogno di fusioni di galassie per innescare una grande crescita. I nostri dati vanno in questa seconda direzione: le fusioni fra galassie sono davvero fondamentali per alimentare la crescita dei buchi neri supermassicci», conclude Koss.


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