Il Big Bang
Tutto è iniziato da un'esplosione. Il cosmo, le stelle, i pianeti, persino il tempo hanno avuto origine miliardi di anni fa, quando da un'esplosione nacque l'universo. Inutile chiedersi cosa vi fosse prima o dove quest'esplosione avvenne perché non esistevano lo spazio o il tempo... Questo è il modello cosmologico del Big Bang, che ipotizza come sia nato il cosmo. Ma quali sono, più nello specifico, le caratteristiche di questo modello? Seguiteci su Eagle sera per scoprirlo!
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Il Big Bang
Il Big Bang (pron. inglese /biɡˈbænɡ/, in Italiano "Grande Scoppio") è un modello cosmologico basato sull'idea che l'universo iniziò a espandersi a velocità elevatissima in un tempo finito nel passato a partire da una condizione di curvatura, temperatura e densità estreme, e che questo processo continui tuttora. È il modello predominante nella comunità scientifica sulla base di prove e osservazioni astronomiche. In particolare la buona corrispondenza dell'abbondanza cosmica degli elementi leggeri come l'idrogeno e l'elio con i valori previsti in seguito al processo di nucleosintesi primordiale, e ancor più l'esistenza della radiazione cosmica di fondo, con uno spettro in linea con quello di corpo nero, hanno convinto la maggior parte degli scienziati che un evento simile al Big Bang ha avuto luogo quasi 14 miliardi di anni fa. Tuttavia la teoria ha dei limiti: procedendo idealmente a ritroso nel tempo, in un processo inverso all'espansione, densità e temperatura aumentano fino a un istante nel cui intorno questi valori tendono all'infinito e il volume tende a zero, così che le attuali teorie fisiche non sono più applicabili (singolarità). Per questo la teoria non è adeguata a descrivere la condizione iniziale, ma fornisce un'ottima descrizione dell'evoluzione dell'universo da un determinato momento in poi. Sul fronte sperimentale, negli acceleratori di particelle si studia il comportamento della materia e dell'energia in condizioni estreme, vicine a quelle in cui si sarebbe trovato l'universo durante le prime fasi del Big Bang, ma senza la possibilità di esaminare il livello di energia all'inizio dell'espansione.
«L'essenza della teoria del Big Bang sta nel fatto che l'Universo si sta espandendo e raffreddando. Lei noterà che non ho detto nulla riguardo a una "esplosione". La teoria del Big Bang descrive come il nostro universo evolve e non come esso iniziò»
(P. J. E. Peebles, 2001)
La teoria del Big Bang è stata dedotta dalle equazioni della relatività generale, risolvendole sotto condizioni particolari di natura ipotetica atte a semplificare il problema. La più importante di queste è l'ipotesi di omogeneità e l'isotropia dell'Universo, nota come principio cosmologico. Essa generalizza all'intero universo il principio copernicano. La teoria del Big Bang risultò subito in accordo con la nuova concezione della struttura dell'universo che proprio negli stessi decenni stava emergendo dall'osservazione astronomica delle nebulose. Nel 1912 Vesto Slipher aveva misurato il primo spostamento verso il rosso, detto "effetto redshift", di una "nebulosa a spirale" e aveva scoperto che la maggior parte di esse si stava allontanando dalla Terra. Egli non colse l'implicazione cosmologica della sua scoperta, infatti in quel periodo erano in corso accesi dibattiti sul fatto se queste nebulose fossero o non fossero degli "universi isola" esterni alla Via Lattea. Dieci anni dopo, Alexander Friedmann, matematico e cosmologo russo, applicò il principio cosmologico alle equazioni di campo della relatività generale, ricavandone le equazioni a lui intitolateː esse mostrano che l'universo deve essere in espansione, in contrasto con il modello di universo statico sostenuto da Einstein. Però egli non comprese che la sua teoria implicava lo spostamento verso il rosso della luce stellare e il suo contributo matematico fu completamente ignorato, sia perché privo di conferme astronomiche, sia perché poco noto nel mondo anglosassone, essendo scritto in tedesco. A partire dal 1924 Edwin Hubble, utilizzando il telescopio Hooker dell'Osservatorio di Monte Wilson, mise a punto una serie di indicatori di distanza che sono i precursori dell'attuale scala delle distanze cosmiche. Questo gli permise di calcolare la distanza di nebulose a spirale il cui redshift era già stato misurato, soprattutto da Slipher, e di mostrare che quei sistemi si trovano a enormi distanze e sono in realtà altre galassie. Nel 1927 Georges Lemaître, fisico e sacerdote cattolico belga, sviluppò le equazioni del Big Bang in modo indipendente da Friedmann e ipotizzò che l'allontanamento delle nebulose fosse dovuto all'espansione del cosmo. Infatti egli osservò che la proporzionalità fra distanza e spostamento spettrale, oggi nota come legge di Hubble, era parte integrante della teoria ed era confermata dai dati di Slipher e di Hubble. Nel 1931 Lemaître andò oltre e suggerì che l'evidente espansione del cosmo necessita di una sua contrazione andando indietro nel tempo, continuando fino a quando esso non si può più contrarre ulteriormente, concentrando tutta la massa dell'universo in un volume quasi nullo, del diametro della lunghezza di Planck, detto da Lemaître "l'atomo primitivo". Il nome "atomo" è da intendersi in senso etimologico come un riferimento all'indivisibilità di questo volume, prima del quale lo spazio e il tempo, ovvero lo Spaziotempo della teoria della relatività, non esistono. Nel 1929 Hubble pubblicò la relazione tra la distanza di una galassia e la sua velocità di allontanamento formulando quella che oggi è conosciuta come legge di Hubble. Per spiegare le osservazioni di Hubble negli anni trenta furono proposte altre idee, note come cosmologie non standard come per esempio il modello di Milne, l'universo oscillante, ideato originariamente da Friedmann e supportato da Einstein e da Richard Tolman, e l'ipotesi della luce stanca di Fritz Zwicky. Dopo la seconda guerra mondiale emersero due differenti teorie cosmologiche.
- La prima era la teoria dello stato stazionario di Fred Hoyle, in base alla quale nuova materia doveva essere creata per compensare l'espansione. In questo modello l'universo è approssimativamente lo stesso in ogni istante di tempo.
- L'altra è la teoria del Big Bang di Georges Lemaître, supportata e sviluppata da George Gamow che nel 1948 assieme a Ralph Alpher introdusse il concetto di nucleosintesi primordiale. Questa pubblicazione segnò l'inizio della cosmologia del Big Bang come scienza quantitativa. Sempre Alpher, con Robert Herman, ipotizzò nello stesso anno l'esistenza di una radiazione cosmica di fondo.
Il termine "Big Bang" fu coniato proprio da Fred Hoyle durante una trasmissione radiofonica della BBC Radio del marzo 1949 in senso dispregiativo, riferendosi ad esso come "questa idea del grosso botto". Successivamente Hoyle diede un valido contributo al tentativo di comprendere il percorso nucleare di formazione degli elementi più pesanti a partire da quelli più leggeri. Inizialmente la comunità scientifica si divise tra queste due teorie; in seguito, grazie al maggior numero di prove sperimentali, fu la seconda teoria ad essere più accettata. La scoperta e la conferma dell'esistenza della radiazione cosmica di fondo a microonde nel 1964 indicarono chiaramente il Big Bang come la migliore teoria sull'origine e sull'evoluzione dell'universo. Le conoscenze in ambito cosmologico includono la comprensione di come le galassie si siano formate nel contesto del Big Bang, la comprensione della fisica dell'universo negli istanti immediatamente successivi alla sua creazione e la conciliazione delle osservazioni con la teoria di base. Importanti passi avanti nella teoria del Big Bang sono stati fatti dalla fine degli anni novanta a seguito di importanti progressi nella tecnologia dei telescopi, nonché dall'analisi di un gran numero di dati provenienti da satelliti come COBE, il telescopio spaziale Hubble e il WMAP. Questo ha fornito ai cosmologi misure abbastanza precise di molti dei parametri riguardanti il modello del Big Bang e ha permesso anzi di intuire che si sta avendo un'accelerazione dell'espansione dell'universo. Dopo il tramonto della teoria dello stato stazionario quasi nessun scienziato nega il Big Bang come espansione dell'universo, anche se molti ne forniscono interpretazioni diverse.
Cronologia del Big Bang
L'estrapolazione dell'espansione dell'universo a ritroso nel tempo utilizzando la relatività generale conduce ad una condizione di densità e temperatura talmente elevate numericamente da tendere all'infinito; questa condizione si è mantenuta in un tempo di durata infinitesima, talmente breve da risultare difficile da studiare con la fisica attuale. Questa singolarità indica il punto in cui la relatività generale perde validità. Si può continuare con questa estrapolazione fino al tempo di Planck, che è il più piccolo intervallo di tempo misurabile con le attuali leggi fisiche. La fase iniziale calda e densa denominata "Big Bang" è considerata la nascita dell'universo. In base alle misure dell'espansione riferite alle supernovae di tipo Ia, alle misure delle fluttuazioni di temperatura nella radiazione cosmica di fondo, alle misure della funzione di correlazione delle galassie e agli ultimi e più attendibili dati forniti dal telescopio-sonda spaziale Planck Surveyor dell'Agenzia Spaziale Europea, l'universo ha un'età calcolata di 13,798 ± 0,037 miliardi di anni. Il risultato di queste quattro misurazioni indipendenti è in accordo con il cosiddetto modello ΛCDM. Sulle primissime fasi del Big Bang esistono molte speculazioni. Nei modelli più comuni l'universo inizialmente era omogeneo, isotropo, con una densità energetica estremamente elevata, temperature e pressioni altissime e si stava espandendo e raffreddando molto rapidamente. All'incirca 10−37 secondi dopo l'istante iniziale, una transizione di fase causò un'inflazione cosmica, durante la quale l'universo aumentò le sue dimensioni esponenzialmente. Quando il processo di inflazione si fermò il cosmo era formato da un plasma di quark e gluoni, oltre che da tutte le altre particelle elementari. Le temperature erano così alte che il moto casuale delle particelle avveniva a velocità relativistiche e coppie particella-antiparticella di ogni tipo erano continuamente create e distrutte nelle collisioni. Ad un certo istante una reazione sconosciuta, chiamata bariogenesi, violò la conservazione del numero barionico portando ad una leggera sovrabbondanza dell'ordine di 1 parte su 30 milioni dei quark e dei leptoni sugli antiquark e sugli antileptoni. Questo processo potrebbe spiegare il predominio della materia sull'antimateria nell'universo attuale. L'universo continuò ad espandersi e la sua temperatura continuò a diminuire, quindi l'energia tipica di ogni particella andò diminuendo. La rottura della simmetria della transizione di fase portò le quattro interazioni fondamentali della fisica e i parametri delle particelle elementari nella loro forma attuale. All'incirca dopo 10−11 secondi il quadro d'insieme diventa meno speculativo, visto che le energie delle particelle diminuiscono fino a valori raggiungibili negli esperimenti di fisica delle particelle. Arrivati a 10−6 secondi quark e gluoni si combinarono per formare barioni, come protoni e neutroni. La piccola differenza presente nel numero di quark e antiquark portò ad una sovrabbondanza dei barioni sugli antibarioni. La temperatura non era più sufficientemente alta per formare nuove coppie protoni-antiprotoni e nuove coppie di neutroni-antineutroni, perciò seguì immediatamente un'annichilazione di massa che lasciò soltanto uno ogni 1010 dei protoni e neutroni originali e nessuna delle loro antiparticelle. Un processo simile avvenne al tempo di un secondo per gli elettroni e i positroni. Dopo questi due tipi di annichilazione i protoni, i neutroni e gli elettroni rimanenti non stavano più viaggiando a velocità relativistiche e la densità di energia del cosmo era dominata dai fotoni con un contributo minore dovuto ai neutrini. Qualche minuto dopo l'istante iniziale, quando la temperatura era all'incirca 109 kelvin (un miliardo di kelvin) e la densità paragonabile a quella dell'aria, i neutroni si combinarono con i protoni, formando i primi nuclei di deuterio e di elio in un processo chiamato nucleosintesi primordiale. La maggior parte dei protoni non si combinò e rimase sotto forma di nuclei di idrogeno. Quando l'universo si raffreddò il contributo della densità energetica della massa a riposo della materia arrivò a dominare gravitazionalmente il contributo della densità di energia associata alla radiazione del fotone. Dopo circa 379 000 anni gli elettroni e i vari nuclei si combinarono formando gli atomi, soprattutto idrogeno, e a partire da questo istante la radiazione si disaccoppiò dalla materia e continuò a vagare libera nello spazio. Questa radiazione fossile, che ancora oggi è visibile, è conosciuta come radiazione cosmica di fondo. Da quel momento in poi le regioni leggermente più dense rispetto alla distribuzione uniforme di materia continuarono ad attrarre gravitazionalmente la materia circostante e crebbero, aumentando la loro densità, formando nubi di gas, stelle, galassie e le altre strutture astronomiche osservabili oggi. La stella più antica individuata dagli astronomi si formò circa 400 milioni di anni dopo il Big Bang. I dettagli di questo processo dipendono dalla quantità e dal tipo di materia presente nell'universo. I tre possibili tipi di materia conosciuti sono la materia oscura fredda, la materia oscura calda e la materia barionica. La miglior misura disponibile (fornita da WMAP) mostra che la forma di materia dominante nel cosmo è la materia oscura fredda. Gli altri due tipi formano insieme meno del 18% dell'intera materia dell'universo. Dallo studio di alcune prove osservative come le supernovae di tipo Ia e la radiazione cosmica di fondo gli astrofisici ritengono che attualmente l'universo sia dominato da una misteriosa forma di energia, conosciuta come energia oscura, che apparentemente permea tutto lo spazio. Le osservazioni suggeriscono che circa il 68% di tutta la densità d'energia dell'universo attuale sia sotto questa forma. Quando il cosmo era più giovane era permeato in ugual modo dall'energia oscura, ma la forza di gravità aveva il sopravvento e rallentava l'espansione in quanto era presente meno spazio ed i vari oggetti astronomici erano più vicini tra loro. Dopo alcuni miliardi di anni la crescente abbondanza dell'energia oscura causò un'accelerazione dell'espansione dell'universo. L'energia oscura, nella sua forma più semplice, prende la forma della costante cosmologica nelle equazioni di campo di Einstein della relatività generale, ma la sua composizione e il suo meccanismo sono sconosciuti e, più in generale, i particolari della sua equazione di stato e le relazioni con il Modello standard della fisica delle particelle continuano ad essere studiati sia tramite osservazioni, sia dal punto di vista teorico. Tutta l'evoluzione cosmica successiva all'epoca inflazionaria può essere descritta rigorosamente dal modello ΛCDM, il quale utilizza le strutture indipendenti della meccanica quantistica e della relatività generale. Come descritto in precedenza, non esiste ancora un modello ben supportato che descriva i fenomeni precedenti a 10−15 secondi. Per poter risalire a tali periodi di tempo è necessaria una nuova teoria unificata, definita gravità quantistica. La comprensione dei primissimi istanti della storia dell'universo è attualmente uno dei più grandi problemi irrisolti della fisica. La teoria del Big Bang si basa su due ipotesi fondamentali: l'universalità delle leggi della fisica e il principio cosmologico che afferma che su larga scala l'universo è omogeneo e isotropo. Queste idee erano inizialmente considerate dei postulati, ma attualmente si sta provando a verificare ciascuna delle due. Per esempio la prima ipotesi è stata verificata da osservazioni che mostrano che la più ampia discrepanza possibile del valore della costante di struttura fine nel corso della storia dell'universo è nell'ordine di 10−5. Inoltre la relatività generale ha superato test severi sulla scala del sistema solare e delle stelle binarie, mentre estrapolazioni su scale cosmologiche sono state convalidate da successi empirici di vari aspetti della teoria del Big Bang. Se il cosmo su larga scala appare isotropo dal punto di osservazione della Terra, il principio cosmologico può essere ricavato dal più semplice principio copernicano che afferma che non è presente alcun osservatore privilegiato nell'universo. A questo rispetto il principio cosmologico è stato confermato con un'incertezza di 10−5 attraverso le osservazioni della radiazione cosmica di fondo. L'universo è risultato essere omogeneo su larga scala entro un ordine di grandezza del 10%. La relatività generale descrive lo spaziotempo attraverso una metrica che determina le distanze che separano i punti vicini. Gli stessi punti, che possono essere galassie, stelle o altri oggetti, sono specificati usando una carta o "griglia" che è posizionata al di sopra dello spaziotempo. Il principio cosmologico implica che la metrica dovrebbe essere omogenea e isotropa su larga scala, il che individua univocamente la metrica di Friedmann - Lemaître - Robertson - Walker (metrica FLRW). Questa metrica contiene un fattore di scala che descrive come la dimensione dell'universo cambia con il tempo. Questo consente di definire un opportuno sistema di coordinate, chiamate coordinate comoventi. Adottando questo sistema di coordinate la griglia si espande assieme all'universo e gli oggetti che si stanno muovendo solo a causa dell'espansione dell'universo rimangono in punti fissi della griglia. Mentre le loro coordinate comoventi rimangono costanti, le distanze fisiche tra due punti comoventi si espandono proporzionalmente al fattore di scala dell'universo. Il Big Bang non è stata un'esplosione di materia che si muove verso l'esterno per riempire un universo vuoto. È invece lo spazio stesso che si espande con il tempo dappertutto e aumenta la distanza fisica tra due punti comoventi. Poiché la metrica FLRW assume una distribuzione uniforme della massa e dell'energia, è applicabile al nostro universo solo su larga scala, in quanto le concentrazioni locali di materia, come la nostra galassia, sono legate gravitazionalmente e come tali non possono risentire dell'espansione su larga scala dello spazio.
Metrica di Fridman-Lemaître-Robertson-Walker (FLRW)
La metrica di Fridman-Lemaître-Robertson-Walker (FLRW) è una metrica di Riemann soluzione delle equazioni di campo della relatività generale. Essa descrive a grande scala un universo omogeneo e isotropo, in espansione o in contrazione. A seconda delle preferenze di tipo geografico/storico, essa è variamente chiamata con i nomi di un sottoinsieme degli scienziati che vi hanno contribuito; ad esempio la Friedmann-Robertson-Walker (FRW) o la Robertson-Walker (RW); quest'ultima è in realtà da considerare più restrittiva, in quanto assume alcuni prerequisiti che non sono altrettanto generali. Prende il nome da Aleksandr Fridman (o Friedmann a seconda della traslitterazione), Georges Lemaître, Howard Robertson e Arthur Walker.
Barra delle equazioni per i lettori più curiosi
La metrica può essere scritta come:
dove:
- a(t)^2 è il fattore di scala dell'universo al tempo t
- Rc è il valore assoluto del raggio di curvatura
è la parte angolare della metrica
In questa formulazione:
- r rappresenta la distanza comovente dall'osservatore;
- Invece:
rappresenta la distanza propria dall'osservatore.
Le soluzioni alla metrica FLRW per un fluido a densità e pressione costante sono date dalle equazioni di Friedmann. La metrica FLRW viene utilizzata come prima approssimazione per il modello standard della cosmologia del big bang. Poiché essa assume che l'universo sia omogeneo, alcuni testi divulgativi asseriscono erroneamente che il modello del big bang non spiega la non-omogeneità osservata (stelle, galassie, ammassi, superammassi). In realtà la metrica FLRW è utilizzata come prima approssimazione perché semplice da usare nei calcoli e i modelli che tengono conto della non-omogeneità dell'universo vi sono aggiunti come estensioni. La maggior parte dei cosmologi crede infatti che l'universo osservabile sia ben approssimato da un modello quasi FLRW, cioè un modello che segue la metrica FLRW con la presenza aggiuntiva di fluttuazioni primordiali di densità. In un modello strettamente FLRW non esistono ammassi di galassie, galassie o stelle, poiché sono oggetti molto più densi di una qualsiasi parte tipica dell'universo (circa 1 atomo per metro cubo oggi). Tuttavia per brevità si usa chiamare il modello quasi FLRW semplicemente FLRW. Al 2003 le implicazioni teoriche delle varie estensioni alla metrica FLRW sembrano essere comprese e il traguardo è di renderle coerenti con le osservazioni dei satelliti COBE e WMAP.
Espansione metrica dello spazio
L'espansione metrica dello spazio è l'aumento medio della distanza misurata tra due oggetti nell'universo al variare del tempo. Si tratta di un'espansione intrinseca, cioè è definita dalla continua "creazione" di spazio e non dal movimento in uno spazio preesistente. L'espansione metrica è una caratteristica fondamentale della teoria del Big Bang ed è espressa matematicamente dalla metrica di Friedmann - Lemaître - Robertson - Walker. Questo modello è valido nell'epoca attuale solo su scale relativamente ampie, ovvero all'incirca dalla scala dei superammassi galattici; su scale minori la materia, sotto l'influenza dell'attrazione gravitazionale, si è concentrata in agglomerati che non si espandono, ma continuano ad allontanarsi gli uni dagli altri. L'espansione è causata in parte dall'inerzia conseguente alla spinta del Big bang e in parte da una forza repulsiva di cui non si conosce la natura, chiamata energia oscura, che costituirebbe una costante cosmologica responsabile dell'accelerazione dell'espansione. L'inerzia ha dominato l'espansione nella prima parte della storia dell'universo, mentre, in base al modello Lambda-CDM, la costante cosmologica dominerà l'espansione nel futuro. La velocità con la quale le galassie sembrano allontanarsi le une dalle altre a causa dell'espansione dell'universo è detta velocità di recessione. Più è lontana la galassia osservata, più è alta la velocità di recessione e maggiore è il suo redshift. Distanza e velocità di allontanamento (o recessione) sono quindi proporzionali. Recentemente è stata misurata una velocità di recessione pari a 74.03km/s per megaparsec (1Mpc = 3.2614 milioni di anni luce ca.). Questi risultati sono stati stimati grazie ai dati raccolti dal Telescopio spaziale Hubble osservando 70 stelle pulsanti chiamate Variabili Cefeidi nella Grande Nube di Magellano. Ancora più recentemente la misurazione della velocità di recessione è stata effettuata utilizzando le stelle giganti rosse e studiandone il flash dell'elio. Secondo questo metodo il tasso di espansione dell'Universo è di 69.8 chilometri al secondo per megaparsec. Il 17 settembre 2019 è uscito un nuovo studio di un gruppo di ricercatori guidati da Ihn Jee il quale, basandosi stavolta sui dati forniti dalle lenti gravitazionali di due galassie, ha stimato una velocità di recessione pari a 82,4km/s per megaparsec. L'espansione metrica porta a velocità di allontanamento che superano la velocità della luce c e a distanze che superano di c volte l'età dell'universo; questo fatto provoca spesso confusione tra esperti e principianti. La velocità della luce non ha particolare significato su scale cosmologiche. Una valutazione più completa può essere data dal fatto che l'interpretazione dell'espansione metrica dello spazio continua a fornire paradossi che sono ancora materia di dibattito. L'opinione prevalente è quella di Michał Chodorowski, il quale afferma che: a differenza dell'espansione del substrato cosmico, l'espansione dello spazio è inosservabile. Lo spaziotempo, su scala cosmologica, è altamente ricurvo e, come risultato, l'espansione dell'universo è inerente alla relatività generale, poiché non può essere compresa con la sola relatività speciale. Le immagini sulla destra mostrano la geometria su larga scala dell'universo in base al modello Lambda-CDM. Due dimensioni spaziali sono state omesse, lasciando una dimensione spaziale e una temporale. Il cerchio finale stretto del diagramma corrisponde ad un tempo cosmologico di 700 milioni di anni dopo il Big Bang; il cerchio superiore più largo rappresenta un tempo cosmologico di 18 miliardi di anni, dove è possibile vedere l'inizio dell'accelerazione dell'espansione che domina alla fine di questo modello. Le linee viola (i "paralleli") rappresentano il tempo cosmologico alla distanza di un miliardo di anni dal Big Bang, mentre le linee azzurre (i "meridiani") rappresentano la distanza comovente con un intervallo di un miliardo di anni. La linea marrone nel diagramma è la linea universo della Terra (o, nei primissimi istanti, della materia che si aggregò per formare la Terra), mentre la linea gialla è la linea universo delle quasar più distanti conosciute. La linea rossa è un raggio di luce emesso da un quasar all'incirca 13 miliardi di anni fa e che raggiunge la Terra ai nostri giorni. La linea arancione rappresenta la distanza attuale tra il quasar e la Terra, circa 28 miliardi di anni luce. In base al principio di equivalenza della relatività generale, le regole della relatività speciale sono localmente valide in porzioni ristrette dello spaziotempo che sono approssimativamente piatte. In particolare, la luce viaggia sempre localmente alla velocità c; nel diagramma precedente, questo vuol dire che i raggi di luce formano localmente un angolo di 45º con le linee della griglia. Questo però non vuol dire che la luce abbia percorso uno spazio pari a ct in un tempo t, come mostrato dalla linea rossa. Mentre il raggio luminoso viaggia sempre localmente a velocità c, il suo tempo per percorrere la distanza (all'incirca 13 miliardi di anni) non è correlato alla distanza percorsa in qualsiasi modo semplice. Infatti la distanza percorsa è ambigua a causa del cambiamento di scala dell'universo. Tuttavia è possibile individuare due distanze che sembrano fisicamente importanti: la distanza tra la Terra e il quasar quando la luce è emessa e la distanza tra di loro all'epoca attuale. La prima distanza è all'incirca 4 miliardi di anni luce, molto minore di ct. La seconda distanza (mostrata dalla linea arancione) è all'incirca di 28 miliardi di anni, cioè è molto maggiore di ct. Si può notare che la luce impiega più di 4 miliardi di anni per raggiungere la Terra anche se è stata emessa dalla distanza di 4 miliardi di anni luce. Infatti si può vedere nel diagramma che la luce si sta allontanando dalla Terra quando è stata emessa, nel senso che la distanza metrica dalla Terra aumentò con il tempo cosmologico per i primi miliardi di anni del suo viaggio. Nessuno di questi comportamenti proviene da una proprietà dell'espansione metrica, ma proviene semplicemente da un principio locale della relatività generale integrato su una superficie curva. Si noti che l'universo non si sta espandendo nel vuoto; è presente semplicemente più spazio in tempi futuri rispetto a quanto ce ne fosse in tempi precedenti. Inoltre tale notazione di "più spazio" è locale, non globale: non è possibile sapere quanto spazio sia presente in totale. L'espansione dello spazio è talvolta descritta come una forza che agisce sugli oggetti e li allontana tra loro. Anche se questa è una descrizione accurata della costante cosmologica, non è un'immagine reale del fenomeno generale di espansione. Per la maggior parte della storia dell'universo, l'espansione è stata causata principalmente dall'inerzia. La materia nel giovane universo si stava allontanando soprattutto per l'effetto iniziale dell'inflazione cosmica ed ha continuato a farlo per inerzia, anche se a un ritmo sempre più basso a causa dell'effetto attrattivo della gravità. Oltre al rallentamento dell'espansione, la gravità causò l'addensarsi della materia che generò stelle e galassie. Queste stelle e galassie non si allontanarono tra loro successivamente, poiché non vi era presente nessuna forza che permettesse ciò. Non ci sono sostanziali differenze tra l'espansione inerziale dell'universo e la separazione inerziale di oggetti vicini nel vuoto: il primo caso è semplicemente una generalizzazione su larga scala del secondo. Un tipo di espansione locale uniforme della materia può essere descritta localmente dalla metrica di Friedmann - Lemaître - Robertson - Walker, la stessa metrica che descrive l'espansione dell'universo nel suo complesso. Questa situazione cambia considerando l'introduzione di una costante cosmologica. Questo termine ha l'effetto di una forza repulsiva tra gli oggetti che è proporzionale (non inversamente proporzionale) alla distanza. A differenza dell'inerzia, essa agisce direttamente sugli oggetti legati gravitazionalmente e anche sugli atomi. Tuttavia, questa forza non causa la crescita costante degli oggetti o la loro distruzione; a meno che essi non siano debolmente legati, essi saranno semplicemente portati in uno stato di equilibrio che è leggermente diverso da quello che sarebbe stato altrimenti. Poiché l'universo si espande e la materia si allontana, l'attrazione gravitazionale diminuisce (poiché è proporzionale alla densità), mentre la repulsione dovuta alla costante cosmologica aumenta; quindi il destino ultimo dell'universo descritto dal modello Lambda-CDM è un'espansione sempre maggiore dovuta alla costante cosmologica. Tuttavia l'unico effetto visibile localmente dell'accelerazione dell'espansione è la scomparsa delle galassie più lontane. Infatti, gli oggetti gravitazionalmente legati, come la Via Lattea, non si espandono. L'espansione dello spazio è spesso illustrata con modelli che mostrano solo la grandezza dello spazio in un determinato istante di tempo, lasciando implicita la dimensione temporale. Nel "modello a palla" è presente una palla sferica che viene gonfiata partendo da una dimensione iniziale nulla (che rappresenta il Big Bang). Una palla ha una curvatura positiva mentre le osservazioni suggeriscono che l'universo sia spazialmente piatto, ma questa incongruenza può essere eliminata ipotizzando che il pallone sia molto largo così da poter essere considerato piatto entro i limiti dell'osservazione. Quest'analogia può portare confusione poiché può far pensare che il Big Bang abbia avuto luogo a partire dal centro del pallone. I punti non appartenenti alla superficie non hanno alcun significato, anche se sono stati occupati in tempi precedenti. Nel "modello del pane con l'uva" è possibile immaginare un pezzo di pane con l'uva che si sta espandendo. Il pane (cioè lo spazio) si espande nel suo complesso, ma l'uva (cioè gli oggetti gravitazionalmente legati) non si espandono, ma si limitano ad allontanarsi l'uno dall'altro. Tutti questi modelli hanno il problema concettuale di richiedere una forza esterna che agisce sullo spazio in ogni istante di tempo per permettere l'espansione. Diversamente dall'espansione reale, questi modelli prevedono un'interazione elettromagnetica tra i vari elementi e questi, dopo una spinta iniziale, non continueranno ad espandersi. Per meglio comprendere come funziona l'espansione metrica, di seguito viene riportato brevemente cos'è la metrica.
Definizione di una metrica
La metrica definisce come una distanza possa essere misurata tra due punti vicini nello spazio, nei termini del sistema di coordinate di questi punti. Un sistema di coordinate localizza i punti in uno spazio (di qualunque dimensione) tramite l'assegnazione di numeri univoci, chiamati coordinate, ad ogni punto. La metrica è quindi una formula che converte le coordinate dei due punti in una distanza.
La metrica sulla superficie terrestre
Per esempio, si può considerare la misura della distanza fra due punti sulla superficie terrestre, cioè un caso di geometria non euclidea. Poiché la superficie terrestre è bidimensionale, i punti possono essere individuati attraverso 2 coordinate, per esempio la latitudine e la longitudine. Per utilizzare una metrica bisogna specificare le coordinate utilizzate e, in questo caso, è possibile scegliere sia il sistema di coordinate dato dalla latitudine e longitudine, sia i 3 assi di riferimento (x, y, z) del sistema cartesiano. Dopo aver scelto un sistema di riferimento, il valore numerico delle coordinate di qualunque coppia di punti è univocamente determinato, cioè basato sulle proprietà dello spazio preso in considerazione, ed è possibile determinare la metrica appropriata al sistema. Sulla superficie curva della Terra, questo effetto può essere visto nei viaggi aerei a lunga percorrenza, in cui la distanza tra due punti è misurata tramite la circonferenza massima e non attraverso la linea retta che passa all'interno della Terra. In linea teorica questo effetto, causato dalla curvatura della superficie, è visibile anche per piccole distanze, ma in pratica per due punti vicini la curvatura della superficie terrestre è così piccola che può essere esclusa nel caso di calcolo delle distanze.
La metrica per lo spaziotempo
I punti della superficie terrestre possono essere determinati dando due coordinate. Poiché lo spaziotempo è quadridimensionale, è necessario fornire quattro coordinate per determinare la posizione dei punti. Le coordinate più utili da utilizzare in cosmologia sono le coordinate comoventi. Poiché lo spazio su larga scala sembra essere euclideo, è possibile specificare le coordinate spaziali nei termini delle coordinate x, y, e z, anche se sono utilizzati altri tipi, come le coordinate sferiche. La quarta coordinata richiesta è il tempo, che è specificato nelle coordinate comoventi come tempo cosmologico. Sebbene la geometria a larga scala dell'universo sembri essere euclidea, la stessa cosa non si può dire per la metrica dello spaziotempo. La natura non-euclidea dello spaziotempo si manifesta dal fatto che la distanza tra punti con le coordinate spaziali costanti, aumenta con il tempo piuttosto che rimanere costante.
Approfondiamo: le basi teoriche e le prime prove dell'espansione metrica
Legge di Hubble
L'espansione metrica dello spazio è una caratteristica di molte soluzioni delle equazioni di campo di Einstein della relatività generale e la distanza è misurata usando l'intervallo di Lorentz. Questa spiegazione teorica fornisce una possibile spiegazione alla legge di Hubble, la quale indica che le galassie più distanti da un osservatore sembrano allontanarsi più velocemente delle galassie che sono più vicine. In uno spazio che si espande, la metrica cambia con il tempo in modo da far aumentare le distanze con l'aumentare del tempo; perciò se il nostro universo si è originato tramite il Big Bang, è possibile osservare fenomeni associati all'espansione metrica dello spazio. Se invece il nostro universo stesse attraversando un periodo di contrazione (cioè una fase che può portare al Big Crunch) sarebbe possibile osservare fenomeni associati alla contrazione metrica dello spazio.
Costante cosmologica ed equazioni di Friedmann
I primi modelli di relatività generale prevedevano che un universo dinamico e contenente materia gravitazionale ordinaria avrebbe dovuto contrarsi piuttosto che espandersi. La prima proposta di Einstein per una soluzione a questo problema riguardava l'aggiunta di una costante cosmologica all'interno della sua teoria per controbilanciare la contrazione, in modo da ottenere una soluzione con un universo statico. Ma nel 1922, Alexander Friedman derivò le equazioni note come equazioni di Friedmann, le quali mostrano che l'universo può espandersi e presentano la velocità di questa espansione.[11] Le osservazioni di Edwin Hubble nel 1929 mostrarono che le galassie più distanti sembravamo allontanarsi dalla Terra, perciò molti scienziati iniziarono ad accettare il fatto che l'universo si stesse espandendo.
L'uso dell'inflazione per spiegare l'espansione
Con il passare del tempo, il fatto che l'universo sia in espansione divenne un dato acquisito e accettato. Fino agli sviluppi teorici negli anni ottanta, non vi era nessuna spiegazione sul perché avvenisse questa espansione, ma con gli sviluppi dei modelli riguardanti l'inflazione cosmica, l'espansione dell'universo diventò una caratteristica generale risultante dal falso vuoto. Il motivo di tale espansione è ora giustificato dai dettagli del processo di decadimento inflazionario che avvenne nei primi istanti dell'universo. Si ritiene che in quel periodo la metrica crebbe esponenzialmente, causando l'ampliamento delle dimensioni dell'universo dalla grandezza di un atomo (10 −10 metri) fino all'incirca 100 milioni di anni luce.
Misure di distanza in uno spazio metrico
In uno spazio che si espande, la distanza è una quantità dinamica che cambia con il tempo. Vi sono diversi modi per definire le distanze in cosmologia, ma le più comuni sono le distanze comoventi. La metrica definisce solo la distanza tra due punti vicini. Al fine di definire la distanza tra due punti arbitrariamente lontani, è necessario specificare entrambi i punti e una curva che li colleghi. La distanza tra questi punti può essere trovata calcolando la lunghezza di questa curva. La distanza comovente definisce questa curva come una curva in un tempo cosmologico costante. Operativamente, le distanze comoventi non possono essere misurate da un singolo osservatore vincolato alla Terra. Per determinare la distanza degli oggetti più lontani gli astronomi misurano generalmente la luminosità delle candele standard, o lo spostamento verso il rosso degli spettri delle galassie e convertono queste misure in distanze basate su alcuni particolari sistemi dello spaziotempo, come il modello Lambda-CDM.
Glossario: coordinate comoventi
In cosmologia la distanza comovente è un modo conveniente per definire le distanze tra oggetti in maniera indipendente dal tempo: è la separazione che gli oggetti avrebbero oggi se entrambi gli oggetti non si muovessero. La distanza comovente è definita come la distanza propria divisa per un fattore di scala dipendente dal tempo che rappresenta l'espansione dell'universo.
I cosmologi, sviluppando i vari modelli dell'universo, hanno preso spunto da un ristretto numero di supposizioni, le quali hanno permesso di capire che l'espansione metrica dello spazio sia una caratteristica dell'universo. I principi basilari presenti nei modelli che includono l'espansione metrica sono:
- il principio cosmologico, il quale afferma che l'universo appare uguale in tutte le direzioni (cioè è isotropo) e ha all'incirca le stesse proprietà in ogni punto (cioè è omogeneo).
- il principio copernicano, il quale afferma che nessuna posizione nell'universo è privilegiata, cioè l'universo non ha un "punto di partenza".
Gli scienziati hanno verificato se queste ipotesi fossero valide e confermate dalle osservazioni. I cosmologi hanno scoperto prove che sostengono tali ipotesi e, di conseguenza, l'espansione metrica dello spazio è considerata una caratteristica dell'universo poiché, anche se non è possibile vederla direttamente, le verifiche forniscono varie conferme. Tra i risultati più importanti vi sono i seguenti:
- Edwin Hubble dimostrò che tutte le galassie e gli oggetti astronomici distanti si stanno allontanando l'uno dall'altro, come previsto dall'espansione cosmica, a causa della legge di Hubble. Calcolando lo spostamento verso il rosso dei loro spettri elettromagnetici per determinare la distanza e la velocità di tali oggetti, egli mostrò che tutti gli oggetti si stanno allontanando tra loro e che la loro velocità è proporzionale alla distanza, caratteristica di un'espansione metrica. Ulteriori studi hanno mostrato che l'espansione è isotropa e omogenea, cioè sembra non avere un punto privilegiato come "centro" dell'espansione, ma appare universale e indipendente da ogni punto "centrale" fissato.
- La distribuzione isotropa nel cosmo dei lampi gamma e delle supernovae è una conferma del principio cosmologico.
- Il principio di Copernico non è stato verificato direttamente su scala cosmologica finché non sono stati misurati gli effetti della radiazione cosmica di fondo sulla dinamica dei sistemi astronomici più distanti. Un gruppo di astronomi dello European Southern Observatory notarono, misurando la temperatura di una nube intergalattica in equilibrio termico con la radiazione di fondo, che la radiazione proveniente dal Big Bang era più calda in tempi passati. Il raffreddamento uniforme della radiazione di fondo avvenuto in miliardi di anni è spiegabile solo se l'universo sta attraversando una fase di espansione metrica. L'unica teoria che spiega in modo coerente questi fenomeni nel loro insieme, si basa sull'espansione dello spazio dovuta a un cambiamento della metrica. Infatti fino alla scoperta negli anni duemila di prove dirette dei cambiamenti di temperatura nella radiazione cosmica di fondo, non era possibile escludere le costruzioni e le ipotesi più bizzarre. Fino a quel momento, si riteneva che l'universo non si comportasse come la Via Lattea posta al centro di una metrica fissata con un'espansione universale delle galassie in tutte le direzioni (come, ad esempio, nel modello di Milne). Gli scienziati sono ottimisti sul fatto che le teorie, che si basano sull'espansione metrica dello spazio, sono corrette perché hanno superato gli standard previsti dal metodo scientifico. In particolare, quando vengono effettuati i calcoli fisici basandosi sulle teorie attuali (inclusa l'espansione metrica), questi sembrano fornire risultati e previsioni che, in generale, sono consistenti sia con le osservazioni astrofisiche sia con quelle riguardanti la fisica delle particelle. L'universalità spaziale e temporale delle leggi fisiche era ritenuta, fino a tempi estremamente recenti, un'ipotesi filosofica fondamentale che è ora verificata dai limiti dell'osservazione dello spazio e del tempo. Quest'ipotesi è presa in grande considerazione perché il livello di accuratezza e la grande quantità di misure che le teorie prevedono possono essere visualizzati in modo preciso per corrispondere alla realtà visibile. Il livello di precisione è difficile da quantificare, ma è simile a quello presente nelle costanti fisiche che governano la fisica e l'universo.
Orizzonte cosmologico
In cosmologia con orizzonte cosmologico si definisce il limite di osservabilità dell'universo da parte di un ipotetico osservatore terrestre causato dagli effetti cosmologici. L'esistenza, le proprietà e il significato dell'orizzonte cosmologico sono direttamente correlati al modello cosmologico che viene preso in considerazione. In ogni caso è opportuno notare che l'orizzonte cosmologico non è il limite effettivo dell'universo, ma solo un limite osservativo. Si consideri come paragone quello di un osservatore che non è in grado di percepire visivamente i limiti dell'oceano che sta attraversando: analogamente per l'osservatore terrestre è possibile vedere soltanto la luce che proviene da aree dello spazio poste all'interno dell'orizzonte cosmologico. La differenza però consiste nel fatto che l'orizzonte cosmologico è un concetto dinamico, poiché in ogni momento ci perviene "nuova" luce che amplia l'orizzonte stesso. Talvolta ci si riferisce all'orizzonte cosmologico come all'universo osservabile, volendo sottolineare come quello visibile sia un universo decisamente più piccolo (di diversi ordini di grandezza) rispetto all'universo che esiste oltre i limiti della osservazione percepita. facendo un esempio concreto di tale grandezza: se l'intero orizzonte cosmologico fosse contenuto in una sfera del diametro di una moneta, e se la teoria inflazionaria fosse corretta, l'universo che giace oltre questo orizzonte sarebbe grande quanto l'intero globo terrestre. Partendo dalla considerazione che la velocità della luce ha un valore finito, quella che arriva a noi da oggetti molto distanti ce li mostra come erano quando la luce era partita. Ad esempio, ora noi osserviamo la galassia di Andromeda, che dista due milioni di anni luce, come risultava due milioni di anni fa. Se si pensa che con gli strumenti a nostra disposizione, oggigiorno possiamo osservare oggetti del profondo cielo quali galassie, ammassi globulari e quasar lontani 13 miliardi di anni luce, è come se vedessimo l'universo quando era molto giovane. In base alla legge di Hubble, si sa che quanto più una galassia è distante, tanto più la velocità con cui si allontana è maggiore (cioè essa ha un alto redshift). Se stiamo guardando un oggetto lontano dieci miliardi di anni luce e lo volessimo vedere come era 5 miliardi di anni fa dovremo attendere ancora 5 miliardi di anni; possiamo perciò affermare che ci sono zone dello spazio-tempo, in ogni istante, alle quali noi non possiamo avere accesso; d'altra parte ad osservatori di altre galassie non è accessibile parte del nostro passato. Quindi il nostro orizzonte cosmologico, cioè quella sezione dello spazio-tempo a noi accessibile, è definito solo per un dato istante e solo per una data condizione di osservazione; quello che resta al di fuori di esso a noi è precluso, tanto più per l'osservazione visiva. Si può dire che due oggetti, in uno spazio, sono in contatto causale se esiste la possibilità di comunicare per mezzo di un segnale e quindi provocare una reazione da parte dell'oggetto che riceve il segnale stesso. Siccome il segnale viaggia a una velocità finita, l'effetto potrà essere sentito solamente dopo un certo tempo. Esiste un notevole grado di omogeneità ed isotropia anche in regioni dell'universo molto lontane, tanto da essere ognuna al di fuori dell'orizzonte causale dell'altra; poco dopo l'introduzione della teoria del Big Bang, è apparso subito problematico ai cosmologi spiegare come sia stato possibile lo scambio di informazione che ha permesso a queste regioni di assumere le stesse proprietà, se le distanze erano superiori a quelle che i segnali avrebbero potuto percorrere dall'inizio fino ad oggi. Per risolvere questo problema, nel 1979 Alan Guth propose allora una modifica al modello del Big Bang, proponendo il cosiddetto modello inflazionario, secondo il quale nei primissimi istanti dopo il Big Bang (per la precisione {\displaystyle 10^{-35}} secondi dopo) l'universo ha subito una rapidissima espansione detta inflazione che nel giro di {\displaystyle 10^{-32}} secondi gli ha fatto aumentare le dimensioni di un fattore {\displaystyle 10^{30}}; successivamente tutto sarebbe proseguito secondo la classica teoria del Big Bang. Prima della fase inflativa l'universo era così piccolo che le galassie si trovavano in contatto causa-effetto, e verrebbe così risolta la questione dell'orizzonte. Secondo Guth ciò che produsse l'inflazione è da ricercare nell'unificazione delle quattro interazioni fondamentali forza gravitazionale, elettromagnetica, nucleare debole e nucleare forte; queste forze non sarebbero altro che manifestazioni diverse di un'unica interazione fondamentale. Nei primi istanti di vita dell'universo, a causa della temperatura estremamente elevata, esse erano unificate, e solo in seguito, a causa dell'espansione e del raffreddamento esse si sarebbero diversificate.
Prove osservative del Big Bang
Le prove osservative principali e più dirette della teoria del Big Bang sono:
- l'espansione secondo la legge di Hubble, che si può osservare nel redshift delle galassie;
- le misure dettagliate della radiazione cosmica di fondo;
- l'abbondanza degli elementi leggeri.
Questi sono talvolta chiamati i tre pilastri della teoria del Big Bang. Altri tipi di prove supportano il quadro d'insieme, come ad esempio molte proprietà della struttura a grande scala dell'universo, che sono previste a causa della crescita gravitazionale della struttura nella teoria standard del Big Bang.
Le osservazioni delle galassie e dei quasar mostrano che questi oggetti presentano il fenomeno del redshift, vale a dire che la loro luce emessa è spostata verso lunghezze d'onda maggiori. Questo fenomeno può essere osservato prendendo in esame lo spettro delle frequenze di un oggetto e confrontandolo con il modello spettroscopico delle linee di emissione o delle linee di assorbimento, che corrisponde agli atomi degli elementi chimici che interagiscono con la luce. Questi redshift sono omogenei, isotropi e distribuiti uniformemente tra gli oggetti osservati in tutte le direzioni. Per alcune galassie è possibile calcolare la loro distanza dalla Terra attraverso la scala delle distanze cosmiche. Quando le velocità di allontanamento vengono confrontate con queste distanze, viene riscontrata una relazione lineare, nota come legge di Hubble.
Approfondiamo: la legge di Hubble
In astronomia e cosmologia, la legge di Hubble (o legge di Hubble-Lemaître) afferma che esiste una relazione lineare tra lo spostamento verso il rosso della luce emessa dalle galassie e la loro distanza. Tanto maggiore è la distanza della galassia e tanto maggiore sarà il suo spostamento verso il rosso. In forma matematica la legge di Hubble può essere espressa come
dove z è lo spostamento verso il rosso misurato della galassia, D è la sua distanza, c è la velocità della luce e H0 è la costante di Hubble, il cui valore attualmente stimato è attorno a 2,176×10−18 Hz (67,15 km/s/Mpc). Alcuni ritengono che questa legge debba essere attribuita a Georges Lemaître. La legge empirica di Hubble è un'importante conferma osservativa della soluzione delle equazioni di Albert Einstein. Vale per un universo omogeneo isotropo ed in espansione; sotto queste ipotesi Georges Lemaître aveva dedotto nel 1927 per via teorica una legge, strettamente lineare, che afferma che la velocità di recessione v è direttamente proporzionale alla distanza D (tanto maggiore è la distanza tra due galassie e tanto più alta è la loro velocità di allontanamento reciproco), esprimibile matematicamente con:
Questa relazione teorica coincide con la precedente legge empirica qualora lo spostamento verso il rosso z sia direttamente proporzionale alla velocità di recessione v, cioè z=v/c. Il legame tra v e z è lineare solamente per z molto più piccolo di 1 (quindi vale senza dubbio per gli spostamenti verso il rosso molto bassi osservati ai tempi di Hubble ed Humason), mentre per z maggiori dipende dal particolare modello di universo in espansione scelto. La legge è in ogni caso attribuita all'astronomo Edwin Hubble, che la enunciò nel 1929 e poi confermò con dati più precisi nel 1931 in un articolo congiunto con Milton Humason. Confrontando le distanze delle galassie più vicine con la loro velocità rispetto a noi (misurabile assumendo che il loro spostamento verso il rosso sia dovuto al loro moto e che v/c=z per z << 1), Hubble trovò una relazione lineare fra velocità e distanza (ottenendo H0 = circa 500 km/s per Mpc, un valore 7 volte maggiore del valore attualmente accettato). All'epoca del suo annuncio, questo risultato era in realtà piuttosto dubbio: Hubble aveva sottostimato gravemente gli errori di misura, al punto che se oggi si ripetesse la sua analisi sul medesimo campione di oggetti, usando però i dati più aggiornati per le loro distanze e velocità di recessione, non si otterrebbe un risultato statisticamente significativo, poiché le galassie considerate sono troppo vicine a noi. Questa incertezza si manifesta nel fatto che il valore oggi comunemente accettato per H0 è circa 7 volte inferiore a quello inizialmente stimato da Hubble stesso. Ciononostante, il fatto che fra distanza e velocità di recessione esista una relazione lineare è stato ripetutamente confermato da tutte le osservazioni successive. Il fatto che la velocità di recessione sia proporzionale alla distanza, esattamente come avviene in qualunque mezzo soggetto a dilatazione uniforme, è in accordo col Principio cosmologico, una ipotesi sempre utilizzata per costruire modelli matematici dell'universo. In altre parole il fatto che le galassie si stiano allontanando da noi non implica affatto una posizione privilegiata della Terra nell'Universo, poiché una legge formalmente identica vale per tutti i possibili punti di osservazione (cioè, se noi fossimo in un'altra galassia, ritroveremmo esattamente la stessa relazione fra velocità e distanza). L'importanza storica della legge di Hubble sta nell'aver eliminato tutti i modelli statici di Universo, che fino ad allora erano largamente favoriti (la conseguenza più famosa di questo pregiudizio fu l'introduzione arbitraria da parte di Einstein di una costante cosmologica nelle sue equazioni, allo scopo di rendere statico l'universo che esse predicevano), anche se cominciavano a nascere dubbi al riguardo: ad es. nei primi anni venti i teorici Aleksandr Friedman e Georges Lemaître avevano già proposto modelli cosmologici nei quali l'Universo evolve e Lemaître aveva anche previsto la legge poi verificata sperimentalmente da Hubble. Dopo la scoperta di Hubble, le teorie che postulavano la nascita dell'universo dal Big Bang ricevettero sempre più consensi, anche se, fino alla fine degli anni sessanta, quando venne scoperta la radiazione cosmica di fondo, la teoria dello stato stazionario fu considerata una valida alternativa. A dispetto della convinzione diffusa che vuole la legge empirica di Hubble come prova definitiva dell'espansione dell'Universo, essa di per sé indica solamente una relazione tra due quantità misurate, appunto lo spostamento verso il rosso e la luminosità apparente. Edwin Hubble, ad esempio, fu molto prudente sulle implicazioni cosmologiche della sua scoperta e manifestò sempre scetticismo sull'espansione dell'universo. È teoricamente possibile (per quanto molto improbabile) che lo spostamento verso il rosso non sia dovuto ad un moto della sorgente rispetto all'osservatore ma a qualche effetto fisico, che non comprendiamo, o che la relazione fra luminosità e distanza sia diversa da quella che ci attendiamo. Già pochi anni dopo l'enunciazione della legge di Hubble, ci si rese conto che il valore di H0 indicato da Hubble era eccessivamente elevato (ad esempio, Hubble aveva confuso due diversi tipi di indicatori di distanza), per cui fu continuamente rivisto al ribasso. Questo processo di revisione, però, diede luogo a una lunga e accesa controversia fra due "partiti", "capeggiati" rispettivamente da Allan Sandage e da Gérard de Vaucouleurs, i quali proponevano due valori diversi e sostanzialmente incompatibili: circa 1,6 aHz (50 km/s/Mpc) per Sandage ed i suoi "seguaci", e circa 3,2 aHz (100 km/s/Mpc) per de Vaucouleurs. Secondo le misurazioni attuali il valore reale sta nel mezzo, più vicino a quello di Sandage. La controversia era così accesa che i cosmologi teorici, per evitare di prendervi implicitamente posizione, parametrizzavano spesso il valore della costante di Hubble con un numero h:
di cui si diceva semplicemente che era compreso fra 0,5 e 1. Una misura più precisa è stata possibile solo in anni recenti: una prima stima basata sulle osservazioni delle Variabili Cefeidi col Telescopio spaziale Hubble (HST) nel maggio 2001 che hanno fornito una prima stima pari a 2,33±0,26 aHz (72±8 km/s/Mpc). Le osservazioni della radiazione cosmica di fondo condotte col satellite WMAP (2003) fornirono un valore simile dimezzando l'errore: 2,30±0,13 aHz (71±4 km/s/Mpc. Nel 2006, la NASA ottenne utilizzando il telescopio orbitante Chandra una stima di 2,5±0,37 aHz (77±12 km/s/Mpc). Il sito WMAP della NASA riassume tutte queste indicando un valore medio per la costante pari a 2,29±0,52 aHz (70,8±1,6 km/s/Mpc) se lo spazio viene considerato piatto o di 2,3±1,3 aHz (70,8±4,0 km/s/Mpc) negli altri casi. Queste stime però risalgono al 2007 e non tengono conto delle misure più recenti. Nel 2009, sempre utilizzando misure dell'HST, si era ottenuto il valore di 2,40±0,12 aHz (74,2±3,6 km/s/Mpc). Determinazioni del 2010 condotte sempre con l'HST e basate su misure dell'effetto di lente gravitazionale hanno condotto al valore di 2,35±0,10 aHz (72,6±3,1 km/s/Mpc). Dall'analisi di sette anni di misurazioni condotte con il WMAP e pubblicate nel 2010 si ottiene una stima di 2,301±0,081 aHz (71,0±2,5 km/s/Mpc) usando esclusivamente questi dati mentre si ha 2,282±0,045 aHz (70,4±1,4 km/s/Mpc) se si mediano i dati con misurazioni precedenti derivate da altri studi. Nel 2011 con la nuova camera all'infrarosso del telescopio spaziale Hubble (HST) è stato misurato un valore di 2,392±0,077 aHz (73,8±2,4 km/s/Mpc). Un approccio alternativo utilizzando dati relativi agli ammassi galattici ha ottenuto un valore di 2,171±0,010 aHz (67,0±3,2 km/s/Mpc). Nell'ottobre 2012 Freedman e altri, hanno ottenuto un valore per la costante pari a 2,407±0,068 aHz (74,3±2,1 km/s/Mpc) grazie alle misurazioni effettuate dal telescopio spaziale agli infrarossi Spitzer. Il 21 marzo 2013 i dati della sonda Planck dell'ESA hanno restituito in modo analogo e più preciso della Wmap un valore pari a 2,176±0,039 aHz (67,15±1,2 km/s/Mpc). Il 26 gennaio 2017 un gruppo internazionale di astronomi della collaborazione H0LiCOW, guidata da Sherry Suyu, ha annunciato i risultati di uno studio, basato sulla diversa lunghezza dei percorsi della luce di quasar deviata da galassie, che operano come gigantesche lenti gravitazionali. La misurazione è stata effettuata con una combinazione di telescopi terrestri e spaziali (fra cui lo stesso Hubble Space Telescope). Il valore risultante della costante di Hubble è attualmente calcolato in 71,9±2,7 km/s/Mpc, in ottimo accordo con altre misure basate sull'osservazione dell'universo locale, ma distinto dai valori suggeriti dall'osservazione della radiazione cosmica di fondo.Va notato che in quasi tutti i modelli cosmologici (ed in particolare in tutti quelli basati sull'ipotesi del Big Bang, cioè praticamente tutti quelli attualmente ritenuti possibili) la costante di Hubble è costante solo nel senso che se in questo momento (cioè nello stesso istante di tempo cosmologico) noi ripetessimo la sua misura in qualunque altro punto dell'universo, otterremmo il medesimo valore. Questo valore però cambia nel tempo. Per limitare la confusione, solitamente si usa il termine parametro di Hubble al tempo t (indicato con H(t)), mentre con costante di Hubble H0 si intende il valore attuale. L'evoluzione di H è dovuta agli effetti della gravità (la forza gravitazionale della materia presente nell'universo tende a rallentare l'espansione) e della cosiddetta energia oscura (dark energy), che invece tende ad accelerarla; la cosiddetta costante cosmologica sarebbe una forma particolare di energia oscura. Misure condotte in anni recenti (a partire dal 1999) sembrano indicare che l'espansione dell'universo stia in questo momento accelerando. La legge di Hubble è sempre stata soggetta a critiche da parte degli oppositori del modello del Big Bang. Uno dei più convinti critici fu l'astronomo Halton Arp, che per decenni segnalò alla comunità scientifica l'osservazione di un grande numero di violazioni della legge di Hubble, su cui si basa il modello del Big Bang. Una delle più note è l'associazione fisica di una galassia e di un quasar (Markarian 205), che tuttavia hanno redshift molto diversi; applicando a questa coppia la legge di Hubble si dovrebbe assegnare loro una distanza tale da escludere qualsiasi associazione, mentre invece sono effettivamente associati.Dal valore di H0 è anche possibile ricavare un ordine di grandezza per l'età dell'universo: in tutti i modelli cosmologici che assumono un Big Bang infatti il tempo intercorso fra il Big Bang e l'epoca attuale è dato approssimativamente da 1/H0 = 13,7±0,8 Ga (dove si è usato il valore di H0 trovato da WMAP). Per una valutazione più precisa dell'età dell'universo è necessario conoscere una serie di altri parametri cosmologici che tengono conto in primo luogo della espansione inflazionaria; ad esempio, utilizzando congiuntamente tutti i valori misurati dal Planck si trova un'età di 13,82 miliardi di anni. Una volta nota l'età dell'universo e accettando l'assunzione che la velocità della luce sia costante, parrebbe che non sia possibile osservare oggetti più lontani dello spazio percorso dalla luce durante l'intera vita dell'universo. La nozione che questa distanza sia banalmente pari a circa 13,82 miliardi di anni luce (4,3 gigaparsec) è erronea, poiché non tiene conto dell'espansione dell'universo che è intervenuta progressivamente, tra l'altro in costante accelerazione, fino a raggiungere la situazione in cui lo spazio si dilata più velocemente della luce. La distanza di Hubble, ricavata dalla costante di Hubble, posta a 16 miliardi di anni luce dall'osservazione, delimita la distanza oltre la quale leggi fisiche, spazio e tempo perdono significato e contatto causale, cioè non esisterà mai la possibilità di osservare o scambiare alcun segnale, interazione o informazione, che in pratica esce dalla realtà dell'osservatore.
La radiazione cosmica di fondo
Nei giorni successivi al Big Bang, l'universo era in una condizione di equilibrio termodinamico, con fotoni che erano continuamente emessi ed assorbiti, dando alla radiazione una forma simile allo spettro di un corpo nero. Mentre si espandeva, l'universo si raffreddava fino a raggiungere una temperatura che non permetteva più la creazione e la distruzione dei fotoni. La temperatura era però ancora sufficientemente alta da non consentire che gli elettroni si legassero con i nuclei per formare atomi ed i fotoni erano costantemente riflessi da questi elettroni liberi attraverso un processo chiamato scattering Thomson. A causa di questo ripetuto scattering, l'universo era inizialmente "opaco". Quando la temperatura scese a qualche migliaio di kelvin, gli elettroni liberi e i nuclei cominciarono a combinarsi tra loro per formare gli atomi, un processo conosciuto come ricombinazione. Poiché la diffusione dei fotoni è meno frequente da atomi neutri, la radiazione si disaccoppiò dalla materia quando tutti gli elettroni si ricombinarono (all'incirca 379 000 anni dopo il Big Bang). Questi fotoni formano la radiazione cosmica di fondo, che è possibile rilevare oggi e il modello osservato delle fluttuazioni di tale radiazione fornisce un'immagine del nostro universo in quell'epoca iniziale. L'energia dei fotoni fu successivamente spostata verso il rosso dall'espansione dell'universo, il che conservò lo spettro di corpo nero, ma causò l'abbassamento della sua temperatura, spostando i fotoni nella regione delle microonde all'interno dello spettro elettromagnetico. Si ritiene che sia possibile osservare la radiazione in ogni punto dell'universo e che essa provenga da tutte le direzioni con (all'incirca) la stessa intensità. Nel 1964 Arno Penzias e Robert Wilson scoprirono casualmente la radiazione cosmica di fondo, mentre conducevano osservazioni diagnostiche usando un nuovo ricevitore di microonde (di proprietà dei Bell Laboratories). La loro scoperta fornì la sostanziale conferma delle previsioni sulla radiazione (essa era isotropica e confrontabile con uno spettro di corpo nero con una temperatura di circa 3 K) e permise di avere una valida prova a favore dell'ipotesi del Big Bang. Penzias e Wilson ricevettero il premio Nobel per la fisica nel 1978 grazie a questa scoperta. Nel 1989 la NASA lanciò il satellite COBE (acronimo di COsmic Background Explorer) e le prime conclusioni, fornite nel 1990, erano consistenti con le previsioni della teoria del Big Bang per quanto riguarda la radiazione cosmica di fondo. COBE trovò una temperatura residua di 2,726 K e nel 1992 individuò per la prima volta le fluttuazioni (anisotropie) della radiazione, con un'incertezza di una parte su 105.[26] John Mather e George Smoot ricevettero il premio Nobel nel 2006 per questo lavoro. Durante il decennio successivo, queste anisotropie furono studiate ulteriormente da un gran numero di esperimenti (sia a terra, sia attraverso palloni sonda). Nel 2000-2001 molti esperimenti (tra cui il più importante fu BOOMERanG), misurando la larghezza angolare tipica delle anisotropie, trovarono che l'universo ha una geometria quasi piatta. All'inizio del 2003, furono pubblicati i primi risultati del satellite WMAP, ottenendo quelli che erano al tempo i più accurati valori di alcuni parametri cosmologici. Il satellite inoltre escluse numerosi modelli inflazionari, benché i risultati fossero in generale coerenti con la teoria dell'inflazione e confermò che un mare di neutrini cosmici permea l'universo, una prova evidente che le prime stelle impiegarono più di mezzo miliardo di anni per creare una nebbia cosmica. Un altro satellite simile a WMAP, il Planck Surveyor, che è stato lanciato il 14 maggio 2009, fornirà misure ancora più precise sull'anisotropia della radiazione di fondo. Sono previsti inoltre esperimenti a terra e con palloni sonda. La radiazione di fondo è incredibilmente omogenea e questo presentò un problema nei modelli di espansione convenzionali, perché ciò avrebbe implicato che i fotoni provenienti da direzioni opposte siano venuti da regioni che non sono mai state in contatto le une con le altre. La spiegazione oggi prevalente per questo equilibrio su vasta scala è che l'universo abbia avuto un breve periodo con una espansione esponenziale, conosciuta come inflazione. Questo avrebbe avuto l'effetto di allontanare regioni che erano in equilibrio termodinamico, cosicché tutto l'universo osservabile proviene da una regione con lo stesso equilibrio.
Approfondiamo: la radiazione cosmica di fondo
In cosmologia la radiazione cosmica di fondo, detta anche radiazione di fondo, abbreviata in CMBR (dall'inglese Cosmic Microwave Background Radiation), è la radiazione elettromagnetica che permea l'universo, considerata come prova del modello del Big Bang. Nonostante lo spazio tra stelle e galassie appaia nero con un telescopio ottico tradizionale, tramite un radiotelescopio è possibile rilevare una debole radiazione isotropa che non è associata ad alcuna stella, galassia o altro corpo celeste e che ha intensità maggiore nella regione delle microonde dello spettro elettromagnetico. La CMBR venne scoperta nel 1964 dagli astronomi statunitensi Arno Penzias e Robert Woodrow Wilson al termine di uno studio avviato nel 1940, che li portò a conseguire il Premio Nobel per la fisica nel 1978. La radiazione di fondo è definibile come la radiazione residua proveniente dalle fasi iniziali della nascita dell'universo in accordo con il modello del Big Bang, di cui è considerata una conferma chiave. Nelle fasi iniziali della vita, prima della formazione di stelle e pianeti, l'universo aveva dimensioni molto più contenute di quelle attuali, era molto più caldo e permeato da una radiazione uniforme in stretta interazione con il plasma di idrogeno. L'elevata energia dei fotoni impediva agli elettroni di legarsi ai protoni, impedendo la formazione degli atomi. Con l'espansione dell'universo, sia il plasma sia la radiazione iniziarono a raffreddarsi, fino a raggiungere una temperatura a cui la minor energia dei fotoni non era più in grado di impedire la formazione dei primi atomi stabili. Questi non poterono più assorbire la radiazione termica, cosicché l'universo, che fino a quel momento era stato una sorta di nebbia opaca, diventò trasparente alla radiazione. I fotoni che esistevano in quel momento iniziarono a propagarsi, divenendo meno energetici, dal momento che andavano a riempire un universo più grande. Misure precise della radiazione cosmica di fondo sono fondamentali per la cosmologia, dal momento che qualsiasi modello proposto dell'universo deve essere in grado di spiegare questa radiazione. La CMB ha uno spettro termico di corpo nero a una temperatura di 2,725 K, quindi lo spettro presenta dei picchi nella zona delle microonde alla frequenza di 160,2 GHz, corrispondenti a una lunghezza d'onda di 1,9 millimetri. L'emissione è quasi, ma non del tutto, uniforme in tutte le direzioni, e mostra un andamento molto specifico corrispondente a quello che si otterrebbe da un gas molto caldo e quasi uniforme che si espandesse fino alle attuali dimensioni dell'universo. In particolare, la distribuzione spaziale dell'energia dello spettro (cioè la differenza osservata in funzione della distanza delle regioni del cielo) contiene piccole anisotropie, o irregolarità, che variano con la dimensione della regione in esame. Queste anisotropie sono state misurate in dettaglio, e corrispondono a quanto ci si aspetterebbe se piccole oscillazioni termiche, generate da fluttuazioni quantistiche della materia in uno spazio ristretto, si fossero espanse fino alla dimensione dello spazio attualmente osservabile. Questo è ancora un settore molto attivo di studio, con gli scienziati che cercano sia dati più accurati (per esempio con la sonda Planck) sia una migliore interpretazione delle condizioni iniziali di espansione. Anche se molti processi differenti possono produrre la forma generale di uno spettro di corpo nero, nessun modello diverso dal Big Bang ha finora spiegato le fluttuazioni. Per questo la maggior parte dei cosmologi ritiene che il modello del Big Bang sia quello che dà la miglior interpretazione della radiazione di fondo. La radiazione cosmica di fondo è isotropa fino a circa una parte su 100.000: infatti il valore quadratico medio delle variazioni è di solo 18 µK.[5][6]. Lo spettrofotometro FIRAS (Far-Infrared Absolute Spectrophotometer) montato sul COBE della NASA, ha accuratamente misurato il suo spettro. I membri del progetto FIRAS hanno confrontato la CMB con la radiazione di corpo nero del riferimento interno dello strumento, e hanno trovato che gli spettri corrispondono entro l'errore sperimentale. Hanno concluso che qualsiasi deviazione dalla forma del corpo nero che potrebbe ancora non essere stata individuata nello spettro della CMB nella gamma di lunghezze d'onda 0,5-5 mm, deve avere un valore quadratico medio ponderato al massimo di 50 parti per milione (0,005%) rispetto al picco di luminosità della CMB. Questo ha reso lo spettro della CMB lo spettro di corpo nero misurato con più precisione in natura. La radiazione cosmica di fondo è forse la previsione principale del modello del Big Bang. Inoltre, la cosmologia inflazionaria prevede che dopo circa 10−37 secondi, l'universo appena nato abbia subito una crescita esponenziale che appianò quasi tutte le disomogeneità. A questo seguì la rottura spontanea di simmetria, un tipo di transizione di fase che ha fissato le interazioni fondamentali e le particelle elementari nella loro forma attuale. Dopo 10−6 secondi, l'universo primordiale era costituito da un plasma caldissimo di fotoni, elettroni, e barioni. I fotoni interagivano continuamente con il plasma attraverso lo scattering Thomson. L'espansione dell'universo, con il conseguente raffreddamento adiabatico, ha causato il raffreddamento del plasma fino a rendere possibile la combinazione degli elettroni con i protoni, per dare così luogo agli atomi di idrogeno. Questo evento di ricombinazione è avvenuto quando la temperatura era scesa a circa 3000 K, cioè quando l'età dell'universo era di circa 379 000 anni. A questo punto, i fotoni hanno potuto allontanarsi dagli atomi ora elettricamente neutri e hanno iniziato a viaggiare liberamente nello spazio, con il conseguente disaccoppiamento tra la materia e la radiazione. Da allora la temperatura di colore dei fotoni ha continuato a diminuire; attualmente ha raggiunto i 2,725 K, e continua a scendere mentre l'universo si espande. Secondo il modello del Big Bang, la radiazione che misuriamo oggi nel cielo proviene da una superficie sferica chiamata superficie di ultimo scattering. Questo rappresenta l'insieme dei punti nello spazio in cui si ritiene sia avvenuto l'evento di disaccoppiamento, a meno di 400 000 anni dopo il Big Bang[14]; i fotoni che ci hanno appena raggiunto provengono da questo remoto punto nel tempo. L'età stimata dell'Universo è di 13,75 miliardi di anni. Tuttavia, poiché l'Universo ha continuato ad espandersi da allora, la distanza comovente dalla Terra al bordo dell'universo osservabile è ora di almeno 46,5 miliardi anni luce. La teoria del Big Bang suggerisce che la radiazione cosmica di fondo riempia tutto lo spazio osservabile, e che la maggior parte dell'energia di radiazione nell'universo sia nella radiazione cosmica di fondo, che costituisce una frazione di circa 6 × 10−5 della densità totale dell'universo. Due dei più grandi successi della teoria del big bang sono la previsione del suo spettro quasi perfetto di corpo nero e la previsione dettagliata delle anisotropie della radiazione cosmica di fondo. La sonda WMAP ha misurato con precisione queste anisotropie su tutto il cielo fino a scale angolari di 0,2 gradi. Queste possono essere usate per stimare i parametri del modello Lambda-CDM standard del Big Bang. Alcune informazioni, come ad esempio la forma dell'universo, possono essere ottenute direttamente dalla radiazione cosmica di fondo, mentre altre, come la costante di Hubble, non sono collegate e devono essere dedotte da altre misurazioni. Il valore di quest'ultima dà lo spostamento verso il rosso delle galassie (da interpretare come la velocità di recessione) in proporzione alla loro distanza. La radiazione di fondo venne predetta nel 1948 da George Gamow, Ralph Alpher e Robert Herman. Alpher e Herman sono stati in grado di stimare la temperatura della radiazione cosmica di fondo a 5 K, anche se due anni dopo la ricalcolano a 28 K. Anche se ci sono state diverse stime precedenti della temperatura dello spazio, queste soffrivano di due difetti. In primo luogo, erano misure della temperatura effettiva dello spazio e non lasciavano supporre che lo spazio sia stato riempito con uno spettro termico di Planck. Poi, dipendono dalla nostra posizione speciale ai margini della Via Lattea e non specificano che la radiazione è isotropa. Le stime produrrebbero previsioni molto diverse se la Terra si trovasse in un altro punto dell'universo. I risultati del 1948 di Alpher e Herman vennero discussi fino al 1955, quando ognuno di loro lasciò il Laboratorio di Fisica Applicata della Johns Hopkins University. La maggioranza della comunità astronomica, tuttavia, non era ancora particolarmente interessata ai temi della cosmologia. La predizione di Alpher e Herman fu riscoperta da Yakov Zel'dovich all'inizio degli anni 1960, e indipendentemente predetta da Robert Dicke contemporaneamente. La prima pubblicazione della radiazione di fondo come un fenomeno rilevabile apparve in un breve elaborato degli astrofisici sovietici A. G. Doroshkevich e Igor Novikov, nella primavera del 1964. Nel 1964, David Todd Wilkinson e Peter Roll, colleghi di Robert Dicke all'Università di Princeton, iniziarono la costruzione di un radiometro Dicke per misurare la radiazione cosmica di fondo. Nel 1965, Arno Penzias e Robert Woodrow Wilson ai Bell Laboratories nelle vicinanze di Holmdel Township, New Jersey, costruirono un radiometro Dicke che intendevano utilizzare per la radioastronomia e gli esperimenti di comunicazione via satellite. Tale strumento soffriva di un eccesso di temperatura dell'antenna di 3,5 K che non riuscivano a spiegare. Dopo aver ricevuto una telefonata proveniente da Crawford Hill, Dicke disse una frase che divenne famosa: "Boys, we've been scooped" (che in italiano suonerebbe più o meno come "Ragazzi, ci hanno rubato lo scoop!"). Una riunione tra i gruppi di Princeton e Crawford Hill stabilì che la temperatura di disturbo dell'antenna era effettivamente dovuta dalla radiazione cosmica di fondo. Penzias e Wilson ricevettero il Premio Nobel per la fisica nel 1978 per tale scoperta. L'interpretazione della radiazione cosmica di fondo fu oggetto di controversia negli anni 1960 con alcuni sostenitori della teoria dello stato stazionario, i quali sostenevano che la radiazione di fondo è il risultato della luce stellare riflessa dalle galassie lontane. Utilizzando questo modello, e sulla base dello studio delle caratteristiche delle linee di assorbimento negli spettri delle stelle, l'astronomo Andrew McKellar ha scritto nel 1941: "Si può calcolare che la temperatura rotazionale dello spazio interstellare è di 2 K". Secondo un'altra possibile interpretazione, utilizzando l'equazione del trasporto radiativo in coordinate polari si può dimostrare che la radiazione cosmica di fondo non è di origine extragalattica ma è di origine locale. Tuttavia, durante gli anni 1970 venne stabilito che la radiazione cosmica di fondo è un residuo del Big Bang. Questo perché nuove misurazioni in una gamma di frequenze dello spettro hanno mostrato che era uno spettro di corpo nero termico, un risultato che il modello dello stato stazionario non riusciva a riprodurre. Harrison, Peebles, Yu e Zel'dovich si resero conto che l'universo primordiale avrebbe dovuto avere qualche disomogeneità a livello di 10−4 o 10−5. Rashid Sunyaev poi calcolò l'impronta osservabile che tali disomogeneità avrebbero sulla radiazione cosmica di fondo. Limiti sempre più stretti sull'anisotropia della radiazione cosmica di fondo sono stati stabiliti da esperimenti da terra, anche se l'anisotropia è stata innanzitutto rilevata attraverso l'analisi dei dati del RELIKT-1, come è stato riportato nel gennaio del 1992. A causa del ritardo plurimensile nella pubblicazione formale da parte delle riviste specializzate, il premio Nobel per la fisica per il 2006 venne assegnato al team del COBE, che rilevò le anisotropie tramite un radiometro differenziale a microonde pochi mesi dopo. Ispirato dai risultati di RELIKT-1 e COBE, nel decennio successivo una serie di esperimenti da terra e da pallone aerostatico misureranno la radiazione di fondo su scale angolari più piccole. L'obiettivo primario di questi esperimenti è stato quello di misurare l'entità del primo picco acustico, dato che il COBE non aveva una risoluzione sufficiente per studiarlo a fondo. Questo picco corrisponde a variazioni di densità su grande scala nell'universo primordiale, che vengono creati da instabilità gravitazionale, con conseguenti oscillazioni acustiche nel plasma. Il primo picco nell'anisotropia è stata provvisoriamente individuata dal QMAP e il risultato è stato confermato dal BOOMERanG e dal MAXIMA. Queste misurazioni hanno dimostrato che la forma dell'universo è approssimativamente piatta, piuttosto che curva. Esse escludono le stringhe cosmiche come componente principale della formazione delle strutture cosmiche, e suggeriscono che l'inflazione cosmologica è la teoria giusta per spiegare la formazione delle strutture. Il secondo picco è stato provvisoriamente rilevato da diversi esperimenti, prima di essere definitivamente rilevato dal WMAP, che ha anche rilevato il terzo picco. Al 2010, alcuni esperimenti per migliorare la misurazione della polarizzazione e la radiazione di fondo su piccole scale angolari sono ancora in corso. Questi includono DASI, WMAP, BOOMERanG, Planck Surveyor, Atacama Cosmology Telescope, South Pole Telescope e il telescopio QUIET. Le misurazioni della radiazione cosmica di fondo hanno fatto della teoria inflazionistica del Big Bang il modello standard delle origini dell'universo.[63] Questa teoria prevede che le condizioni iniziali per l'universo siano di natura casuale (vale a dire che non si è in grado di risalire agli istanti precedenti ad esse), e seguano una distribuzione di probabilità approssimativamente gaussiana, rappresentata graficamente, a sezioni trasversali, da curve a forma di campana. Analizzando questa distribuzione a diverse frequenze, viene generata una densità spettrale, o spettro di potenza. Lo spettro di potenza di queste fluttuazioni è stato calcolato e concorda con le osservazioni, anche se alcuni parametri, come ad esempio l'ampiezza complessiva delle fluttuazioni, sono parametri più o meno liberi del modello dell'inflazione cosmica. Pertanto, le componenti più significative delle disomogeneità nell'universo devono essere di natura statistica. Questo porta a una varianza cosmica, in cui le incertezze nella varianza delle fluttuazioni osservate su grande scala nell'universo sono difficili da comparare con precisione alla teoria. Il modello utilizza un campo gaussiano casuale con uno spettro di Harrison-Zel'dovich, o a invarianza di scala, per rappresentare le disomogeneità primordiali. La radiazione cosmica di fondo e lo spostamento verso il rosso cosmologico sono considerati le migliori prove disponibili per la teoria del Big Bang. La scoperta della CMB nella metà degli anni 1960 fece scemare l'interesse verso soluzioni alternative come la teoria dello stato stazionario. La radiazione di fondo offre un'istantanea dell'universo, quando, secondo la cosmologia standard, la temperatura era scesa abbastanza da permettere la formazione di atomi di idrogeno da parte di elettroni e protoni, rendendo così l'universo trasparente alle radiazioni. Quando questo avvenne, circa 380.000 anni dopo il Big Bang (periodo conosciuto come periodo di ultimo scattering, successivo al periodo di ricombinazione nel quale si formarono i primi atomi stabili di idrogeno ed elio, e al periodo di disaccoppiamento nel quale la radiazione presente nell'universo cessò di interagire con la materia), la temperatura dell'Universo era di circa 3.000 K. Ciò corrisponde ad una energia di circa 0,25 eV, che è molto inferiore ai 13,6 eV, ovvero l'energia di ionizzazione dell'idrogeno. Dal momento del disaccoppiamento, la temperatura della radiazione di fondo è scesa di circa 1.100 volte a causa dell'espansione dell'universo. Come conseguenza dell'espansione, i fotoni della CMB si spostano verso il rosso, rendendo la temperatura della radiazione inversamente proporzionale ad un parametro chiamato fattore di scala dell'universo. Si può dimostrare che l'andamento della temperatura Tr della CMB in funzione dello spostamento verso il rosso, z, è proporzionale alla temperatura della CMB attuale (2,728 K o 0,235 meV) secondo la seguente relazione:
Anisotropie della CMB
La radiazione cosmica di fondo presenta un'alta isotropia, indice di una notevole omogeneità del plasma primordiale. Tale omogeneità però non avrebbe portato alla creazione di strutture come galassie e ammassi. La presenza di questi oggetti implica delle anisotropie del plasma. La CMB presenta due tipologie di anisotropie, chiamate primarie e secondarie. L'anisotropia della radiazione cosmica di fondo è divisa in due tipi: anisotropia primaria, derivante dagli effetti che si verificano sulla superficie di ultimo scattering e prima, e anisotropia secondaria, legata ad effetti quali le interazioni con il gas caldo o il potenziale gravitazionale, tra la superficie di ultimo scattering e l'osservatore. La struttura delle anisotropie è determinata principalmente da due effetti: oscillazioni acustiche e smorzamento della diffusione (noto anche come smorzamento senza collisione). Le oscillazioni acustiche sorgono a causa della competizione tra fotoni e barioni nel plasma dell'universo primordiale. La pressione dei fotoni tende a cancellare le anisotropie, mentre l'attrazione gravitazionale dei barioni, in movimento a velocità molto più basse della luce, li porta a collassare formando così densi aloni. Questi due effetti sono in competizione tra loro, creando le oscillazioni acustiche che danno al fondo a microonde la sua caratteristica struttura a picchi. I picchi corrispondono, grosso modo, alle risonanze alle quali i fotoni si dissociano quando un particolare modo di oscillazione è al suo picco di ampiezza. I picchi contengono interessanti impronte fisiche. La scala angolare del primo picco determina la curvatura dell'universo (ma non la sua topologia). Il picco successivo (che è il rapporto tra i picchi pari e i picchi dispari) determina la ridotta densità barionica. Il terzo picco può essere utilizzato per estrarre informazioni sulla densità di materia oscura. Le posizioni dei picchi danno anche importanti informazioni sulla natura delle perturbazioni primordiali della densità. Ci sono due tipologie fondamentali di perturbazioni della densità, le adiabatiche e quelle a isocurvatura. Una generica perturbazione di densità è un misto di entrambe, e le differenti teorie che pretendono di spiegare lo spettro della perturbazione primordiale della densità prevedono miscele differenti.
- Perturbazioni adiabatiche della densità
- Perturbazioni di isocurvatura nella densità
- L'aumento del cammino libero medio dei fotoni mentre il plasma primordiale diventa sempre più rarefatto nell'universo in espansione;
- La profondità finita della superficie di ultimo scattering, che fa sì che il cammino libero medio cresca rapidamente durante il disaccoppiamento, anche se qualche scattering Compton è ancora in corso.
Questi effetti contribuiscono quasi equamente alla soppressione delle anisotropie su scale piccole, e danno origine alla caratteristica coda di smorzamento esponenziale visibile nelle anisotropie su scala angolare piccolissima. La profondità della superficie di ultimo scattering si riferisce al fatto che il disaccoppiamento dei fotoni e barioni non avviene istantaneamente, ma richiede invece una frazione apprezzabile di età dell'Universo fino a tale epoca. Un metodo per quantificare esattamente quanto lungo sia questo processo è la funzione di visibilità del fotone (photon visibility function, PVF). Questa funzione è definita in modo che, denotando la PVF con P(t), la probabilità che un fotone della CMB abbia avuto l'ultimo scattering tra il tempo t e t+dt, sia data da P(t)dt. Il massimo della PVF (il momento più probabile in cui è avvenuto l'ultimo scattering di un dato fotone della CMB) è noto con una certa precisione. I risultati del primo anno di osservazioni del WMAP situano il momento in cui P(t) è al massimo a 372 ± 14 ka. Questo è spesso considerato come il momento della nascita della radiazione di fondo. Tuttavia, per capire "quanto" tempo ci hanno messo fotoni e barioni a disaccoppiarsi, occorre avere anche una misura della larghezza della PVF. Il team del WMAP ritiene che la PVF sia maggiore della metà del suo valore massimo (la "piena larghezza a metà altezza", o FWHM), in un intervallo di 115 ± 5 ka. In base a questa misura, il disaccoppiamento ha avuto luogo in circa 115 000 anni, e quando fu terminato, l'universo aveva circa 487 000 anni di età. Da quanto si può osservare la radiazione di fondo, a partire dal momento della sua formazione, è stata modificata da diversi processi fisici successivi, che sono indicati collettivamente con il nome di anisotropie successive o anisotropie secondarie. Quando i fotoni della CMB sono stati liberi di viaggiare senza ostacoli, la materia ordinaria dell'universo consisteva per lo più di atomi di idrogeno e di elio neutri. Tuttavia, le osservazioni odierne delle galassie sembrano indicare che la maggior parte del volume dello spazio intergalattico è costituito da materiale ionizzato (in quanto ci sono poche linee di assorbimento derivanti da atomi di idrogeno). Questo implica un periodo di reionizzazione durante il quale una parte del materiale dell'universo venne frammentata in ioni di idrogeno. I fotoni della CMB dispersero le cariche libere, come gli elettroni non legati ad atomi. In un universo ionizzato, queste particelle cariche sono state liberate dagli atomi neutri dalle radiazioni ionizzanti come i raggi ultravioletti. Oggi queste cariche libere hanno una densità sufficientemente bassa nella maggior parte del volume dell'Universo, da non incidere apprezzabilmente sulla CMB. Tuttavia, se il mezzo interstellare è stato ionizzato in un'era sufficientemente primordiale, quando l'universo era ancora molto più denso, ci sono due effetti principali sulla radiazione di fondo:
- Le anisotropie su piccola scala vengono cancellate (come quando guardando un oggetto attraverso la nebbia, i dettagli degli oggetti appaiono sfocati.)
- La fisica di come i fotoni vengono diffusi dagli elettroni liberi (scattering Thomson) induce un'anisotropia di polarizzazione su grandi scale angolari. Questa polarizzazione su ampio angolo è correlata con la perturbazione della temperatura di ampio angolo.
Entrambi gli effetti sono stati osservati dal WMAP, fornendo la prova che l'universo è stato ionizzato molto presto, ad un redshift superiore a 17. La provenienza dettagliata di queste radiazioni ionizzanti è ancora oggetto di dibattito scientifico. Potrebbero includere luce stellare dalle primissime stelle (stelle di popolazione III), supernovae, quando queste stelle raggiunsero la fine della loro vita, o le radiazioni ionizzanti prodotte dai dischi di accrescimento di buchi neri massicci. Il momento successivo all'emissione della radiazione cosmica di fondo, e prima dell'osservazione delle prime stelle, viene chiamato umoristicamente dagli astronomi era oscura (dark age), ed è un periodo che è in fase di intenso studio da parte degli astronomi (riga a 21 cm dell'idrogeno neutro). Altri due effetti che si verificarono tra la reionizzazione e le attuali osservazioni della radiazione cosmica di fondo, e che sembrano provocare anisotropie, includono l'effetto Sunyaev-Zel'dovich, dove una nube di elettroni ad alta energia diffonde la radiazione trasferendo parte della sua energia ai fotoni della CMB, e l'effetto Sachs-Wolfe, che provoca ai fotoni della radiazione cosmica di fondo uno spostamento gravitazionale verso il rosso o verso il blu, a causa del cambiamento del campo gravitazionale.
Anisotropia di dipolo
Questa anisotropia non è di natura intrinseca ma è dovuta al moto del nostro sistema di riferimento (il sistema solare) rispetto al sistema di riferimento della radiazione di fondo che può essere considerato come un sistema in quiete. Questa anisotropia è di ampiezza maggiore rispetto alle altre ed è ad una temperatura di 3,353±0,024 mK.
Polarizzazione
La radiazione cosmica di fondo è polarizzata a livello di qualche microkelvin. Esistono due tipi di polarizzazione, chiamati E-mode e B-mode. Questo un'analogia con l'elettrostatica, in cui il campo elettrico (campo E) ha un rotore nullo, e il campo magnetico (campo B) ha una divergenza nulla. Gli E-mode sorgono naturalmente dallo scattering Thomson in un plasma eterogeneo. I B-mode, che non sono stati misurati e si pensa abbiano un'ampiezza massima di 0,1 µK, non sono prodotti solo dalla fisica del plasma. Si tratta di un segnale proveniente dall'inflazione cosmica e sono determinati dalla densità delle onde gravitazionali primordiali. Il rilevamento del segnale B-mode sarà estremamente difficile, tanto più che il grado di contaminazione di primo piano è sconosciuto, e il segnale di lente gravitazionale debole mescola il segnale relativamente forte E-mode con il segnale B-mode. Le anisotropie di quadrupolo hanno ordine di multipolo {\displaystyle l=2} e hanno origini differenti a seconda del valore di {\displaystyle m}:
- Perturbazioni scalari: le fluttuazioni di densità di energia nel plasma causano un gradiente nella distribuzione della velocità.
- Perturbazioni vettoriali: la vorticosità del plasma crea un differente tipo di quadrupolo dovuto allo spostamento Doppler con la velocità. Tale vorticosità sarebbe però stata smorzata durante l'inflazione e ci si aspetta sia trascurabile.
- Perturbazioni tensoriali: le onde gravitazionali modificano lo spazio che contiene i fotoni nelle direzioni ortogonali attraversando il plasma. Inoltre modificano la lunghezza d'onda della radiazione creando anche anisotropie quadrupolari di temperatura.
Osservazione della radiazione cosmica di fondo
Dopo la scoperta della radiazione di fondo, sono stati condotti centinaia di esperimenti per misurare e caratterizzare i segnali caratteristici della radiazione. L'esperimento più famoso è probabilmente il COBE della NASA, satellite che orbitò dal 1989 al 1996, il quale individuò e quantificò le anisotropie su larga scala al limite delle sue capacità di rilevazione. Ispirata dai risultati del COBE che mostravano una CMB estremamente isotropa e omogenea, nel corso di un decennio una serie di esperimenti a terra e su pallone ha permesso di quantificare le anisotropie con ulteriori misure su scala angolare più piccola. L'obiettivo primario di questi esperimenti era di misurare l'entità angolare del primo picco acustico, per la quale il COBE non aveva una risoluzione sufficiente. Queste misurazioni sono state in grado di escludere le stringhe cosmiche come la teoria principale di formazione delle strutture cosmiche, e hanno suggerito che l'inflazione cosmica era la teoria giusta. Negli anni 1990, il primo picco è stato misurato con una sensibilità crescente e verso il 2000 l'esperimento BOOMERanG ha rilevato che le fluttuazioni di potenza massima si verificano su scale di circa un grado. Insieme ad altri dati cosmologici, questi risultati implicano che la geometria dell'universo è piatta. Nei tre anni successivi un certo numero di interferometri terrestri, tra cui il telescopio VSA, il DASI e il CBI, hanno fornito misurazioni delle oscillazioni con una maggiore precisione. Il DASI ha effettuato la prima rilevazione della polarizzazione della CMB e il CBI ha fornito il primo spettro di polarizzazione E-mode con una prova convincente che è fuori fase rispetto allo spettro T-mode. Nel giugno del 2001, la NASA ha lanciato una seconda missione spaziale per la CMB, la Wilkinson microwave anisotropy probe (WMAP), per effettuare misurazioni molto più precise delle anisotropie su grande scala con una mappatura completa del cielo. I primi dati diffusi dalla missione nel 2003, erano misure dettagliate dello spettro di potenza su scale inferiori a un grado. I risultati sono sostanzialmente coerenti con quelli previsti dall'inflazione cosmica e da altre diverse teorie, e sono disponibili in dettaglio nella banca dati della NASA per la radiazione cosmica di fondo (CMB). Anche se il WMAP ha fornito misurazioni molto accurate della fluttuazione su grande scala angolare della CMB, non ha avuto una risoluzione angolare sufficiente per misurare le fluttuazioni su scala minore osservate da terra da altri esperimenti. Una terza missione spaziale, il Planck Surveyor, è stato lanciato nel maggio del 2009. Planck si avvale sia di radiometri HEMT sia di bolometri, ed è in grado di misurare la CMB su scale più piccole del WMAP. A differenza delle due precedenti missioni spaziali, Planck è gestito dall'ESA, l'Agenzia spaziale europea. I suoi rilevatori hanno effettuato un test di prova sul telescopio antartico Viper con l'esperimento ACBAR, che ha prodotto le misurazioni più precise alle piccole scale angolari fino ad oggi, e sul telescopio Archeops, montato su un pallone. La missione si è conclusa nel 2013. Le immagini della radiazione cosmica di fondo prodotte dal satellite Planck sono in accordo con quelle ottenute dal satellite WMAP e confermano i dati precedenti, ma con una precisione maggiore (5 milioni di pixel di risoluzione contro i 3 milioni di WMAP). Altri strumenti basati a terra, come il South Pole Telescope in Antartide, il telescopio Clover, l'Atacama Cosmology Telescope e il telescopio QUIET in Cile dovrebbero fornire i dati non ottennibili da osservazioni satellitari, e forse anche la polarizzazione B-mode.
Riduzione e analisi dei dati
I dati "grezzi" provenienti dalle sonde spaziali (come il WMAP) contengono effetti di primo piano che oscurano completamente la struttura a scala fine della radiazione di fondo a microonde. La struttura fine è sovrapposta ai dati grezzi della CMB, ma è troppo piccola per essere rilevata alla scala dei dati grezzi. Il più importante degli effetti di primo piano è l'anisotropia di dipolo causata dal moto del Sole rispetto alla CMB. Le anisotropie di dipolo e di altro tipo, causate dal moto annuale della Terra rispetto al Sole, insieme a numerose altre fonti di radiazioni a microonde provenienti dal piano galattico ed extragalattico, devono essere sottratte per rendere evidenti le variazioni molto piccole che caratterizzano la struttura a scala fine della CMB. L'analisi in dettaglio dei dati CMB per produrre mappe, uno spettro di potenza angolare e, infine, i parametri cosmologici è un problema computazionalmente difficile. Sebbene la computazione di uno spettro di potenza da una mappa è in linea di principio una semplice trasformata di Fourier, scomponendo la mappa del cielo in armoniche sferiche, in pratica però è difficile tener conto degli effetti del rumore e delle fonti di primo piano. In particolare, il primo piano è dominato da emissioni galattiche come le Bremsstrahlung, le radiazioni di sincrotrone, e le polveri che emettono segnali nella banda delle microonde. In pratica, le radiazioni provenienti dalla nostra Galassia devono essere eliminate, dando luogo a una mappatura che non contempla più l'intero cielo. Inoltre, sorgenti puntiformi come galassie e ammassi rappresentano altre fonti di primo piano che devono essere rimosse affinché non distorcano la struttura su scala piccola dello spettro di potenza della CMB. Le restrizioni che gravano su molti parametri cosmologici possono essere ricavate dai loro effetti sullo spettro di potenza, ed i risultati sono spesso calcolati utilizzando le tecniche di campionamento Markov Chain Monte Carlo. Sulla base di alcune anomalie osservate da Planck Surveyor (come una differenza significativa nel segnale osservato nei due emisferi opposti del cielo, e una regione fredda eccessivamente grande, tale da dover accettare l'esistenza di un enorme supervuoto), taluni hanno ipotizzato che la radiazione potesse essere un fenomeno più locale e quindi non un residuo del Big Bang; in passato era stato obiettato che la sua origine fosse nell'estinzione interstellare con presenza di particelle di ferro sullo sfondo (Hoyle, Narlikar, Arp) o una radiazione polarizzata di sincrotrone proveniente da radiogalassie e radiosorgenti lontane e annichilazioni materia-antimateria (Cosmologia del plasma). Dai dati dalla radiazione di fondo si vede che il nostro gruppo locale di galassie (l'ammasso galattico che include la Via Lattea), sembra muoversi a 627 ± 22 km/s rispetto al sistema di riferimento della CMB in direzione della longitudine galattica l = 276±3°, b = 30±3º. Questo movimento provoca un'anisotropia dei dati in quanto la CMB appare leggermente più calda nella direzione del movimento che nella direzione opposta. L'interpretazione standard di queste variazioni di temperatura è un semplice spostamento verso il rosso e verso il blu dovuto al moto relativo rispetto alla CMB, ma modelli cosmologici alternativi sono in grado di spiegare alcune frazioni della distribuzione della temperatura di dipolo osservate nella CMB. Con i dati sempre più precisi forniti dal WMAP, ci sono state una serie di segnalazioni secondo cui la CMB soffre di anomalie, come anisotropie su grandissima scala, allineamenti anomali, e distribuzioni non-gaussiane. La più duratura di queste è la polemica sui multipoli a bassi valori di l. Anche nella mappa del COBE si è osservato che il quadrupolo (l = 2, armoniche sferiche) ha un'ampiezza bassa rispetto alle previsioni del Big Bang. Alcuni osservatori hanno fatto notare che le anisotropie nei dati del WMAP non sembrano essere coerenti con il quadro del big bang. In particolare, il quadrupolo e l'octupolo (l = 3) sembrano avere un allineamento inspiegabile tra di loro e con il piano dell'eclittica, un allineamento a volte indicato come l'asse del male. Alcuni gruppi hanno suggerito che questo potrebbe rappresentare l'indicazione di una nuova fisica alle scale più grandi osservabili. In ultima analisi, a causa degli effetto di primo piano e del problema della varianza cosmica, le modalità più grandi non saranno mai misurabili così precisamente come le modalità a piccola scala angolare. Le analisi sono state effettuate su due mappe dalle quali i primi piani sono stati rimossi nel miglior modo possibile: la mappa della «combinazione lineare interna» del WMAP e una mappa simile preparata da Max Tegmark e altri. Analisi successive hanno evidenziato che queste sono le modalità più sensibili alla contaminazione di primo piano delle radiazioni da sincrotrone, polveri, bremsstrahlung, e da incertezze sperimentali nel monopolo e nel dipolo. Un'analisi bayesiana dello spettro di potenza del WMAP dimostra che la previsione del quadrupolo del modello cosmologico Lambda-CDM è coerente con i dati al livello del 10% e che l'octupolo osservato non è notevole. Conti più attenti sulla procedura utilizzata per rimuovere il primo piano dalla mappatura completa del cielo, riducono ulteriormente l'importanza dell'allineamento del 5% circa.
Nucleosintesi primordiale
In cosmologia, con nucleosintesi primordiale (in inglese Big Bang nucleosynthesis, da cui l'acronimo BBN) si denomina, secondo la teoria del Big Bang, il processo di produzione degli elementi chimici durante le prime fasi dell'universo. Si ritiene che questa nucleosintesi sia stata responsabile della formazione dell'idrogeno (H-1 oppure H), del suo isotopo deuterio (H-2 o D), degli isotopi dell'elio He-3 e He-4 e dell'isotopo del litio Li-7. La nucleosintesi primordiale ha due caratteristiche peculiari:
- La sua durata è stata di circa tre minuti, dopodiché la temperatura e la densità dell'universo sono cadute sotto i valori richiesti per la fusione nucleare. La brevità del processo è importante perché ha fatto sì che elementi più pesanti del berillio non si siano formati, mentre ha mantenuto elementi leggeri come il deuterio
- È stata ubiquitaria nell'intero universo
Il parametro chiave che consente di calcolare gli effetti della nucleosintesi è il numero di fotoni per barione. Questo parametro corrisponde alla temperatura ed alla densità dell'universo iniziale e permette di determinare le condizioni sotto le quali la fusione nucleare ha avuto luogo. Da ciò si può derivare l'abbondanza cosmica degli elementi. Nonostante il rapporto fotoni/barioni sia importante per determinare tale abbondanza, il valore preciso è lievemente diverso. In base all'attuale teoria del Big Bang la nucleosintesi risulta in 25% di elio-4, circa 1% di deuterio, tracce di litio e berillio e nessun altro elemento pesante. La misura dell'abbondanza osservata è considerata una prova della teoria. La nucleosintesi primordiale comincia circa un minuto dopo il Big Bang, quando l'universo si è raffreddato abbastanza per la bariogenesi, cioè la formazione di protoni e neutroni stabili. In base a semplici considerazioni termodinamiche, è possibile calcolare l'abbondanza di protoni e neutroni: la frazione vede un maggior numero di protoni, in quanto la massa più grande dei neutroni causa un loro decadimento spontaneo in protoni chiamato decadimento beta, con periodo di dimezzamento di circa 15 minuti. Una delle caratteristiche della nucleosintesi è che le leggi fisiche e le costanti che regolano il comportamento della materia a queste energie è noto: per questo motivo vengono eliminate le incertezze tipiche degli studi cosmologici sui primi minuti di vita dell'universo. Mentre si espande, l'universo si raffredda. Neutroni liberi e protoni sono meno stabili dei nuclei di elio e sono quindi portati a creare elio-4. Però la formazione dell'elio-4 richiede, come passo intermedio, la formazione del deuterio. Durante la nucleosintesi la temperatura è più alta dell'energia nucleare del deuterio e per questo ogni atomo di deuterio che si forma è subito distrutto (situazione nota come collo di bottiglia del deuterio). Quindi la formazione dell'elio-4 è ritardata fino al momento in cui l'universo è abbastanza freddo per la formazione del deuterio (circa T = 0.1 MeV). Subito dopo, a tre minuti dal Big Bang, l'universo diventa troppo freddo perché possa avvenire la fusione nucleare. A questo punto l'abbondanza di elementi è fissata e cambia solo quando prodotti radioattivi della nucleosintesi decadono. La storia della nucleosintesi primordiale comincia con i calcoli effettuati da Ralph Alpher e George Gamow negli anni quaranta. Negli anni settanta, la densità dei barioni calcolata secondo la nucleosintesi portò a molte discussioni in quanto era di molto inferiore alla massa dell'universo osservata basandosi sui calcoli della velocità di espansione. Queste discussioni furono in gran parte risolte postulando l'esistenza della materia oscura.
Elementi pesanti
La nucleosintesi primordiale non produce elementi più pesanti del berillio. Non esiste un nucleo stabile con 8 nucleoni, quindi c'è stato un rallentamento nella nucleosintesi che ha fermato il processo. Nelle stelle, il collo di bottiglia viene passato con triplici collisioni dei nuclei di elio-4 (processo tre alfa). Comunque questo processo richiede decine di centinaia di anni per convertire una massa significativa di elio in carbonio, e quindi non è stato possibile convertire grandi quantità di elio nei minuti successivi al Big Bang.
Elio-4
La nucleosintesi ha creato circa 25% di elio-4 e questo numero è insensibile alle condizioni dell'universo. Il motivo per cui questo accade è che l'elio-4 è talmente stabile che non decade e molto difficilmente si combina con altri nuclei per formare atomi più pesanti. Finché l'universo è stato estremamente caldo, permettendo a neutroni e protoni di trasformarsi l'uno nell'altro, il loro rapporto era di 1 (N) a 7 (P). Quando l'universo si è raffreddato i neutroni si sono fusi con i protoni per formare nuclei del nuovo elemento: ogni 16 nucleoni (2 neutroni e 14 protoni), 4 di questi (ovvero il 25%) si sono combinati in elio-4. Un'analogia è pensare all'elio-4 come cenere, e la quantità di cenere che si forma quando si brucia completamente un pezzo di legno è indipendente dal modo in cui uno lo brucia. L'abbondanza di elio-4 è importante in quanto c'è molto più elio-4 nell'universo che quanto possa essersi formato con la nucleosintesi stellare. In più, offre un importante test per la teoria del Big Bang. Se la quantità di elio osservata è molto diversa dal 25%, questa teoria viene messa in crisi. Sarebbe questo il caso se la prima quantità di elio-4 fosse molto più piccola del 25%, in quanto è difficile distruggere tali atomi. Per alcuni anni, intorno al 1995, le osservazioni suggerivano che fosse proprio questo il caso, e gli astrofisici parlavano di una crisi della nucleosintesi primordiale, ma osservazioni seguenti riconfermavano la teoria.
Deuterio
Il deuterio è in qualche modo l'opposto dell'elio-4, in quanto quest'ultimo è molto stabile e difficile da distruggere, mentre il deuterio è instabile e facile da separare. Dal momento che l'elio-4 è molto stabile, c'è una forte tendenza da parte di due nuclei di deuterio di combinarsi per formare l'atomo elio-4. L'unica ragione per cui la nucleosintesi non converte tutti gli atomi di deuterio dell'universo in elio è che l'espansione dell'universo lo ha raffreddato ed ha fermato subito questa conversione. Come conseguenza la quantità di deuterio è molto condizionata dalle condizioni iniziali. Più denso è l'universo, più deuterio ha tempo di convertirsi in elio-4 e meno deuterio rimane. Non ci sono processi post-Big Bang che produrrebbero tale quantità di deuterio. Per questo motivo le osservazioni dell'abbondanza di deuterio suggeriscono che l'universo non sia infinitamente vecchio, come sostenuto anche dalla teoria del Big Bang. Durante gli anni settanta furono compiuti grandi sforzi per trovare processi che potessero produrre deuterio. Il problema era che mentre la concentrazione di deuterio nell'universo è alta rispetto al modello del Big Bang come totale, è troppo alta per entrare nel modello che presume che la maggior parte dell'universo consista di protoni e neutroni. Questa divergenza, tra le osservazioni del deuterio e dell'espansione dell'universo, ha richiesto grandi sforzi per trovare processi che possano produrre tale isotopo. Dopo decenni di prove, si raggiunse il consenso dicendo che questi processi erano improbabili e la spiegazione standard ora usata per spiegare l'abbondanza di deuterio è che l'universo non consiste principalmente di barioni e che la materia oscura costituisce la maggior parte della massa dell'universo. Risulta molto difficile trovare un altro processo che possa produrre deuterio tramite una fusione nucleare. Questo processo richiederebbe una temperatura alta abbastanza per produrre l'isotopo, ma non così alta da produrre elio-4, e richiederebbe inoltre un immediato raffreddamento a temperature non-nucleari dopo un paio di minuti. Inoltre è necessario che il deuterio sia spazzato via prima che si ritrasformi. Produrre il deuterio tramite fissione, è anche molto difficile. Il problema in questo processo è, di nuovo, l'instabilità dell'isotopo e che le collisioni con altri nuclei atomici probabilmente li fanno fondere o rilasciare neutroni liberi o particelle alfa. Negli anni settanta si è cercato di usare i raggi cosmici per produrre il deuterio. Queste prove si rivelarono inutili per la creazione dell'isotopo, ma inaspettatamente crearono altri elementi leggeri.
In aggiunta allo scenario normale della nucleosintesi, ci sono molti scenari non standard. Non devono però esser confusi con la cosmologia non standard: uno scenario della nucleosintesi non standard vuole che il Big Bang sia accaduto, ma aggiunge altra fisica per vedere come questa modifichi l'abbondanza degli elementi. Tra questi "pezzi di fisica" aggiunti, ci sono il rilassamento o la rimozione dell'omogeneità, o l'inserimento di nuove particelle come i neutrini. Ci sono stati motivi per cui effettuare ricerche sulla nucleosintesi non standard. Il primo è di interesse storico: risolvere i problemi sorti dalle previsioni sulla nucleosintesi e dalle osservazioni. Questo si è dimostrato di scarsa utilità in quanto le inconsistenze furono risolte da migliori osservazioni, ed in molti casi il cambiamento della nucleosintesi ha fatto sì che ci furono più divergenze. Il secondo motivo, centro della nucleosintesi non standard all'inizio del XXI secolo, vede l'uso della nucleosintesi per limitare la fisica sconosciuta o speculativa. Per esempio, la nucleosintesi standard vuole che non ci siano strane ipotetiche particelle coinvolte nel processo. Si potrebbe aggiungere un'ipotetica particella (un neutrino ad esempio) e vedere cosa succede prima che la nucleosintesi predica quantità molto differenti dalle osservazioni. Ciò è stato compiuto con successo per limitare la massa di un neutrino tauonico stabile.
Evoluzione e distribuzione galattica
Osservazioni dettagliate sulla morfologia e distribuzione delle galassie e dei quasar forniscono una prova convincente della teoria del Big Bang. La combinazione delle osservazioni e delle teorie suggerisce che i primi quasar e le prime galassie si formarono circa un miliardo di anni dopo il Big Bang e da allora si formarono le strutture più grandi, come gli ammassi e i superammassi galattici. Le popolazioni stellari si sono evolute nel tempo, perciò le galassie più distanti (che vengono osservate così come erano nel giovane universo) appaiono molto diverse dalle galassie a noi più vicine, in quanto queste ultime sono osservate in uno stato più recente. Inoltre, le galassie che si sono formate in periodi relativamente recenti appaiono decisamente diverse rispetto a quelle che si formarono ad una distanza simile, ma subito dopo il Big Bang. Queste osservazioni sono portate come prove contro il modello dello stato stazionario. Le osservazioni della formazione stellare, della distribuzione di galassie e quasar e le strutture a larga scala sono in accordo con le previsioni del Big Bang (per quel che riguarda la formazione di queste strutture nell'universo) e stanno contribuendo a completare tutti i dettagli della teoria. Dopo alcune controversie, l'età dell'universo, come stimato dalla costante di Hubble e dalla radiazione di fondo, è consistente (vale a dire leggermente maggiore) con le età delle stelle più vecchie, misurate applicando la teoria dell'evoluzione stellare agli ammassi globulari e attraverso la datazione radiometrica di singole stelle di Popolazione II. La previsione che la temperatura della radiazione di fondo fosse più alta in passato è stata confermata sperimentalmente dalle osservazioni delle linee di emissioni sensibili alla temperatura nelle nubi di gas con alto spostamento verso il rosso. Questa previsione implica inoltre che l'ampiezza dell'effetto Sunyaev-Zel'dovich negli ammassi di galassie non dipende direttamente dal loro spostamento verso il rosso: questo sembra essere abbastanza vero, ma l'ampiezza dipende da proprietà dell'ammasso, che cambiano sostanzialmente solo su un arco di tempo cosmico, perciò una verifica abbastanza precisa è impossibile da svolgere.
Questioni aperte
Mentre ormai pochi ricercatori mettono in dubbio il fatto che sia avvenuto il Big Bang, la comunità scientifica era divisa in passato tra chi sosteneva questa teoria e chi riteneva possibili altri modelli cosmologici. In questo contesto di acceso dibattito furono sollevati molti problemi inerenti alla teoria del Big Bang e la sua capacità di riprodurre le osservazioni cosmologiche. Ormai questi problemi sono perlopiù ricordati principalmente per il loro interesse storico; le soluzioni ad essi sono state ottenute o attraverso modifiche alla teoria o come risultato di osservazioni migliori. Altre questioni, come il problema della cuspide degli aloni galattici, la grande presenza di galassie nane e la natura della materia oscura fredda, non sono considerate irrisolvibili e si suppone di venirne a capo attraverso ulteriori perfezionamenti di tale teoria. Le idee centrali nella teoria del Big Bang (vale a dire l'espansione, lo stato iniziale ad elevata temperatura, la formazione dell'elio, la formazione delle galassie) sono state confermate da parecchie osservazioni indipendenti tra loro, che includono l'abbondanza degli elementi leggeri, la radiazione cosmica di fondo, la struttura a grande scala dell'universo e le supernovae di tipo Ia, e perciò non possono più essere messe in dubbio come caratteristiche importanti e reali del nostro universo. Gli attuali accurati modelli del Big Bang ricorrono a vari fenomeni fisici "esotici", che non sono stati ancora osservati negli esperimenti effettuati nei laboratori terrestri o non sono stati incorporati nel Modello standard della fisica delle particelle. Fra questi fenomeni l'esistenza dell'energia oscura e della materia oscura sono considerate le ipotesi più solide, mentre l'inflazione cosmica e la bariogenesi sono teorie più speculative: esse forniscono spiegazioni soddisfacenti per importanti caratteristiche dell'universo nelle epoche più antiche, ma potrebbero essere sostituite da idee alternative senza compromettere il resto della teoria. Le spiegazioni di tali fenomeni sono ancora argomento dei settori più avanzati della ricerca fisica.
Problemi della teoria
Il problema dell'orizzonte nasce dalla premessa che non esiste alcuna interazione capace di trasmettere informazione a velocità superiore a quella della luce. In un universo con un'età finita, ciò comporta un limite, detto orizzonte di particella, sulla massima distanza tra due qualsiasi regioni di spazio che sono in rapporto causale tra loro. L'isotropia osservata nella radiazione cosmica di fondo è problematica al riguardo: se l'universo fosse stato dominato dalla radiazione o dalla materia per tutto l'arco di tempo che arriva fino all'istante dell'ultimo scattering, l'orizzonte di particella relativo a quell'istante dovrebbe corrispondere a due gradi nel cielo. Quindi non ci sarebbe alcun meccanismo che possa portare regioni più ampie di cielo ad avere la stessa temperatura. Una soluzione a questa apparente incoerenza è fornita dalla teoria inflazionaria, nella quale un campo di energia scalare omogeneo e isotropo dominò l'universo in un periodo di tempo che precede la bariogenesi. Durante l'inflazione, l'universo subì un'espansione esponenziale e l'orizzonte delle particelle si espanse molto più rapidamente di quanto supposto in precedenza, perciò anche quelle regioni, che sono attualmente poste su lati opposti dell'universo osservabile, sono bene all'interno del reciproco orizzonte delle particelle. L'isotropia osservata nella radiazione di fondo deriva dal fatto che tutto l'universo osservabile era in rapporto causale prima dell'inizio dell'inflazione e perciò si era già portato in una condizione di equilibrio termico. Il principio di indeterminazione di Heisenberg prevede che durante la fase inflazionaria ci siano state fluttuazioni termiche quantistiche, che si sarebbero ingrandite su scala cosmica. Queste fluttuazioni sono i fondamenti di tutti gli attuali modelli sulla struttura dell'universo. L'inflazione prevede che le fluttuazioni primordiali siano all'incirca invarianti di scala e gaussiane; ciò è stato accuratamente confermato dalle misure della radiazione di fondo. Se il processo inflazionario ha davvero avuto luogo, l'espansione esponenziale deve aver spinto ampie regioni dello spazio ben oltre il nostro orizzonte osservabile.
Una singolarità gravitazionale è un punto dello spaziotempo in cui l'energia del campo gravitazionale tende a un valore infinito, così come la densità e la curvatura. I teoremi di Penrose-Hawking dimostrano l'esistenza di una singolarità all'inizio del tempo cosmico, tuttavia assumono la validità della relatività generale benché essa non sia applicabile prima del tempo in cui l'universo raggiunse la temperatura di Planck. Una teoria di gravità quantistica potrebbe portare a soluzioni prive di singolarità. Alcuni dei problemi posti dalla singolarità:
- la causa dell'espansione iniziale e della nascita dell'universo dal "nulla"
- la possibilità dell'esistenza di uno spaziotempo precedente
- l'inconciliabilità in condizioni così estreme della relatività generale con la meccanica quantistica
- una possibile violazione della legge di conservazione dell'energia
Alcune teorie (prive di verifiche) che tentano una soluzione nell'ambito della cosmologia quantistica, rendendo non più necessaria la singolarità iniziale:
- modelli che includono uno stato originale senza inizio, come lo stato "senza frontiere" di Hartle-Hawking, nel quale l'intero spaziotempo è finito ma senza confini; ciò implica che il Big Bang costituisca un limite del tempo, ma senza la necessità di una singolarità iniziale; anche la cosmologia dal potenziale quantistico elimina la singolarità affermando l'eternità dell'universo, come un fluido di gravitoni;
- modelli di mondo-brana della teoria delle stringhe, nei quali l'inflazione è dovuta al movimento delle "brane" (enti proposti nella teoria delle stringhe). I modelli di mondo-brana includono:
- il modello pre-Big Bang (cosmologia di stringa);
- il modello ekpirotico, nel quale il Big Bang è il risultato di una collisione tra brane e può essere ciclico;
- il Big Bounce, una variante del modello ciclico classico, nel quale le collisioni avvengono periodicamente nell'ambito della gravità quantistica.
- la nascita di universi a partire da un buco bianco (selezione naturale cosmologica).
- alcune varianti del modello ciclico (cosmologia ciclica conforme, modello di Baum-Frampton), applicabili all'universo aperto anziché solo a quello chiuso.
- l'universo a energia totale nulla, nato da una fluttuazione del vuoto quantistico senza violare il principio di conservazione dell'energia.
- la teoria dell'inflazione caotica, nella quale eventi inflativi avvengono casualmente all'interno di una "schiuma quanto-gravitazionale" (falso vuoto), dando luogo a molteplici universi che si espandono come bolle a partire dal proprio Big Bang.
Molte di queste ipotesi si basano sulle tre principali teorie proposte in cosmologia, non verificate sperimentalmente: l'inflazione, la teoria delle stringhe e la gravità quantistica a loop (queste ultime due teorie non prettamente cosmologiche); ognuna di esse ha un proprio modo di concepire il Big Bang. In alcune di queste ipotesi esso viene proposto come un evento in un universo più grande e più vecchio (o come un multiverso, risolvendo anche la questione del principio antropico) e non come l'inizio letterale di tutta la realtà.
Il problema dell'universo piatto (conosciuto anche come il problema dell'universo vecchio) è un problema osservativo, associato alla metrica di Friedmann - Lemaître - Robertson - Walker.[56] L'universo può avere una curvatura spaziale positiva, negativa o nulla in funzione della sua densità totale di energia. Avrà curvatura negativa se la sua densità è inferiore alla densità critica, positiva se è maggiore e nulla se la densità coincide con quella critica (nel qual caso lo spazio viene definito piatto). Il problema è che ogni minima divergenza dalla densità critica aumenta con il tempo e ancora oggi l'universo rimane molto vicino all'essere piatto. Dato che una scala naturale dei tempi per l'inizio della deviazione dalla piattezza potrebbe essere il tempo di Planck, 10−43 secondi, il fatto che l'universo non abbia raggiunto né la morte termica né il Big Crunch dopo miliardi di anni, richiede una spiegazione. Per esempio, anche all'epoca relativamente "vecchia" di pochi minuti (il tempo della nucleosintesi), la densità dell'universo deve essersi trovata entro circa una parte su 1014 dal suo valore critico, altrimenti l'universo non esisterebbe così com'è oggi. Dal punto di vista matematico, il problema della piattezza scaturisce dall'equazione di Fridman, scritta nella forma con Lambda=0.
Barra delle equazioni per i lettori più curiosi
Assumendo che l'Universo sia piatto:
Introducendo questo risultato nell'equazione di Fridman, si ha
Definendo il paramento di densità Omega come:
si ottiene
che indica come varia la geometria dell'universo in funzione della sua densità. Infatti in base al fatto che la densità dell'universo sia uguale, maggiore e minore di quella critica, il parametro di curvatura k assume i seguenti valori
A questo punto è necessario scrivere l'equazione di Fridman per un Universo dominato da materia e radiazione. In questo caso l'equazione ha la forma
dove H0 è la cotante di Hubble valutata al tempo t0mentre Omega m0 e Omega r0 sono rispettivamente la densità della materia e delle radiazioni valutate anch'esse t0. Ne deriva:
dove R^2=1. Ne deriva:
Si ottiene:
Facendo uso dell'equazione di Fridman valida per un Universo con materia e radiazione, l'espressione precedente diventa
Questa equazione ci dice come varia la curvatura in funzione del fattore di scala R. La condizione di equivalenza tra materia e radiazione è la seguente
e ci consente di studiare la curvatura nelle diverse epoche. Consideriamo dapprima un Universo dominato dalla materia, in tal caso si ha
otteniamo
Considerando invece un universo dominato dalla radiazione, si ha
quindi la curvatura segue un andamento del tipo
Ciò significa che sia nell'epoca della materia che nell'epoca della radiazione la curvatura cresce con il tempo. Dato che la curvatura attuale è dell'ordine di
Le equazioni precedenti indicano che in passato l'universo doveva essere ancora più piatto. Infatti nell'epoca di equilibrio tra radiazione materia il parametro di scala vale
e quindi la curvatura in tale epoca è dell'ordine di
Ciò è in netta contraddizione col fatto che l'universo in passato dovesse essere molto curvato. Sembra invece che più si torni indietro nel tempo più l'universo risulta piatto. Sempre in base alle formule precedenti infatti, l'universo doveva essere piatto entro 10−14 al tempo della nucleosintesi, al tempo di Planck entro 10−60 e così via. Il problema maggiore sorge quando si considera il fatto che se l'universo non avesse avuto una curvatura così ben calibrata, sarebbe collassato su se stesso o si sarebbe espanso in maniera estremamente rapida se la sua curvatura fosse stata differente anche solo di una minuscola frazione. Di conseguenza sarebbe stato molto più probabile osservare un universo estremamente curvato e quindi molto diverso dall'universo attuale, piuttosto che un universo estremamente piatto come sembrano indicare le osservazioni. Una soluzione a questo problema è fornita dall'inflazione. Durante il periodo inflazionario, lo spaziotempo si espanse, fino al punto che la sua curvatura sarebbe stata resa piatta. Pertanto, si ritiene che l'inflazione portò l'universo ad uno stato spaziale sostanzialmente piatto, con all'incirca l'esatta densità critica.
Monopolo Magnetico
L'obiezione riguardante il monopolo magnetico fu sollevata alla fine degli anni settanta. Le teorie della grande unificazione prevedevano un difetto topologico nello spazio, che si sarebbe manifestato sotto forma di monopoli magnetici. Questi oggetti potrebbero essere prodotti in maniera efficiente nelle primissime fasi dell'universo (con temperature molto elevate), dando una densità più alta di quella che è consistente con le osservazioni, dato che durante le ricerche non sono mai stati osservati monopoli. Questo problema può essere anche risolto con l'inflazione cosmica, che rimuove tutti i difetti dall'universo osservabile nello stesso modo in cui essa porta la geometria dell'universo ad essere piatta. Una soluzione al problema dell'orizzonte, della geometria piatta e del monopolo magnetico alternativa all'inflazione cosmica è data dall'ipotesi di curvatura di Weyl.
Asimmetria barionica
Non si conosce ancora il motivo per cui nell'universo attuale sia presente solo materia e non antimateria. È generalmente accettato il fatto che l'universo, quando era giovane e caldo, era in equilibrio e conteneva un egual numero di barioni e antibarioni. Ciò nonostante, le osservazioni indicano che l'universo, incluse le sue regioni più distanti, è fatto quasi esclusivamente di materia. Un processo sconosciuto chiamato bariogenesi creò questa asimmetria. Affinché questo processo accadesse, dovevano essere soddisfatte le condizioni di Sakharov. Queste richiedono che il numero barionico non fosse conservato, che la simmetria C e la simmetria CP fossero violate e che l'universo avesse perso il suo equilibrio termodinamico. Tutte queste condizioni sono verificate nel Modello standard, ma gli effetti non sono abbastanza forti da spiegare l'attuale asimmetria.
Età degli ammassi globulari
Alla metà degli anni novanta, le osservazioni riguardanti gli ammassi globulari sembravano essere in contraddizione con il Big Bang. Le simulazioni al computer, che confrontavano le osservazioni delle varie popolazioni stellari dei vari ammassi, indicarono che essi avessero un'età di circa 15 miliardi di anni (che era in contrasto con l'età dell'universo, circa 13,7 miliardi di anni). Questo problema fu risolto alla fine degli anni novanta, quando nuove simulazioni al computer, che includevano gli effetti della massa persa a causa del vento stellare, indicarono un'età molto più giovane per gli ammassi globulari. Restano aperte alcune questioni, su come misurare accuratamente l'età di questi ammassi, ma si pensa che questi oggetti siano tra i più vecchi dell'intero universo.
Interazione tra galassie e quasar
Durante degli studi effettuati negli anni sessanta, l'astronomo Halton Arp individuò dei possibili collegamenti tra alcune galassie con dei quasar e si riteneva che entrambi questi oggetti, essendo vicini a causa di queste interazioni, avessero avuto un redshift simile per via della legge di Hubble. Al contrario di quanto atteso, si calcolò un'estrema diversità tra i valori dei due redshift, come nel caso della galassia NCG 4319, e questo dato sembrava mettere in crisi l'idea dell'espansione dell'universo, poiché due oggetti vicini devono avere un simile spostamento verso il rosso dovuto all'espansione del cosmo. Per risolvere questo problema, che avrebbe colpito le basi della teoria del Big Bang, si è ipotizzato che la differenza nei redshift sia dovuta al fatto che queste due galassie, generalmente molto attive, abbiano "espulso" il quasar; a questo punto la differenza dei redshift non sarebbe da attribuire a cause cosmologiche, ma a caratteri locali del sistema considerato.
Materia Oscura
Durante gli anni settanta e ottanta numerose osservazioni hanno mostrato che non c'è abbastanza materia visibile nell'universo per spiegare l'apparente forza di attrazione gravitazionale fra le galassie e al loro interno. Ciò ha portato l'idea che circa il 90% della materia dell'universo sia materia oscura, che non emette luce e non interagisce con la normale materia barionica. Inoltre, l'ipotesi che l'universo sia costituito principalmente da materia ordinaria porta a previsioni in forte contrasto con le osservazioni; in particolare l'universo oggi ha una struttura molto più a grumi e contiene molto meno deuterio di quanto sia possibile spiegare senza la presenza della materia oscura. L'ipotesi della materia oscura viene suggerita da numerose osservazioni: le anisotropie della radiazione di fondo, la dispersione delle velocità degli ammassi di galassie, le distribuzioni della struttura a larga scala, gli studi sulle lenti gravitazionali e le misure degli ammassi di galassie attraverso i raggi X. Le evidenze della materia oscura derivano dall'influenza gravitazionale sulla materia ordinaria, anche se nessuna sua particella è mai stata osservata in laboratorio. Sono state proposte molte particelle come appartenenti a questo tipo di materia e molti progetti per studiarle direttamente sono in corso.
Energia oscura
Le misure sulla relazione tra il redshift e la magnitudine delle supernovae di tipo Ia hanno mostrato che l'espansione dell'universo sta accelerando da quando il cosmo aveva all'incirca metà della sua attuale età. Per spiegare questa accelerazione, la relatività generale richiede che la maggior parte dell'energia dell'universo sia costituita da una componente con un'alta pressione negativa, soprannominata "energia oscura". Questo tipo di energia viene suggerita da molti tipi di prove: le misure della radiazione di fondo indicano che l'universo è molto piatto dal punto di vista spaziale e quindi, in base alla relatività generale, esso deve avere quasi esattamente la densità critica del rapporto tra massa ed energia; invece la densità di massa del cosmo, che può essere misurata dai raggruppamenti gravitazionali, raggiunge solamente il 30% circa della densità critica.[11] Poiché l'energia oscura non si raggruppa nel modo ordinario, quest'ultima è la migliore spiegazione per completare la parte mancante di densità di energia. L'energia oscura è inoltre richiesta da due misure geometriche della curvatura totale dell'universo: una utilizzando la frequenza delle lenti gravitazionali e l'altra utilizzando il modello caratteristico della struttura a larga scala del cosmo come un regolo. La pressione negativa è una proprietà dell'energia del vuoto, ma l'esatta natura dell'energia oscura rimane uno dei grandi misteri del Big Bang. Alcuni possibili candidati per spiegare quale sia l'esatta forma di tale energia sono la costante cosmologica e la quintessenza. I risultati dal satellite WMAP (forniti nel 2008), che combinano i dati ricevuti dalla radiazione di fondo e da altre sorgenti, indicano che l'attuale universo è costituito dal 72% di energia oscura, dal 23% di materia oscura, dal 4,6% di materia ordinaria e da meno dell'1% di neutrini. La densità di energia dovuta alla materia diminuisce con l'espansione dell'universo, ma la densità dovuta all'energia oscura rimane all'incirca costante durante l'espansione cosmica. Pertanto la materia costituì una parte più importante della densità di energia nel passato rispetto ad oggi, ma il suo contributo continuerà a diminuire nel futuro, poiché l'energia oscura diventerà sempre più dominante. Nel modello ΛCDM, l'attuale miglior modello del Big Bang, l'energia oscura viene spiegata tramite la presenza di una costante cosmologica, introdotta nella relatività generale; tuttavia la dimensione della costante, che spiega correttamente l'energia oscura, è più piccola di circa 120 ordini di grandezza rispetto alle stime basate sulla gravità quantistica. La distinzione tra la costante cosmologica e le altre forme per spiegare l'energia oscura è un'area molto attiva dell'attuale ricerca.
La fine dell'Universo
Prima delle osservazioni dell'energia oscura, i cosmologi ritenevano possibili solo tre scenari per il futuro dell'universo:
- Una prima ipotesi è quella che se la densità di massa fosse più grande della densità critica l'universo avrebbe raggiunto una dimensione massima e poi avrebbe cominciato a collassare. A quel punto sarebbe diventato nuovamente più denso e più caldo e avrebbe finito per tornare in una condizione simile a quella con cui iniziò. Questa ipotesi è nota come Big Crunch.
- Una seconda ipotesi ritiene che se la densità nell'universo fosse uguale o inferiore alla densità critica l'espansione sarebbe continuata rallentando, ma senza mai fermarsi. La formazione stellare sarebbe terminata quando tutto il gas interstellare presente in ogni galassia fosse stato consumato; le stelle avrebbero terminato la loro esistenza lasciando il posto a nane bianche, stelle di neutroni e buchi neri. Molto lentamente nel tempo le collisioni tra questi oggetti avrebbero prodotto il collasso della massa all'interno di buchi neri sempre più grandi. La temperatura media dell'universo avrebbe raggiunto asintoticamente lo zero assoluto in quello che viene definito il Big Freeze. Inoltre, se i protoni fossero diventati instabili, allora la materia barionica sarebbe scomparsa, lasciando posto soltanto alla radiazione elettromagnetica e ai buchi neri. Infine i buchi neri avrebbero finito con l'evaporare a causa della radiazione di Hawking. L'entropia dell'universo sarebbe aumentata fino a raggiungere il punto in cui non sarebbe stato possibile nessuno scambio di qualsiasi forma di energia, uno scenario noto come morte termica dell'universo.
- Una terza ipotesi è il cosiddetto universo oscillante o ciclico.
Le moderne osservazioni riguardanti l'espansione accelerata hanno aggiunto nuovi possibili scenari, poiché implicano che una parte sempre maggiore dell'universo visibile passerà oltre l'orizzonte degli eventi e non potrà più essere in contatto con noi. Il risultato finale è per il momento sconosciuto. Il modello ΛCDM definisce l'energia oscura nella forma della costante cosmologica. Questa teoria suggerisce che solo i sistemi legati gravitazionalmente, come le galassie, si conserverebbero e sarebbero soggetti alla morte termica durante l'espansione e il raffreddamento del cosmo. Un'altra forma di energia oscura, conosciuta come energia fantasma, implica che gli ammassi di galassie, stelle, pianeti, atomi, nuclei e la stessa materia sarebbero distrutti dal continuo aumento della velocità di espansione, in un processo noto come Big Rip. Attualmente le teorie più diffuse sono quelle legate al modello inflazionario di multiverso in continua espansione (maggioritario fra i cosmologi) e quelle del modello ciclico.
Limiti della teoria
La principale critica alla teoria da parte dei fautori della teoria dello stato stazionario era che non rispettasse una regola inviolabile nel mondo naturale, la legge di Lavoisier.[90] In questo caso fu fondamentale stabilire che il Big Bang non creò nuova massa, ma espanse massa già esistente nel punto compresso della singolarità. Il modello cosmologico del Big Bang è stato sviluppato estrapolando le conoscenze fisiche attuali sino ad energie molto più grandi di quelle studiate sperimentalmente e a scale di distanza immense. La possibilità, quindi, di trovare conferme alla teoria del Big Bang è sottoposta a limiti teorici ed osservativi. Il modello standard della fisica delle particelle dovrebbe essere valido sino a energie di circa 250 miliardi di elettronvolt, un livello corrispondente a circa 10−12 secondi dopo il Big Bang. Ogni affermazione relativa ad epoche antecedenti è fondata su teorie scientifiche non sufficientemente consolidate. Anche l'osservazione diretta non può coprire le prime fasi del Big Bang. Infatti le onde elettromagnetiche non potevano essere trasmesse prima della formazione dell'idrogeno neutro, quando fu emessa la radiazione cosmica di fondo. L'osservazione dell'universo prima di tale evento potrebbe in linea di principio essere condotta rilevando le onde gravitazionali o i neutrini emessi, ma non esiste ancora alcuna tecnologia in grado di eseguire queste misure. Quindi la teoria del Big Bang risulta fondata su teorie sicuramente affidabili e confermate da osservazioni solo per la descrizione dell'evoluzione dell'universo dalla nucleosintesi primordiale in poi. Particolarmente incerte sono le affermazioni sulla forma globale dell'universo e sulla sua evoluzione nel lontano futuro. Infatti l'osservazione è limitata dalla finitezza della velocità della luce che determina un orizzonte invalicabile. Ogni estrapolazione oltre tale orizzonte è fondata su assunzioni più o meno implicite sulle proprietà topologiche dello spaziotempo e sulla sua regolarità ed è perciò puramente ipotetica. Localmente l'universo sembra essere piatto (euclideo), ma è impossibile escludere la presenza di una piccola curvatura che determinerebbe una forma globale completamente diversa. La scoperta dell'accelerazione dell'espansione dell'universo e la conseguente ipotesi dell'esistenza di una energia oscura ha creato ulteriori motivi di incertezza. Il modello di energia oscura adottato è utilizzato nella misura della curvatura dell'universo tramite le osservazioni della radiazione cosmica di fondo, benché i vincoli osservativi sull'energia oscura siano stati determinati nell'ipotesi che l'universo sia piatto. Per cercare di rispondere almeno ad alcuni di questi interrogativi è in corso di sviluppo la cosmologia quantistica.