Le nane rosse
Esistono molte tipologie di stelle: tra queste, è probabile che le più affascinanti siano le nane rosse, stelle piccole e relativamente fredde che nascondono molti misteri... Seguici su Eagle sera per saperne di più.
Le nane rosse
In astronomia, una nana rossa (o stella M V) è una stella piccola e relativamente fredda (Teff ≤ 3500 K), di tipo spettrale M (colorazione fotosferica in media gialla intensa-arancione), posta sulla sequenza principale del diagramma Hertzsprung-Russell.
Si tratta della tipologia stellare più diffusa nell'universo: le nane rosse costituiscono infatti almeno il 67,5% di tutte le stelle presenti nella Via Lattea e recenti studi indicano che possano essere anche l'80%. Hanno masse comprese tra 0,4 e 0,08 masse solari, che costituisce il limite minimo perché una stella possa dirsi tale: al di sotto di questo limite infatti non si creano le condizioni di temperatura e pressione tali da innescare le reazioni di fusione dell'idrogeno in elio. Al di sotto di questa massa limite si trovano le nane brune, oggetti che possiedono una massa troppo piccola per compiere la fusione nucleare, ma comunque nettamente superiore a quella di un pianeta. Si ritiene che le nane rosse, data la loro abbondanza nella nostra galassia (o per lo meno nelle vicinanze del Sole), siano la tipologia stellare più diffusa nell'universo. Proxima Centauri, la stella più vicina al sistema solare, è una nana rossa (classe M5, magnitudine apparente 11,05), così come venti delle trenta stelle più vicine alla Terra. Tuttavia, a causa della loro bassa luminosità, le singole nane rosse non sono facilmente osservabili, tanto da risultare completamente invisibili ad occhio nudo. Anche nelle vicinanze del Sole, non tutte le nane rosse sono state finora scoperte. Le nane rosse sono stelle con massa piccola, generalmente non superiore al 40% della massa della nostra stella, il Sole. Di conseguenza, possiedono delle temperature nucleari relativamente basse, appena sufficienti perché abbia luogo la fusione dell'idrogeno in elio tramite la catena protone-protone. Per questo motivo le nane rosse emettono una debole quantità di luce, spesso inferiore a un decimillesimo della quantità di radiazione emessa dal Sole; anche le nane rosse più grandi arrivano a possedere al massimo il 10% della luminosità solare. In generale, le nane rosse trasportano l'energia prodotta nel nucleo verso la superficie tramite moti convettivi. La convezione risulta infatti avvantaggiata rispetto ad altri metodi di trasporto energetico (come la conduzione o l'irraggiamento) a causa dell'opacità degli strati interni dell'astro, che possiedono una densità relativamente alta per quella temperatura. Poiché dunque le nane rosse sono completamente convettive, l'elio non si accumula immediatamente in un nucleo inerte e quindi, rispetto ad altre stelle più massicce, come proprio il Sole, arrivano a fondere una quantità di idrogeno proporzionalmente maggiore prima di lasciare la sequenza principale. Di conseguenza, la durata del ciclo vitale di una nana rossa sarebbe di gran lunga superiore all'età dell'Universo; pertanto, le stelle con masse inferiori a 0,8 M☉ non hanno ancora avuto il tempo di lasciare la sequenza principale. Infatti, quanto più piccola è la massa della nana rossa, tanto più lunga sarà la durata del suo ciclo vitale. Si ritiene che la durata dell'evoluzione di una nana rossa sia superiore a quella del Sole di un fattore pari alla terza o alla quarta potenza del rapporto tra la massa del Sole e la massa della nana rossa; sicché, la sequenza principale di una nana rossa di 0,1 M☉ può durare per 10 bilioni (1013, 10 000 miliardi) di anni. Man mano che diminuisce la quantità di idrogeno all'interno della stella, la velocità delle reazioni nucleari rallenta progressivamente mentre il nucleo inizia a contrarsi. L'energia gravitazionale generata da questa contrazione è convertita in energia termica, la quale viene portata in superficie dalla convezione. Il fatto che le nane rosse e le altre stelle di piccola o media massa (come le nane arancioni o le nane gialle) rimangano nella sequenza principale mentre le stelle più massicce proseguano la propria evoluzione nel ramo delle giganti consente di stimare l'età degli ammassi stellari determinando preliminarmente la massa delle singole stelle. Tali stime consentono di datare anche alcune strutture della Galassia, come l'alone o il piano galattico. Un mistero che non è ancora stato risolto riguarda l'assenza nelle nane rosse di povere in metalli (gli elementi più pesanti di idrogeno ed elio). I modelli fisico-matematici sviluppati sull'evoluzione cosmica suggeriscono che la prima generazione di stelle fosse costituita solamente da idrogeno, elio e tracce di litio (elementi prodotti nella nucleosintesi primordiale). Se tra queste stelle primitive vi fossero state le nane rosse, esse sarebbero ancora oggi osservabili; tuttavia, nessuna di esse è ancora stata identificata. Una possibile spiegazione a tale mancanza è che in tali condizioni di abbondanza di elementi potessero svilupparsi solo stelle molto massicce, le cosiddette stelle di popolazione III, che bruciarono molto velocemente le proprie riserve di idrogeno rilasciando, dopo la loro fine, gli elementi pesanti che permisero la formazione delle prime nane. Delle spiegazioni alternative, come quella che vorrebbe le nane rosse povere in metalli molto più deboli e rare dal punto di vista numerico, sono ritenute molto meno verosimili, in quanto sembrano andare contro i modelli dell'evoluzione stellare. Una nana blu è un'ipotetica tipologia stellare che si svilupperebbe da una nana rossa non appena essa ha fuso in elio buona parte dell'idrogeno nel suo nucleo. Finché la fusione, all'interno della nana rossa, procede lentamente ed i moti convettivi rimescolano la materia all'interno dell'astro, permettendo ad una maggiore quantità di idrogeno di essere fuso, la stella permane stabile per un lunghissimo periodo, nettamente superiore all'attuale età dell'Universo: si ritiene perciò che non si sia ancora formata alcuna stella di questo tipo. Per tale motivo, la loro esistenza è ipotizzata sulla base di modelli teorici. Le stelle aumentano di luminosità man mano che invecchiano, e una stella più luminosa necessita di irradiare la propria energia più velocemente ed intensamente per mantenere l'equilibrio. Per fare questo le stelle più grandi rispetto alle nane rosse, espandono il proprio volume e la propria superficie radiante evolvendosi in giganti rosse. Si ritiene però che le nane rosse, anziché espandersi in giganti, incrementino la velocità delle radiazioni aumentando le proprie temperature superficiali, assumendo di conseguenza una colorazione più tendente al blu. Ciò accadrebbe perché gli strati superficiali della stella non diventerebbero significativamente più opachi al crescere della temperatura. Le nane blu evolverebbero poi in nane bianche quando il loro idrogeno è completamente esaurito. Recentemente sono stati scoperti diversi pianeti extrasolari in orbita attorno a delle nane rosse. Nel 2005 è stato scoperto attorno alla stella Gliese 581 un pianeta di massa paragonabile a Nettuno (Gliese 581 b, circa 17 M⊕), che le orbita ad una distanza media di appena 6 milioni di km (0,04 UA); data la vicinanza e nonostante la debolezza della stella, il pianeta possiede una temperatura superficiale di 150 °C. Nel 2006 è stato scoperto un pianeta ancora meno massiccio (OGLE-2005-BLG-390Lb, solamente 5,5 M⊕) intorno alla nana OGLE-2005-BLG-390L; orbita attorno all'astro ad una distanza di circa 390 milioni di km (2,6 UA) e possiede una temperatura superficiale molto bassa, corrispondente a −220 °C (56 K). Nel 2007 è stato scoperto un secondo pianeta in orbita attorno a Gliese 581 potenzialmente abitabile, Gliese 581 c. Se la massa stimata dagli scopritori (un gruppo di astrofisici guidato da Stéphane Udry), corrispondente a 5,03 M⊕, fosse corretta, Gliese 581 c sarebbe l'esopianeta meno massiccio in orbita attorno ad una stella di sequenza principale. Gli scopritori hanno stimato per il pianeta un raggio 1,5 volte quello del nostro pianeta. Il pianeta si trova all'interno della cosiddetta "zona abitabile" di Gliese 581, ovvero ad una distanza tale perché l'acqua, eventualmente presente sulla superficie del pianeta, possa presentarsi allo stato liquido. L'abitabilità dei sistemi delle nane rosse è oggetto di dibattito presso gli astrofisici e gli astrobiologi. A dispetto del loro grande numero e della grande durata del loro ciclo vitale, vi sono diversi fattori che pregiudicherebbero lo sviluppo della vita in un pianeta orbitante attorno ad una nana rossa. In primis, i pianeti nella zona abitabile di una nana rossa dovrebbero essere così vicini alla stella da risentire delle interazioni mareali dell'astro, che bloccherebbero il pianeta su una rotazione sincrona; ciò significherebbe che un emisfero del pianeta sarebbe eternamente illuminato mentre l'emisfero opposto sarebbe sempre al buio. Per questo motivo potrebbero venirsi a creare delle enormi variazioni termiche tra la zona in ombra e la zona illuminata del pianeta che renderebbe difficoltosa l'evoluzione di forme di vita simili a quelle terrestri. D'altro canto, recenti teorie suggeriscono che anche una debole atmosfera o un oceano planetario potrebbero potenzialmente far circolare il calore sul pianeta. Un altro problema, sempre legato alla presenza di un'orbita sincrona, potrebbe portare il pianeta a non avere una magnetosfera utile a proteggere l'atmosfera, così come avviene sulla Terra. Nel corso di milioni di anni il seppur limitato vento solare di questo tipo di stella potrebbe asportare totalmente l'atmosfera del pianeta, rendendolo sterile e arido come è accaduto su Marte. Inoltre, le nane rosse emettono gran parte della propria radiazione alle lunghezze d'onda degli infrarossi, mentre sulla Terra i vegetali si servono principalmente delle lunghezze d'onda del visibile. L'attività magnetica della stella può inoltre avere delle ripercussioni negative sullo sviluppo della vita. Le nane rosse sono spesso coperte da vaste macchie, che arrivano a ridurre la quantità di radiazione emessa dalla fotosfera anche del 40%. Vi sono anche alcune nane rosse, dette stelle UV Ceti (dal prototipo UV Ceti), che emettono dei colossali flare, che arrivano anche a raddoppiare in un istante la luminosità della stella. Tale variabilità può allo stesso modo pregiudicare lo sviluppo della vita nelle immediate vicinanze della stella. Gibor Basri, della University of California, Berkeley, ritiene che un pianeta in orbita stretta attorno ad una nana rossa possa mantenere la propria atmosfera anche se la stella manifesta un'elevata attività di flare. Il 22 febbraio 2017 ha destato molto clamore la notizia della scoperta di un sistema composto da sette esopianeti di dimensioni terrestri orbitanti attorno a TRAPPIST-1, una nana rossa ultrafredda di classe spettrale M8, distante 39,5 anni luce dal sistema solare, osservabile nella costellazione dell'Aquario. La scoperta è stata effettuata tramite il metodo del transito. La determinazione dell'abitabilità dei sistemi planetari delle nane rosse può aiutare a rivelare come la vita extraterrestre possa eventualmente esistere, dato che le nane rosse sono il tipo di stelle più diffuso all'interno della nostra e probabilmente di tutte le galassie. I fattori critici per l'abitabilità planetaria includono la relativamente bassa energia proveniente dalla stella madre, che riduce le fasce della zona abitabile, la possibilità di pianeti marealmente bloccati e quindi indotti alla rotazione sincrona e la forte variabilità della stella[1]. Questa combinazione di fattori indica che le probabilità di vita su pianeti attorno a nane rosse sia sensibilmente minore rispetto a stelle di classe G, come il Sole Tuttavia, l'ubiquità e la longevità delle nane rosse sono fattori estremamente positivi che suggeriscono che l'esistenza di pianeti abitabili attorno a questo tipo di stelle siano eventi tutt'altro che rari. Basandosi sui dati pubblici del telescopio spaziale Kepler, nel 2013 alcuni astronomi del Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics hanno stimato una statistica in base alla quale il 6% delle nane rosse della nostra galassia avrebbe almeno un pianeta abitabile. Considerando che le nane rosse nella nostra galassia sono decine di miliardi, il numero di pianeti potenzialmente abitabile in orbita attorno a nane rosse è estremamente elevato. Le nane brune sono probabilmente ancor più numerose delle nane rosse; tuttavia, non sono in genere classificate come stelle, né potrebbero aiutare a sostenere la vita così come noi la intendiamo, dato che emettono una bassissima quantità di energia. Per molti anni gli astronomi hanno scartato l'ipotesi che le nane rosse possano favorire la vita: a causa delle loro piccole dimensioni (da 0,1 a 0,6 masse solari) le loro reazioni di fusione nucleare procedono in modo molto lento, emettendo così una luce molto debole (dal 3% di quella prodotta dal Sole fino ad appena lo 0,01%). Un pianeta in orbita attorno a queste stelle dovrebbe trovarsi molto in prossimità della sua stella madre per poter godere di condizioni climatiche simili a quelle terrestri: da 0,3 UA (poco all'interno dell'orbita di Mercurio) per stelle come Lacaille 8760 ad appena 0,032 UA per una stella come Proxima Centauri (un pianeta così vicino avrebbe un'orbita di appena 6,3 giorni). A queste distanze, la gravità della stella potrebbe causare un blocco mareale, vale a dire il pianeta mostrerebbe alla sua stella sempre la stessa faccia, come accade con la Luna attorno alla Terra. Che un pianeta sia abitabile o meno dipende in parte anche dalla presenza o meno di un'atmosfera che causi sulla superficie un effetto serra e, se presente, dall'entità dell'effetto serra stesso. Alla parte sempre illuminata del pianeta si contrapporrebbe una parte sempre in ombra, per cui le condizioni sarebbero di caldo infernale nella parte illuminata e di freddo polare in quella sempre al buio, a meno che l'atmosfera planetaria non sia sufficientemente spessa da consentire un transito di energia verso la parte in ombra. D'altra parte, un'atmosfera troppo spessa sarebbe in grado di bloccare i raggi della stella, non permettendo la fotosintesi. Questo pessimismo è stato stemperato dalle ricerche; studi più moderni da parte della NASA hanno mostrato che un'atmosfera planetaria (assumendo che vi si trovino anche gas serra come CO2 e H2O), per essere in grado di portare il calore verso la parte non illuminata del pianeta, può essere anche solo del 10% più spessa di quella terrestre (ovvero con una pressione superiore di 100 millibar). Questo livello sarebbe ancora sufficiente per la realizzazione della fotosintesi, comunque l'acqua resterebbe ghiacciata nella parte oscura del pianeta, secondo alcuni modelli teorici. L'acqua di mare potrebbe essere allo stato liquido se il fondale marino fosse abbastanza profondo da lasciare sufficiente spazio fra gli strati idrici superficiali, ghiacciati, e le parti inferiori, che resterebbero liquide, non diversamente da come avviene ai poli terrestri. La liquidità delle masse d'acqua sarebbe favorita dall'eventuale presenza di sorgenti geotermiche. Si è ipotizzato che persino le piante superiori possano sopravvivere sviluppando la fotosintesi anche in pianeti marealmente bloccati. Diversi astronomi che hanno effettuato simulazioni al computer ritengono che nei pianeti in blocco mareale attorno a nane rosse la vita sia possibile lungo il terminatore. Se provvisto di atmosfera e sufficiente acqua, questa evaporerebbe dall'emisfero diurno e verrebbe trasportata dai venti in quello notturno, dove congelerebbe. Tuttavia lo scambio di calore causato dai venti e la pressione dei ghiacci accumulati nell'emisfero oscuro farebbe sciogliere parte dell'acqua lungo il terminatore, consentendo l'esistenza di una fascia abitabile dove l'acqua liquida potrebbe scorrere in fiumi che, addentrandosi nell'emisfero diurno evaporerebbero, continuando il ciclo. Le dimensioni non sono l'unico fattore che renderebbero le nane rosse potenzialmente inadatte a sostenere la vita. Su un pianeta orbitante attorno ad una di queste stelle, la fotosintesi avrebbe forti limiti di territorio, in quanto sarebbe impossibile che essa avvenga nella parte in ombra del pianeta; nella parte esposta invece, poiché la stella sarebbe sempre presente in cielo nello stesso punto, le aree in ombra a causa della morfologia del territorio (rilievi, depressioni, spaccature) resterebbero sempre in ombra. La fotosintesi come noi la intendiamo sarebbe inoltre complicata dal fatto che una nana rossa produce la gran parte della sua radiazione nell'infrarosso, mentre sulla Terra il processo dipende dallo sfruttamento della luce visibile. Su questo tipo di pianeti servirebbero pertanto sei fotoni per scindere la molecola dell'acqua, a fronte di due necessari sulla Terra, a causa del loro basso livello di energia media. Dovendosi adattare al tipo di spettro per ricevere la massima quantità di energia, il fogliame di ipotetiche piante viventi in un pianeta di questo tipo dovrebbe probabilmente apparire nero. Le nane rosse sono molto più variabili e turbolente rispetto alle stelle più grandi; sulla Terra la vita si è adattata a livelli di variazioni meno estremi e può sopravvivere in ibernazione, come pure nelle profondità marine, dove le temperature anche durante l'inverno restano relativamente stabili. Nell'eventualità in cui anche l'intera superficie oceanica ghiacciasse, il colore del ghiaccio rifletterebbe verso l'esterno il calore ricevuto dal pianeta, trasformandolo in una sorta di Terra "palla di neve". Talvolta, come nel caso di Proxima Centauri, le nane rosse sono soggette ad improvvisi brillamenti che ne raddoppiano la luminosità nel giro di pochi minuti. Queste variazioni potrebbero essere molto pericolose per la vita, potendo influenzare e disgregare le molecole organiche complesse destinate a formare le basi della vita. I brillamenti potrebbero inoltre spazzare via parti rilevanti dell'atmosfera planetaria, la quale potrebbe essere protetta soltanto da un forte campo magnetico, causato da una forte rotazione del pianeta. Ma i pianeti marealmente bloccati hanno un periodo di rotazione molto lento, coincidente con quello di rivoluzione attorno al proprio astro. Si ritiene peraltro che i brillamenti più violenti avvengano solo nel primo periodo di vita delle nane rosse, ossia entro i primi 1,2 miliardi di anni. Se un pianeta formatosi in orbite più esterne, che quindi non sia mai stato influenzato dai brillamenti, migrasse verso un'orbita interna in una fase successiva, la vita avrebbe una possibilità di evolversi. La vita inizialmente potrebbe proteggersi dalle radiazioni restando sott'acqua fino a quando la stella non abbia concluso le sue fasi di instabilità iniziali. Una volta raggiunta la terraferma, la bassa percentuale di raggi ultravioletti prodotta dalla nana rossa farebbe sì che la fascia di ozono non sia indispensabile. Altri scienziati non credono invece che le nane rosse possano sostenere la vita, in particolare coloro che favoriscono l'ipotesi della rarità della Terra, in quanto il blocco mareale e le espulsioni di massa coronali sottoporrebbero l'atmosfera planetaria ad una forte erosione, spazzandola via e rendendo il pianeta completamente inabitabile. C'è tuttavia un vantaggio molto importante per eventuali forme di vita ospitate nei sistemi delle nane rosse: le stelle di questo tipo sono molto longeve. Ci sono voluti 4,5 miliardi di anni prima che l'uomo apparisse sulla Terra, mentre la vita che noi conosciamo ha sperimentato le migliori condizioni soltanto da mezzo miliardo di anni. Le nane rosse possono invece avere una vita stabile lunga diversi miliardi di anni, poiché le reazioni nucleari sono molto più lente rispetto alle stelle più grandi. Inoltre, se è vero che trovare un pianeta nella zona abitabile di una specifica nana rossa è una possibilità molto esigua, è anche vero che la somma totale delle aree abitabili di tutte le nane rosse è uguale alla somma di tutte le aree abitabili attorno a stelle come il Sole. Un'altra possibilità di vita attorno alle nane rosse potrebbe darsi in un lontano futuro, quando esaurito l'idrogeno interno queste si evolvono in nane blu. In questo stadio esse sono più luminose e pianeti che precedentemente erano completamente congelati potrebbero avere un clima confortevole per diversi miliardi di anni (5 miliardi di anni per una stella di 0,16 M⊙), il che darebbe alla vita l'opportunità di evolversi.
Nane rosse straordinarie
Alpha Centauri
Alfa Centauri (α Cen/ α Centauri/ Alfa Centauri; conosciuta anche come Rigel Kentaurus o Rigil Kent o, più raramente, come Toliman) è un sistema stellare triplo situato nella costellazione australe del Centauro. È la stella più luminosa della costellazione, nonché terza stella più brillante del cielo notturno a occhio nudo, dopo Sirio e Canopo: infatti, sommando la magnitudine apparente delle due componenti, A (+0,01) e B (+1,34), come si osserva a occhio nudo, il sistema appare di magnitudine −0,27. È anche il sistema stellare più vicino al sistema solare, in quanto ne dista 4,365 anni luce. In particolare Proxima Centauri, delle tre stelle che compongono il sistema, è in assoluto, dopo il Sole, la stella più vicina alla Terra. Il sistema di α Centauri è costituito da una coppia di stelle di sequenza principale di simile luminosità, una nana gialla e una nana arancione molto vicine fra loro, al punto che a occhio nudo o con un piccolo binocolo sembrano essere un'unica stella. In aggiunta a queste se ne trova una terza, una nana rossa molto più distante e meno luminosa, chiamata Proxima Centauri, la quale compie un'orbita molto ampia attorno alla coppia principale. Nell'ottobre del 2012, dopo lunghe ricerche, è stata pubblicata la scoperta di un pianeta terrestre orbitante attorno alla componente B del sistema. Il sistema di α Centauri appare a occhio nudo come una stella singola di colore giallastro; si osserva in direzione della Via Lattea australe, a una declinazione di −60°50', dunque invisibile dall'intera area dell'Europa continentale, dal Mar Mediterraneo, dalla Cina settentrionale e da gran parte dell'America del Nord. Inizia invece a essere osservabile a sud del 29º parallelo nord, corrispondente all'Egitto, al Texas, alla Penisola Arabica, al nord dell'India e alla Cina del sud; i mesi migliori per la sua osservazione dall'emisfero nord sono quelli di aprile-maggio. Dall'emisfero australe la stella diventa circumpolare appena lasciato in direzione sud il Tropico del Capricorno: dalla Nuova Zelanda e dal sud dell'Australia fino a Sydney, come pure dall'Argentina, è visibile durante tutto l'anno. La culminazione a mezzanotte di α Centauri è il 9 aprile, mentre la culminazione alle 21:00 è l'8 giugno. L'area di cielo in cui si trova α Centauri è particolarmente ricca di stelle brillanti, il che facilita notevolmente il suo riconoscimento: è infatti accoppiata a un'altra stella molto luminosa, Hadar (β Centauri), un astro di colore azzurro distante apparentemente solo pochi gradi; continuando l'allineamento delle due stelle verso ovest per un breve tratto si raggiunge un altro gruppo di stelle molto luminoso e particolarmente conosciuto, che forma la costellazione della Croce del Sud. Per questa ragione nell'emisfero australe α Centauri e Hadar vengono chiamate Puntatori del Sud. Sebbene α Centauri appaia molto meno luminosa di Sirio e di Canopo la sua luminosità può rivaleggiare con quella di alcuni pianeti, come Saturno e talvolta anche Marte, a seconda della loro distanza da noi. Le due componenti principali del sistema, α Centauri A e α Centauri B, sono troppo vicine fra di loro per potere essere distinte a occhio nudo, dato che la loro separazione angolare varia fra 2 e 22 secondi d'arco, ma per gran parte del loro periodo orbitale sono risolvibili con facilità tramite dei potenti binocoli o un telescopio amatoriale. Vista dalla Terra la terza componente del sistema, Proxima Centauri, si trova circa 2,2° a sud-ovest di α Centauri; questa separazione apparente equivale a circa quattro volte il diametro apparente della Luna Piena e a circa la metà della distanza angolare fra α Centauri e Hadar. Proxima appare come una stella di colore rosso intenso di magnitudine apparente pari a 13,1, in un campo povero di altre stelle di fondo; è indicata come V645 Cen nel General Catalogue of Variable Stars: si tratta infatti di una stella variabile UV Ceti, che può variare fino a raggiungere la magnitudine 11 senza un periodo regolare. Alcuni astronomi amatoriali e professionisti sono soliti monitorare le variazioni di luminosità di questa stella tramite l'uso di telescopi ottici o radiotelescopi. Il riconoscimento di α Centauri come sistema composto da due stelle risale al dicembre 1689, quando Padre Richaud risolse le due componenti per la prima volta dalla città indiana di Pondicherry, durante l'osservazione di una cometa. Nel 1752 Nicholas Louis de Lacaille fece degli studi astrometrici del sistema usando un circolo meridiano, uno strumento per determinare il punto in cui una stella raggiunge il punto più alto sull'orizzonte (passa il meridiano); nel 1834 furono invece condotte le prime osservazioni micrometriche, a opera di John Herschel. Dai primi anni del XX secolo, le osservazioni vennero condotte su lastre fotografiche. Nel 1926 William Stephen Finsen calcolò dei parametri orbitali approssimativi prossimi a quelli oggi accettati per questo sistema. Tutte le posizioni future sono ora abbastanza accurate da permettere a un osservatore di determinare le posizioni relative delle stelle sulla base di effemeridi delle stelle doppie. La scoperta che il sistema di α Centauri è in realtà quello più vicino a noi fu di Thomas James Henderson, che misurò la parallasse trigonometrica del sistema fra l'aprile del 1832 e il maggio del 1833; egli non pubblicò subito i suoi risultati, poiché temeva che le sue misurazioni fossero troppo grandi per essere verosimili, ma dopo che Friedrich Wilhelm Bessel ebbe pubblicato i risultati dei suoi studi della parallasse di 61 Cygni, nel 1838, si decise a pubblicare a sua volta i risultati per α Centauri l'anno successivo. α Centauri fu così ufficialmente la seconda stella la cui distanza era stata misurata. Robert Innes fu il primo a scoprire, nel 1915 dal Sudafrica, la stella Proxima Centauri, utilizzando delle lastre fotografiche prese in periodi differenti durante uno studio dedicato al monitoraggio del moto proprio delle stelle. Il grande moto proprio e la parallasse di questa apparentemente anonima stellina rossa sembravano perfettamente compatibili con quelli del sistema di α Centauri AB. Trovandosi a una distanza di 4,22 anni luce dalla Terra Proxima Centauri fu così riconosciuta come la stella più vicina in assoluto. Le distanze attualmente accettate derivano dalle misure di parallasse eseguite dal satellite Hipparcos e riportate nell'omonimo catalogo. Nel 1951 l'astronomo americano Harlow Shapley annunciò che Proxima Centauri è una stella variabile di tipo UV Ceti. Shapley scoprì le variazioni della stella esaminando vecchie lastre fotografiche che mostravano in alcuni casi un incremento della sua luminosità di circa l'8% rispetto al normale, facendone di fatto la più attiva variabile di tipo UV Ceti allora conosciuta. α Centauri attualmente appare come una delle stelle luminose più meridionali; in epoche passate, tuttavia, la precessione degli equinozi aveva portato questa e le altre stelle circostanti a declinazioni più prossime all'equatore celeste, così che potevano essere osservate, 4000-5000 anni fa, anche dall'Europa centrale. Nell'epoca presente infatti la stella possiede un'ascensione retta pari a 14h 39m, dunque si trova in quella fascia di coordinate di ascensione retta compresa fra le 6h e le 18h, in cui gli oggetti tendono ad assumere declinazioni sempre più meridionali (tranne l'area attorno al polo sud dell'eclittica). Ciò è dovuto al fatto che l'asse terrestre, in direzione sud, tende ad avvicinarsi a questa parte di cielo; ne consegue che l'area di cielo verso cui l'asse tende a puntare assume declinazioni meridionali, mentre l'area di cielo da cui si allontana tende a diventare visibile anche a latitudini più settentrionali. All'epoca dei Greci e dei Romani la parte di cielo in cui si trova α Centauri era visibile anche alle latitudini medie del Mediterraneo; i popoli mediterranei infatti conoscevano bene questa stella, che veniva considerata come il piede del Centauro: il nome proprio di α Centauri infatti è Rigel Kentaurus, e anche se derivato dalla frase araba per "Piede del Centauro", ricorda sempre la sua "funzione" all'interno della costellazione. Fra circa 3000 anni l'ascensione retta di α Centauri sarà pari a 18h, che equivale al punto più meridionale che la stella potrà raggiungere; dopo di che, l'asse terrestre inizierà a riallontanarsi da questa stella, che quindi assumerà declinazioni sempre più settentrionali. A questo movimento si aggiunge il grande moto proprio della stella stessa, che essendo molto vicina è logicamente notevole: infatti α Centauri sembra muoversi nella direzione di Hadar, alla velocità di 6,1 minuti d'arco al secolo. Con una magnitudine apparente integrata di −0,27,[6] α Centauri appare a occhio nudo come una stella singola, un po' meno brillante di Sirio e di Canopo, anch'esse poste nell'emisfero australe; la quarta stella più luminosa è invece Arturo, con una magnitudine di −0,04, nell'emisfero boreale. Se si considera invece il sistema di α Centauri come due stelle separate, la stella primaria del sistema, α Centauri A, ha una magnitudine apparente di +0,01, ossia appena meno luminosa di Arturo e impercettibilmente meno luminosa di Vega, la quinta stella, ponendosi così al quarto posto fra le stelle più luminose. La seconda compagna, α Centauri B, possiede invece una magnitudine di 1,33, diventando la ventunesima stella del cielo in ordine di luminosità. α Centauri A è il membro principale (o primario) del sistema, e appare leggermente più luminoso del nostro Sole, in termini assoluti. Si tratta comunque di una stella simile al nostro astro, di sequenza principale, con un colore tendente al giallastro, la cui classificazione è G2 V. Questa stella è circa il 10% più massiccia del nostro Sole, con un raggio del 23% più grande; La velocità di rotazione (v × sini) di α Centauri A è 2,7±0,7 km/s, che equivale a un periodo di rotazione di 22 giorni. α Centauri B è la componente secondaria del sistema, leggermente più piccola e meno luminosa del nostro Sole; anche questa è nella fase di sequenza principale; la sua classe spettrale è K1 V, ossia una stella di colore giallo-arancione. La sua massa è pari al 90% di quella del Sole e il suo raggio è del 14% più piccolo; la velocità di rotazione è 1,1±0,8 km/s, equivalente a un periodo di 41 giorni. Una stima precedente indicava questo valore pari a 36,8 giorni. Osservazioni effettuate nei raggi X con i satelliti ROSAT e XMM-Newton hanno evidenziato che la componente B emette più energia in questo intervallo spettrale rispetto ad α Centauri A, nonostante sia complessivamente la meno luminosa delle due. Le curve di luce in banda X hanno evidenziato inoltre una certa variabilità delle due stelle, più rapida per α Centauri B che per A. Per quest'ultima la spiegazione più accreditata è la presenza di un ciclo solare simile a quello undecennale del Sole, mentre α Centauri B è una vera e propria stella a brillamento: sono stati infatti osservati due brillamenti, sia con ROSAT che con XMM-Newton, anche se sono fra i più deboli registrati per questo tipo di stelle. La terza componente, α Centauri C, è anche nota come Proxima Centauri; la sua classe spettrale è M5Ve o M5VIe, il che suggerisce che possa trattarsi o di una stella di sequenza principale (tipo V) o una stella subnana (tipo VI) il cui spettro presenta linee di emissione; l'indice di colore B-V è pari a +1,81. La sua massa è circa 0,12 M☉. Le due componenti visibili luminose del sistema doppio sono chiamate α Centauri AB: la designazione "AB" indica il centro gravitazionale apparente delle componenti principali relativamente all'altra (o alle altre) compagna minore. "AB-C" si riferisce all'orbita di Proxima attorno alla coppia centrale. Questo sistema di designazione consente agli astronomi specializzati in sistemi stellari multipli di definire gli astri componenti in funzione delle diverse relazioni che intercorrono fra essi, come nel caso di questo terzetto di stelle. La designazione di tutte le componenti viene gestita e controllata dallo U.S. Naval Observatory, in un catalogo aggiornato continuamente chiamato Washington Double Star Catalog (WDS), che contiene oltre 100 000 stelle doppie, indicate secondo questa nomenclatura. Alcuni vecchi riferimenti riportano la designazione, oggi deprecata, di A×B. Dato che la distanza fra il Sole e α Centauri AB non è significativamente diversa rispetto a quella fra il Sole e le singole componenti, da un punto di vista gravitazionale questo sistema è considerato come se fosse un unico oggetto. Le componenti AB di α Centauri percorrono le loro orbite attorno al baricentro del sistema in un periodo di 79,91 anni,[16] avvicinandosi reciprocamente fino a 11,2 au (1,68 miliardi di chilometri), circa la distanza media fra il Sole e Saturno) e allontanandosi fino a una distanza di 35,6 au (5,33 miliardi di chilometri), circa la distanza media fra il Sole e Plutone.[16][39] Le orbite delle due stelle sono dunque ellittiche, ma a differenza di quelle dei pianeti del Sistema solare, la loro eccentricità è notevole (e = 0,5179). Dai parametri orbitali, utilizzando la terza legge di Keplero, è possibile risalire alla massa del sistema, che risulta essere pari a circa 2 M⊙; una stima delle masse delle due singole stelle è di 1,09 M⊙ e 0,90 M⊙ rispettivamente per α Centauri A e B. Stime successive, tuttavia, danno valori leggermente più alti: 1,14 M☉ per α Centauri A e 0,92 M☉ per α Centauri B, portando la massa complessiva del sistema a 2,06 M☉ . α Centauri A e B hanno una magnitudine assoluta pari rispettivamente a +4,38 e +4,71. Questi valori, insieme alle caratteristiche spettrali dei due astri, permettono di desumere l'età delle due stelle che, secondo le attuali teorie sull'evoluzione stellare, oscillerebbe fra i 5 e i 6 miliardi di anni, leggermente più vecchie del Sole. Vista dalla Terra l'orbita apparente di questa stella binaria risulta essere fortemente inclinata (oltre 79º), causando una notevole variazione della separazione angolare dei due astri nel corso del tempo: fino al febbraio del 2016 le due stelle si avvicineranno sempre di più, raggiungendo una distanza minima apparente di quattro secondi d'arco, dopo di che riprenderanno ad allontanarsi. La minima separazione angolare possibile è di poco inferiore a 2", mentre la massima è di 22" e si è avuta l'ultima volta nel febbraio del 1976; la prossima si avrà nel gennaio del 2056. Se consideriamo l'orbita reale, invece, le due stelle hanno raggiunto il periastro (il punto di minima distanza reale) nell'agosto del 1956, mentre il prossimo sarà raggiunto nel maggio del 2035; il punto di massimo allontanamento (apoastro) è stato raggiunto invece nel maggio 1995, mentre il prossimo lo sarà nel 2075. In questa fase dell'orbita, pertanto, le due stelle sono in fase di reciproco avvicinamento. Proxima Centauri (spesso chiamata anche solo Proxima) è la debolissima nana rossa che si trova a circa 12000 o 13000 au dal sistema α Centauri AB, equivalente a 0,12 anni luce o 1,94 bilioni di km (circa il 5% della distanza fra il Sole e la coppia α Centauri AB). Proxima appare gravitazionalmente legata al sistema AB, compiendo un'orbita attorno alle due stelle in un periodo di circa 550000 anni, con un'eccentricità pari a circa 0,50; ciò determina che la stella raggiunga una distanza da α di circa 4300 au al periastro (ossia il punto più vicino dell'orbita rispetto al sistema centrale) e di circa 13000 au all'apoastro (il punto più lontano dell'orbita rispetto al sistema centrale). Proxima è una nana rossa di classe spettrale M5.5V, con una magnitudine assoluta di +15,53, dunque notevolmente inferiore a quella del Sole. La massa di questa stella è stimata sui 0,123±0,06 M⊙ (arrotondato a 0,12 M☉) o circa un ottavo di quella del Sole. Tutte le componenti di α Centauri mostrano un moto proprio notevole rispetto alle stelle di fondo, similmente a quanto avviene per altre stelle luminose, come Sirio e Arturo. Nel corso dei secoli questo causa un lento spostamento della posizione apparente della stella; stelle di questo tipo vengono chiamate stelle a elevato moto proprio. Questi moti stellari erano sconosciuti agli antichi astronomi, che credevano che le stelle fossero eterne e permanentemente fissate sulla sfera celeste, come si evince per esempio dalle opere del filosofo Aristotele. Edmond Halley nel 1718 scoprì che alcune stelle si erano notevolmente spostate dalla posizione astrometrica rilevata in passato;[49] per esempio, la brillante stella Arturo (α Boo), nella costellazione di Boote, mostrava di essersi spostata di circa mezzo grado in 1800 anni, come pure Sirio (α CMa), nel Cane Maggiore. Il raffronto che fece Halley si basò sulle posizioni indicate nel catalogo di Tolomeo (l'Almagesto), i cui dati si basavano sulle misurazioni eseguite da Ipparco durante il I secolo a.C. Gran parte dei moti propri stellari rilevati da Halley furono relativi a stelle dell'emisfero boreale, così quello di α Centauri non fu determinato fino all'Ottocento. L'osservatore scozzese Thomas James Henderson fu colui che scoprì, all'inizio dell'Ottocento, la vera distanza di α Centauri, dal Royal Observatory sul Capo di Buona Speranza. Le sue conclusioni furono dovute proprio allo studio dell'insolitamente alto moto proprio del sistema che comportava che la velocità reale osservata attraverso lo spazio doveva essere molto più elevata. In questo caso il moto stellare apparente fu trovato utilizzando le osservazioni astrometriche condotte da Nicholas Louis de Lacaille risalenti al 1751-1752, attraverso le discrepanze di posizione fra quelle del Lacaille e quelle dell'epoca di Henderson. Dai dati del Catalogo Hipparcos (HIP), risulta che il moto proprio delle singole componenti del sistema sia pari a −3678 mas/anno (ovvero −3,678 secondi d'arco all'anno) in ascensione retta e +481,84 mas/anno (0,48184 secondi d'arco all'anno) in declinazione. Dato che il moto proprio è cumulativo, il movimento di α Centauri è pari a circa 6,1 minuti d'arco/secolo (367,8 secondi d'arco/secolo), quindi 61,3 minuti d'arco/millennio (1,02°/millennio). Questi movimenti sono pari rispettivamente a un quinto e due volte il diametro della Luna Piena. La spettroscopia ha determinato la velocità radiale di α Centauri AB pari a −25,1±0,3 km/s. Un calcolo più preciso prende in considerazione anche la leggera differenza di distanza stellare rispetto al moto della stella: attualmente infatti sia il moto proprio che la parallasse di α Centauri aumentano leggermente a causa del fatto che il sistema si sta avvicinando a noi. Tali cambiamenti si osservano pure nelle dimensioni del semiasse maggiore a dell'orbita apparente, che sta aumentando a un ritmo di 0,03 secondi d'arco al secolo come le due stelle si avvicinano. Anche il periodo orbitale di α Centauri AB si accorcia brevemente (circa 0,006 anni al secolo), sebbene sia una variazione apparente causata dalla riduzione del tempo che la luce impiega a giungere fino a noi, come la distanza si riduce.[37] Di conseguenza, l'angolo di posizione osservato delle stelle è soggetto a cambiamenti degli elementi orbitali nel tempo, come fu determinato dall'equazione di W. H. van den Bos nel 1926. Alcune piccole ulteriori differenze, di circa 0,5% nella misura del moto proprio, sono causate dal movimento orbitale di α Centauri AB. Basandosi su queste misure di moto proprio e velocità radiale osservate, si può affermare che α Centauri continuerà in futuro a diventare leggermente più luminosa, passando dapprima a meno di un grado da Hadar e poi poco a nord della Croce del Sud, muovendosi poi verso nord-ovest e infine verso l'equatore celeste, allontanandosi sempre più dalla scia della Via Lattea. Attorno all'anno 29700 α Centauri si troverà nell'area dell'attuale costellazione dell'Idra e sarà a una distanza di esattamente 1 pc (3,3 anni luce) dal Sistema solare. Quindi raggiungerà una velocità radiale (RVel) stazionaria di 0,0 km/s. Subito dopo questa fase il sistema inizierà ad allontanarsi da noi, mostrando così una velocità radiale positiva. Attorno al 43300 α Centauri passerà vicino alla stella di seconda magnitudine Alphard (α Hydrae); a quel punto la sua distanza sarà aumentata a 1,64 pc (5,3 anni luce). A causa della prospettiva, fra circa 100000 anni, il sistema di α Centauri raggiungerà il punto di fuga finale e scomparirà rapidamente confondendosi fra le deboli stelle di fondo della Via Lattea. A quel punto quella che una volta era una brillante stella gialla finirà al di sotto della visibilità a occhio nudo, in un punto situato nell'attuale debole costellazione australe del Telescopio: quest'insolito punto di fuga (insolito perché attualmente la stella sembra dirigersi proprio nella direzione opposta a questa costellazione) è dovuto all'orbita di α Centauri attorno al centro galattico, che è molto inclinata rispetto al piano galattico e anche rispetto a quella del nostro Sole. In virtù della sua vicinanza al sistema solare α Centauri appare come la terza stella più brillante del cielo; Sirio è l'attuale stella più luminosa del cielo notturno (con una magnitudine di −1,46) e resterà ancora tale per i prossimi 50 000 anni, durante i quali aumenterà la propria luminosità (fino quasi a sfiorare la magnitudine −1,7) per poi andare incontro a un progressivo affievolimento. Le simulazioni suggeriscono che la combinazione del suo moto in avvicinamento e il contemporaneo allontanamento e il conseguente affievolimento di alcune delle stelle più brillanti dell'epoca attuale, renderanno Vega, per il periodo compreso, la stella più brillante del cielo, con una magnitudine apparente di −0,81; Più in fretta ancora aumenterà la luminosità di Altair, che passerà da un attuale valore di +0,77 a −0,53 in 140 000 anni, per poi decadere altrettanto rapidamente. Arturo si trova attualmente al punto più vicino a noi, dunque in futuro la sua luminosità diminuirà, come quella di Canopo, che fino a 100 000 anni fa era la stella più brillante del cielo. Il suo moto in avvicinamento verso il sistema solare, che la porterà sino alla distanza di 1 pc, farà sì che α Centauri nei prossimi 30 000 anni incrementi la propria luminosità apparente, sino a raggiungere un valore di circa −0,86, superando la brillantezza di Canopo. Il successivo allontanamento porterà la stella a diminuire la propria brillantezza; tra 40 000 anni la sua magnitudine sarà scesa a +1,03. La tabella sottostante indica i dati delle magnitudini apparenti delle stelle esaminate nel grafico, con un campionamento di 25 000 anni; il grassetto indica la stella più luminosa nel periodo indicato. In passato si pensava che la presenza di pianeti extrasolari orbitanti attorno a stelle doppie fosse improbabile, a causa delle perturbazioni gravitazionali indotte delle stelle componenti il sistema. Ma la scoperta di pianeti attorno ad alcune stelle doppie, come γ Cephei, ha fatto ritenere possibile l'esistenza di pianeti di tipo terrestre nel sistema di α Centauri. Essi possono infatti orbitare attorno alla componente A o alla componente B, oppure possedere un'orbita sufficientemente ampia da comprendere entrambe le stelle. Le due stelle principali del sistema mostrano caratteristiche molto simili a quelle del nostro Sole (come per esempio l'età e la metallicità, quest'ultima un fattore molto importante per la formazione di pianeti rocciosi di tipo terrestre), per cui l'interesse degli astronomi verso questo sistema è ulteriormente incrementato. Vari gruppi di ricerca specializzati nel trovare pianeti extrasolari hanno utilizzato diversi sistemi di misurazione della velocità radiale o del transito per cercare eventuali corpi orbitanti attorno alle due stelle principali,[71] ma per un lungo periodo tutte le ricerche condotte non avevano permesso di individuare attorno alle due stelle principali di α Centauri alcun corpo celeste, come nane brune, pianeti gioviani o piccoli pianeti terrestri. Il 17 ottobre 2012 viene pubblicata su Nature la scoperta, annunciata dall'Osservatorio Europeo Australe (ESO), di un possibile esopianeta, orbitante intorno alla componente B del sistema stellare, avente una massa di poco superiore a quella terrestre denominato Alfa Centauri Bb. Tuttavia l'estrema vicinanza alla sua stella lo collocherebbe ben al di qua della cosiddetta zona abitabile. Modelli simulati al computer suggeriscono che la formazione di giganti gassosi simili a Giove e Saturno sia molto improbabile, a causa dei forti effetti gravitazionali e del momento angolare orbitale di questo sistema binario. Basandosi su simulazioni al computer inizialmente alcuni astronomi fecero l'ipotesi che eventuali pianeti terrestri orbitanti vicino alla zona abitabile non avrebbero potuto mantenere il loro moto di rivoluzione stabile in quella fascia per diverso tempo. La perdita di questi piccoli corpi sarebbe potuta avvenire alcuni miliardi di anni fa, durante la formazione del sistema, a causa delle forti perturbazioni a opera delle due componenti stellari. Studi successivi hanno invece dimostrato che entrambe le componenti possono mantenere in orbite stabili eventuali pianeti di tipo terrestre. La vicinanza del sistema lo rende il primo candidato per un'eventuale missione spaziale interstellare. Per percorrere la distanza che separa α Centauri dal Sole occorrerebbero, con la tecnologia attuale, non meno di alcuni secoli. Il 25 marzo 2015 Demory et al. hanno pubblicato un articolo con i risultati di 40 ore di osservazioni compiute su Alfa Centauri B con il telescopio spaziale Hubble. Anche se il gruppo di astronomi ha escluso eventi di transito per Alfa Centauri Bb (che non esclude la sua esistenza, ma solamente che il pianeta non si trova sullo stesso piano rispetto al Sole e α Centauri)), hanno rilevato un evento di transito corrispondente a un possibile corpo planetario. Questo pianeta molto probabilmente orbita attorno a Alfa Centauri B in un periodo di 20,4 giorni circa, con una probabilità del 5% che la sua orbita sia più lunga. Se confermato, questo pianeta sarebbe chiamato Alfa Centauri Bc, e anch'esso, come Alfa Centauri Bb, sarebbe troppo vicino alla sua stella madre per potere ospitare la vita. Nel 2016 arrivò notizia dall'osservatorio australe europeo di La Silla, in Cile, della presenza di un pianeta roccioso simile alla Terra intorno alla stella Proxima Centauri. Risulta inoltre che il pianeta di Proxima Centauri ha un'atmosfera contenente metano e ossigeno, gas che possono fare pensare alla presenza di alghe e di batteri. A una sonda da spedire verso Proxima Centauri punta un progetto finanziato dal miliardario russo Yuri Milner. Questo progetto era sostenuto anche dal fisico Steven Hawking. Diversi studi hanno suggerito che attorno alle componenti di α Centauri esistono delle regioni in cui eventuali pianeti possano avere delle orbite stabili; queste orbite possono trovarsi a non meno di 70 au attorno alle due componenti, oppure a meno di 3 UA da ciascuna delle due componenti prese singolarmente. Alcuni astronomi credono però che eventuali pianeti di tipo terrestre potrebbero essere aridi o non possedere un'atmosfera con spessore sufficiente a sostenere la vita; questo perché nel nostro sistema solare sia Giove che Saturno furono probabilmente fondamentali nel perturbare l'orbita delle comete, dirigendole verso la parte più interna del sistema solare, dove avrebbero fornito ghiaccio, e quindi acqua, ai pianeti interni. Le comete avrebbero potuto trovarsi in una sorta di "Nube di Oort" posta nelle regioni più esterne del sistema, quando avrebbero potuto essere influenzate gravitazionalmente sia da giganti gassosi sia da eventuali stelle che transitavano nelle vicinanze, così che queste avrebbero potuto viaggiare verso la zona interna. Tuttavia non ci sono state finora dirette evidenze dell'esistenza di una "Nube di Oort" attorno a α Centauri AB e teoricamente questa potrebbe essere stata completamente disgregata durante la formazione del sistema. Altri invece sostengono che l'esistenza di una Nube di Oort non può essere al momento esclusa, e comunque il ruolo di Giove e Saturno potrebbe essere stato svolto dall'azione gravitazionale di una delle stelle del sistema nei confronti dell'altra. Un eventuale pianeta simile alla Terra attorno a α Centauri A dovrebbe trovarsi a circa 1,25 UA dalla stella (circa a metà strada fra la distanza dell'orbita terrestre e quella marziana) per avere delle condizioni climatiche che consentano la presenza di acqua allo stato liquido. Per mantenere queste condizioni attorno a α Centauri B, un pianeta dovrebbe trovarsi a una distanza di 0,7 UA, con un'orbita dunque simile a quella di Venere. Per trovare prove dell'esistenza di questi pianeti sia Proxima Centauri che il sistema α Centauri AB sono fra gli obiettivi della Space Interferometry Mission (SIM) della NASA; trovare pianeti con una massa pari o inferiore a tre masse terrestri compresi entro due UA sarà possibile tramite l'applicazione di questo programma, che comunque non partirà prima del 2015. Un monitoraggio del sistema su base decennale effettuato con il telescopio Chandra ha concluso che eventuali pianeti orbitanti intorno alle due stelle più luminose del sistema, con buona probabilità vengono colpiti dai raggi X della propria stella in misura inferiore rispetto a pianeti simili orbitanti intorno al sole, stimando eventuali prospettive di vita favorevoli. Osservato dalla coppia di stelle più interna del sistema di α Centauri, il cielo (a parte le tre stelle del sistema) apparirebbe quasi identico a come appare visto dalla Terra, con la maggior parte delle costellazioni, come l'Orsa Maggiore e Orione, praticamente invariate. Tuttavia, il Centauro perderebbe la sua stella più brillante e il nostro Sole apparirebbe come una stella di magnitudine 0,5 nella costellazione di Cassiopea, vicino a ε Cassiopeiae. La sua posizione è facilmente calcolabile, poiché sarebbe agli antipodi della posizione di α Centauri vista dalla Terra: avrebbe ascensione retta 02h 39m 35s e declinazione +60° 50′ 00″. Un ipotetico osservatore vedrebbe così la caratteristica "\/\/" di Cassiopea mutata in un segno simile a questo "/\/\/". Le stelle vicine brillanti come Sirio e Procione si troverebbero in posizioni molto diverse, come pure Altair con uno scarto minore. Sirio andrebbe a fare parte della costellazione di Orione, due gradi a ovest di Betelgeuse, poco più debole che visto dalla Terra (−1,2). Fomalhaut e Vega, invece, essendo abbastanza lontane, sarebbero visibili quasi nella stessa posizione. Proxima Centauri, pur facendo parte dello stesso sistema, sarebbe appena visibile a occhio nudo, con magnitudine 4,5. Un pianeta attorno a α Centauri A o B vede l'altra stella come un "secondo sole". Per esempio un ipotetico pianeta terrestre a 1,25 UA da α Centauri A (con una rivoluzione di 1,34 anni) sarebbe illuminato come dal Sole dalla sua primaria, mentre α Centauri B apparirebbe da 5,7 a 8,6 magnitudini più fioca (da −21 a −18,2), da 190 a 2700 volte più debole della primaria, ma ancora da 29 a 9 volte più luminoso della Luna piena. Viceversa un pianeta a 0,71 AU da α Centauri B (con un periodo di 0,63 anni) sarebbe illuminato come dal Sole dalla sua primaria e vedrebbe la secondaria da 4,6 a 7,3 magnitudini più debole (da −22,1 a −19,4), da 70 a 840 volte più fioca della principale, ma ancora da 45 a 15 volte più luminosa della Luna piena. In entrambi i casi il sole secondario farebbe il giro di tutto il cielo durante l'anno planetario, partendo a fianco del principale e finendo, mezzo periodo dopo, nella posizione opposta: si avrebbero dunque le condizioni del "Sole di mezzanotte", con almeno uno o due giorni privi di scambio notte-giorno. Questa brillante stella del sud ben nota con il nome di α Centauri (secondo la designazione di Bayer), possiede in realtà diversi nomi propri; il più diffuso è quello di Rigel Kentaurus spesso abbreviato nella forma Rigil Kentaurus, inizialmente derivante da Rijil Kentaurus[ (Riguel Kentaurus in portoghese), tutte forme derivate dall'arabo Rijl Qanṯūris (o Rijl al-Qanṯūris, con il significato di "Piede del Centauro"). Un nome alternativo, ma meno usato in italiano, è Toliman, la cui etimologia deriva sempre dall'arabo, al-Ẕulmān ("le ostriche"). Durante l'Ottocento l'astrofilo Elijah H. Burritt chiamò questa stella Bungula, forse unendo la lettera "β" (sebbene la lettera di questa stella sia "α") al termine latino ungula ("zoccolo"). Quest'ultimo nome è raramente usato. La luminosità di questo sistema stellare e soprattutto la sua vicinanza a noi (quattro anni luce sono davvero un'inezia se paragonati alle normali distanze spaziali) ha giocato un ruolo fondamentale nel fare sì che α Centauri fosse oggetto di speculazioni fantascientifiche, che venisse citata nella letteratura e nei videogiochi. Proxima Centauri (dal latino Proxima, col significato di "prossima", "la più vicina"), spesso abbreviata in Proxima, è una stella nana rossa di classe spettrale M5 Ve, posta a circa 4,2 al in direzione della costellazione del Centauro; fu scoperta da Robert Innes, direttore dello Union Observatory, in Sudafrica, nel 1915. Parte del sistema di α Centauri, è la stella più vicina al Sole. Grazie alla sua vicinanza, il suo diametro angolare può essere misurato direttamente; le misurazioni indicano che il suo raggio equivale a circa un settimo di quello solare. La massa equivale a circa un ottavo di quella solare, mentre la densità è quaranta volte superiore a quella del Sole. Sebbene Proxima possieda una luminosità molto bassa, è soggetta a improvvisi e casuali brillamenti, causati dalla sua attività magnetica. Il campo magnetico di questa stella è alimentato dai moti convettivi che avvengono nel suo interno e il brillamento che ne risulta periodicamente genera un'emissione a raggi X simile a quella prodotta dal Sole. La composizione di Proxima, il suo basso tasso di produzione di energia e le sue dinamiche indicano che resterà nella sequenza principale per almeno altri 4 000 miliardi di anni, ossia per circa 300 volte l'età attuale dell'Universo. Nel 2016 è stato individuato un pianeta potenzialmente dotato di acqua liquida superficiale nella fascia orbitale abitabile. Data la sua natura di nana rossa e di stella a brillamento, la possibilità che sul pianeta possa svilupparsi la vita è ancora da accertare. A causa della sua declinazione fortemente australe, Proxima Centauri, come del resto anche le componenti primarie del sistema di α Centauri, resta invisibile da gran parte delle aree dell'emisfero boreale; soltanto in prossimità del Tropico del Cancro le componenti maggiori diventano visibili, mentre Proxima, trovandosi quasi due gradi più a sud, si leva sull'orizzonte meridionale soltanto a partire dal 27º parallelo nord, equivalente alla latitudine della Florida, dell'Alto Egitto e dell'India settentrionale. Per contro, da gran parte dell'emisfero australe, questa stella si presenta circumpolare e può essere osservata durante tutto l'anno. Le nane rosse come questa sono in realtà troppo deboli, anche quando sono vicine, per poter essere osservate ad occhio nudo; basta pensare che da un ipotetico pianeta orbitante attorno ad una delle due stelle centrali del sistema, Proxima sarebbe soltanto di quinta magnitudine, ossia al limite della visibilità ad occhio nudo. La sua magnitudine apparente è pari a circa 11, così per poter essere osservata occorre un telescopio con un'apertura di almeno 80-100 mm ed un cielo in condizioni atmosferiche ottimali, possibilmente senza Luna e con Proxima non rasente l'orizzonte. Robert Innes fu il primo a scoprire, nel 1915, che Proxima Centauri possiede lo stesso moto proprio del sistema di α Centauri; egli suggerì anche quello che poi sarebbe diventato il suo nome proprio attuale. Nel 1917, l'astronomo olandese Joan Voûte, nel Royal Observatory del Capo di Buona Speranza misurò la parallasse trigonometrica della stella, scoprendo che Proxima Centauri si trovava ad una distanza dal Sole simile a quella di α Centauri; inoltre all'epoca Proxima era anche la stella con la più bassa luminosità assoluta conosciuta (MV = 15,5). Nel 1951, Harlow Shapley annunciò che Proxima Centauri era in realtà una stella a brillamento: uno studio comparato delle lastre fotografiche antecedenti aveva infatti mostrato che la stella si mostrava più luminosa in circa l'8% delle immagini, diventando così la stella a brillamento più attiva conosciuta. La sua vicinanza consentì inoltre di studiare i suoi brillamenti molto dettagliatamente; nel 1980 l'Osservatorio Einstein produsse una curva precisa dell'energia dei raggi X rilasciata durante i brillamenti. Ulteriori osservazioni dell'attività della stella sono stati compiuti dai satelliti EXOSAT e ROSAT, mentre le emissioni minori, simili a quelle solari, sono state osservate dal satellite giapponese ASCA nel 1995. Proxima Centauri è stata anche oggetto di ricerca da parte dei principali osservatori a raggi X, fra cui XMM-Newton e Chandra. Proxima Centauri è classificata come una nana rossa, ossia una stella di classe spettrale M (a cui corrisponde un colore rosso) che si trova nella fase di sequenza principale nel diagramma HR; in seguito è stata classificata come M5.5, ossia una nana rossa al limite inferiore di massa. La sua magnitudine assoluta, ossia la magnitudine apparente che la stella avrebbe se posta ad una distanza di 10 pc è 15,5; la sua luminosità totale, comprendendo tutte le lunghezze d'onda, è pari allo 0,17% di quella del Sole, sebbene se osservata alle lunghezze d'onda della luce visibile possieda solo lo 0,0056% della luminosità solare. Oltre l'85% dell'energia irradiata dalla stella si osserva infatti alle lunghezze d'onda dell'infrarosso. Nel 2002 l'interferometro ottico del Very Large Telescope permise di misurare direttamente il diametro angolare della stella, equivalente a 1,02±0,08 mas; rapportato alla distanza, emerge che il diametro effettivo di Proxima Centauri è circa un settimo di quello solare, cioè una volta e mezzo maggiore di quello di Giove; la massa della stella è stata stimata in appena il 12,3% di quella solare, pari a centoventinove volte quella di Giove. Dato che la densità media di una stella di sequenza principale è inversamente proporzionale alla massa della stella stessa, la densità di Proxima Centauri è comunque maggiore di quella del Sole: 56800 kg/m³ contro 1409 kg/m³. A causa della sua piccola massa, la struttura interna di Proxima è costituita interamente da una zona convettiva, che provoca un movimento di energia dall'interno all'esterno soltanto tramite un movimento fisico del plasma, anziché attraverso una zona radiativa; ciò implica che l'elio prodotto dalla fusione nucleare dell'idrogeno non si accumula nel nucleo, ma viene messo in circolo in tutta la stella. A differenza del Sole, che brucerà soltanto il 10% del suo idrogeno disponibile prima di uscire dalla sequenza principale, Proxima Centauri consumerà quasi totalmente la sua riserva di idrogeno prima di evolvere.vLa convezione è associata alla generazione e alla persistenza di un campo magnetico stellare; l'energia magnetica che proviene da questo campo viene rilasciata sulla superficie tramite i brillamenti, che aumentano brevemente la luminosità complessiva della stella. I brillamenti possono far sì che una porzione della superficie della stella possa raggiungere temperature fino a 27 milioni di K, sufficienti per emettere raggi X. La cromosfera di questa stella è attiva e il suo spettro mostra una forte linea di emissione tipica del magnesio monoionizzato, alla lunghezza d'onda di 280 nm. Circa l'88% della superficie di Proxima Centauri potrebbe essere attiva, una percentuale molto più alta di quella del Sole quando è al picco del ciclo solare. Anche durante i periodi di quiescenza con pochi o nessun brillamento, quest'attività costante aumenta la temperatura della corona fino a 3,5 milioni di K, mentre quella solare raggiunge al massimo i 2 milioni. Tuttavia, il livello totale di attività di questa stella è considerato relativamente basso rispetto ad altre stelle nane di classe M,[13] che è comunque elevato se rapportato all'età stimata della stella, dato che ci si aspetta che il livello di attività di una nana rossa cali costantemente nel corso dei miliardi di anni, come il tasso di rotazione stellare diminuisce. Da alcuni studi il livello di attività sembrava variare con un periodo di circa 442 giorni, un lasso di tempo più breve del ciclo solare, che dura 11 anni, tuttavia uno studio del 2016 sembra confermare che la stella ha un ciclo simile a quello del Sole, della durata di circa 7 anni. Proxima Centauri possiede anche un vento stellare, relativamente debole, consistente in non più del 20% del tasso di perdita di materia tipico del vento del nostro Sole. Poiché la stella è molto più piccola del nostro astro, tuttavia, il tasso di perdita per unità di superficie di Proxima Centauri risulta essere in proporzione fino a otto volte più elevato di quello della superficie solare. Una nana rossa con la massa di Proxima Centauri rimarrà nello stadio di sequenza principale per circa altri quattro bilioni (4×1012) di anni; come l'abbondanza di elio aumenta a seguito dei processi di fusione dell'idrogeno, la stella diventerà più piccola e più calda, cambiando il suo colore da rosso a blu, diventando così una nana blu evoluta. Quando il suo ciclo vitale sarà quasi al termine, diventerà pure più luminosa, raggiungendo il 2,5% della luminosità solare e riscaldando eventuali corpi orbitanti attorno ad essa per un periodo di diversi miliardi di anni. Una volta che la riserva di idrogeno si sarà esaurita, Proxima Centauri evolverà verso lo stadio di nana bianca (senza passare la fase di gigante rossa), esaurendo progressivamente la sua energia termica. Basandosi sulla parallasse di 772,3±2,4 millisecondi d'arco, misurata da Hipparcos (e l'ancor più precisa misurazione ottenuta utilizzando il Telescopio Spaziale Hubble, pari a 768,7±0,3[8] millisecondi d'arco), Proxima Centauri si trova a circa 4,2 anni luce di distanza da noi, pari a 270 000 volte la distanza fra la Terra e il Sole. Dal nostro Sistema solare Proxima si trova a 2,18° da α Centauri, equivalente in termini apparenti a quattro volte il diametro angolare della Luna; Proxima possiede anche un elevato moto proprio, pari a circa 3,85 secondi d'arco all'anno. La velocità radiale è di 21,7 km/s. Fra le stelle finora conosciute, Proxima è la stella più vicina a noi da circa 32 000 anni e resterà tale per almeno altri 33 000 anni, dopo i quali la stella più vicina diventerà Ross 248, un'altra nana rossa. Proxima continuerà ad avvicinarsi al Sole per i prossimi 26 700 anni, quando raggiungerà una distanza di appena 3,11 anni luce. La stella orbita nella Via Lattea ad una distanza dal centro che varia fra 8,3 e 9,5 kpc, con un'eccentricità pari a 0,07. Fin dalla scoperta di Proxima, fu ipotizzato che potesse trattarsi di una possibile compagna del sistema di α Centauri: la stella infatti si trova ad una distanza di appena 0,21 al (13 000 au) dalla coppia principale, della quale condivide il moto spaziale. La probabilità che ciò fosse solo casuale è stata data in circa una su un milione in uno studio del 1993. Per questa ragione, Proxima è talvolta indicata con la sigla α Centauri C. Anche i dati raccolti dal satellite Hipparcos, combinati con le osservazioni condotte a terra, supportarono l'ipotesi che le tre stelle fossero effettivamente parte di un unico sistema, con la possibilità che Proxima fosse vicina al suo apoastro, ossia il punto più lontano dell'orbita rispetto al sistema centrale. Mancavano tuttavia delle misure della velocità radiale dei tre astri sufficientemente accurate per ottenere una conferma definitiva. Queste sono state ottenute tra il 2004 e il 2016 tramite lo spettrografo HARPS, installato sul telescopio di 3,6 metri di diametro dell'ESO posto all'Osservatorio di La Silla, sviluppato per individuare nuovi pianeti extrasolari con il metodo delle velocità radiali. I risultati delle analisi, pubblicati nel 2016, indicano che Proxima orbita attorno alla coppia principale con un periodo orbitale dell'ordine di 550 000 anni, ad una distanza media di 8 700 UA. L'orbita presenta un valore piuttosto elevato dell'eccentricità orbitale, pari a circa 0,50; ciò determina che la stella raggiunga una distanza di circa 4 300 UA al periastro (ossia il punto più vicino dell'orbita rispetto al sistema centrale) e di circa 13 000 UA all'apoastro. Conseguenza che Proxima sia legata gravitazionalmente ad α Centauri è che le tre stelle abbiano condiviso il processo di formazione ed abbiano probabilmente la stessa composizione chimica; è inoltre possibile che l'interazione gravitazionale tra le tre stelle abbia avuto un'importante influenza sulla formazione e sulle caratteristiche dei pianeti nel sistema. Sei singole stelle, due sistemi binari ed una stella tripla mostrano un moto comune a quello del sistema di α Centauri attraverso lo spazio; le velocità spaziali di questo gruppo di stelle sono tutte comprese entro i 10 km/s rispetto al moto mostrato da α Centauri. Ciò farebbe pensare che si possa trattare di un'associazione stellare, che indicherebbe pertanto pure un punto di origine comune, come avviene negli ammassi aperti. Dopo tre anni di misure della velocità radiale della stella attraverso lo spettrografo HARPS, il 24 aprile del 2016 è stata annunciata la scoperta di un pianeta extrasolare, Proxima Centauri b (o Proxima b) avente una massa stimata di 1,27±0,18 M⊕ e che orbita nella zona abitabile di Proxima Centauri in poco più di undici giorni. Nel dicembre 2017 è stata annunciata la possibile scoperta mediante il metodo dei transiti di un ulteriore pianeta. Il pianeta, ancora da confermare, avrebbe un periodo di rivoluzione di 2-4 giorni e un diametro e massa inferiori a quelli della Terra. È però misurando le variazioni della velocità radiale che, nel 2019, un gruppo guidato da Mario Damasso dell'INAF ha annunciato la probabile presenza di un secondo pianeta in orbita a Proxima Centauri. Un primo annuncio è avvenuto nell'aprile del 2019, al quale ha fatto seguito una pubblicazione nel gennaio del 2020 sulla rivista Science Advances. Il pianeta sarà studiato nel 2020 e nel 2021 per la definitiva conferma con lo spettrografo HARPS, da Terra, e con il satellite Gaia dallo spazio. Proxima c sarebbe una super Terra con una massa circa 6 volte quella terrestre, in orbita a circa 1,5 UA dalla stella e con un periodo orbitale di 5,2 anni. Nel novembre del 2017 è stata annunciata[61] la scoperta da parte del radiotelescopio ALMA di una fascia di polveri attorno a Proxima Centauri. Secondo l'autore della ricerca, Guillem Anglada, la fascia di polveri fredde è ''la prima indicazione della presenza di un elaborato sistema planetario e non solo di un solo pianeta, attorno alla stella più vicina al nostro Sole''. Le particelle di roccia e ghiaccio varierebbero in dimensioni da meno di un millimetro sino a diversi chilometri di diametro, ad una temperatura di circa -230° e con una massa totale di circa un centesimo di quella terrestre. I dati di ALMA suggeriscono la presenza di una seconda cintura ancora più fredda, entrambe ad una distanza molto superiore rispetto a Proxima b che orbita a soli quattro milioni di chilometri dalla stella madre. Sempre secondo Anglada, «questo risultato suggerisce che Proxima Centauri possa avere un sistema a pianeti multipli con una ricca storia di interazioni che hanno portato alla formazione di una cintura di polvere.» L'autore dello studio condivide il proprio nome con l'astronomo che ha guidato il gruppo che ha scoperto Proxima Centauri b, Guillem Anglada-Escudé. Proxima Centauri è stata spesso suggerita come destinazione logica per il primo viaggio interstellare dell'umanità nonostante le stelle a brillamento non siano particolarmente ospitali. In ogni caso, la velocità massima che un veicolo può raggiungere con le attuali tecnologie è sufficiente solo per raggiungere la stella dopo ben 110000 anni. Tuttavia, sfruttando l'effetto fionda, una sonda spaziale può superare questa velocità, arrivando a raggiungere i 17 km/s, a fronte degli 8,3 km/s delle missioni Apollo. Le sonde Voyager 1 e Voyager 2 si stanno allontanando dal nostro sistema solare a questa velocità. Un più probabile viaggio di una sonda spaziale in grado di accelerare continuamente, con un motore atomico a ioni, fino al 30% della velocità della luce, con una analoga decelerazione nella parte finale del viaggio, impiegherebbe poco meno di venti anni, più quattro anni necessari perché il segnale radio giunga fino a noi. Il Sole da Proxima Centauri apparirebbe come una stella di magnitudine apparente 0,4, in direzione della costellazione di Cassiopea, in una posizione leggermente diversa rispetto a come apparirebbe dalle stelle centrali del sistema di α Centauri. Alfa Centauri A (α Cen A / α Centauri A) è una stella nana gialla della costellazione del Centauro. Si tratta della stella più brillante delle tre che compongono il sistema di Alfa Centauri; le sue due compagne sono α Centauri B e Proxima Centauri. La α Centauri A è anche una delle stelle più vicine al Sistema solare, trovandosi ad appena 4,36 al dal Sole, e la quarta stella per luminosità nel cielo notturno terrestre. La distanza ravvicinata al Sistema solare conferisce inoltre ad α Centauri un elevato moto proprio. α Centauri A appare estremamente simile al Sole per massa, diametro e temperatura; è infatti circa il 10% più massiccia del nostro astro, con un raggio del 23% più grande. Si tratta di una stella di sequenza principale, la cui classificazione è G2 V. La velocità di rotazione (v.sin i) di α Centauri A è 2,7 ± 0,7 km s-1, che equivale ad un periodo di rotazione di 22 giorni (per confronto quello del Sole è di 25 giorni). α Centauri A ha una magnitudine assoluta pari a +4,38. Questo valore, insieme alle caratteristiche spettrali dell'astro, permette di desumere l'età della stella che, secondo le attuali teorie sull'evoluzione stellare, oscillerebbe fra i 5 e i 6 miliardi di anni, leggermente più vecchia del Sole. Osservazioni effettuate nei raggi X con i satelliti ROSAT e XMM-Newton hanno evidenziato che α Centauri A emette meno energia in questo intervallo spettrale rispetto ad α Centauri B, nonostante quest'ultima sia complessivamente la meno luminosa delle due. Le curve di luce in banda X hanno evidenziato inoltre una certa variabilità delle due stelle, più rapida per α Centauri B che per A. Per quest'ultima la spiegazione più accreditata è la presenza di un ciclo solare simile a quello undecennale del Sole. Alfa Centauri B (α Cen B) è una stella nana arancione del sistema stellare di Alfa Centauri. Si tratta della seconda stella più brillante delle tre che compongono il sistema di Alfa Centauri; le sue due compagne sono α Centauri A e Proxima Centauri. Si trova a 4,40 anni luce dal Sistema solare, ed è una delle stelle più vicine. La distanza ravvicinata dal Sistema solare conferisce inoltre ad α Centauri un elevato moto proprio. α Centauri B è leggermente più piccola e meno luminosa del nostro Sole; anche questa è nella fase di sequenza principale, la cui classe spettrale è K1 V, ossia una stella di colore giallo-arancione. La sua massa è pari al 90% di quella del Sole e il suo raggio è del 14% più piccolo; la velocità di rotazione è 1,1±0,8 km/s, equivalente ad un periodo di 41 giorni. Una stima precedente indicava questo valore pari a 36,8 giorni. Osservazioni effettuate nei raggi X con i satelliti ROSAT e XMM-Newton hanno evidenziato che la componente B emette più energia in questo intervallo spettrale rispetto ad α Centauri A, nonostante sia complessivamente la meno luminosa delle due. Le curve di luce in banda X hanno evidenziato inoltre una certa variabilità della stella. α Centauri B è infatti una vera e propria stella a brillamento: sono stati infatti osservati due brillamenti, sia con ROSAT che con XMM-Newton, anche se sono fra i più deboli registrati per questo tipo di stelle. Il 17 ottobre 2012 sul settimanale Nature è stato pubblicato un articolo[8] che annunciava la scoperta tramite il metodo delle velocità radiali di un pianeta in orbita attorno alla stella. Tale pianeta, denominato Alfa Centauri Bb, possiede una massa di sole 1,14 M⊕ ed è tra i più piccoli esopianeti conosciuti. Orbita attorno alla sua stella madre con un periodo di 3,236 giorni ad una distanza di sole 0,04 au. Si tratta dell'esopianeta più prossimo alla Terra finora individuato. Il 25 marzo 2015, Demory et al. hanno pubblicato un articolo con i risultati di 40 ore di osservazioni compiute su Alfa Centauri B con il telescopio spaziale Hubble.[9] Anche se il gruppo di astronomi ha escluso eventi di transito per Alfa Centauri Bb (che non esclude la sua esistenza, ma solamente che il pianeta non si trova sullo stesso piano rispetto al Sole e α Centauri), hanno rilevato un evento di transito corrispondente ad un possibile corpo planetario. Questo pianeta molto probabilmente orbita attorno a Alfa Centauri B in un periodo di 20,4 giorni circa, con una probabilità del 5% che la sua orbita sia più lunga. Se confermato, questo pianeta sarebbe chiamato Alfa Centauri Bc, e anch'esso, come Alfa Centauri Bb, sarebbe troppo vicino alla sua stella madre per poter ospitare la vita. Nell'ottobre del 2015, un team di scienziati dell'Università di Oxford ha smentito l'esistenza del pianeta, dimostrando i difetti delle analisi dei dati di tre anni prima, al tempo della scoperta. Dumusque, lo scopritore del pianeta nel 2012, si è dichiarato d'accordo con questa analisi, affermando che il pianeta b molto probabilmente non esiste. Proxima Centauri b (chiamato anche Proxima b) è un pianeta extrasolare in orbita nella zona abitabile della nana rossa Proxima Centauri (componente C del sistema Alfa Centauri che si trova nella costellazione del Centauro). Proxima Centauri, distante dalla Terra 4,224 anni luce, è la stella più vicina al Sistema Solare e questo rende Proxima b l'esopianeta conosciuto più vicino possibile alla Terra e, a maggio 2020, quello con l'ottavo ESI (indice di similarità terrestre) più alto tra tutti gli esopianeti conosciuti (0,87). La scoperta è stata resa possibile da osservazioni della velocità radiale di α Centauri C attraverso lo spettrografo HARPS, montato sul telescopio da 3,6 m di diametro presso l'Osservatorio di La Silla dello European Southern Observatory (ESO), condotte dal 2013 al 2016 da un gruppo di astronomi afferenti alla Queen Mary, University of London a seguito di una campagna osservativa denominata Pale Red Dot. L'annuncio della sua scoperta è stato dato il 24 agosto 2016 con un resoconto scientifico pubblicato online dalla rivista Nature, con Guillem Anglada-Escudé quale primo firmatario. Il pianeta è stato scoperto attraverso il metodo delle velocità radiali, rilevando le variazione prodotte dall'effetto Doppler nello spettro di α Centauri C. Grazie alla precisione di HARPS sono state rilevate variazioni corrispondenti a velocità radiali di 5 km/h. Data la piccola massa della stella madre e i relativi modelli disponibili per stelle di questo tipo, non sembra plausibile l'ipotesi che un pianeta come Proxima Centauri b si sia formato nella sua attuale posizione, ed è più probabile che abbia avuto origine in un'altra zona del sistema e che solo successivamente sia migrato nella sua orbita attuale. In caso contrario dovrebbero essere rivisti gli attuali modelli sulla formazione planetaria. Tornando a Proxima Centauri B, vi sono altri concetti da evidenziare. Proxima Centauri b orbita a 0,05 au dalla sua stella, un ottavo circa della distanza che separa Mercurio dal Sole, all'interno della zona abitabile del sistema, compiendo un'orbita completa in 11,186 giorni (11 giorni, 4 ore, 27 minuti e 50,4 secondi). È probabile che sia in rotazione sincrona a causa della prossimità con la sua stella. Per la sua massa è stato stimato un limite inferiore di 1,17 masse terrestri. Per una stima più accurata sarebbe necessario conoscere il valore della sua inclinazione orbitale, per ora incognito. Il 90% delle possibili orientazioni comportano una massa del pianeta comunque inferiore a 3 masse terrestri. Non è noto con precisione il raggio, in quanto non è stato osservato nessun transito del pianeta davanti alla propria stella madre, tuttavia esso dovrebbe essere compreso tra 0,94 e 1,4 volte il raggio terrestre. Se il pianeta fosse roccioso e con una densità simile a quella della Terra, la sua dimensione potrebbe essere il 10% maggiore di quella terrestre. Rimangono sconosciute composizione e condizioni atmosferiche, dal momento che non sono stati osservati suoi transiti. La sua massa suggerisce possa trattarsi di un pianeta terrestre, nel caso il suo raggio sia attorno ai valori terrestri, mentre nel caso della stima più elevata (1,4 R⊕) è probabile che esso sia completamente ricoperto da un unico oceano profondo 200 km. In quest'ultimo caso si tratterebbe dunque di un pianeta oceano. Proxima b riceve dalla sua stella all'incirca il 65% del flusso luminoso totale che la Terra riceve dal Sole, anche se la maggior parte del flusso elettromagnetico proveniente da una fredda nana rossa è nell'infrarosso, e nella banda della luce visibile il pianeta riceve solo il 2% della radiazione che la Terra riceve dal Sole, e la luminosità sul pianeta non sarebbe visualmente mai superiore a quella di un crepuscolo terrestre. Tuttavia riceve anche circa 400 volte il flusso di raggi X che la Terra riceve dal Sole. La sua temperatura di equilibrio planetaria è stata stimata essere 234 K (−39 °C), tuttavia a causa della forte escursione termica tra la faccia perennemente illuminata e quella in ombra è probabile che esista una zona intermedia in cui sia possibile la presenza di acqua allo stato liquido. Non è noto al momento se il pianeta sia abitabile o meno. Proxima b orbita all'interno della zona abitabile di Proxima Centauri, cioè in quella regione di spazio che è alla distanza giusta dalla propria stella affinché, nelle corrette condizioni e proprietà atmosferiche, sia possibile l'esistenza di acqua liquida sulla superficie del pianeta. Essendo la stella però una nana rossa, quindi molto più fredda del nostro Sole, un pianeta che orbita Proxima, per rientrare nella zona abitabile, deve essere molto più vicino alla propria stella di quanto lo sarebbe se orbitasse una stella più calda, come il Sole. Proxima b è così vicino alla propria stella che potrebbe essere in rotazione sincrona, cioè avrebbe sempre la stessa faccia rivolta verso la stella. Ciò comporterebbe che una metà del pianeta sia costantemente illuminata e quindi caldissima, mentre l'altra metà sia costantemente oscurata e quindi congelata[20]. Al limite tra queste due aree estreme, cioè nella zona crepuscolare, le temperature potrebbero essere però ideali per l'esistenza di acqua liquida sulla superficie. La presenza di un'atmosfera abbastanza spessa da garantire uno scambio termico tra le due zone renderebbe la porzione abitabile del pianeta più vasta. L'ipotesi di rotazione sincrona dipende dall'eccentricità dell'orbita, la quale non è ancora nota con esattezza, ma si sa essere comunque inferiore a 0,35[22] e quindi abbastanza elevata per poter garantire la possibilità di una risonanza orbitale 3:2, simile a quella di Mercurio con il Sole, che renderebbe possibile un'alternanza del giorno e della notte (a differenza della rotazione sincrona) e quindi un ambiente molto meno estremo e con temperature medie più simili a quelle terrestri. Il fatto che Proxima Centauri sia una stella a brillamento potrebbe precludere l'abitabilità di Proxima b perché continui brillamenti potrebbero portare via porzioni di atmosfera dal pianeta e le intense radiazioni sarebbero fatali per la vita sul pianeta, se non fosse protetto da un forte campo magnetico planetario. La presenza di tale campo magnetico, che dipende da fattori come la velocità di rotazione del pianeta e il riscaldamento interno mareale, non è esclusa rendendo teoricamente possibile la vita. Inoltre, osservazioni e simulazioni al computer del 2016 confermano che la stella ha un ciclo come il Sole di circa 7 anni; l'instabilità delle nane rosse riguarda i primissimi miliardi di anni della loro vita, ma Proxima, con un'età stimata di circa 5 miliardi di anni, potrebbe essere più stabile di ciò che si pensava in precedenza, anche se ciò non esclude che sia ancora soggetta a forti brillamenti, in proporzione molto più violenti di quelli delle stelle di tipo solare. Il primo studio deterministico per rilevare il clima su Proxima b è stato effettuato da ricercatori dell'Università di Exeter, utilizzando un programma modificato di meteorologia, il Met Office Unified Model, utilizzato per le previsioni climatiche terrestri. Uno studio effettuato a luglio 2017 con ulteriori modelli deterministici ha evidenziato che se un pianeta come la Terra orbitasse alla stessa posizione di Centauri-b intorno al proprio astro, l'intensa radiazione stellare ionizzerebbe rapidamente il gas atmosferico disperdendone rapidamente gli elementi nello spazio. Uno studio successivo basato sull'analisi di un super-brillamento osservato nel 2016 su Proxima b congiuntamente ad altri brillamenti inferiori avvenuti e rilevati dall'osservatorio di Cerro Tololo, ha evidenziato che la luce UV generata da tali brillamenti avrebbe raggiunto la superficie del pianeta con un'intensità cento volte maggiore di quella necessaria ad uccidere eventuali microorganismi UV resistenti e riducendo del 90% in cinque anni eventuali concentrazioni di ozono presenti e necessarie a bloccarne i raggi su un'atmosfera simile alla Terra. Alfa Centauri Bb è un ipotetico pianeta extrasolare in orbita intorno alla componente B del sistema Alfa Centauri che si trova nella costellazione del Centauro, la cui esistenza è stata però smentita nel 2015. Alla distanza dalla Terra di 4,37 anni luce, era l'esopianeta scoperto più vicino alla Terra fino alla scoperta di Proxima Centauri b avvenuta nel 2016. L'annuncio della scoperta di Alfa Centauri Bb ricevette l'attenzione dei media, e l'esistenza di questo pianeta fu vista come un punto di riferimento importante per gli studi futuri sugli esopianeti. Tuttavia, nel mese di ottobre del 2015, alcuni astronomi dell'Università di Oxford hanno pubblicato un articolo scientifico smentendo l'esistenza del pianeta, affermando che si trattava probabilmente di un artefatto nell'analisi dei dati. Lo stesso Dumusque, scopritore del pianeta tre anni prima, ha accettato il risultato, e affermato che, nonostante non ci sia la certezza assoluta della smentita, il pianeta probabilmente non esiste. La scoperta fu resa possibile da osservazioni della velocità radiale di α Centauri B attraverso lo spettrografo HARPS,[9] montato sul telescopio da 3,6 m di diametro presso l'Osservatorio di La Silla dello European Southern Observatory (ESO), condotte dal febbraio del 2008 al luglio del 2011 da un gruppo di astronomi europei afferenti all'Osservatorio di Ginevra e al Centro di Astrofisica dell'Università di Porto. Nei quattro anni della ricerca, sono state condotte 459 osservazioni dello spettro della stella, che sono state successivamente analizzate con metodi statistici. L'annuncio venne dato il 16 ottobre 2012 ed un resoconto scientifico pubblicato online il giorno seguente dalla rivista Nature, con Xavier Dumusque quale primo firmatario. Il pianeta era stato scoperto attraverso il metodo delle velocità radiali, rilevando le variazioni prodotte dall'effetto Doppler nello spettro di α Centauri B. Grazie alla precisione di HARPS sono state rilevate variazioni corrispondenti a velocità radiali di 51 cm/s. La probabilità che la scoperta possa rilevarsi spuria è dello 0,02%. Le caratteristiche che vennero annunciate al tempo della scoperta di Alfa Centauri Bb erano di un corpo che orbita a 0,04 au dalla sua stella, un decimo circa della distanza che separa Mercurio dal Sole, in 3,236 giorni (3 giorni, 5 ore, 39 minuti e 24,5 ± 69 secondi), al di fuori della zona abitabile del sistema, probabilmente in rotazione sincrona. La sua massa era stata stimata in, minimo, 1,13 masse terrestri. Rimanevano comunque sconosciute le sue dimensioni, composizione e condizioni atmosferiche, dal momento che non sono stati osservati suoi transiti. Tuttavia, la sua massa suggerisce possa trattarsi di una Super Terra. La temperatura superficiale è stata stimata in 1200 °C, superiore alla temperatura di fusione di molti silicati. (Per confronto, sulla superficie di Venere - la più calda del sistema solare - si raggiungono al massimo i 460 °C). A tali temperature, quindi, vaste zone della superficie potrebbero essere fuse e il pianeta apparirebbe come un "mondo di lava". Si ritiene che l'orbita di un pianeta con tali caratteristiche, così come quelle incluse nella zona abitabile di α Centauri B, non fossero destabilizzate dall'influenza gravitazione della compagna α Centauri A, il cui massimo avvicinamento è di 8,5 UA - valore confrontabile con quello dell'orbita di Saturno attorno al Sole. Al massimo avvicinamento, α Centauri A raggiungerebbe una magnitudine di −22,5 - pari a circa il 2% di come appare il Sole visto dalla Terra. La nostra stella, vista dal pianeta, raggiungerebbe una magnitudine di +0,47, leggermente più fioca di quanto appaia Procione dalla Terra. Analisi astrosismiche, dell'attività cromosferica e studi sulla rotazione stellare per le stelle A e B indicano che il sistema di α Centauri sia leggermente più vecchio del sistema solare, con un'età stimata compresa tra 4,5 e 7 miliardi di anni. Per mostrare l'influenza di un pianeta sulla velocità radiale della stella si sono dovute isolare diverse componenti, come gli effetti di macchie stellari, della rotazione e della fotosfera della stella, nonché le interferenze della vicina Alfa Centauri A. La variazione della velocità radiale era al limite della strumentazione di HARPS,[13] che ha una precisione a lungo termine di 0,8 m/s[1]. Il cacciatore di esopianeti Artie Hatzes ha tuttavia espresso dubbi sull'esistenza del pianeta, e suggerito che necessitano ulteriori conferme. Egli ha infatti provato prima a rimuovere il segnale periodico più forte trovando solo una debole traccia dell'esistenza di un corpo substellare, quindi ha provato altre tecniche tra cui quella di generare un falso segnale per trovare un corpo "estraneo", senza arrivare a nessun risultato. L'astronoma statunitense Debra Fischer approva invece il nuovo metodo di ricerca di Dumusque, tuttavia sottolinea che una conferma osservativa sia necessaria. L'astronoma e il suo team hanno iniziato una campagna di osservazione, tuttora in corso, all'osservatorio di Cerro Tololo poco dopo l'annuncio della scoperta del pianeta. Il gruppo europeo che ha fatto la scoperta tenterà di rilevare in futuro un transito planetario sulla stella madre e ha chiesto la disponibilità del telescopio spaziale Hubble per le osservazioni. Un transito potrebbe fornire informazioni su dimensioni del pianeta, composizione e condizioni atmosferiche. Tuttavia, data la linea di vista rispetto alla Terra, le dimensioni relativamente ridotte del pianeta e la natura binaria del sistema stellare, le possibilità di un transito di Alpha Centauri Bb osservabile dalla Terra sono stimate solo tra il 10 e il 30%. Nell'ottobre del 2015, un team di scienziati dell'Università di Oxford ha smentito l'esistenza del pianeta, dimostrando i difetti delle analisi dei dati di tre anni prima, al tempo della scoperta. Dumusque, lo scopritore del pianeta nel 2012, si è dichiarato d'accordo con questa analisi, affermando che il pianeta molto probabilmente non esiste.
Trappist 1
TRAPPIST-1, nota anche come 2MASS J23062928-0502285, è una stella nana rossa ultrafredda di classe spettrale M8, distante 39,5 anni luce dal sistema solare, osservabile nella costellazione dell'Aquario. Attraverso studi resi noti nel maggio 2016 e nel febbraio 2017 è stata annunciata la scoperta, tramite il metodo del transito, di sette esopianeti di dimensioni terrestri orbitanti attorno ad essa. La stella Trappist 1 venne osservata per la prima volta nel 1999 da John Gizis dell'Università del Delaware nell'ambito del programma di ricerca 2MASS ricevendo la denominazione del catalogo 2MASS. TRAPPIST-1 è una piccola nana rossa che ha l'8% della massa del Sole, appena al di sopra del limite che le consente di innescare la fusione dell'idrogeno da convertire in elio al suo interno. La sua temperatura effettiva è di appena 2550 K, rispetto ai 5778 del Sole e il suo raggio è del 12% rispetto a quello solare. Non è chiara l'età della stella, in qualche pubblicazione la si è descritta come relativamente giovane (500 milioni di anni), altri studi, come quello di Luger et al. collocano la sua età compresa tra 3 e otto miliardi di anni, infine, Adam J. Burgasser e Eric E. Mamajek stimano l'età in 7,2±2,2 miliardi di anni combinando vari fattori quali l'abbondanza di litio, la velocità di rotazione, la cinematica, la metallicità e l'attività stellare.[5] In ogni caso data la piccola massa TRAPPIST-1 vivrà molto più a lungo di una stella di tipo solare (10 miliardi di anni), rimanendo in sequenza principale anche per oltre un bilione di anni. Nel 2015 un gruppo di astronomi, guidati da Michaël Gillon dell'Institut d'Astrophysique et de Géophysique presso l'Università di Liegi in Belgio,[11] ha scoperto con il telescopio TRAPPIST dell'Osservatorio di La Silla, nel deserto di Atacama in Cile, tre esopianeti utilizzando il metodo fotometrico dei transiti. Il gruppo ha effettuato le osservazioni da settembre a dicembre 2015, e pubblicato i risultati a maggio 2016. Il 22 febbraio 2017 la NASA ha annunciato di aver scoperto altri 4 esopianeti attorno alla stella grazie al telescopio spaziale infrarosso Spitzer, portando a 7 il numero totale dei pianeti del sistema, di cui almeno tre (e, f, g) si trovano nella zona abitabile. La configurazione planetaria di TRAPPIST-1 suggerisce che questi pianeti si siano formati in altre regioni del sistema, più lontani alla stella madre, e che solo successivamente siano migrati verso l'interno. Uno studio canadese pubblicato a maggio 2017 ha evidenziato una forte catena di risonanze orbitali che contribuisce a mantenere il sistema estremamente stabile. Come per la maggior parte dei pianeti situati nella zona abitabile di stelle nane rosse, essi sono probabilmente in rotazione sincrona, e hanno probabilmente enormi differenze di temperatura tra la faccia permanentemente illuminata (dayside) e quella permanentemente scura (nightside); per questa ragione potrebbero essere presenti dei venti molto forti intorno ai rispettivi pianeti e in tal modo la vita nelle regioni più esposte (e parimenti meno esposte) all'illuminazione della stella sarebbe praticamente impossibile, rendendo dunque i posti migliori per la vita vicino alle regioni crepuscolari, interposti tra le due facce. Inoltre un altro aspetto negativo per la presenza di vita è la variabilità intrinseca delle nane rosse, spesso soggette a brillamenti molto più violenti rispetto alle stelle di classe G come il Sole, in grado anche di spazzar via l'atmosfera di pianeti posti a così breve distanza. Le prime stime del Planetary Habitability Laboratory dell'Università di Porto Rico ad Arecibo, indicano per TRAPPIST-1 d un indice di similarità terrestre pari a 0,90, il più alto tra i pianeti extrasolari al momento della scoperta. La temperatura di equilibrio del pianeta d però non tiene conto dell'effetto serra prodotto da un'eventuale atmosfera, è stimata essere di 264 K (-9 °C), assumendo un'albedo come quello della Terra (0,3). Anche il pianeta e ha un ESI elevato (0,86), con una temperatura di equilibrio attorno ai 230 K, mentre le temperature dei pianeti f e g sono state stimate rispettivamente di 200 e 182 K. Il gruppo di Michaël Gillon, autore degli studi, suggerisce che i pianeti b, c e anche d (nonostante l'alto ESI), potrebbero aver sviluppato un effetto serra incontrollato, come è avvenuto nel sistema solare per Venere, che nonostante abbia una temperatura di equilibrio simile a quella terrestre, ha in realtà una temperatura superficiale di oltre 400 °C, a causa della densa atmosfera che non permette al calore che riceve dal Sole di disperdersi nello spazio. Gli stessi autori suggeriscono che i pianeti e, f e g siano i migliori candidati in questo sistema per ospitare oceani di acqua allo stato liquido. I parametri orbitali del pianeta h non sono noti con precisione, tuttavia dovrebbe ricevere solo il 13% della radiazione che riceve la Terra dal Sole, ed è probabile che abbia una temperatura troppo bassa per consentire la vita, anche se non è escluso che un eventuale riscaldamento interno dovuto al blocco mareale possa innalzare la temperatura al punto di fusione dell'acqua. Uno studio pubblicato nel gennaio 2018 utilizzando osservazioni effettuate con il telescopio spaziale Spitzer ha aggiornato i parametri orbitali e i raggi dei sette pianeti entro margini d'errore molto bassi. Oltre ai parametri planetari il gruppo di scienziati ha trovato anche prove di una grande e calda atmosfera attorno al pianeta più interno. Un altro studio ha elaborato dei modelli basati sulla bassa densità dei pianeti del sistema, densità spesso associata ad un'abbondanza di gas atmosferici. Poiché i pianeti sarebbero troppo piccoli per trattenere una quantità tale di gas da giustificare il deficit di densità, dal supporto dei dati disponibili insieme all'analisi chimica della stella ne è derivato che i pianeti interni (b e c) sarebbero composti per il 15% della loro massa di acqua ed i pianeti esterni (f e g) per più del 50% della propria massa. Nel febbraio 2018 analizzando la variazione dei tempi di transito (TTV, dall'inglese Transit-timing variation), un gruppo internazionale di scienziati guidato da Simon Grimm ha stimato densità e massa dei pianeti con minimi margini d'errore. Essi suggeriscono che il pianeta più interno, b, sia di natura rocciosa e abbia un'atmosfera più spessa di quella terrestre, con un possibile effetto serra che innalzerebbe ancor più la sua temperatura, già elevata a causa della vicinanza con la stella. Il pianeta c invece avrebbe un'atmosfera meno spessa nonostante anch'esso sia completamente roccioso, mentre la massa del pianeta d è solo di un terzo rispetto a quella terrestre e potrebbe avere un'enorme quantità d'acqua in superficie sotto forma di oceani. Gli stessi autori suggeriscono che il pianeta e, il più denso, sia per dimensioni, composizione e flusso radiante che riceve, il più simile alla Terra. I pianeti f, g e h sono invece relativamente più distanti dalla stella e l'acqua presente potrebbe essere congelata in superficie, con una sottile atmosfera che probabilmente non contiene le molecole pesanti presenti nell'atmosfera terrestre, come l'anidride carbonica. Per i pianeti c, d, e ed f è stata anche esclusa un'atmosfera ricca di elementi volatili quali idrogeno ed elio, ipotesi da non scartare per il pianeta g, sul quale però non esistono ancora dati sufficienti. Anche uno studio di Del Vecchio et al. del 2020 conferma che Trappist-1 e sia quello con maggiori probabilità di essere abitabile. Analizzando vari scenari basati su diversi modelli climatici gli autori ritengono che solo i pianeti d ed e siano in grado di sviluppare una vegetazione in qualche punto della loro superficie, suggerendo che i pianeti esterni, f, g ed h siano troppo freddi e dovrebbero essere simili alla Terra a palla di neve, mentre b e c sarebbero troppo caldi per mantenere l'acqua allo stato liquido. Il pianeta e avrebbe grandi aree superficiali dove la vegetazione potrebbe crescere, e questa mitigherebbe ancor più la temperatura media globale del pianeta, rendendolo abitabile anche sul 100% della sua superficie. Il pianeta d invece avrebbe solo un'area limitata lungo i terminatori ove la vegetazione potrebbe svilupparsi, e le temperature massime (del lato diurno) e minime (dell'emisfero sempre al buio) sarebbero molto più estreme che su Trappist-1 e. L'elenco dei pianeti del Sistema Trappist:
TRAPPIST-1 b è un pianeta extrasolare roccioso che orbita attorno alla stella nana ultrafredda TRAPPIST-1, situata a circa 39,5 anni luce dal sole. La sua scoperta è stata realizzata da un team internazionale guidato da Michaël Gillon dell'Istituto di astrofisica e geofisica dell'Università di Liegi, usando il telescopio TRAPPIST, situato all'osservatorio di La Silla, in Cile. La notizia della scoperta è stata pubblicata sulla rivista Nature nel maggio del 2016. Poiché nel caso delle nane rosse la zona abitabile, durante la formazione del sistema, si sposta sensibilmente dall'esterno all'interno, è possibile che TRAPPIST-1 b abbia subito la perdita di una notevole quantità d'acqua per fotoevaporazione, in quantità pari anche a 15 volte gli oceani terrestri, compromettendone l'abitabilità. Lo stesso potrebbe essere successo al pianeta c, mentre TRAPPIST-1 d, al contrario, potrebbe aver perso molta meno acqua ed essere rimasto entro i confini della zona abitabile. Osservazioni del 2018 con il telescopio spaziale Spitzer hanno rivelato la presenza di una spessa atmosfera, che potrebbe provocare un forte effetto serra in grado di innalzare la temperatura fino a 750-1500 K, mentre la temperatura di equilibrio è stimata di poco inferiore ai 400 K.
TRAPPIST-1 c (noto anche come 2MASS J23062928-0502285 c) è un pianeta extrasolare che orbita attorno alla stella nana ultrafredda TRAPPIST-1, situata a circa 40 anni luce di distanza in direzione della costellazione dell'Acquario. È il pianeta più massiccio del sistema, con una massa di 1,38 M⊕. La sua scoperta è stata realizzata da un team internazionale guidato da Michaël Gillon dell'Istituto di astrofisica e geofisica dell'Università di Liegi, usando il telescopio TRAPPIST, situato all'osservatorio di La Silla, in Cile. La notizia della scoperta è stata pubblicata sulla rivista Nature nel maggio del 2016. Durante la formazione del sistema è possibile che si sia verificata la perdita di una notevole quantità d'acqua, che potrebbe aver fatto fotoevaporare interi oceani, in quantità pari anche a 15 volte gli oceani terrestri, compromettendone l'abitabilità. Lo stesso potrebbe essere successo al pianeta b, mentre TRAPPIST-1 d, al contrario, potrebbe aver perso molta meno acqua ed essere rimasto entro i confini della zona abitabile. Dagli ultimi studi sul sistema la sua densità indica un corpo roccioso la cui composizione atmosferica non è comunque nota con precisione, potrebbe essere sgombra da nubi o essere anche come quella di Venere, tuttavia al contrario del pianeta più interno dovrebbe avere un'atmosfera meno spessa e dovrebbe essere esclusa la presenza di elementi leggeri come l'idrogeno, che potrebbero invece avvolgere il pianeta b.
TRAPPIST-1 d è un pianeta extrasolare che orbita attorno alla stella TRAPPIST-1, una fredda nana rossa situata a circa 40 anni luce dalla Terra, in direzione della costellazione dell'Aquario. Scoperto nel 2016, quando vennero annunciati 3 pianeti in orbita intorno alla stella, nel febbraio del 2017 ne sono state ricalcolate le caratteristiche, dopo nuovi studi che hanno portato alla scoperta di altri quattro pianeti attorno a TRAPPIST-1. Meno massiccio e un po' più piccolo della Terra, si presume che sia di natura rocciosa, e che sia situato nella zona abitabile della stella. Secondo il Planetary Habitability Laboratory (PHL) dell'Università di Porto Rico ad Arecibo il suo indice di similarità terrestre è di 0,90, il più alto tra tutti gli esopianeti noti al tempo della scoperta, e il terzo più alto al 2021. Sempre il PHL stima che la sua temperatura di equilibrio planetaria, che non tiene conto dell'atmosfera e dell'eventuale effetto serra che essa potrebbe innescare, sia di 263 K (-9 °C), assumendo che abbia un'albedo simile a quella della Terra (0,3). Considerando che riceve un flusso radiante leggermente superiore di quello che riceve la Terra dal Sole, è possibile che durante la formazione possano essere fotoevaporati parte degli oceani eventualmente presenti, tuttavia a differenza dei pianeti più interni, nel caso di TRAPPIST-1d la perdita d'acqua potrebbe essere stata nettamente minore, e potrebbe aver conservato le condizioni per la presenza di acqua liquida sulla superficie. Studi del 2018 hanno stimato una massa minore che al momento della scoperta, circa il 30% di quella terrestre, con un raggio del 77%, quindi una densità minore di quella terrestre, che potrebbe indicare la presenza di grosse quantità di acqua allo stato liquido sotto forma di oceani. Lo stesso studio suggerisce che il pianeta abbia una quantità relativa di acqua 250 volte quella della Terra.
TRAPPIST-1 e è un pianeta extrasolare, di tipo roccioso, che orbita intorno alla stella nana rossa ultrafredda TRAPPIST-1, distante circa 40 anni luce dal Sole. È il quarto dei sette pianeti che orbitano intorno alla stella. Il 22 febbraio 2017 la NASA annuncia mediante una conferenza la scoperta, attraverso il metodo del transito, di 4 nuovi pianeti che orbitano attorno a TRAPPIST-1, i primi tre (b; c; d) già annunciati nel maggio del 2016, formando un totale di sette pianeti, tra cui TRAPPIST-1 e. Il primo transito di quest'ultimo davanti alla propria stella era stato già rilevato nell'ottobre del 2015, ma non fu subito riconosciuto come un nuovo pianeta. I telescopi utilizzati per rilevare TRAPPIST-1 e e gli altri tre pianeti scoperti più recentemente sono: TRAPPIST, Spitzer Space Telescope, Very Large Telescope, UKIRT, Liverpool Telescope e il William Herschel Telescope. TRAPPIST-1 e è un esopianeta simil-terrestre, che significa che ha un raggio e una massa simili a quelli della Terra. Ha un raggio di 0,92 r⊕ e una massa di 0,69 M⊕ e anche la densità è poco inferiore a quella terrestre. Essendo relativamente vicino alla propria stella il pianeta impiega appena 6,1 giorni per completare un'orbita attorno alla stessa e probabilmente (data la bassa eccentricità) è anche bloccato marealmente ad essa; cioè rivolge sempre la stessa faccia verso la stella (così come la nostra Luna rivolge sempre la stessa faccia verso la Terra). Il pianeta si trova nella zona abitabile del sistema; al momento della sua scoperta in base alle sue proprietà fisiche si colloca al 6º posto nell'indice di similarità terrestre, con un valore di 0,86 (dove il valore 1 indica la Terra). Il pianeta riceve il 65% del flusso radiante che riceve la Terra dal Sole, e la temperatura di equilibrio, che non tiene conto dell'eventuale presenza di un'atmosfera, è stimata da 230 K, considerando un'albedo simile a quella terrestre (0,3) a 246 K. È probabile che il pianeta sia in rotazione sincrona e che rivolga sempre lo stesso emisfero verso la stella; questa caratteristica secondo molti scienziati riduce, se non addirittura compromette del tutto l'abitabilità di "e", dato che la faccia esposta alla luce della stella sarebbe molto calda e quella costantemente al buio rimarrebbe congelata. Tuttavia la presenza di una atmosfera sufficientemente densa permetterebbe il trasporto del calore in eccesso dalla faccia illuminata a quella al buio, e consentire la presenza di acqua liquida in superficie, in particolare nelle zone lungo i terminatori. Dagli ultimi studi, per dimensioni, composizione e flusso di radiazioni che riceve dalla stella sembra essere il pianeta di Trappist-1 più simile alla Terra, con superficie rocciosa e atmosfera compatta e libera da composti volatili come l'idrogeno, che renderebbero il pianeta inospitale. Sarà uno dei primi obiettivi del telescopio spaziale James Webb quando questi verrà lanciato in orbita. Anche uno studio del 2020 di Del Vecchio et al. suggerisce che questo sia il pianeta con maggiori probabilità di vita nel sistema. Basandosi su modelli climatici adattati alle condizione dei pianeti di Trappist-1, che sono in rotazione sincrona attorno alla propria stella, lo studio stima che il pianeta e potrebbe avere il 93% della superficie abitabile e che è quello con maggiori probabilità di avere una vegetazione che aumenterebbe ancor più l'area abitabile del pianeta, arrivando anche al 100% della superficie totale; la temperatura media globale infatti sarebbe compresa tra 287 e 297 K (19±5 °C), con una minima, nell'emisfero sempre al buio, di 275 K, e una massima di 320 K nel lato diurno, in caso di presenza di vegetazione. Il sistema di TRAPPIST-1, e in particolare di TRAPPIST-1 e,[10] sarà uno degli obiettivi principali del telescopio spaziale James Webb, l'erede del telescopio Hubble il cui lancio è previsto per il 2021. Essendo la stella poco luminosa, eventuali firme di elementi nelle atmosfere planetarie, come quella dell'acqua, saranno più evidenti, inoltre, essendo i pianeti in orbita attorno a nane rosse più vicini alla propria stella, i transiti saranno molto più frequenti. Potrebbero bastare pochi transiti planetari perché il telescopio James Webb possa rilevare le componenti atmosferiche, anche se una spessa copertura nuvolosa potrebbe ostacolare il rilevamento dell'acqua, ritenuta necessaria per l'esistenza della vita così come noi la conosciamo.
TRAPPIST-1 f è uno dei sette pianeti di tipo roccioso che orbitano intorno alla stella nana rossa ultrafredda Trappist-1, distante all'incirca 40 anni luce dal Sole. È uno dei pianeti che si trovano nella zona abitabile del sistema, o almeno nei pressi del limite esterno. TRAPPIST-1 f è un pianeta con dimensioni simili a quelle della Terra, che orbita in circa 9 giorni ad una distanza media di 5,5 milioni di chilometri dalla stella madre; in comparazione Mercurio dista dal Sole circa 58 milioni di km, oltre 10 volte in più. Ha una Temperatura di equilibrio di 215 K (−58 °C), un raggio di 1,05 R⊕ , ed una massa di 0,93 M⊕, ed una densità pari a 4,5 g/cm³. Queste valutazioni suggeriscono una gravità superficiale di 6,1 m/s2 (62% del valore terrestre). Essendo la stella notevolmente meno luminosa del Sole, il pianeta si trova probabilmente nella zona abitabile, con una temperatura di equilibrio di circa 200 K se si assume un'albedo simile a quella della Terra (0,3), mentre con un'albedo pari a 0 la temperatura di equilibrio sarebbe di 219 K. La temperatura reale in superficie dipende dall'eventuale atmosfera di cui il pianeta potrebbe essere dotato, che potrebbe innalzare la temperatura a causa dell'effetto serra, come avviene anche per la Terra, che ha una temperatura media globale di 15 °C, mentre la temperatura di equilibrio è di circa −18 °C. Nel 2020, uno studio di Del Vecchio et al. suggerisce che la temperatura superficiale sia di circa 203 K, e che il pianeta sia probabilmente troppo freddo e completamente congelato.
TRAPPIST-1 g è uno dei sette pianeti di tipo roccioso che orbitano intorno alla stella nana rossa ultrafredda TRAPPIST-1, distante all'incirca 40 anni luce dal Sole. È uno dei pianeti che si trovano nella zona abitabile del sistema. Il pianeta è il più grande dei sette scoperti attorno a TRAPPIST-1, e orbita in 12 giorni ad una distanza media di poco meno di 7 milioni di chilometri dalla stella. A quella distanza riceve solo il 26% della radiazione che riceve la Terra dal Sole e la sua temperatura di equilibrio è stimata in meno di 200 K. Tuttavia, essendo più massiccio della Terra, è possibile che abbia mantenuto una densa atmosfera tale da creare un effetto serra sufficiente per riscaldare la superficie al punto di fusione dell'acqua, anche se uno studio del 2020 tende a escluderlo, stimando che la temperatura sia, anche massima, ben al di sotto del punto di fusione dell'acqua.
TRAPPIST-1 h è uno dei sette pianeti di tipo roccioso che orbitano intorno alla stella nana rossa ultrafredda TRAPPIST-1, distante all'incirca 40 anni luce dal Sole. È stato scoperto nel 2017 con il metodo del transito, tramite osservazioni con il telescopio spaziale Spitzer, ed è il pianeta più distante dei sette che orbitano attorno alla stella. I parametri orbitali del pianeta h non sono noti con precisione come per gli altri pianeti, anche la massa è incerta, tuttavia considerando che il raggio è il 76% del raggio terrestre, si ipotizza che anche la massa sia inferiore a quella del nostro pianeta, con TRAPPIST-1 d è il più piccolo del sistema. Riceve solo il 14% della radiazione che riceve la Terra dal Sole, ed è probabile che abbia una temperatura troppo bassa per consentire la vita (la temperatura di equilibrio è stimata essere di 169 K), anche se non è escluso che un eventuale riscaldamento interno dovuto al blocco mareale possa innalzare la temperatura al punto di fusione dell'acqua. Studi del 2018 suggeriscono una massa di circa un terzo di quella della Terra, inoltre ritengono probabile che l'acqua sia presente in grandi quantità ma sotto forma di ghiaccio, mentre l'atmosfera, se sottile, difficilmente potrebbe contenere grandi quantità di molecole pesanti come l'anidride carbonica, in quanto a basse temperature essa collasserebbe al suolo.