Stelle anomale
Misteri cosmici:
Le stelle anomale. E' mai possibile che esistano stelle "sbagliate"? E di cosa si tratta? Semplice: l'universo è talmente grande che è logico che possano verificarsi eventi inaspettati. Quando si tratta di collisioni stellari potrebbe nascere una stella al di fuori della norma, con caratteristiche diverse da tutte le altre. Sembra che siano dei veri misteri, quasi irrisolti. In questo nuovo articolo di Eagle sera andremo a svelare i misteri di queste stelle tutte particolari, intraprendendo un viaggio là, dove nessun telescopio potrebbe scrutare. Pronti?
Un nucleo paradossale...
...è quello delle nane bianche. Nuove scoperte hanno rivoluzionato il modo di vedere il nucleo dei nuclei. Che vuol dire? Vuol dire che, le nane bianche, nuclei di antiche stelle ormai morte hanno un nucleo di carbonio!!!
Gli ultimi scampoli di stelle, ciò che rimane dei più antichi astri dell'Universo, si trasformano in cristalli alla fine della loro vita: questa fase di transizione era già stata ipotizzata cinquant'anni fa, ma ora un gruppo di scienziati britannici ne ha trovate le prove dirette, e pensa che la nostra galassia sia piena di questi "gioielli". INDURITE DALL'ETÀ. L'analisi dei residui di stelle simili al Sole - le nane bianche - compiuta con il satellite dell'ESA Gaia, dimostra che le più antiche di esse, cioè le più avanti nel processo che progressivamente le "spegne", hanno ora un nucleo solido di ossigeno e carbonio: il risultato di un passaggio di fase - termine che descrive fenomeni anche molto comuni, come la transizione che trasforma l'acqua in ghiaccio (ma per le stelle, naturalmente, le temperature in gioco sono ben diverse). Poiché il processo di cristallizzazione comporta un rilascio anomalo di calore, e dal momento che il progressivo calo di temperatura è usato per stimare l'età delle nane bianche, si pensa che le nane bianche studiate finora potrebbero essere più antiche di quanto si pensasse. La ricerca guidata da Pier-Emmanuel Tremblay, fisico dell'Università di Warwick (Regno Unito), è stata appena pubblicata su Nature. PUNTI DI RIFERIMENTO. Le nane bianche sono nuclei residui di giganti rosse (il secondo stadio dell'evoluzione stellare, cui è destinato anche il nostro Sole), dopo che queste hanno dissipato tutti gli strati più esterni, e iniziato il processo un graduale processo di raffreddamento che dura miliardi di anni. Poiché il loro ciclo di trasformazioni è oggi ben conosciuto, le nane bianche vengono usate come "orologi cosmici", per stimare l'età delle stelle vicine con un buon livello di precisione. FUORI DALLE REGOLE. Gli scienziati britannici hanno selezionato quindicimila nane bianche nel raggio di 300 anni luce dalla Terra e ne hanno analizzato luminosità e colore con gli strumenti del satellite GAIA, dell'Agenzia spaziale europea, che sta portando avanti un progetto di mappatura 3D senza precedenti delle stelle della Via Lattea. I dati hanno evidenziato la presenza di un buon numero di nane bianche che non rientravano nei parametri noti di massa ed età stellare, per un'anomalia di temperatura. COME PREVISTO. Quando questi valori anomali sono stati confrontati con i modelli sull'evoluzione stellare, si è capito che le stelle in questione appartengono a un gruppo teorizzato cinquant'anni fa: sono cioè nane bianche che hanno completato la fase di cristallizzazione del nucleo. La cristallizzazione è un processo di passaggio allo stato solido, durante il quale gli atomi formano una struttura ordinata. Le pressioni estreme nei nuclei delle nane bianche separano gli elettroni atomici lasciando nuclei fluidi e a carica positiva circondati da un gas elettricamente carico. Quando il nucleo si raffredda fino a 10 milioni di gradi, l'energia in eccesso viene rilasciata; il nucleo si solidifica formando un cuore metallico rafforzato in carbonio. PIÙ VECCHIE DI QUEL CHE SEMBRA. L'avvenuta cristallizzazione comporta il rilascio del calore in eccesso: lo stesso osservato da GAIA. Questa vampata di calore rallenta il processo di raffreddamento anche di 2 miliardi di anni (il 15% circa dell'età della Via Lattea). Questo significa che alcune nane bianche ritenute "giovani" perché ancora troppo calde sono in realtà miliardi anni più antiche di quanto credessimo: il rilascio di calore era dovuto soltanto alla cristallizzazione finale. «Tutte le nane bianche cristallizzano a un certo punto della loro evoluzione - spiega Tremblay - anche se le più massive affrontano il processo prima delle altre. Miliardi di nane bianche nella nostra galassia hanno già completato la trasformazione e sono essenzialmente sfere di cristallo nel cielo. Anche il Sole diventerà una nana bianca cristallizzata, tra circa 10 miliardi di anni.» IL CONOSCITORE DELLE STELLE. Il team ha osservato un eccesso di energia addirittura maggiore di quello teorizzato, dovuto, si pensa, al fatto che l'ossigeno nel nucleo si cristallizza per primo e poi "sprofonda", come fosse il sedimento in un fiume. La sua separazione dal carbonio rilascia energia gravitazionale. Le osservazioni di GAIA aiuteranno a stabilire accuratamente l'età delle nane bianche più antiche della Via Lattea, sincronizzando i nostri "orologi" stellari. Prima del satellite dell'Esa, si conoscevano distanza e luminosità precise di 100-200 nane bianche: adesso, di 200.000.
Le vagabonde blu
Una stella vagabonda blu (in inglese blue straggler) è un tipo di stella piuttosto rara, situata in un ammasso aperto o in un ammasso globulare, che è più calda e più blu delle altre stelle dell'ammasso che hanno la stessa luminosità. Queste stelle insolite possiedono, rispetto alle altre stelle dell'ammasso di appartenenza, una diversa posizione sul diagramma H-R. Le vagabonde blu sembrano violare le teorie standard dell'evoluzione stellare, secondo le quali tutte le stelle nate nello stesso momento dovrebbero trovarsi lungo una curva ben definita del diagramma H-R, e la loro posizione sulla curva dovrebbe essere determinata unicamente dalla loro massa. Poiché le vagabonde blu si trovano spesso ben al di fuori di questa curva (da qui il nome di vagabonde), potrebbero aver avuto un'evoluzione stellare anomala. Allan Sandage fu il primo a notare una stella di questo tipo, verso la fine degli anni cinquanta, osservando l'ammasso globulare M3. Il contrasto tra la stella blu, apparentemente giovane, e le circostanti stelle vecchie e rosse era evidente. La causa del vagabondaggio non è conosciuta con sicurezza, ma l'ipotesi più quotata è che le vagabonde blu siano stelle che si sono fuse tra loro, a causa di uno scontro oppure perché stelle binarie cadute l'una sull'altra. L'unione di due stelle creerebbe una singola stella con una massa più grande, rendendola più calda e luminosa delle altre stelle di età simile. Se questa teoria è corretta, le vagabonde blu non sarebbero più un problema per la teoria dell'evoluzione stellare: la stella risultante avrebbe una quantità maggiore di idrogeno nel suo nucleo, facendola comportare proprio come una stella più giovane. Ci sono alcune prove a sostegno di questa teoria, la più convincente delle quali è che le vagabonde blu sembrano comuni soprattutto nelle regioni più dense degli ammassi, specialmente nel nucleo degli ammassi globulari. Poiché queste sono tra le regioni a più alta densità stellare conosciute (ad esempio, il centro dell'ammasso globulare 47 Tucanae contiene 4000 stelle per anno luce cubo) la probabilità di collisioni ed incontri ravvicinati tra stelle è più alta che altrove. Un modo di verificare questa ipotesi è di studiare la pulsazione di stelle vagabonde blu che siano anche variabili. Le proprietà astro-sismiche di queste stelle potrebbero essere significativamente diverse da quelle di normali stelle pulsanti di massa e luminosità simile. Sfortunatamente, la misura di queste pulsazioni è molto difficile, data la scarsità di stelle vagabonde blu, la bassissima ampiezza fotometrica delle loro pulsazioni, e il campo stellare molto affollato dove spesso si trovano. Alcune stelle di questa tipologia sono state identificate tramite l'uso delle oscillazioni di tipo solare nell'ammasso aperto NGC 6819, grazie alla elevata precisione fotometrica del satellite spaziale NASA Kepler. Le loro caratteristiche asterosismiche forniscono valori di massa ben superiori alla massa di turnoff dell'ammasso Ultimamente grazie all'aiuto di osservazioni spettroscopiche fatte in Cile con il Very Large Telescope (VLT), è stato possibile studiare gli elementi chimici presenti nell'atmosfera di 43 stelle di questo tipo, e si è scoperto che alcune di queste hanno meno carbonio e meno ossigeno in confronto alla popolazione dominante. Ciò significa che nuova materia, in tempi relativamente recenti, è affiorata a causa di eventi catastrofici, come la collisione di stelle o scambi di materia subfotosferica fra due stelle vicine che si trasferiscono parte della propria massa.[4] In particolare è la stella più massiva delle due che si evolve per prima e nella fase di espansione riempie il suo lobo di Roche. A questo punto essa cede parte della sua massa alla compagna inizialmente più piccola che può quindi iniziare una nuova sequenza evolutiva, apparendo di fatto più giovane del resto dell'ammasso. Protagonista di questo riuscito progetto è stato lo spettrografo FLAMES/Giraffe montato sul VLT, che ha permesso lo studio di 130 stelle contemporaneamente. NASCONDONO la loro età in modo sorprendente, apparendo più giovani di quanto non siano in realtà. Più che un vezzo, un vero e proprio mistero quello delle 'vagabonde blu', poetico nome che indica un tipo di stelle rare e sfuggenti. Situate all'interno di ammassi globulari o aperti, risultano più calde - da qui la colorazione blu - delle loro sorelle vicine, quando dovrebbero invece essere loro coetanee. Sfidando così le teorie standard dell'evoluzione astrale, secondo cui invecchiando le stelle evolvono prima in giganti rosse e poi in nane bianche, sempre più fredde e meno luminose. Eppure loro, le "blue straggler", seguono tutt'altra strada: vecchie anche di 13 miliardi di anni, continuano ad apparire calde e brillanti come se fossero ancora bambine. L'enigma di queste stelle fanciulle e della loro origine ha affascinato astrofisici e scienziati sin dalla loro scoperta, negli anni '50 e sono diverse le ipotesi circolate per cercare di dare un senso all'anomalia che rappresentano, dalla collisione con altre stelle alla fusione. Ora due astronomi, Aaron Geller, della Northwestern University e Robert Mathieu, della University of Wisconsin-Madison, sono convinti di aver ricomposto il puzzle, indicando - sulla base di dati osservati e di complesse simulazioni - come più probabile l'ipotesi del trasferimento di massa da una stella all'altra ed escludendo invece la teoria della collisione. Secondo Geller e Mathieu, che hanno pubblicato i loro dati su Nature, le blue straggler ringiovaniscono perché risucchiano la massa di un'altra stella cui si accompagnano, in una sorta di vampirismo che le rafforza e permette loro di continuare a vivere più a lungo, svuotando invece la loro compagna. A questa conclusione sono arrivati studiando l'ammasso stellare NGC 188, a 5mila anni luce nella costellazione di Cefeo: uno ammassi aperti più antichi, formato da circa 3mila stelle coetanee, che al suo interno ospita anche una ventina di vagabonde blu. Le stelle analizzate dagli scienziati fanno parte di sistemi binari, in cui cioè due stelle sono "costrette" a ruotare l'una attorno all'altra a causa della mutua attrazione gravitazionale. In determinate condizioni una delle due stelle assorbe massa dall'altra diventando cosi una massiccia "blue straggler": "ed è proprio la stella compagna che ci ha aiutato a determinare l'origine delle vagabonde blu", ha spiegato Geller. Le vagabonde blu "sono stelle anomale, che, in aggregati stellari vecchi, dove da tempo gli astri hanno smesso di formarsi, risultano invece giovani e massicce", chiarisce il professor Francesco Ferraro, astrofisico dell'università di Bologna. "Sono più calde delle altre e la loro luce appare quindi più blu, mentre le stelle vicine, nello stesso agglomerato, risultano più vecchie e più fredde". Ferraro è un esperto di blue straggler: studiando il sistema stellare M30, insieme ad altri colleghi, ha osservato due gruppi distinti di vagabonde blu con caratteristiche e temperature diverse, suggerendo, sempre su Nature, sulla base delle osservazioni che queste stelle anomale fossero il risultato di collisioni e "vampirismo". "NCG 188 è un sistema stellare mediamente vecchio, di circa 7 miliardi di anni mentre il nostro Sole, ad esempio, ne ha 4 e mezzo, ed i più vecchi arrivano anche a 13 miliardi di anni. A differenza di M30 studiato da noi, in cui per la formazione delle vagabonde risultava attivo anche il meccanismo della collisione, NCG 188 non ha una densità molto elevata, quindi la probabilità di collisioni al suo interno non è così elevata", commenta il professore. Di certo, conclude, questa scoperta "dà un'indicazione importante che suggerisce come il principale canale di formazione delle vagabonde blu, in ambienti a bassa denistà stellare, sia il trasferimento di massa, confermando quindi una delle ipotesi più accreditate sull'origine di questi enigmatici astri".
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